venerdì 22 maggio 2009

VERSO UNA GIUSTIZIA DI CLASSE ?


Nell’Italia del berlusconismo, in nome della governabilità si sacrifica la divisione dei poteri, condicio sine qua non di una democrazia. La giustizia è ricondotta a simulacro, in cui la legge vale per i deboli e gli emarginati, mentre i potenti la legge se la fanno ad hoc.

22/05/2009 - “Se non ci fosse stato il lodo Alfano, il Presidente del Consiglio invece di occuparsi della popolazione dell’Abruzzo colpita dal terremoto, della crisi economica e dei problemi reali del Paese, sarebbe stato costretto a passare il suo prezioso tempo nelle aule di giustizia”. A dirlo è stata l’on Laura Ravetto, responsabile della comunicazione del Pdl e candidata alle europee, non a caso avvocato di formazione, per difendere il premier dalle accuse di aver imposto in tutta fretta una legge che gli garantisse l’immunità parlamentare dalle eventuali accuse nel cosiddetto processo Mills.

Questa affermazione del deputato della destra riassume un concetto aberrante della democrazia, quello che hanno i signori che governano il nostro Paese: una democrazia in cui in nome della governabilità si giustificano accuse gravissime (come quella della corruzione da parte di Berlusconi di uno dei principali testimoni del processo che lo avrebbe visto condannato) e in cui è normale che il capo del governo si serva di uno “scudo” creato appositamente per sottrarlo al giudizio a cui sono sottoposti tutti gli italiani. Un garantismo a due velocità, in cui le garanzie previste dalla Costituzione a tutela delle libertà individuali e di gruppo contro il possibile arbitrio delle autorità, valgono per i governanti e i potenti, ma non per i cittadini comuni e soprattutto per quelli delle fasce sociali più basse.

Si tratta, in breve, della rivisitazione in chiave moderna della giustizia di classe, ovvero di una giustizia della doppia morale: una per i poteri forti e l’altra per i deboli e gli emarginati. In cui la seconda è ben più rigorosa della prima. Una giustizia in cui chi non ha commesso reati è considerato un criminale e può essere “detenuto” per ben sei mesi nei lager per gli immigrati e in cui si vuole condannare i medici di base a cinque anni di carcere nel caso del rilascio di certificati falsi ai dipendenti. Allo stesso tempo, però, è concesso frodare l’erario pubblico con il falso in bilancio poiché non è reato, si assolvono i potenti di turno accusati di pesanti illeciti regalandogli poltrone in Parlamento, immunità compresa, si spostano i processi secondo i propri interessi e con gli editti bulgari si purga la televisione pubblica da giornalisti sgraditi alla maggioranza.

Ma in un’Italia che non si indigna più e in cui la patologia del berlusconismo ha cancellato il senso critico della società, la politica ha l’obbligo morale di ripristinare la legalità e la democrazia reale.


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