martedì 11 agosto 2009

UN’ITALIA DIVERSA E’ POSSIBILE:
IL PIANO CASA DEL LAZIO


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di Enrico Fontana*

11/08/2009 - Disinnescare, per quanto possibile, le minacce del “piano veranda” di Berlusconi. Impedire il paventato “commissariamento” delle Regioni inerti. E approfittare dell’occasione per elaborare una proposta di legge con cui dare risposte concrete al bisogno di casa e tutelare, allo stesso tempo, le aree di pregio ambientale. Può sembrare un’impresa impossibile ma è questo, in sintesi, il cuore politico del provvedimento approvato dalla giunta Marrazzo e dalla maggioranza che lo sostiene, con il contributo per molti aspetti decisivo di Sinistra e Libertà.

Il “Piano casa” della Regione Lazio, approvato dal Consiglio regionale giovedì 6 agosto, ha raccolto finora giudizi positivi e/o critiche sostanzialmente benevole da movimenti e sindacati, imprese di costruzione e associazioni ambientaliste. Non era scontato. Le pressioni che ci sono state, prima e dopo l’approvazione da parte della Giunta, nel lavoro di commissione e in aula, sono state molto forti: c’era chi voleva inserire le aree protette tra quelle in cui è possibile realizzare gli interventi di ampliamento; chi premeva per ampliare le cubature; chi chiedeva di far saltare gli standard urbanistici. Tutto in nome della crisi economica e della necessità di dare ossigeno alle imprese. Ma sono arrivate anche altre richieste, accompagnate anche da momenti di tensione, da parte di chi rappresenta una parte di quel mondo che combatte per il diritto alla casa e vuole più investimenti per l’edilizia pubblica.

Dal confronto in maggioranza, soprattutto tra Partito democratico e Sinistra e Libertà, con i movimenti, le associazioni di categoria, i sindacati, la stessa opposizione è venuta fuori una legge vera, destinata a incidere sul tessuto economico e sociale. Una legge che potrebbe indirizzare lo stesso mercato delle costruzioni in una direzione almeno parzialmente diversa da quella indicata da Berlusconi, privilegiando la qualità al posto della quantità.

Vale la pena riassumere alcune dei punti di maggior rilievo di una legge articolata e complessa: centri storici, aree naturali protette e aree di edificabilità assoluta sono escluse da qualsiasi intervento; gli ampliamenti previsti riguardano abitazioni fino a un massimo di 1000 metri cubi, dove si potranno costruire, solo in adiacenza alle abitazioni, al massimo 200 metri cubi di ampliamenti, equivalenti a 62,5 metri quadrati circa; si possono demolire e ricostruire edifici con aumenti di cubatura massimi del 35% a condizione che vengano superati di almeno il 10% gli obiettivi di risparmio energetico e fonti rinnovabili stabiliti da leggi nazionali e regionali (nel Lazio è già in vigore una buona normativa sulla bioarchitettura); gli ampliamenti possibili salgono fino al 60 per cento se gli interventi riguardano veri e propri programmi di riqualificazione ambientale, con la liberazione di aree di pregio (parchi, litorali, zone vincolate), che vengono rinaturalizzate e rese pubbliche e la ricostruzione in zone idonee; viene stanziato 1 miliardo di euro in 10 anni per costruire e/o recuperare case popolari; vengono concessi finanziamenti e agevolazioni alle persone anziane a basso reddito che ristrutturano i loro appartamenti, sempre per renderli più efficienti dal punto di vista energetico; si possono ampliare del 10% attività di piccolo artigianato e impresa, che non superino i 1000 metri quadrati di superficie, solo a condizione che migliorino i loro sistemi di abbattimento dell’inquinamento acustico e atmosferico e riducano i consumi di energia.

Si poteva fare di meglio? Sicuramente sì. Ma anche grazie agli assessori e al gruppo consiliare di Sinistra e Libertà il Lazio ha una legge che non si limita a “fotocopiare”, magari riducendo i danni, il dettato berlusconiano. Nella nostra regione esistono problemi, penso soprattutto alla cosiddetta emergenza abitativa, che altri territori non conoscono, almeno nelle nostre dimensioni. Dobbiamo affrontare situazioni di degrado, determinate da decenni di abusivismo edilizio, regolarmente condonato, e di pessima gestione del territorio, finalizzata solo a valorizzare la rendita fondiaria, senza preoccuparsi né della qualità del costruito né, tantomeno, dei servizi. Abbiamo zone di pregio paesaggistico, come l’Agro romano, solo in parte tutelate, soggette a fenomeni di abbandono e minacciate da nuove colate di cemento, magari in nome del “social housing”.

A questi problemi abbiamo cercato di dare una risposta, concreta, sostenibile e innovativa. A partire da settembre c’impegneremo perché il quadro legislativo sia completato con la legge sul diritto all’abitare (una nostra mozione in questo senso è stata approvata a larga maggioranza) e dalla legge che vincola dal punto di vista paesaggistico tutto l’Agro romano, semplificando allo stesso tempo la vita degli agricoltori.

E’ su questo difficile confine tra tutela ambientale e rilancio dell’economia, risposta ai bisogni sociali e salvaguardia dei beni comuni che si gioca anche una sfida culturale per Sinistra e Libertà. Il cosiddetto “ambientalismo del fare” si è infranto sulle contraddizioni del Pd, favorevole al carbone pulito e pronto a strizzare l’occhiolino al nucleare. Noi, però, non possiamo rassegnarci a diventare, nella migliore delle ipotesi, i custodi dell’immobilismo, che spesso si traduce in abbandono e degrado. Dobbiamo assumerci dei rischi, misurarci anche con impostazioni culturali che hanno dimostrato, nel tempo, la loro inefficacia, cercare nuove strade, sperimentare nuove soluzioni. Nel Lazio, più o meno consapevolmente, abbiamo definito una nostra proposta politica, i cui risultati sono ovviamente da verificare. Ma i giudizi che abbiamo raccolto finora fanno davvero sperare bene.

*Capogruppo di Sinistra e Libertà alla Regione Lazio.


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