venerdì 19 marzo 2010

Ciampi: mai mollare Penso ai fratelli Rosselli


 Corriere della
 Sera
L' intervista a L' ex capo dello Stato: la mia prova di forza con Berlusconi fu sulla legge Gasparri.

Ciampi: mai mollare, Penso ai fratelli Rosselli

«Non è questa l' Italia per cui ho speso la mia vita» Mi sembra brutto che la scelta sul decreto salva-liste possa essere maturata su un atto di forza del governo

ROMA - Un paio di settimane fa un vecchio professore è andato a salutare l' amico Ciampi nel suo studio a palazzo Giustiniani. Confidò poi di averlo trovato amareggiato come non mai. «Non è questa l' Italia per la quale ho speso la mia vita», si lamentava l' ex capo dello Stato, con il tono di chi registra una sconfitta, un fallimento. Ad avvilirlo era l' ultimo scandalo di corruzione, «testimonianza di come si stia imbarbarendo quel che resta dell' etica pubblica e del vivere civile», che allora dominava le pagine dei giornali. Ma oggi, quali sono i suoi umori? Che opinione si è fatto, presidente Ciampi, delle tensioni politiche e istituzionali che stressano il Paese sulla scia del provvedimento per sanare il caos delle liste? E la bocciatura del ricorso Pdl da parte del Tar del Lazio? «Guardi, gli umori com' è ovvio oscillano. E quest' ultimo episodio rischia di creare un caos maggiore. La mia prima reazione è un auspicio ad evitare le polemiche e suggerire a tutte le parti in causa di collaborare per una soluzione positiva e, appunto, condivisa. Che potrebbe essere un rinvio delle elezioni, nel Lazio o in tutt' Italia. Altrimenti la gente finirà per non capire più nulla... Per il resto posso soltanto dirle che, ogni volta che provo un senso di perdita e avvilimento, per fortuna riscopro ancora in me, a settant' anni di distanza, lo stato d' animo che a vent' anni sintetizzavo nel motto "non mollare"». «Non mollare» come lo intendeva Nello Rosselli? «Esattamente. Dal nome del foglio clandestino che circolava a Firenze durante il fascismo e che era stato ideato da Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, ma soprattutto da Nello e Carlo Rosselli, assassinati nel 1937 a Bagnoles-de-l' Orne da una banda di francesi prezzolati da Mussolini. Quelle idee di Giustizia e Libertà mi hanno segnato per sempre. E nei momenti bui le rievoco e mi ci aggrappo dicendomi che bisogna reagire». Che cosa le pare così scoraggiante, nell' Italia dei giorni nostri, da richiamarsi alla testimonianza del Rosselli? Le tensioni sul decreto salvaliste, ad esempio? «Questo è un esempio. Non mi chieda però se io avrei firmato la legge: non voglio dare né consigli né pagelle di buona o cattiva condotta a nessuno. Certo, sarebbe stata responsabilità delle forze politiche, di governo e di opposizione, trovare un accordo che consentisse di risolvere il problema e far votare tutti gli elettori senza traumi e divisioni. Si è scelta una strada tra le tante, e mi sembra brutto pensare che possa essere maturata su un atto di forza del governo, perché così ne uscirebbero umiliate le istituzioni». Lei stesso ha fatto esperienza, quand' era al Quirinale, di qualche prova di forza con il premier Berlusconi. Come fu? «A me è successo con la legge Gasparri per le tv, che bocciai, e anche con la riforma dell' ordinamento giudiziario. Materie assai scomode e spinose, cui il premier era molto interessato personalmente, come sappiamo. Non dico di aver fatto sempre bene, perché tutti si sbaglia. Certamente però non ho "mai mollato" rispetto a ciò che mi dettavano la Costituzione e la mia coscienza. Ora comunque mi pare che si rischi di andare verso una sfida permanente. E il responso del Tar del Lazio complica tutto». Già, e anche questa vigilia di voto si esaspera la pretesa di dividere l' opinione pubblica tra istituzioni (la presidenza come i giudici) «amiche» e «nemiche». «Capisco le fatiche e i dilemmi del mio successore Napolitano. Pure di questo ne so qualcosa. Alla mia prima seduta da senatore a vita, al momento di votare la fiducia al governo Prodi fui coperto d' insulti in aula. Io, ricordo, mi fermai e rivolsi uno sguardo sprezzante a coloro che mi stavano fischiando e attaccando. Tutto si ripete sempre uguale. Con i soliti, insopportabili veleni». Quando lei compì ottant' anni, disse che l' Italia era diventata quella che sognava da ragazzo: «né fascista né comunista, libera». Adesso che si avvia verso i 90, che Paese le sembra il nostro? «Siamo da almeno 15 anni in un altro tunnel, diverso. E purtroppo non ne siamo ancora usciti. Del resto, finché ci sono persone che hanno come loro guida l' interesse personale e non hanno princìpi etici cui ispirarsi, il mondo non può andare bene».

Breda Marzio

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