giovedì 1 aprile 2010

Claudio Martelli a tutto campo sui risultati elettorali

Claudio Martelli a tutto campo sui risultati elettorali

- Caro Martelli, se lo aspettava un risultato del genere?

Mi aspettavo come tutti l’aumento degli astenuti, la crescita della Lega, la vittoria di Vendola. Grillo no, non l’avevo previsto ma in fondo è una costola del giustizialismo (giustizialismo=movimento populista che esaspera contenuti e rivendicazioni in nome di una giustizia immediata, spiccia, spesso confusa e rancorosa) che è cresciuto anche se non molto. l’Italia dei valori, nonostante Grillo, il “ritorno” dei comunisti e l’assaggio di “vendolismo”, non è andata male. Poi ero sicuro che Berlusconi non avrebbe perso, nel senso che le sue perdite, che ci sono state - e consistenti – pensavo, in questo d’accordo con Berlusconi, sarebbero andate tutte a vantaggio della Lega. Che si è allargata anche sul terreno elettorale della sinistra storica. Sì, la Lega è il vero vincitore delle elezioni e lo è perchè detta l’agenda politica nazionale con il federalismo e una politica di sicurezza declamata soprattutto nel contrasto all’immigrazione clandestina e non solo.

- Cosa cambia per l’esecutivo?

L’ esecutivo non cambierà rotta salvo un accentuarsi della presa, dell’egemonia della Lega sui due temi cruciali e, forse, il tentativo di Berlusconi di riformare davvero la giustizia e la Costituzione. Se non intralcerà il progetto della Lega. L’economia, con Tremonti è già un sodalizio comune.

- Per la sinistra è il massimo risultato a cui si poteva puntare?

Credevo che il PD andasse non tanto ma un pò meglio di come è andato. Cioè malino. La verità è che su questo punto aveva ed ha ragione Veltroni: il PD o ha vocazione maggioritaria oppure è destinato a restare maggioranza relativa di una minoranza assoluta. Riproporre l’Ulivo ad appena due anni dalla sua dèbacle sarebbe esiziale. Le regionali consegnano a Bersani un PD indebolito elettoralmente al nord e al sud dove era già minoritario e che ha subito una rasoiata anche nelle regioni rosse. Se insegue gli alleati e i compagnons de route come faceva il vecchio PCI resterà sempre opposizione. Ci vuole un’idea forza, una nuova apertura e gente nuova, un’identità manifesta in una missione propria, chiara risoluta popolare.

- Le due partite nel Pdl: al nord il duello ormai in campo aperto con la Lega, al centro e al sud il braccio di ferro con i gruppi di potere locali, gli equilibri attuali reggeranno nel lungo periodo senza consultazioni?

Il PDL ha vinto nel centro sud – salvo la follia pugliese -, ma si è indebolito nel nord a vantaggio della Lega. Come si è visto il partito ancora non c’è. Molti dirigenti sono cresciuti ma non pochi non sono all’altezza nè di guidare il paese nè di guidare il primo partito italiano. Invece alcuni capaci – caso Galan – sono stati sacrificati sull’altare di Bossi. Non credo che ci saranno divisioni drammatiche nel PDL. La vittoria nel Lazio per le condizioni in cui è avvenuta segnala un credito del “suo” popolo a Berlusconi che trascende persino la presenza della lista di partito. Tuttavia si è creata una situazione oggettiva nel Lazio, in Campania e in Calabria che riequilibra le defaillances del PDL nel nord. Qui si gioca una scommessa importante se quelli che si intestano la vittoria sapranno governare meglio dei loro predecessori e se riusciranno ad avere un peso nazionale innovativo e non retrivo. E’ interesse di Berlusconi che ciò accada, per svolgere la sua funzione unitaria e contenere la Lega entro un disegno nazionale. Senza di che crescerà il rischio di un contagio di divisioni a tutti i livelli, insomma di un’epidemia di “mal siciliano”.

- E sullo sfondo c’è sempre la questione Fini…

Apprezzo Fini per la strada risoluta che ha percorso da Fiuggi a Gerusalemme fino alla recenti posizioni sui diritti civili, su immigrazione e cittadinanza. Non è in una posizione facile, al di là delle apparenze e forse delle tentazioni di piacere a tutti come Presidente della Camera e come “Présidenziabile”. Se si acqueta svanisce, se contesta l’egemonia della Lega rischia di entrare in urto con Berlusconi. Fini sa che fuori dal PDL c’è solo lo stagno centrista povero d’acqua e pieno di lucci, reali e immaginari. E poi il PDL l’ha co-fondato anche lui sebbene dopo più che un dubbio, una crisi. Dovrebbe rafforzarsi dentro il partito, ma il partito è una figura estemporanea, un plebiscito berlusconiano permanente. Dovrebbe, come ha provato, allargarne i confini mentre si dota almeno di uno statuto rispettato, ma rischia di urticarne lo spirito riconoscente e gregario verso il creatore e il benefattore di tante carriere. A meno di imprevisti e in vista di una bonaccia di tre anni senza elezioni quella di Fini davvero non è in una posizione facile.

- Su leragioni.it abbiamo scritto in diverse occasioni che al Paese manca molto la politica…e a Martelli quanto manca la politica?

Una politica c’è e non mi manca, quella che mi manca non c’è.

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