venerdì 30 ottobre 2009

SINISTRA E LIBERTA': VERSO DICEMBRE !

SINISTRA E LIBERTA': VERSO DICEMBRE !

di Gim Cassano*

30/10/2009 - Sento il dovere di esprimere in modo compiuto un punto di vista molto preoccupato su S&L e sulle ultime questioni di cui si è discusso nel Coordinamento. Dopo aver sentito la precisa responsabilità -a differenza di altri- di confinare per un doveroso senso di collegialità queste opinioni nell’ambito del Coordinamento Nazionale, limitandone in un primo tempo la diffusione ai suoi membri la diffusione, ritengo ora che sia opportuno il diffonderle. In buona sostanza, dopo Bagnoli si sono confrontate (con molte sfumature) due posizioni: quella di chi chiede un deciso passo in avanti verso la costituzione di un partito, sostenendo l’impossibilità di fare politica senza lo strumento-partito, e quella di chi ritiene che lo strumento sia il risultato e non la premessa di una discussione sul cosa e come si voglia essere. L’esito infausto del Congresso della Federazione dei Verdi è stato visto dai primi come una ragione per considerare superato il percorso stabilito a Bagnoli, e spingere verso un Congresso Fondativo (in sostanza, verso l’immediata costituzione di un partito), e dai secondi come una risposta alla volontà di molti, già evidente prima di Bagnoli, di procedere rapidamente verso la formazione di un partito che richiedesse lo scioglimento dei partiti e movimenti preesistenti, implicando con ciò l’accettazione preventiva di un modello partitico che quantomeno si sarebbe dovuto discutere e definire. Queste due posizioni riflettono preoccupazioni ed esigenze diverse: da un lato si teme che il perdurare di S&L in una sorta di status intermedio tra l’alleanza di forze diverse ed un vero e proprio partito, porti alla disaffezione ed al disimpegno coloro che ritengono lo strumento-partito necessario ad avviare un confronto che guardi essenzialmente verso il resto della Sinistra, e necessario a fornire forza di attrazione nei confronti di quel mondo; e dall’altro lato si teme che un percorso di costruzione partitica accelerato e non sufficientemente definito e maturato porti fatalmente a forme organizzative “classiche” e scontate, tratte dalla tradizione (i cui esiti si sono già più volte visti nella storia della sinistra italiana) ed a smantellare l’esistente senza che siano stati adeguatamente definiti il ruolo e l’essenza politica di S&L. Si può anche osservare come la prima posizione corrisponda ad un atteggiamento di carattere deduttivo, conforme alla tradizione ideologica della nostra sinistra, portando con sé la predeterminazione del perimetro e delle forme all’interno dei quali si andrebbe a costituire il nuovo soggetto politico; e come invece la seconda si fondi su atteggiamenti induttivi ed empirici, e che guardi alla possibilità di allargare ed aprire S&L ad associazioni, movimenti, circoli, corpi intermedi, pezzi della società civile, e che in funzione di ciò ne vada definita la forma. La discussione, specie sui commenti apparsi sul sito, ha raggiunto punte di asprezza che di certo hanno reso felici i nostri detrattori, e che non hanno certo contribuito alla serietà del dibattito. Coloro che si sono “permessi” di esprimere dubbi sul fatto che fosse possibile celebrare un Congresso Fondativo prima della fine dell’anno, sono stati accusati di vedere S&L come un tram elettorale sul quale salire o dal quale scendere alla prima occasione, ed alcuni sono arrivati al punto di sostenere l’opportunità di procedere comunque (chi ci sta, ci sta, e gli altri, se lo vorranno, vengano dopo, ma alle nostre condizioni), dimenticando che ciò significherebbe la fine dell’ “esperimento” S&L nei suoi tratti più innovativi, e la riedizione -in piccolo- di un ennesimo dejà vu. Detto ciò, non nascondo di considerare la seconda posizione come la più affine al mio pensiero (il che poco conta), ma soprattutto come la più adeguata a far nascere in Italia un’idea “nuova” di sinistra. Nel frattempo, S&L è rimasta regolarmente in ritardo, quando pure non si sia espressa in termini contradditori, sulle questioni del dibattito politico. E soprattutto, dopo l’intuizione iniziale che ha portato a raccogliere un milione di voti poco più che dal nulla (e che erano tutti -o quasi- voti di elettori che avevano apprezzato l’idea innovativa che ne era la premessa, e che solo in piccola parte provenivano dall’elettorato consolidato dei partiti o movimenti costituenti), non si sono fatti passi in avanti nel tradurre un’intuizione nella definizione compiuta di un pensiero, di una identità, di una strategia. Mentre noi si discute sulla reinterpretazione delle decisioni di Bagnoli, possiamo osservare fuori dalla nostra stanza un Paese che va a rotoli: sul piano economico e sociale, sul piano della coesione sociale e territoriale, sul piano morale, sul piano istituzionale e politico. Dall’opposizione -tutta, parlamentare e non- non arriva una risposta. I giornali sono pieni delle cronachette del presunto Congresso del PD; ma c’è stato, o c’è, o ci sarà un Congresso? Si sarà scelto un Segretario, ma nessun italiano ha potuto osservare nel PD un serio dibattito sui problemi del Paese. Certo, Bersani e Franceschini non sono equivalenti, e l’acclamazione dell’uno piuttosto che dell’altro produrrà pure qualche effetto. Ma, nel frattempo, si fa un’opposizione fiacca e svogliata, quando non connivente (scudo fiscale ed omofobia), e la scelta avviene più sulla “suasion” che su linee politiche definite con chiarezza. Per il resto, assistiamo al populismo demagogico di IdV che insulta il Capo dello Stato e fonda il suo successo su una sorta di partito-persona che fa le fusa all’antipolitica. La pattuglia radicale sogna una sorta di trasversalismo fondato su un improbabile abbinamento tra laicità, liberismo, e sistema politico di tipo anglosassone. La sinistra anticapitalista ritiene di poter dar risposta ai problemi del Paese attraverso il fumo dell’ideologia e lo sventolio nostalgico di bandiere. Sono, tutte queste, posizioni al più sufficienti ad indurre le singole formazioni a sperare in un minimo di consenso elettorale, ma nessuna di queste è adeguata ed utilizzabile per la costruzione di un’opposizione in grado di proporsi alla guida del Paese. L’idea di S&L è emersa per dar risposta a questo vuoto politico, che non è solo vuoto di rappresentanza parlamentare, ma è soprattutto vuoto di proposta politica e di capacità di costruirvi attorno relazioni e consenso. L’idea, rivoluzionaria nella storia italiana, di una proposta politica che tragga origine dai diversi modi ed esperienze dello “esser sinistra” in questo Paese ne era la premessa necessaria. E questo richiede l’apporto di una razionalità empirica, piuttosto che quello di atteggiamenti ideologici. Abbiamo tutti alle spalle storie diverse, e molto spesso conflittuali: non è sulla loro riproposizione, sulla ripetizione di slogans, parole d’ordine, linguaggi, metodi, tratti in modo esclusivo dall’una o dall’altra di queste storie, che sia possibile costruire. Altrimenti, ognuno continuerà a rinfacciare all’altro antichi contrasti e diversità. Purtroppo, questo atteggiamento è duro a morire, e la lettura dei commenti sul sito ne è una evidente testimonianza. La costruzione di S&L richiede la capacità di superare ciò, e di elaborare una nuova proposta in termini culturali e di contenuti e strategia politica; ed anche nel modo di fare politica e di organizzarsi a tal fine. Le storie delle quali siamo portatori ed eredi non vanno rinnegate, ma vanno rivisitate e ricomposte guardando all’oggi ed al domani. E chiunque di noi deve poter dare il proprio apporto a questo processo, partendo criticamente dalle proprie origini. In questo, siamo aiutati da una realtà sociale ed economica che si è rapidamente e profondamente trasformata, e dalla consapevolezza, oramai ampiamente diffusa, che termini come libertà, merito, mobilità sociale, individuo, sono la premessa necessaria di una società aperta. E che i significati di libertà, democrazia ed equità sono tra loro inscindibili. E che a tutti va garantita l’equaglianza dei diritti, non solo giuridici, ma anche di accesso effettivo alla formazione, al sapere, alla salute, alla autorealizzazione delle scelte di vita, di lavoro. Ed ancora, che lo stesso mondo del lavoro si è profondamente trasformato, e che i suoi interessi non sono più interpretabili unicamente nei termini del linguaggio di una sinistra tradizionale; entrano in gioco altre considerazioni: gli interessi territoriali (ne è prova il voto leghista), le prospettive per i giovani, la scarsa mobilità sociale, l’ambiente, i diritti individuali e civili conculcati, l’interesse per strutture e servizi pubblici efficienti ed accessibili, i diritti degli utenti e consumatori. E dobbiamo aver chiaro che, nelle condizioni attuali del Paese, il primo compito di una forza di sinistra è quello di difendere il sistema democratico e di dare attuazione ai principii sui quali si fonda la nostra Costituzione, che credo inutile richiamare. Ritengo che esista, non marginale e non piccola, per quanto dispersa, quella che abbiamo chiamato “l’Italia che non ci sta”. A veder far scempio della Costituzione, dei diritti dell’uomo, dell’individuo e del cittadino. A vedere al potere una furbizia egoista ed arrogante, divenuta il modello culturale dell’attuale maggioranza. A vedere una cattiva amministrazione in mano a ceti politici indifferenti e famelici, sovente collusi con il malaffare. A vedere lo scempio del territorio ed il relativo seguito di lutti. A vedere una opposizione inesistente da parte di alcuni e velleitaria da parte di altri. A veder privilegiare la speculazione rispetto a chi produce ed a chi lavora. A veder sacrificare gli interessi dei più a quelli dei pochi. A vedere un Paese senza più voglia di fare, e paralizzato dalla più bassa mobilità sociale e dalla più ampia e crescente forbice di disparità economica del mondo industriale. A questa “Italia che non ci sta”, S&L deve dare una risposta, e molto presto. Ad iniziare da dicembre. E su questa risposta, iniziare a definire la propria proposta politica, a partire dalle grandi emergenze di questo Paese: quella della democrazia, quella dei diritti dell’individuo, quella economico-sociale, quella ambientale, quella della formazione e della diffusione della conoscenza, del sapere, dell’informazione. E sono convinto che, misurandosi, empiricamente e non in termini ideologici, sui fatti e sulle grandi questioni, non sarà difficile per nessuno di noi contribuire alla costruzione della nuova sinistra, aperta e plurale. Il voler trasformare l’Assemblea di fine Dicembre in una sorta di Congresso che, nel nominare vertici ed organismi dirigenti fatalmente vincolerebbe S&L ad un tipo di forma-partito piuttosto che ad un altro, significherebbe prederminare il mezzo, la liturgia, rispetto ai fini. E non dare risposte adeguate a chi chiede invece quale sia, compiutamente, il progetto di S&L. Ed occorre infine aver ben chiara una cosa: nessuna idea innovativa di sinistra sarà mai concretizzabile ove la formazione politica che intenda praticarla non porti, anche nel suo modo di costituirsi, nella sua forma ed organizzazione, una rottura rispetto al modello in miniatura dell’organizzazione del tradizionale partito di massa, e non eviti il rischio di declinare in termini di leaderismo la necessità di adeguamento alle esigenze della modernità. Occorre una formazione politica che sappia assicurare forme articolate di partecipazione ad individui ed a soggetti collettivi. Penso ad una forma aperta, ai diversi livelli, quello nazionale, e quelli territoriali, che consenta la presenza di una pluralità di movimenti, associazioni, soggetti politici, ciascuno dei quali apporti la propria individualità, capacità di proposta, di coinvolgimento e di mobilitazione. I partiti tradizionali hanno fatto il loro tempo, e non sarà la riproposizione di una struttura piramidale a consentire l’allargamento della partecipazione ed il coinvolgimento di esperienze diverse sul piano della cultura politica, del riferimento territoriale, e degli ambiti di interesse ed intervento. Perché oggi, il primo problema che ci si pone di fronte è quello di aggregare, coinvolgere e mettere a frutto, e non in termini di collateralismo subordinato, un’infinita serie di capacità individuali e di gruppo oggi disperse. Perché ciò possa realizzarsi, occorre preventivamente definire un’idea di sinistra moderna ed aperta, ed occorre non predeterminare una forma di organizzazione partitica rigida e chiusa. A mio parere, il significato dell’Assemblea di fine anno è questo: a chi ci osserva con attenzione non interessa affatto sapere che S&L celebra un rito paracongressuale con nomina di organi e liturgie simili: interessa invece sapere cosa pensi, dica, voglia fare e faccia S&L. In altre parole, quale è la sua proposta agli italiani, come si caratterizzi e distingua rispetto alle altre forze dell’opposizione (parlamentare e non), e quali rapporti intenda tenere con queste, vista anche l’imminenza delle elezioni regionali. E quale è la sua idea di costruzione partecipata ed aperta di un soggetto politico; che, ripeto, deve presentare anch’essa caratteri fortemente innovativi. Se usciremo dall’Assemblea con organismi di vertice e leaders, ma senza aver definito questi aspetti, non avremo concluso nulla. Abbiamo proposto l’adesione a S&L, giustamente: si aderisce ad un progetto, per parteciparne allo sviluppo, alla verifica ed all’aggiornamento empirici. Chi oggi sottoscrive la “Carta di Adesione” e versa i 30 euro manifesta la sua volontà che questo progetto debba procedere, e la sua fiducia che ciò possa essere. Ma le conclusioni del progetto oggi non sono conosciute compiutamente. Sta a chi ha le maggiori responsabilità politiche l’iniziare a definirlo. E sta all’Assemblea di Dicembre il ratificarlo. Ma non è pensabile che un’Assemblea costituita a partire da adesioni individuali (che significativamente alcuni chiamano tesseramento), che avranno avuto meno di un mese di tempo per realizzarsi, possa caricarsi di responsabilità che vadano oltre la proposta del progetto di costituzione di S&L, e diventare nei fatti se non nel nome, una sorta di Congresso. L’esito sarebbe inevitabile: assemblearismo senza sufficienti garanzie di rappresentatività alla base, ed il rischio del leaderismo al vertice. Oggi, il principale compito che si trovano di fronte coloro che si sono assunti la responsabilità di proporre l’idea di una sinistra nuova è quello di non far fallire questo esperimento con la pretesa di vincolarne la conduzione a concezioni predeterminate e fatalmente tradizionali del fare politica, che mal si adattano ad un’idea del tutto innovativa di sinistra. La storia politica italiana -e della sinistra in particolare- è piena di fallimenti, dipesi in larga misura dall’aver riproposto concezioni culturali e forme politiche improntate alla pretesa di imporre punti di vista, alla nostalgia del passato, al pensiero ideologico, a metodi arcaici del fare politica.
*Coordinamento nazionale di SeL

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