sabato 2 maggio 2009


Sinistra e Liberta'
"Un chiaro impianto europeistico"


02/05/2009 - Sinistra e Libertà ha presentato un programma provvisorio per le europee. In attesa che quello definivo venga varato da un'apposita assemblea il 9 maggio, giorno della festa dell'Europa.

"E' il profilo di una lista nitidamente europeista. Europeista, non eurocentrica". Anche se il significato esatto dell'espressione "lista non eurocentrica" non è immediatamente comprensibile, il senso generale è ben chiaro. E a rafforzarlo c'è, come unico riferimento storico, quello al federalista Altiero Spinelli, che ha il pregio di essere praticamente l'unico degli grandi federalisti europei non spietatamente anticomunista, ed anzi candidato come indipendente nelle liste del PCI nel 1976.

L'analisi è quella che la crisi economica in atto rappresenterebbe un nuovo ‘89: la fine dell'ideologia liberista che ha spazzato il mondo per oltre un ventennio. Il liberismo avrebbe recentemente prevalso anche nel Parlamento europeo e negli altri organismi dell'Unione europea. Occorrerebbe invertire la tendenza promuovendo "dal basso" una nuova Costituzione europea, democratica e federale. Si chiede un voto a Sinistra e Libertà perché le anime che la compongono, Verdi, Socialisti europei, e Sinistra europea, avrebbero già collaborato nel Parlamento europeo, incalzando sui voli della Cia, battendosi contro la direttiva delle 65 ore e contro la Bolkenstein sui servizi.

Nel programma non mancano una serie di indicazioni di riforma, sia sul meccanismo di funzionamento dell'Unione europea, che nella sua dimensione esterna.

Sebbene infatti l'euro si sia dimostrato, recita il programma, un valido baluardo contro la crisi economica, i parametri del Patto di stabilità e crescita che lo reggono andrebbero modificati per tenere conto anche dell'occupazione. Si dice che il Parlamento europeo dovrebbe avere una funzione di indirizzo sulla Banca centrale europea. Visto che la crisi in atto sarebbe determinata da una carenza della domanda interna, e dall'impoverimento generalizzato dei salariati, occorrerebbe una Patto per l'occupazione per garantire il contenimento dei dislivelli salariali fra le varie regioni europee, l'utilizzo a questo scopo del Fondo sociale europeo, così come la subordinazione degli aiuti nazionali alle imprese ad impegni chiari contro i licenziamenti.

Occorrerebbero inoltre investimenti europei nelle reti e nei servizi, quelli informatici ma anche dei trasporti, ma tenendo conto delle inclinazioni delle popolazioni locali. Al punto B6 viene dato credito alla richiesta della Confederazione europea dei sindacati di una Direttiva europea sui servizi pubblici che ne regolamenti e ne impedisca l'eventuale privatizzazione.

A livello internazionale l'Unione europea dovrebbe promuovere una conferenza Onu, sia sulle materie monetarie che sulle questioni del commercio internazionale, visto il clamoroso fallimento dell'Organizzazione mondiale del commercio. Si parla di Tobin Tax per scoraggiare i movimenti internazionali di capitale finanziario. Si fa propria la sacrosanta battaglia per un seggio unico dell'Unione europea nelle Nazioni Unite.

Ovviamente, ed in linea con la presenza dei Verdi in SeL, vi sono riferimenti sia alla necessità di uno sviluppo sostenibile, che di una battaglia contro il nucleare, all'apertura nei confronti degli immigrati, e anche una sorprendente richiesta di servizi minimi per gli studenti universitari (affitti, sussidi, etc.) che strizza l'occhio alle recenti vicende dell'Onda in Italia.

La cosa migliore di questo programma è il suo chiaro impianto europeistico. Con la presenza di Nichi Vendola in quattro circoscrizioni su cinque è possibile che gli elettori non la considerino una pura aggregazione elettorale, ma qualcosa di destinato a rimanere anche nei minuti successivi al voto.E' possibile. Per nulla certo.

Per contro, sui contenuti il programma desta qualche perplessità perché viaggia a metà strada fra un europeismo un poco melenso, che è quello tradizionale dei DS della maggioranza dei socialisti europei così come del Pd, e una serie di parole d'ordine "no global" poco connesse alla realtà dell'integrazione europea.

Veniamo prima all'europeismo melenso. Spinelli, il manifesto di Ventotene, l'Europa di Pace, la Potenza civile, e via dicendo, sono tutte affermazioni che potrebbero figurare nella prefazione di un libro di Padoa Schioppa. L'integrazione europea è un poco più complicata. E' stata: una creazione americana, il tentativo di costruire un'identità europea, il modo per mettere in riga i movimenti dei lavoratori, un fattore di democrazia per influenzare i regimi autoritari al Sud dei suoi confini, uno strumento per la privatizzazione dei servizi pubblici, una potenza destabilizzante ai confini balcanici, un mezzo per la liberalizzazione degli scambi globali, il tentativo di mettere in comunicazione i giovani europei, e tanto altro ancora. Ma, recentemente, gli elementi negativi dell'integrazione sono stati del tutto prevalenti su quanto di buono era stato fatto.Non è solo un problema di maggioranze politiche momentanee, ma di architettura costituzionale dell'Unione europea: il modo in cui sono scritti i trattati, così come l'assenza di meccanismi per eleggere direttamente la guida della Commissione europea. Ci si sarebbe aspettati meno retorica europeista, e più riferimento al vero europeismo che è stato quello di chi ha votato contro la Costituzione europea di Giscard d'Estaing in Francia e in Olanda nel 2005: il fenomeno più importante a livello europeo dopo la sigla trattato di Maastricht. Un riferimento alla necessità i coinvolgere anche i cittadini italiani nelle prossime scelte sui trattati, proponendo un referendum in Italia e opponendosi a trattato di Lisbona se approvato senza consenso popolare. Si parla di Direttiva sui servizi pubblici: ma bisognerebbe dire chiaramente che non sarà approvata nessun nuovo trattato europeo che non contenga un articolo per cui i servizi pubblici sono esenti dalle norme sulla libera concorrenza, perché appunto pubblici.

E poi c'è l'altro incredibile assente di un'Unione europea che dovrebbe avere una sua personalità mondiale. Non viene mai nominata la Nato che governa molto della politica estera dei Paesi europei e che costituisce il blocco ad ogni autentica possibilità di avere un politica estera autonoma.

Ci sono poi una serie di proposte utopistiche, e forse nemmeno troppo auspicabili. Che l'Onu governi il commercio mondiale. Non l'ha mai fatto nella sua storia, anche se ci ha provato. Che il Parlamento europeo detti direttive sull'euro. Bisognerebbe passare con i carri armati sulla Germania sia a marcia avanti che a marcia indietro. Che l'Unione europea si occupi di eguaglianza salariale e di fiscalità: bisognerebbe espellere la Gran Bretagna. Inoltre, senza rifiutare il trattato di Lisbona che non prevede possibilità di legiferare su fiscalità e normative sul lavoro cose sono frasi al vento. Ma sarebbe auspicabile che le normative sul lavoro siano armonizzate con Direttive europee? Difficile a dirsi, perché quel che è certo è che le armonizzazioni potrebbero ben avvenire in peggio.

Il 9 maggio ci sarà forse la possibilità si stabilire un programma europeista, certo, ma un molto più combattivo su alcune cose, e meno aleatorio su altre. Soprattutto è impossibile che la sinistra continui ad accettare che le modifiche dei trattati europei avevngano senza un referendum in cui si consultino i cittadini italiani. Altrimenti si parla di democrazia popolare ma si pratica quella delle elite.


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