lunedì 22 agosto 2011

Perché un ecosocialismo libertario

PERCHE' UN ECOSOCIALISMO LIBERTARIO

di Carlo Felici

Nella confusione e nella diaspora che tuttora affliggono il variegato mondo del socialismo italiano ritrovare alcuni punti fermi di indirizzo che possano essere utili a rilanciare una identità ed una prassi condivisa da tutti coloro che avversano il modello del pensiero unico e della globalizzazione del totaliarismo neoliberista, che si impone a suon di bombe e speculazioni finanziarie, è quanto mai utile e necessario.
Utile come strumento di consapevolezza, soprattutto per capire che le crisi finanziare globali rappresentano la frattura profonda di un artificio tutt'altro che inossidabile, che esse piovono inesorabili su interi stati e popoli, specialmente i più poveri ed emarginati, non come una pioggia acida senza rimedio, di fronte alla quale solo i privilegiati possono credere di aprire l'ombrello che li mette al riparo. Ma che esse sono un fenomeno tra i più terribili e rovinosi, messo in atto scientificamente da essere umani il cui unico fine è l'uso delle risorse umane e naturali per fini di profitto.
Necessario perché se un tempo il motto era «socialismo o barbarie», oggi, debitamente aggiornato, con le attuali sfide che mettono a serio rischio la sopravvivenza di intere specie viventi sul pianeta, dovute ad un modello di sviluppo che ignora l'equilibrio tra le relazioni umane e quello tra noi e la natura, esso diventa necessariamente «ecosocialismo o suicidio globale».
L'Ecosocialismo accoglie pienamente questa nuova sfida del terzo millennio ed offre una via d'uscita al modello neoliberista imperante con la sua proposta di democrazia partecipativa e in equilibrio con la natura. Non è un modello utopistico
Come scrive il teologo e filosofo Leonardo Boff, infatti, «Tra molti progetti esistenti in America Latina come l’economia solidale, l’agricoltura organica familiare, le sinergie alternative pulite, la Via Campesina, il Movimento Zapatista e altri, vogliamo metterne in evidenza due per il rilievo universale che rappresentano: il primo è il «Ben Vivere», il secondo la «Democrazia Comunitaria e della Terra», come espressione di un nuovo tipo di socialismo...La democrazia sarà dunque socio-terrena-planetaria, la democrazia della Terra. C’è gente che dice: tutto questo è utopia. E di fatto lo è, ma si tratta di una utopia necessaria. Quando avremo superato la crisi della Terra (se poi la supereremo), il cammino dell’umanità potrebbe essere questo: globalmente ci organizzeremo intorno al “Ben Vivere”, a una “Democrazia della Terra”, alla biocivilizzazione (Sachs). Già esistono segnali anticipatori di questo futuro.»
La prospettiva dell'Ecosocialismo del XXI secolo è configurata anche nel manifesto di Michael Lowy e Joel Kovel, in cui viene rilevato, tra l'altro che «se affermiamo che il capitale è radicalmente insostenibile e si frammenta nelle barbarie appena descritte, allora affermiamo anche che è necessario costruire un socialismo capace di superare le crisi che il capitale ha provocato nel tempo. E anche se i socialismi del passato non sono riusciti a farlo, se scegliamo di non sottometterci ad un destino barbaro, allora abbiamo l’obbligo di lottare per un altro socialismo che sia capace di vincere. Allo stesso modo in cui la barbarie è cambiata in modo da rispecchiare il secolo trascorso dal momento che Luxemburg ha espresso la sua speranzosa alternativa, il nome e la realtà del socialismo devono essere quelli che richiede il nostro tempo.
Per questi motivi chiamiamo ecosocialismo una nostra interpretazione del socialismo e abbiamo deciso di dedicarci alla sua realizzazione. Vediamo l’ecosocialismo non come la negazione, ma come la realizzazione dei socialismi del primo periodo del XX secolo, nel contesto della crisi ecologica. Come quei socialismi, il nuovo si costruisce a partire dalla percezione del capitale come lavoro oggettivato e si fonda sul libero sviluppo di tutti i lavoratori o, per dirlo in altre parole, sulla fine della separazione dei lavoratori dai mezzi di produzione.»
Non possiamo più dunque considerare che possano esistere degli aggregati politici basati sulla separazione di concetti ormai talmente interdipendenti da non sussitere affatto nella loro singola consistenza specifica, se ancora considerati separatamente tra loro come socialismo, democrazia ed ecologia.
Non hanno più senso conseguentemente partiti che siano «democratici», «socialisti» o «ecologisti», separatemente, e non ne hanno in particolare, ancor di più, se non sono capaci di interagire per creare insieme delle valide alternative politiche ai modelli imperanti.
Non parliamo poi del fatto che alcuni sopravvivono usando tali «attributi» solo come mascheramento di interessi localisti, clientelari e mirati solo al controllo del territorio per fini personalistici o di mantenimento del potere di casta.
L'affermazione di un sostanziale dominio di modelli plutocratici e monopolisti è dovuto proprio in gran parte a tale fattore: si usa il profitto e la speculazione finanziaria per sovvenzionare modelli di governo che non trovano davanti a loro stessi valide alternative.
E queste ultime non vengono messe in atto perché in quella che dovrebbe risultare una opposizione credibile e attivamente impegnata a creare alternative popolari, regna sovrano il diktat del «divide et impera», spesso suffragato da una sorta di «prostituzione» con cui i cosiddetti oppositori si lasciano comprare, pur di restare divisi, inefficaci e collaterali ad un intero sistema di sfruttamento e di smantellamento dei diritti essenziali dei cittadini, i quali, spesso, sono indotti a svolgere solo un ruolo di sudditi impotenti e, quando votano, attribuiscono, nella maggior parte dei casi, il loro consenso ad un leader o ad un «contenitore partitico vuoto», privo cioè di progettualità ed efficacia.
l'Ecosocialismo richiede dunque, a tal fine, una coscienza avanzata, una capacità di attenzione ai fenomeni in atto, con strumenti adeguati di controinformazione ed una forza di mobilitazione che non sia condizionata e veicolata dalle forze politiche, sindacali ed economiche dominanti, in particolare da quegli strumenti mediatici che sono al servizio del sistema imperante.
La cultura libertaria è stata lungamente attiva nella prima metà del secolo scorso, come ricorda bene Robin Hahnel: "All'inizio del XX secolo, il socialismo libertario era una forza potente tanto quanto la socialdemocrazia e il comunismo". L'Internazionale libertaria - fondata con il Congresso di Saint Imier qualche giorno dopo la rottura tra marxisti e libertari al Congresso dell'Internazionale Socialista dell'Aia nel 1872 - si batté con successo per più di cinquant'anni contro social-democratici e comunisti al fine di conquistare la fedeltà degli attivisti anticapitalisti, dei rivoluzionari, dei lavoratori e dei membri di sindacati e partiti politici. I socialisti libertari ebbero un ruolo cruciale nel corso della Rivoluzione messicana del 1911. Venti anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, i socialisti libertari erano ancora sufficientemente forti da ritrovarsi alla testa di quella che sarà la rivoluzione anticapitalistica di maggior successo che le economie industriali abbiano mai conosciuto, la Rivoluzione sociale che scosse la Spagna repubblicana nel 1936-1937."
Essa purtroppo è stata in seguito fortemente messa in crisi dall'avvento dei totalitarismi, prima politici e poi economici, che, dopo averne fatto il loro bersaglio privilegiato, si sono affermati e combattuti nelle loro convulsioni distruttive, durante la seconda metà del Novecento, sia con armi potentissime sia con politiche neocoloniali e regimi imperialistici di vasta portata e che ancora sono messi in atto mediante il modello totalitario della globalizzazione a fini di profitto.
Oggi, però, tale orientamento va molto al di là di queste radici, e, grazie al particolare valore che esso attribuisce alla libertà e alla consapevolezza umana, non intesa genericamente in senso collettivo, ma a partire da ciascuna libera coscienza individuale, si rivolge validamente a tutti coloro che vogliono efficacemente lottare contro tutti i condizionamenti di carattere culturale, materiale ed economico (povertà, indigenza, emarginazione) che ostacolano sia la giustizia sociale che la libertà di ciascuno.
Un grande autore libertario come Berneri asseriva che «la libertà umana è capacità di sorpassare ostacoli, interni od esterni, e di crearsi.» Non vi è dunque un assioma ideologico alla base di un impegno ecosocialista libertario, ma semplicemente la creatività di un percorso e la capacità di scoprire in esso un'etica di condivisione non soltanto del bisogno e delle prospettive di sviluppo umano, ma anche di orizzonti e di rapporti con l'ambiente naturale, e con la biodiversità che, non l'uomo in se stesso, ma l'attuale modello di pseudo civiltà umana imperante minaccia con spietata volontà distruttiva.
Diceva un grande studioso libertario della terra come Jacques Élisée Reclus, già agli albori dello sviluppo industriale, che i fenomeni che osserviamo nella natura non vanno considerati isolatamente, ma nelle loro imprescindibili relazioni: «studiare a parte e in modo dettagliato l'azione particolare di questo o quell'elemento dell'ambiente: freddo o caldo, montagna o pianura, steppa o foresta, fiume o mare in una determinata tribù; ma è attraverso uno sforzo di pura astrazione che ci si ingegna a presentare questo particolare dell'ambiente come se esistesse in maniera distinta e che si cerca di isolarlo da tutti gli altri per studiarne l'influenza essenziale. Persino laddove quest'influenza si manifesta in modo assolutamente preponderante nei destini materiali e morali di una società umana, essa si frammischia ad una congerie di altri stimoli concomitanti o contrari nei loro effetti. L'ambiente è sempre infinitamente complesso e l'uomo è di conseguenza sollecitato da migliaia di forze diverse che si muovono in tutti i sensi, sommandosi le une alle altre, alcune direttamente, altre seguendo angoli più o meno obliqui, oppure contrastando reciprocamente la loro azione". L'uomo non è che una parte organica di un sistema complesso e variamente articolato da cui non può prescindere e in cui non può in alcun modo pretendere di imporsi.
Egli ci ricorda che stessa lotta tra le classi, che egli testimoniò partecipando alla Comune di Parigi, non è altro che «la ricerca dell'equilibrio».
Tale lotta oggi è globale per riequilibrare il mondo, e va dunque affrontata con strumenti culturali, economici e sociali globalmente avanzati.

Con questa consapevolezza ci rivolgiamo fiduciosi a tutti coloro che vorranno annaffiare questo grano di senape affinché diventi albero frondoso per restituire ossigeno alla terra, frutti e frescura all'umanità e rifugio sicuro per gli uccelli di un cielo più limpido e trasparente.


C.F.

sabato 20 agosto 2011

La prospettiva verso cui muoversi: il socialismo del XXI secolo.

La prospettiva verso cui muoversi:
il Socialismo del XXI secolo !
di Paolo Ferrero
(da Liberazione del 20 agosto 2011)

Non c’è stato nessun rimbalzo. Ieri le borse non hanno recuperato il tonfo del giorno precedente. Si può fare una lunga disamina delle cause che hanno portato a questo: gli speculatori hanno paura della tobin Tax; visto che i titoli sintetici sono dei mostri ingestibili, che possono nascondere perdite enormi, i più furbi stanno togliendo le mani dalla tagliola e mettendo al sicuro il malloppo: oro e titoli di stato americani; il fatto che le economie sono rientrate in recessione e quindi ci si aspetta un periodo di vacche magre; molti titoli sono sopravvalutati e quindi la bolla speculativa si sta sgonfiando, ecc.

Si può fare un lungo elenco dei motivi del disastro attuale - e i giornali lo fanno con dovizia di particolari - ma il risultato non cambia: dopo tre anni di crisi e 15.000 miliardi di dollari sprecati dagli stati per salvare le banche private, siamo punto e a capo in piena recessione. Non solo, gli stati si sono indebitati per salvare le banche e poi gli stessi finanzieri hanno abbondantemente speculato sui debiti sovrani, fregando altri soldi agli stati (pardon, ai cittadini) come stiamo verificato di persona. Oltre al danno la beffa.
Non solo, come medici ubriachi gli esponenti dei poteri forti che siedono a capo dei governi - in particolare quelli europei - stanno continuando a dare al malato la medicina che l’ha portato in coma: tagli delle spese sociali e pareggio di bilancio inserito in Costituzione. Così la recessione è assicurata. La Merkel è stata così solerte a chiedere ed ottenere il taglio delle spese e il conseguente massacro sociale nei vari paesi europei che è riuscita nella mirabolante impresa di mandare la Germania in recessione: dove diavolo le vende le merci l’azienda tedesca se in Europa nessuno ha più i soldi per comprare? Il mitico Marchionne, che il Ministro Sacconi vuole trasformare nel patrono d’Italia, dopo aver usato a piene mani la speculazione nel far crescere il titolo di una azienda dedita non alla produzione di automobili ma alla distruzione dei diritti dei lavoratori e dei contratti nazionali di lavoro, si ritrova adesso con un pugno di mosche.

Il fatto che nessuno dei nostri governanti vuole ammettere - e con loro nessun manager e nessun commentatore economico o politico - è uno e uno solo: si chiama fallimento del capitalismo. E’ il capitalismo neoliberista che ha fallito e il moribondo non è in grado di riprendersi. Non solo: continuando a somministrare la medicina neoliberista, il malato sta sempre peggio, mentre vengono demolite le fondamenta del vivere civile.
Se il problema fosse un fatto privato degli speculatori e dei manager potremmo far finta di nulla. Invece questi delinquenti stanno applicando le loro assurde ricette ideologiche sulla nostra pelle, sulla pelle di milioni e milioni di persone.
E così, i loro esperimenti portano le persone a non avere i servizi sociali, a doversi pagare le cure mediche, a non trovare un lavoro; la società si ripiega su se stessa, nella paura e nell’insicurezza. Per questo diciamo chiaramente che il problema si chiama capitalismo e che occorre cambiare cura: occorrono misure di tipo Socialista a partire dalla ripresa della piena sovranità degli stati sulla moneta e sulla finanza.
Il bivio è chiaro dinnanzi a noi: o gli stati sottomettono la moneta ed esercitano democraticamente la propria sovranità sul denaro demolendo i potentati finanziari costruiti in questi anni, oppure la finanza distruggerà le condizioni di vita sul pianeta producendo un pesante regresso della civiltà umana. Questo è il punto. Anche perché i poteri forti stanno portando allo sfacelo la società ma continuano ad avere il potere di farlo. Hanno i soldi per comprasi tutto: dalle università ai mezzi di comunicazione, al complesso degli operatori che concorrono a formare la pubblica opinione. Hanno i soldi per sfidare e piegare gli stati. O gli stati mettono la mordacchia al capitale finanziario o questo demolirà la società, realizzando l’utopia reazionaria della Thatcher che sosteneva per l’appunto che la società, semplicemente «non esiste».
Per questo, va bene parlare di eurobond, di Tobin tax e così via. Rischiano però, oramai, di essere misure largamente insufficienti. Per rimanere alla metafora medica, non basta un’aspirina quando il problema è il cancro. E’ necessario fare un salto di qualità, rapido e radicale. Occorre cambiare radicalmente il ruolo della Bce, sottoponendola al potere politico e obbligandola a battere moneta per finanziare la riconversione ambientale e sociale dell’economia e la piena occupazione. Occorre nazionalizzare le grandi banche e decidere democraticamente la gestione degli investimenti. Occorre rovesciare il trattamento fiscale del lavoro e della finanza: poche tasse sul lavoro e moltissime sulla finanza e sulle grandi ricchezze, a partire dalla patrimoniale.

Le nostre proposte concrete e praticabili, a partire dalla patrimoniale, che dobbiamo fare per rendere tangibile e non fumosa la nostra proposta, debbono quindi avere questo respiro e questa portata: il capitalismo neoliberista è fallito, si tratta di impedirgli di continuare a fare danni e indicare con chiarezza la prospettiva verso cui muoversi:

Il Socialismo del XXI secolo !!!


sabato 13 agosto 2011

Lega dei Socialisti: Governo di unità nazionale? Mai subalterno all’economia !

Lega dei Socialisti: Governo di unità nazionale?
Mai subalterno all’economia !



«L'economia mette "sotto tutela" gli stati nazionali. I cittadini sono costretti a colmare i vuoti di bilancio degli stati che a loro volta sono "strumenti" attraverso i quali l'economia globale cerca di limitare i danni. Gli assenti, in questo schema, sono i partiti politici della sinistra, italiana ed europea, che, incapaci di coordinarsi e di produrre un progetto comune, si illudono di poter "cavalcare la tigre" senza venire azzannati, spacciando per proposta politica una serie di placebo che danneggiano i più deboli e non incidono minimamente sui danni creati dalla finanza.

Sul tema interviene "Franco Bartolomei", Segretario Nazionale della Lega dei Socialisti e membro della direzione nazionale del PSI: "la sinistra ufficiale si illude, a questo punto non so più quanto in buona fede, di poter cavalcare questo attacco alimentando una promessa di maggiore affidabilità, sperando in tal modo di supplire alla propria incapacità di costruire un consenso maggioritario nel paese attorno ad una propria autonoma proposta alternativa di modello di sviluppo." All'interno di questo scenario, prosegue Bartolomei, "non giunge alcun significativo segnale diretto a riunificare le forze socialiste di ognuno dei singoli paesi della UE attorno ad un concreto programma di ristrutturazione democratica della costruzione europea, che porti ad invertire in modo deciso, in favore della sovranità democratica liberamente espressa dalle popolazioni d'Europa, l'attuale rapporto di assoluta subalternità esistente tra le classi politiche e le tecno strutture finanziarie che a livello mondiale e continentale orientano in modo assolutamente vincolante le scelte dei governi".

Oggi è fin troppo evidente che le scelte economiche imposte ai governi nazionali hanno una sola finalità, che è quella di far ingoiare, per amore o per forza, il prezzo del riequilibrio del sistema ai ceti medio bassi. Gli stati non correggono più i mercati, si limitano a dire "si". La sinistra non impone la difesa dei deboli nè l'intervento dello stato per far assumere a chi è responsabile di queste sciagure la propria responsabilità. Anche la sinistra si limita a dire "si". All'interno di questo sistema malato, la Lega dei Socialisti vuole agire da anticorpo, "cercando di costruire una rete di alleanze politiche con tutte le forze ed i movimenti interessati a riprendere le fila di un ragionamento critico sulle scelte di politica economica e sociale".

A chi invoca un governo di responsabilità nazionale per far fronte al momento drammatico che il paese attraversa, Bartolomei risponde "L'ipotesi di un Governo di unità nazionale può essere avanzata dalla sinistra esclusivamente allo scopo di costruire un esecutivo di largo consenso che sia in grado di resistere alle richieste di compressione dello Stato Sociale e di sterilizzazione della sovranità nazionale proveniente dalle autorità finanziarie sovranazionali. Un governo in grado di riuscire ad attivare, sulla base di una diversa progettualità, meccanismi di crescita fuori dai dettami e dalle strettoie liberiste e monetariste indicate dagli organismi finanziari internazionali".
Un esecutivo, quindi, che sia realmente in grado di operare scelte a favore del paese e dei cittadini, che non mascheri una reale subalternità al mondo economico con semplici slogan, parole d'irdine e "cerotti" vari ma che invece reclami nei fatti, con forza e determinazione, la sua indipendenza. Un governo, infine, che non sia la prosecuzione, a sinistra, del modus operandi e dell'essenza del berlusconismo.
"In nessun caso", conclude Franco Bartolomei "può essere proposta una soluzione di unità nazionale al solo scopo di costruire un quadro politico nuovo in cui viene avviata una progressiva sostituzione del centro-destra sul terreno di una maggiore affidabilità garantita al sistema finanziario mondiale da parte di una nuova classe dirigente, espressione della sinistra ufficiale."

A queste condizioni ben venga un governo di unità nazionale...

Lega Nazionale dei Socialisti

domenica 7 agosto 2011

Camila mette in crisi il governo cileno

Camila mette in crisi il governo cileno


Dicono sia molto riservata, soprattutto per quel che riguarda la vita privata. Tranquilla e riflessiva. Dicono anche che negli ultimi mesi sia diventata più audace. Coraggiosa e determinata. Sono i tratti distintivi del carattere di Camila Vallejo. Questo nome non vi dirà niente. Ma Camila, 23 anni e studentessa di Geografia, in Cile è una star. Un po’ per le sue idee politiche che stanno mettendo in crisi il governo del Paese, un po’ perché è davvero bella. Lunghi capelli scuri. Occhi verdi tendente all’azzurro. Un piercing al naso. E ogni volta che i media (nazionali e non) le fanno notare la sua bellezza, lei risponde: “Non ho scelto io il mio aspetto fisico, ho scelto però le mie battaglie”.

La prima su tutte riguarda il sistema scolastico pubblico. Camila è il presidente del Fech, Federazione degli studenti dell’università del Cile. La seconda donna in 106 anni di storia. È stata eletta nel 2010, superando anche il leader Giorgio Jackson che le riconosce “una marcia in più”. Il punto è che Camila da quattro mesi sta guidando la protesta nel Paese. Migliaia di studenti in piazza. Centinaia di istituti occupati. Poi flash mob, carri allegorici e iniziative colorate. Come una corsa a staffetta di 1800 ore intorno al Palazzo del governo. Il dissenso è stato contagioso. E alla fine Camila ha portato in piazza per ben tre volte 200mila persone. Non solo studenti (compresi quelli delle scuole private) in marcia anche famiglie, anziani e cittadini. Tutti a chiedere un’istruzione più equa. E soprattutto meno dispendiosa: basti pensare che per andare all’università pubblica servono quasi mille euro al mese. Una spesa insostenibile per molti che si indebitano per decenni.

Insomma Camila vuole riformare il sistema in vigore dalla dittatura. E i cileni, restii alle proteste di massa, questa volta sono d’accordo, o almeno l’81 per cento di loro. Il governo che spende l’0,84 per cento del Pil (ben al di sotto delle media mondiale) nell’istruzione sembra non voler ascoltare. Ha proposto una riforma che prevede un aumento dei fondi, ma loro hanno rifiutato. Vogliono cambiare. E così la popolarità del presidente Sebastián Piñera è scesa dal 70 per cento, quando salvò i minatori dal pozzo, al 35. I media cileni ne attribuiscono la causa anche alla protesta degli studenti.
E Camila viene intervistata di continuo. Spiega con freddezza le ragioni degli studenti, snocciola dati. Non perde la calma nemmeno quando in un confronto televisivo, politici navigati fanno della suo aspetto un punto debole. “Sei tanto intelligente. Ma dovresti essere un po’ meno bella perché a questo modo capita che uno si distrae e non ascolta”. Sarà. Ma intanto “Compagna Camila” (di formazione socialista, come i suoi genitori), va dritta per la sua strada. Vuole vincere la battaglia per una scuola “più equa” e regolarizzare “la giungla delle private”. Per poi “continuare nella politica, nel partito”. E dalla sua ha migliaia di persone che la seguono. Oltre 20mila fan sulla sua pagina Facebook. Centinaia di commenti sui video, decine di “innamorati”. E c’è chi le ha dedicato pure una canzone.

Una sovraesposizione mediatica che in Italia a nessun giovane è concessa. È una mancanza di idee? O un problema del sistema?


martedì 28 giugno 2011

Per una nuova sinistra

Per una nuova sinistra
di Franco Bartolomei

La Lega dei Socialisti vuole essere un soggetto strutturato a livello nazionale, organizzato sulla base di leghe regionali e cittadine, che ha il compito di sviluppare l'azione di promozione politica e culturale necessaria ad aggregare tutti i socialisti, attualmente dispersi in diverse forze della sinistra (PSI, SEL, PD, indipendenti, senza partito, associazioni sul territorio, IdV, se ci sono, nella FeD ), che condividono l'idea di superare la pretesa di autosufficienza del socialismo italiano, per rifondare la sinistra attraverso la costruzione di una nuova forza socialista e democratica che abbia come cardini di riferimento i seguenti punti:

  1. La ricostruzione nella sinistra di una prassi politica fondata sulla rappresentanza democratica degli interessi reali dei cittadini come vincolo ineludibile della propria legittimazione sostanziale, e su una interpretazione critica dei processi sociali , economici, e culturali in atto, necessaria a definire un nuovo progetto programmatico che traduca in proposta politica concreta una visione alternativa dello sviluppo economico e dei suoi nuovi modelli culturali e sociali di riferimento. Che renda concreto a partire dalla nostra realtà nazionale un processo ineludibile di rifondazione a sinistra di tutto il socialismo democratico europeo.
  2. La necessità di tradurre, quindi, in un progetto politico conseguente, la constatazione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e possa quindi rendere possibile il superamento definitivo di quella egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche, attorno a cui l'Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi, sul cui altare, nella fase storica trascorsa, la socialdemocrazia europea e l'Ulivo italiano, di cui il PDS-DS-PD rappresenta la forza chiave, ha purtroppo, per acquiescenza, sostanziale logorato la propria credibilità.
  3. La convinzione che la sinistra italiana debba quindi necessariamente ripensare la propria impostazione culturale e programmatica rispetto alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo a livello globale, recuperando appieno una concezione del riformismo socialista fondata sulla affermazione della superiorità del momento della decisione politica rispetto alla centralità degli interessi del mercato, nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, ed in grado di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
  4. L'idea che il superamento della autosufficienza del socialismo italiano passi conseguentemente attraverso una ristrutturazione di tutta la sinistra, in cui il pensiero e l'esperienza storica, culturale , e politica socialista assumano in termini unitari una nuova centralità a sinistra, essendo evidente che la straordinarietà della crisi implica il superamento della distinzione tra coloro che provengono dalle file del socialismo europeo e chi si è finora riconosciuto in esperienze politiche nominalmente più radicali, ed abbia come fine la sostituzione del PD come forza centrale di riferimento della sinistra italiana, o la sua trasformazione in un soggetto politico assolutamente nuovo che possa consentire alla sinistra di recuperare la propria piena autonomia politica, fuori dai condizionamenti e dalle necessità di legittimazione esterna da parte di forza estranee alla sua area sociale di riferimento.

Da queste premesse politiche discende logicamente che l'area di riferimento dell'azione della Lega dei Socialista è costituita dal PSI, da SEL, dalla FeD, dai movimenti spontanei sui temi dell'ambiente , della legalità ,e dei diritti civili e sociali, ed anche evidentemente da quelle aree che nel PD intendono modificare in profondità gli assetti e le impostazioni di quel soggetto politico.

Il recupero della diaspora socialista all'interno di un progetto politico di questa natura diviene evidentemente un nostro compito primario.

Franco Bartolomei

segretario nazionale Lega dei Socialisti


Comunicato della Lega dei Socialisti

L'assemblea costituente della Lega dei Socialisti nazionale, svoltasi sabato 25 giugno 2011 a Roma, in una sezione storica del PSI del quartiere San Saba, nel ribadire l'impegno per la costruzione di una nuova, grande, forza della sinistra, plurale, socialista ed ecologista, che si faccia carico di dare risposta alla pressante richiesta di unità delle classi subalterne interpretando l'esigenza di un nuovo ordinamento politico, socio-economico ed ecologico, alla luce del fallimento del neoliberismo, ha eletto i propri riferimenti nazionali che risultano così composti:

Presidente - Pier Luigi Camagni (Lega dei Socialisti Lombardia)

Segretario - Franco Bartolomei (Leghe dei Socialisti Roma)

Vice Segretario - Augusto Da Rin (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Direttivo Nazionale

Adriano Bartolucci Proietti (Leghe dei Socialisti Roma)

Michele Bertaggia (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Giorgio Brero (Lega dei Socialisti Liguria)

Adrea Buonajuto (Lega dei Socialisti Napoli)

Nadia Butini (Lega dei Socialisti Novara)

Carmen Centrone (Lega dei Socialisti Puglia)

Desiree Cocchi (Leghe dei Socialisti Roma)

Antonio Di Pasquale (Lega dei Socialisti Abruzzo)

Stefano Ferrari (SocialismoeSinistra)

Norberto Fragiacomo (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Francesco Gismondi (Lega dei Socialisti Lombardia - Movimento RadicalSocialista)

Giuseppe Iacopini (Lega dei Socialisti Marche)

Giacomo La Commare (Lega dei Socialisti Emilia Romagna)

Vito Lattarulo (Lega dei Socialisti Puglia)

Lucio Lo Faro (Leghe dei Socialisti Roma)

Franco Maltinti (Lega dei Socialisti)

Manfredi Mangano (Lega dei Socialisti Marche)

Carmelo Nucera (Lega dei Socialisti Calabria)

Anna Maria Pagano (Lega dei Socialisti Liguria)

Manuel Santoro (Libertà ed Eguaglianza)

Paolo Trovato (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Raffaele Vilonna (Lega dei Socialisti Lombardia)

Francesco Virgilii (Lega dei Socialisti Abruzzo - A.N.CO.DA.S)

Nell’ambito del Direttivo nazionale, la compagna Desiree Cocchi è stata nominata Tesoriere, mentre al compagno Mario Michele Pascale è stato affidato il compito della creazione di un ufficio stampa e la responsabilità della WebTV.

Il compagno Michele Ferro, storico riferimento del socialismo romano, è stato acclamato Presidente onorario.

L’assemblea, dopo un ampio e costruttivo dibattito, oltre ad eleggere, su proposta della commissione politica, gli organismi così come indicato, ha approvato all’unanimità l’integrazione dello statuto, già votato nell’assemblea dello scorso ottobre, con l’art. 6 che prevede una ampia autonomia politica delle Leghe territoriali per le decisioni riguardanti gli ambiti locali.

Nel dibattito, che ha visto numerosi interventi, tra gli altri, quelli dei compagni Fragiacomo, Maltinti, Nucera, Butini, Vilonna, Ferro, Brero, ecc., quelli dei compagni Manuel Santoro, dell’associazione Libertà ed Eguaglianza, che ha aderito alla Lega dei Socialisti, il saluto del compagno Francesco Gismondi, aderente alla Lega dei Socialisti Lombardia e referente lombardo del Movimento RadicalSocialista, e quello del compagno Francesco Virgilii, presidente nazionale dell’A.N.CO.DA.S. (Associazione Nazionale Contro il Danno Sociale, associazione tra le promotrici della protesta del 16 u.s. contro Equitalia) e membro della Direzione nazionale della Federcontribuenti.

Presidente e Segretario si sono impegnati, nell’ambito del processo politico indicato, ad avviare a breve consultazioni nazionali con partiti e movimenti della sinistra, a cominciare dai rapporti mai interrotti con Sinistra Ecologia e Libertà e con i compagni della Federazione della Sinistra.

Nell’ambito del mondo socialista, l’assemblea ha dato mandato di avviare contatti con il Network per il Socialismo Europeo e con il Gruppo di Volpedo per trovare, pur nelle rispettive autonomie organizzative, momenti di incontro, elaborazione e proposta politica comuni.

Lega dei Socialisti



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