venerdì 27 gennaio 2012

La sinistra di fronte ad una crisi del modello economico che spezza la coesione sociale e travolge le rappresentanze politiche

di Franco Bartolomei

Quando un paese esplode a dispetto delle sue tradizionali rappresentanze politiche può accadere di tutto .

Un sistema politico-istituzionale di un paese si avvia alla propria fine quando la rottura della coesione sociale del suo tessuto civile si somma ad una crisi latente del suo sistema di rappresentanze politiche, rendendo irreversibile una progressiva difficolta' a contenere entro le proprie regole il conflitto sociale che monta di fronte al precipitare della crisi del suo modello economico di riferimento.

Oggi in Italia esiste il rischio concreto che si inneschi una spirale micidiale in grado di aprire la strada ad una involuzione del nostro tessuto democratico. I fenomeni che denotano i sintomi di una rottura della tenuta sociale sono ormai molteplici.

Per fare solo alcuni esempi cito il movimento dei “forconi” siciliani, la protesta dei pescatori, i blocchi stradali dei camionisti, l'ira che sta montando verso l'equitalia, l'atteggiamento aggressivo delle categorie colpite dalle cosiddette liberalizzazioni ,come i tassisti, o alcuni ordini professionali, la volontà di opposizione delle popolazioni della Val di Susa, le rivolte per la "munnezza", il successo dei " Grillini", la forza dei movimenti per la difesa dei beni comuni ,per non dire della ripresa di una tenace conflittualita'operaia in difesa del salario e della occupazione, e di tantissimi altri fenomeni diffusi di protesta sociale, più o meno ampi, piu' o meno coscienti di se',o più o meno illuminati dai riflettori mediatici.

Movimenti tutti diversi tra di loro, a volte contraddittori e confusi nel segnale politico che inviano, molti privi di alcun progetto definito oltre la protesta, ma tutti sintomatici di un clima di insofferenza verso un sistema politico che non garantisce più alcun livello minimo di rappresentanza della domanda sociale e delle esigenze dei territori.

La stessa difficolta' del " Movimento Anticrisi", la piu' complessiva e cosciente realta' di contestazione del sistema vista finora, a riprendere il suo cammino dopo le provocazioni subite alla grande manifestazione del 15 ottobre, non ha assolutamente prodotto alcun abbassamento del livello di guardia della temperatura sociale.

Al contrario l'esaurimento del suo ruolo di supplenza critica rispetto alla inazione della sinistra" ufficiale" rischia di ampliare il vuoto di rappresentanza esistente, favorendo fenomeni di ribellismo e populismo facilmente in grado di approdare a derive autoritarie di massa.

Questo e' ormai divenuto un sistema politico che non riesce a governare le spinte e le contraddizioni di una società i cui livelli di crescita sono destinati ad esaurirsi progressivamente, ed in cui la crisi di oggi non può più, come poteva avvenire in passato, essere controllata attraverso un qualsiasi investimento psicologico collettivo su un futuro prossimo migliore, allo stato assolutamente inesistente.

Forze politiche, ormai autoreferenziali, incapaci culturalmente, prima ancora che politicamente, di pensare ad un diverso modello di rapporti sociali, totalmente assorbite nella gestione di una quotidianità che non risponde più alle aspettative di una società finora abituata a concepire lo sviluppo come una costante del proprio divenire, non sono in grado di garantire un minimo di coesione sociale ad una comunità sempre più cosciente del rovinoso fallimento del modello di sistema che ne ha costituito, fin ora, l’esclusivo orizzonte culturale, economico, sociale e politico di riferimento.

E' chiaro che in questa situazione la Sinistra deve essere pronta ad assumere su di sé responsabilità straordinarie, in termini di capacità progettuale e di coraggio nella sua azione politica, altrimenti finisce inghiottita anch'essa nel baratro di una crisi di sistema complessiva, con conseguenze nefaste per la stessa sopravvivenza della nostra democrazia.

La vera capacità della Sinistra deve essere quella di recuperare una propria autonoma visione alternativa dei rapporti sociali e dei processi di sviluppo, attraverso la definizione di programmi concreti su cui tentare di ricostruire quel filo della rappresentanza che costituisce il fondamento del governo democratico di una comunità, su cui si misura la tenuta politica di un progetto di cambiamento che deve poter legare a sé anche le fasce sociali oggi invischiate nel ribellismo senza speranza.

Non abbiamo altra scelta fuori da un progetto generale di cambiamento per tentare di ricomporre un tessuto sociale lacerato dai conflitti prodotti dalla autodistruzione di un patto generale di convivenza tra i soggetti sociali, generato dalla crisi di un modello di crescita fondato sulla sottovalutazione dell’apporto lavorativo e creativo degli individui alla produzione della ricchezza reale.

Le classi dirigenti economiche e finanziarie,responsabili delle scelte che hanno generato la crisi ,stanno attuando una politica di contenimento forzato dei bilanci nazionali, utilizzando i mercati finanziari come un grimaldello sociale ed uno strumento di condizionamento e di pressione nei confronti d classi politiche nazionali ,deboli, spaurite, impreparate culturalmente, e ricattabili nei loro comportamenti privati e pubblici.

Questa pressione finanziaria, diretta a terrorizzare tutto l'universo del risparmio, ha come fine il completamento di tutti i processi di flessibilizzazione del mercato del lavoro, e di privatizzazione dei servizi pubblici necessari ad alleggerire ulteriormente la spesa pubblica, nel tentativo di sostenere processi residuali di crescita dalle flebili prospettive, tutti rivolti , in ogni caso, a ricercare eclusivamente un numero limitato di possibilita' imprenditoriali interne sostitutive del pubblico, o una lieve implementazione di opportunita' professionali , in un quadro di competizione internazionale difficilissimo per economie finora equilibrate attraverso l'adozione concertata di superiori parametri di garanzie sociali.

Il Governo Monti, nato anche in conseguenza della indecenza della nostra classe politica , non interpreta alcuna significativa eccezione rispetto a questa ggenerale linea di tendenza programmatica.

E' stato costituito e lavora, infatti, per accelerare, in stato di emergenza, tutti i processi, ancora mancanti, di adeguamento della nostra costituzione materiale al disegno delle tecnocrazie finanziarie responsabili della crisi, finora non ancora perfezionati del tutto solo per via delle paure e delle contraddizioni di un sistema politico non sufficentemente consapevole della crisi sistemica in atto.

Un sistema politico ormai in piena crisi di credibilita' e rappresentanza, che si era illuso con estrema incoerenza di poter riuscire ad evitare di dover adempiere alle estreme logiche conseguenze attuative di questo modello di sistema economico , finanziario e monetario, a cui ha da tempo manifestato la sua adesione, o meglio offerto la sua abdicazione, che oggi si trova nelle condizioni di dover tentare una sua ultima e costosissima difesa.

Questa presunta messa in sicurezza degli equilibri del debito sovrano nella zona Euro , finalizzata in prima istanza a coprire o assorbire lo stato di insolvenza potenziale del sistema bancario occidentale, rappresenta la premessa del disegno in arrivo di tentare di riattivare il sistema precedente con una grande immissione di liquidita' nel mercato bancario e finanziario, senza introdurre modifiche strutturali al modello esistente, andato in corto circuito, che individua il momento finanziario come il fattore portante di processi di crescita continuativa del mondo sviluppato .

Ci riusciranno, probabilmente solo in modo parziale e per un periodo limitato, e sicuramente a prezzo di forti processi inflattivi , di tensioni sociali molto aspre, e di un mantenimento di alti tassi di disoccupazione all'interno di un progressivo ulteriore restringimento dlla base produttiva reale.

Si tratta di un disegno miope e pericoloso, che pensa di poter gestire un processo di impoverimento tendenziale delle nostre economie mettendo addirittura in discussione l'organizzazione democratica delle nostre societa', assolutamente ottuso nel suo rifiuto di affrontare la ragione strutturale della crisi costituita dall'esaurimento di tutti i modelli capitalistici di crescita sostenuta finora conosciuti e praticati dalle economie avanzate dell'occidente sviluppato.

La soluzione della crisi e' quindi , oggi piu' che mai , affidata alla capacita' del Socialismo Europeo, e delle grandi forze che nei paeasi emergenti ad esso fanno riferimento, di definire e proporre un nuovo modello di sviluppo produttivo, fondato su diversi parametri di valutazione della ricchezza sociale ed individuale, e su nuovi modelli culturali di riferimento nella considerazione dell'essere sociale dell'individuo, che consentano di riorganizzare una societa' ad alti livelli di convivenza sociale e civile anche in presenza di una tendenziale restrizione della crescita quantitativa attraverso un processo generale di riconversione selettiva e socialmente qualificata delle scelte produttive.

Nuovi riferimenti che costituiscano la premessa di una programmazione delle scelte economiche come momento di governo delle comunita', di una riqualificazione complessiva della domanda e dei consumi, della riaffermazione della supremazia dei giudizi sociali di valore, democraticamente selezionati. rispetto alle logiche dei processi economici e finanziari, e di un superiore equilibrio dei rapporti sociali in cui il lavoro e l'ingegno creativo tornino ad essere i fondamenti della vita sociale e dei processi economici.

Nell'immediato sara' necessario legare la contestazione ai provvedimenti del governo a questa prospettiva generale di riferimento ,valutandoli caso per caso in base alla loro incompatibilita' o meno con il mutamento strutturale dei rapporti economici e dei processi sviluppo che deve costituire il nostro concreto orizzonte di riferimento.

In tal modo riusciremo a trasmettere al paese il messaggio di una volonta' di cambiamento fondata su una visione alternativa dello sviluppo, lontana da qualsiasi subalternita' ad un riassetto restrittivo delle politiche fiscali e previdenziali ispirato ad una logica monetarista, ed in contrasto con ogni disegno di ristrutturare il mercato del lavoro ed i rapporti sociali cancellando la complessiva contrattualita' sociale del mondo del lavoro.

Se saremo in grado di fare questo salveremo le vere ragioni della rappresentanza sociale della sinistra italiana, i valori costituzionali della nostra Democrazia, e la nostra idea di una Europa libera e sociale .

Se non saremo all'altezza di questo compito storico assisteremo alla fine della stessa idea del Socialismo, e , con essa, delle nostre speranze .

FRANCO BARTOLOMEI - Segreteria Nazionale del Partito Socialista Italiano

Nessun commento:

Posta un commento

TUTTI I POST - ARCHIVIO

http://www.socialistinternational.org/images/index01.jpg