venerdì 2 marzo 2012

Quando uno il coraggio.."se lo deve dare"

di Carlo Felici

Solo un lettore inavveduto e superficiale degli eventi politici in corso potrebbe leggere la querelle odierna tra Vendola e Veltroni come uno scontro tra destra e sinistra, nell'ambito di uno schieramento che ambisce a rappresentare il riformismo italiano per una alternativa politica alle politiche neoliberiste in corso.

La faccenda, in realtà, è ben più ampia e complessa e coinvolge gli equilibri delle forze interne al Pd, e trasversali alla sinistra italiana.

Sull'art.18, che rappresenta una questione molto più cruciale di quanto alcuni possano intendere, dato in particolare il fatto che, con l'allungarsi dell'età dei pensionamenti, il rischio per i lavoratori di essere “rottamati” anzi tempo si fa sicuramente molto più alto e rovinoso, la battaglia in corso tra le varie forze politiche prefigura inevitabilmente i nuovi e futuri equilibri di governo e le alleanze sostanziali con le quali proporsi per la prossima campagna elettorale.

Vendola, arrivando allo scontro diretto con Veltroni su tale questione, in realtà, non fa che lanciare una sponda notevole e particolarmente importante a Bersani, per rafforzare le sue posizioni all'interno del suo partito, e per far capire a tanti che, se effettivamente tale linea di forte ridimensionamento delle politiche sul lavoro e dell'art. 18 dovesse passare, il PD ne uscirebbe con le ossa rotte, e che sicuramente ci sarebbe già pronto l'embrione di qualcosa concretamente disposto a sostituirlo. Qualcosa sicuramente più “di sinistra”..e, tra l'altro, anche più probabilmente socialista ed europeo.

La prossima firma del documento di Parigi sugli obiettivi del Socialismo Europeo tra Bersani e i maggiori rappresentanti del PSF e della SPD, è evidentemente un segnale chiaro e forte che questa non solo è molto più che una ipotesi, ma è anche esattamente il contrario di ciò che fece Veltroni quando fu alla guida del PD, quando cioè si rifiutò di sottoscrivere un documento analogo che venne allora firmato solo da Fassino e a nome dei DS di quel partito.

Se dunque l'asse Vendola-Bersani, pur con tutti i distinguo del caso, lascia presagire sia un rafforzamento delle posizioni della sinistra interna al PD, sia un tacito accordo in vista delle primarie di coalizione per sostenere, quando si avvicineranno le elezioni, la candidatura di Bersani, al posto di quella di Vendola, esso va preso molto sul serio, più di quanto certi media provino a mascherare.

Un fatto quindi appare chiaro: tra Bersani e Vendola, e quindi in una parte importante del PD coadiuvata da un'altra altrettanto corposa di SEL, si sta instaurando una forte convergenza di intenti e di programmi.

Ora, di fronte a tale prospettiva, il ruolo del PSI e del suo segretario in particolare, appare, a dir poco piuttosto imbarazzante. Nencini, di nome e di fatto, ruppe con Vendola a Bagnoli, cercando un asse preferenziale con un partito per il quale lo stesso Vendola appare oggi molto più quotato di lui per conseguire importanti risultati. Nencini, tra l'altro, ha sempre puntato su un accordo con il PD, ma, pur andando volentieri a braccetto con Bersani, ha teso ad orientarsi piuttosto verso quella controparte politica più vicina a posizioni centriste e pressoché contigua al Terzo Polo.

Ma c'è dell'altro, il segretario del PSI, distruggendo Sinistra e Libertà, ha rischiato persino di spaccare il suo partito, dato che la Sinistra Socialista non ha mai preso posizione di attacco frontale né verso SEL e tanto meno nei confronti di Vendola, per altro sempre criticato in un'ottica costruttiva e da sinistra, e oggi si ritrova invece a dovere reinserirsi in un'alleanza che vede proprio in Vendola uno dei pilastri fondamentali, tenendo anche conto del fatto che lo stesso Nichi ha sempre lanciato e lancia tuttora segnali incoraggianti verso quel Socialismo Europeo che è l'unico che, oggi, può seriamente contrastare la macelleria sociale ormai praticata su scala continentale. Specialmente in vista dei prossimi appuntamenti elettorali in Francia, Germania ed Italia.

E' davvero un gran paradosso che proprio l'unico partito Socialista presente in Italia ed aderente all'Internazionale Socialista e al PSE, rischi di rappresentare una sorta di “terzo incomodo”.

Così Nencini, dopo l'improvvida “fuga” di Bagnoli dal SEL e da Vendola, rischia di ritrovarsi, faccia a faccia con il medesimo e in una posizione sicuramente molto più marginale, ambigua, debole e sicuramente subordinata di come essa avrebbe potuto essere se quel processo, messo in moto da Sinistra e Libertà, fosse invece continuato senza interruzione alcuna. Come si sa, gli errori si pagano, di più se diventano orrori, se cioè scontano l'horror vacui di una posizione che, per la sua ambiguità, ha la velleità di esser dappertutto, ma di fatto e concretamente, non si posiziona stabilmente da nessuna parte.

Sappiamo anche però che certa propaganda appare del tutto inossidabile a tali rischi, e va tuttora sbandierando sondaggi favorevoli, incrementi di iscrizioni, “geometrie variabili”, insomma di tutto e di più per nascondere un fatto ormai acclarato: non esiste più un Partito Socialista, ma una Sinistra Socialista che quel progetto di Sinistra e Libertà non ha mai abbandonato (prova né è che da allora il vecchio simbolo di SeL dal suo sito non è mai sparito), ma piuttosto lo ha incrementato teorizzando e praticando dialoghi, ricerche di programmi e convergenze politiche anche con altre forze della sinistra, come la FED e settori del PD seriamente propensi a posizionarsi nell'alveo del Socialismo Europeo, e c'è poi una “corte” del PSI che ancora guarda preponderantemente dall'altra parte, ai transfughi del berlusconismo (facendosi addirittura rappresentare da essi in Parlamento) al fronte radical chic, sperando in definitiva di acchiappare i voti della destra postcraxiana, piuttosto che quelli di una vera sinistra che restituisca voce e dignità ad un 40% di elettorato, “cornuto e mazziato” che non si sente più rappresentato da nessuna delle forze politiche oggi in campo.

Sappiamo bene che le scissioni politiche sono quanto di più rovinoso possa accadere ad ogni partito, piccolo o grande che sia. Il Partito Socialista, poi, lo sa meglio di tutti, perché la sua lunga storia, durata ormai 120 anni, ha trovato in una disastrosa scissione il primo vero macigno caduto su un lungo e glorioso cammino. Figuriamoci dunque se si vuole mettere il cartello “fine” dopo tanti anni proprio con una situazione analoga.

Qual è dunque la strada da percorrere oggi?

Non mi pare che quella del “camerierato” in “corte altrui” sia più praticabile in alcuna maniera, si rischia infatti, in questo modo, di non ricevere la “mancia” nemmeno da coloro che, fino a ieri, si credevano destinati a restare fuori della porta con il cappello in mano.

Allora la vera strada resta quella dell'autonomia, delle liste autonome collegate ad un progetto di rilancio della sinistra su basi socialiste, ove ciò sia possibile e come già in alcune regioni si è fatto “eroicamente” e con qualche importante risultato che ha salvato ancora il nome e il simbolo del nostro partito, oppure, se ciò debba essere più difficile, si deve contribuire a rafforzare una componente politica alla sinistra del PD, collaborando in particolare, soprattutto in sede locale, con forze politiche di sinistra come la FED e SEL, mettendo quindi in piedi, di fatto, una sorte di Linke italiana che possa giovarsi, in alcuni casi, anche dei contributi unitari di liste civiche, per sostenere candidature che possano realmente “fare la differenza” rispetto a situazioni in cui quelle del PD e del PdL rappresentino solo “piccole varianti su un unico tema”.

Per assumere questa posizione coerente, chiara e trasparente in tutto il Paese, ci vuole sicuramente molta intraprendenza, quella che non ti fa dire, di fronte al ricatto dei “bravi” che hanno come unico obiettivo il controllo del territorio e delle sue clientele: “uno il coraggio non se lo può dare”.

No, cari compagni, noi ce lo dobbiamo dare, perché statene certi, se non ce lo diamo noi, non ce lo darà sicuramente nessun altro, perché se non faremo così, il consenso che cerchiamo non sarà mai abbondante, se non faremo così..ci resterà solo la litania sempre più sommessa e con un fil di voce del solito Don Abbondio.


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