Filippo Bartoli si
è spento a Serravalle di Chienti a 77 anni. Il sindaco Ronchetti: “Il
ricordo di quei lunghi giorni l'ha sempre inseguito”.
Aveva
deciso di lasciare Roma per sempre dimenticando così una grande
tragedia che l’aveva casualmente sfiorato in modo tangibile,
tuttavia, raccontava, tornando sul ‘suo’ altipiano tra Marche ed
Umbria, nella villa di Dignano a Serravalle di Chienti, in provincia
di Macerata. Dove dopo tanti anni, qualche mese fa, aveva di
nuovamente stabilito la propria residenza. Filippo Bartoli, 77 anni,
il proprietario della Renault 4 rossa, all’interno della quale il 9
maggio 1978 a Roma in via Caetani era stato rinvenuto il corpo senza
vita di Aldo Moro, si è spento serenamente, vinto dalla malattia, il
giorno di Natale nella sua residenza serravallese. I funerali sono
avvenuti a Santo Stefano nella chiesa parrocchiale.
“Il
ricordo di quei lunghi giorni l’ha sempre inseguito” racconta
Venanzo Ronchetti, il ‘sindaco della ricostruzione’ di
Serravalle, in quegli anni protagonista di primo piano nell’opinione
pubblica italiana ed internazionale - il mondo guardava al sisma
umbro-marchigiano che aveva toccato centri cari all’umanità a
cominciare da Assisi.
Venanzo, Socialista, per dodici anni primo cittadino di Serravalle, è dal
2004 ininterrottamente vicesindaco. “Bartoli è stato sempre legato
alla sua terra: a Dignano ha trascorso ogni anno lunghe ferie estive,
uno, due mesi e per intero le ‘vacanze’ natalizie e pasquali.
Intervalli, soste del suo lavoro d’imprenditore a Roma (attivo
nell’edilizia stradale: nella R4 furono trovati sacchet ti con
materiali per l’asfaltatura ndr) che, lui diceva, gli davano forza
e rinnovato spirito nell’impegno professionale. Non ha mai
dimenticato d’essere figlio vero di questa terra, Filippo. A noi,
del paese, raccontava, ancora con un po’ di timore, i lunghi
momenti passati come testimone agli interrogatori dei componenti
della colonna romana delle Brigate Rosse, nel carcere di Rebibbia.
Quegli stessi terroristi che avevano sequestrato il 16 marzo 1978 in
via Fani, tenuto prigioniero ed ucciso Aldo Moro”. Ronchetti
ricorda: “Bartoli aveva, nel corso di quegli interrogatori, una ben
chiara inquietudine e la rivelava ogni volta ‘a posteriori’.
Ci
diceva infatti: ‘E se questi (i brigatisti ndr) adesso pensano, per
una qualche loro oscuro disegno, di coinvolgermi direttamente come
responsabile in qualche azione o peggio come complice, non già come
involontaria vittima del furto della mia auto? Che fine faccio? Chi
potrà credermi in questo quadro dove tutti sospettano di tutti? Per
fortuna non facevo parte di quei piani….e la mia Renault ha fatto
parte soltanto della letteratura e del ‘colore’ di quegli anni di
piombo”.
Anni,
mesi e giorni terribili perché, improvvisamente, seppure per poco,
la piccola frazione di Dignano divenne al centro di quella grande
tragedia. Sì, perché, ancora casualmente, a due passi della
residenza del proprietario dell’auto in cui era stato rinvenuto il
cadavere della statista, c ’è (tuttora) pure la villa del prof.
Giuseppe Giunchi, morto 26 anni fa, recanatese, illustre clinico,
medico personale di Aldo Moro -anche di Presidenti della Repubblica e
dello stesso papa Woytila, da Giunchi ‘salvato’ dopo l’attentato
di Alì Agca.
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