venerdì 15 gennaio 2010

"Che" Craxi? - di Carolus Felix

"Che" Craxi ?

di Carolus Felix

Craxi fu uno dei pochi che seppero interpretare la loro epoca, dominata da un impero bipolare che, in nome di interessi complementari e non del tutto conflittuali, ha cercato di colonizzare il mondo da est e da ovest, reagendo brutalmente ad ogni tentativo di resistenza. Non vorrei essere blasfemo ma Craxi, mutatis mutandis, potrebbe essere paragonato a Che Guevara, perché mentre quest’ultimo cercò di rompere la morsa in maniera lucidamente disperata e rivoluzionaria, Craxi operò nello stesso senso, ma mediante il riformismo e la diplomazia, anche se per l’epoca era un’impresa titanica il volersi contrapporre contemporaneamente al ricatto missilistico dell’URSS, alla sua ingerenza con i carri armati, e anche alle dittature sanguinarie del Sudamerica, alla politica della CIA che le sosteneva e spalleggiava, senza se e senza ma, anche il terrorismo di stato israeliano. Però, allora, voler constrastare palesemente tutto ciò, fino a dire in Parlamento che la lotta armata dei palestinesi era non opportuna ma legittima, era davvero rivoluzionario. Altre sono le questioni interne. In Italia, unico Paese dell’Occidente europeo, il partito comunista più grosso che ci fosse allora, non ebbe mai il coraggio di essere rivoluzionario, né decidendosi a combattere con tutti i mezzi, come gli rimproverava il CHE, né impegnandosi in un senso decisamente riformista tale da contrapporsi, come fece Craxi, contemporaneamente ai due blocchi, per creare una vera alternativa. Il PCI, anche con la integrità morale di molti dei suoi membri (cosa che per altro è più facile permettersi quando si è più lontano dalle sfere del potere) pur quando certe condizioni sembravano essere favorevoli, negò a se stesso sempre la decisa svolta che gli avrebbe consentito di diventare un partito socialista, riformista, ma con piglio rivoluzionario (nel senso lombardiano). Quando De Martino propose ciò a Berlinguer, lo stesso Berlinguer disse no, non per mancanza di opportunità, ma per paura. Temeva infatti la costituzione immediata di un nuovo partito comunista su ordine di Mosca. E questo dimostra palesemente che anche allora Mosca finanziava i comunisti in occidente. Perché mai si sarebbe potuto formare un altro partito comunista senza i finanziamenti moscoviti. Molti ammirano tuttora Berlinguer, che sul piano morale ed individuale, fu un uomo di grande levatura, senza considerare che su quello politico fu una rovina, perché ingessò per altri preziosi anni un grande partito di sinistra in una condizione ibrida, non vicina alla socialdemocrazia ma nemmeno ai partiti rivoluzionari combattivi del mondo oppresso dall’imperialismo. E perché questo? Perché ormai nei decenni si era abituato alla consociatività del potere, un cancro attualmente in metastasi in tutto l’organismo del nostro Paese, che perdura nei suoi epigoni del PD ed impedisce una seria ed efficace alternativa. Se Craxi avesse dato retta ad Occhetto sarebbe stato irretito pienamente dai membri effettivi di questa consociatività e ne sarebbe stato inesorabilmente emarginato, allora come oggi infatti, essa attrae, fagocita ed annulla ogni spinta libertaria e seriamente alternativa all’ordine di cose vigente (guardate che fine ha fatto Follini). Essa è solo infatti una variante timocratica dell’ordine vigente, tutt’al più cerca di distribuire il business, non prova nemmeno a mettere seriamente in discussione la sua ragion d’essere, nemmeno quando con la precarietà e la delocalizzazione selvaggia, esso attua un impatto rovinoso su tutto l’assetto sociale di un Paese. Si adatta al capitalismo selvaggio (quello dei poteri forti), non cerca di combatterlo né di ridimensionarlo e nemmeno di arginarlo. Il PCI fece dunque a Craxi quello che Mario Monje fece al CHE: contribuì ad isolarlo e a estrometterlo, anche se, naturalmente, la statura e l’integrità morale dei due personaggi non sono minimamente paragonabili (lo è però la loro politica di fondo). Craxi non poteva fare altrimenti, perché non ebbe mai i numeri di un grande partito socialista europeo e questo perché la gente in Italia è abituata a votare più per “fede” che ragionando sui fatti, forse perché quell’illuminismo kantiano dell’ “osa pensare” qui non è mai veramente attecchito. Prova ne è il fatto che gli italiani continuano a votare l’illusionista e vittimista Berlusconi e ad acquistare i BOT anche quando palesemente non ci guadagnano nulla anzi, ci rimettono. Quello che abbiamo oggi in Italia è solo il terrificante risultato di questa mancanza di spirito socialista libertario, di coraggio, di pragmatismo e di vera propensione al sacrificio per una causa (sacrificio a cui, si badi, Craxi non si sottrasse, nonostante certi personaggi un po’ grotteschi, ed uso un eufemismo, gli rimproverino tuttora di non essere andato in galera), perché nessuno dei grandi della politica italiana, tranne quel Moro che Craxi, non per caso, quasi da solo, volle salvare, fu massacrato in tal modo politicamente e fisicamente, in quel periodo; e anche perché morire in un carcere avvelenati da un caffè è solo più umiliante che morire in esilio per mancanza di cure. Noi possiamo consegnare alla storia Craxi come si fa con tanti personaggi storici, ma non riusciremo per questo ad andare di un millesimo avanti rispetto al vuoto che oggi abbiamo nella cultura e nella prassi libertaria e socialista in Italia. Questa va ricostruita pazientemente dalle fondamenta, affinché non risulti l’orgoglioso alberello bonsai di una stirpe di reduci, e non sia nemmeno l’addentellato utilmente idiota dei forchettoni rossi o di quelli bianchi. Il Socialismo italiano ha bisogno di “guerrilleros” che entrino nella selva oscura delle contraddizioni del nostro sistema, e si allenino a combattere con le armi della ragione e della coscienza storica dei valori e delle prospettive etiche e politiche di quel Socialismo Globale del Terzo Millennio, che, con pazienza e tenacia, deve contemporaneamente curare la sua autoformazione in fieri e quella di nuove reclute alla stessa lotta. Ha necessità di persone coraggiose ed irriducibili ma soprattutto incorruttibili. Forse se Craxi allora, invece di avere tanti nanerottoli in fregola per la smania di saltare sul suo carro, gli stessi che con molta disinvoltura ora sono su quello del vincitore (allora e tuttora nanerottolo) le avesse avute al suo fianco, ora avrebbe vinto e ci troveremmo in condizioni diverse.
E’ un lavoro lungo, difficile, paziente, di quelli che talvolta richiedono l’impegno e il sacrificio di una vita. Ma non meno necessario, non meno importante, non meno esaltante.
Venceremos !

9 commenti:

  1. Mah, Carolux il paragone è veramente ardito. Craxi è stato un uomo di potere, il Che il potere lo ha rifiutato. Però su un punto resto intransigente nel mio giudizio su Craxi: a differenza di De Michelis e gli altri suoi cortigiani Craxi è stato fino alla fine un socialista convinto. Il suo pensiero nulla ha a che vedere con Blair e Schroedr, Bettino era molto più vicino a Jospin e Lafontaine, da questo punto di vista. Del resto se uno si legge la relazione alla II Conferenza programmatica di Rimini in cui difende il ruolo dell'impresa pubblica, contesta il disordine finanziario internazionale ed intravede i pericoli dell'insorgente liberismo, si rende conto del suo forte ancoraggio al socialismo. Cosa che di fatto gli Amato, i Martelli i De Michelis in bella compagnia con D'Alema e Veltroni hanno gettato via.
    Il problema è che il suo bonapartismo con venature peroniste nel gestire il partito e la politica, lo hanno fatto deviare dai suoi ideali e si costruito una corte piena di pezzi di merda (che poi magari lo hanno anche scaricato). Così come non difendibile il suo debole per il Kitch il cattivo gusto di scenografie da despota orientale. Gestì il partito stringendo patti con le bande locali (a cui le correnti si erano ormai ridotte) favorendo l'mmoralità e la corruzione e lo stesso finanziamento illecito (che pure esisteva dall'inizio della storia repubblicana) fu utilizzato inizialmente per dare una base economica di autonomia al partito, ma in un secondo tempo si trasformò in una sorta di smania di controllo dell'intero sistema politico (non ho mai pensato che Craxi si fosse arricchito personalmente - credo che lui utilizzasse il finanziamento illecito per condizionare la politica prima del partito e poi il sistema di relazioni politiche complessivo. Poi alla fine non seppe cogliere l'importanza storica del crollo del Muro di Berlisno e sfidare apertamente il PCI sull'altrnativa, mettendolo in un angolo.
    Se c'è una similitudine con il CHE è che Craxi fu fatto fuori dagli americani e dal mondo finanziario anglo-americano riunito sul Veliero Britannia, così come dai teorici liberisti del "Washington Consensus" (che fecero fuori pure Lafontaine. Comunque la sinistra ITALIANA LA HANNO FATTA FUORI gli ex comunisti !

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  2. Il Che non rifiutò il potere che pur esercitò per vari anni, ma ne fu, di fatto, estromesso.
    Sulla tua conclusione nulla da eccepire. Sul fatto che Craxi fu attaccato con tutte le grinfie al potere, ho qualche dubbio, se fosse stato così, avrebbe sicuramente cercato di riciclarsi e di dare retta ad Occhetto, non sarebbe stato più l'arbitro della politica, ma sicuramente sarebbe sopravvissuto e con qualche incarico di prestigio...più o meno come hanno fatto altri come Amato.
    Quanto al suo despotismo, per trovare una base economica di autonomia dovette necessariamente sporcarsi le mani (e in questo fu effettivamente profondamente diverso dal CHE, l'ho scritto in ogni caso: la statura morale li differenzia nettamente), ma è pur vero che senza quella base sporca, non sarebbe andato da nessuna parte.
    Purtroppo non tenne conto che quelli che lo hanno poi fatto fuori, sono da sempre collusi con il marciume malavitoso italiano, sono sbarcati in Italia grazie al suo aiuto, e hanno impedito ogni ricambio di potere sempre con tali collusioni, spesso diventate manovalanza di terrorismo e di criminalità organizzata in senso economico e militare. Quello stesso "Washington Consensus" che quando si è sentito ormai sicuro di sé e privo di alcun serio antagonista, si è rinunito sul veliero e ha deciso che l'Italia doveva essere una "democratura" come se non peggio di una sudamericana.
    Forse le stelle possono restare a guardare...noi no!...

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  3. Carolus, nella parte finale della tua nota hai indicato la chiave sul come uscirne da questa situazione!
    Peppe, condivido totalmente il tuo intervento, ma in particolare...
    Craxi.. si è costruito una corte piena di pezzi di merda (che, aggiungo io..sicuramente lo hanno scaricato).

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  4. No Carolus, sfatando un luogo comune, io non credo che Craxi era avvinghiato al potere; altri lo erano più di lui. E' che alla fine il sistema che anche lui aveva contribuito a far nascere lo costringeva sempre di più a mantenere un forte controllo sul sistema stesso pena la propria liquidazione. Qui c'è la perversione. E qui si spiegano anche i conti separati che Craxi aveva a disposizione e non riconducibili direttamente al partito. Conti che Craxi non utilizzò per arricchirsi personalmente ma per mantenere quel controllo. Ricordo che fu Giacomo Mancini a dire, nel 1992, che al PSI affluivano risorse su due canali: uno ufficiale del PSI e gestito da Balzamo che serviva per controllare direttamente il partito ed un altro gestito direttamente da Craxi non per arricchimenti personali ma per il controllo del sistema politico e probabilmente per operazioni internazionali (aiuto ai palestinesi ecc). Nel 1991 alcuni giornali scrissero che Craxi aveva favorito la nascita di Rifondazione Comunista (quella di Garavini e Libertini) con i propri fondi, per disturbare Occhetto (ma ancor di più D'Alema e Veltroni, che volevano l'alleanza tra DC e PDS). Comunque, Carolus, quel sistema era assai perverso e non ci consola certo sapere che oggi è molto peggio di allora (è comunque vero). Se si fossero evitate quelle perversioni che hanno favorito tanti nani, ballerine, puttanone intrallazzatori e ricottari (nel senso napoletano e meridionale di magnaccia) forse avremmo salvato il sistema democratico fondato sui partiti. Naturalmente quelli del PCI hanno una grandissima responsabilità politica, più grave di quella di Craxi: hanno affossato completamente la sinistra. Sottoscrivo quello che scrive oggi Giorgio Ruffolo sulla Repubblica" i post-comunisti (dopo il 1992) confermarono il loro tenacissimo antisocialismo: preferendo, all'assunzione della eredità storica socialista una identità artefatta che ancora oggi dimostra il suo pallore e consegnando alla destra un cospicuo regalo elettorale".
    Concludo dicendo che noi socialisti pur facendo tutti gli sforzi per ristabilire la verità storica (e cioè che Craxi fu un grande dirigente politico-con i suoi errori- e non un gangster) dovremmo liberarci del fantasma di Craxi. La stagione d'oro del socialismo italiano è un'altra.E' quella degli anni 60 con Lombardi, Santi e Brodolini. Quella dobbiamo tenere presente come elemento portante per ricostruire un pensiero socialista senza del quale la sinistra non va da nessuna parte.

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  5. Sono sostanzialmente d'accordo con la tua analisi, soprattutto quando noti che molti di quei fondi dei conti separati non servirono per arricchire Craxi e a riconoscerlo è persino uno dei protagonisti di Tangentopoli: Borrelli, quando dichiara esplicitamente: "C'e' da dire che personalmente Craxi non si e' arricchito" (altro che ladro!!!). Craxi e il Psi finanziavano partiti, sindacati, gente che si batteva contro regimi e dittature.
    Io credo che quindi la politica di Craxi vada inquadrata nel suo valore effettivo, nel suo sapersi schierare in campo internazionale per la libertà contro ogni forma di dittatura, e per quel progresso di cui il nostro Paese ha beneficiato allora più che in altri anni, compresi questi.
    La stagione d'oro di un partito che ha sempre creduto nel Sol dell'avvenire deve ancora arrivare, e bisogna credere ed operare affinché arrivi presto, rivalutando la continuità di tutta una storia, più che i suoi pezzi, gli uni a scapito degli altri.
    La storia dei grandi teorici dalla inflessibile dirittura morale e anche quella di chi seppe anche capire che ..."dal letame nascono i fior".

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  6. Paragone ardito, ma molto ben argomentato.
    Solo un passaggio mi inquieta: Berlinguer, che prendeva soldi da Mosca - cioè formalmente da un nemico dell'Italia - "sul piano morale ed individuale, fu un uomo di grande levatura". E figuriamoci che levatura avrebbe avuto se fosse stato onesto...

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  7. "Del senno di poi son piene le fosse"...
    Non voglio entrare nella diatriba "Craxi statista, Craxi disonesto", come in diatribe sulle altre figure del XX secolo.
    Credo che identificare i principii con le persone in questo momento non ci aiuti.
    Credo sia totalmente inopportuno dividersi su Craxi in un momento in cui Berlusconi e c. lo utilizzano per tentare di dare l'ultima spallata all'equilibrio dei poteri.
    Non so se sia sempre possibile attuarlo, in un mondo di creature finite, ma dovremmo almeno trovare un accordo sul fatto che un machiavellismo che allontana la prassi dalla Politica non fa bene alle Sinistre.
    In questo abbiamo sbagliato un po' tutti.
    Vogliamo continuare a dividerci cercando di stabilire chi ha sbagliato di più?

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  8. Il mio intento era solo quello di recuperare l'unità di una storia su cui, purtroppo i socialisti sono ancora divisi. Non possiamo secondo me, infatti, scindere la storia del socialismo craxiano da quella di coloro che lo hanno precedeuto. Tra l'altro Nenni fu il suo mentore.
    Per precisare, io non ho detto che Beringuer prendesse soldi da Mosca, ho detto semplicemente che temeva che se lui avesse costruito un grande partito socialista, Mosca, per stessa dichiarazione di Berlinguer, avrebbe fatto immediatamente sorgere un altro partito comunista alle sue spalle. Ergo, se ne deduce che Mosca aveva ancora modo di finanziare la crescita o la nascita di partiti in occidente.
    Dato che faccio parte di una componente che ritiene concretamente che i socialisti debbano essere ancorati alla sinistra, e dato che non mi pare proprio che il PD sia un partito di sinistra, il mio piccolo contributo vuole essere indirizzato all'unità, alla raccolta intorno ad una storia comune anche di quei socialisti che si sono pienamente riconosciouti nella storia craxiana e che sono tentati oggi da altri progetti o da altre posizioni, che non sono quelle di una sinistra pluralista, matura e autenticamente riformista (quando il riformismo è autentico innovativo e originale, si rivela rivoluzionario)

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  9. Da notarsi l'ambivalenza del termine "CHE" CRAXI? Che non è solo un richiamo alla figura del "guerrillero eroico" a sua volta, in altro modo, anche "statista"..epurato, ma anche un invito a non fossilizzare la figura di Craxi in una urnetta per pochi intimi nostalgici. E' un invito a pensare, ad indagare, a porsi domande su di lui, senza però farne un ostacolo per quello che lui avrebbe voluto più di ogni altra cosa: una vera alternativa politica in Italia.
    E' un richiamo al "cogitare aude" kantiano..per combattere prima, infatti, bisogna "osare pensare"

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