lunedì 5 ottobre 2009

La Memoria di un Riformista !

Gino Giugni : La Memoria di un Riformista !

di Andrea Ricciardi

In vista della pubblicazione della sua autobiografia sotto forma di dialogo (La Memoria di un riformista), Giugni si era dimostrato incerto sulla scelta del titolo. Ho lavorato con lui al libro per più di due anni e, sostenuto da altre persone a lui vicine (tra cui la moglie Laura), insistetti perché non avesse titubanze a qualificarsi come riformista. Si trattava quasi di un atto di giustizia, in un’epoca in cui troppe persone si appropriano di questo concetto senza conoscerne il significato più autentico o mentendo deliberatamente, volendo cioè far passare per riforme pensate nell’interesse del paese provvedimenti di legge che, in realtà, rappresentano una lesione dei diritti dei lavoratori a cui Gino nella vita tanto si era dedicato. Fin dall’immediato secondo dopoguerra, Giugni non ha avuto paura del riformismo (quando era tutt’altro che popolare, non solo fra i comunisti ma anche nel PSI) e mai ne ha fatto un uso retorico, dimostrando – in fasi diverse della storia repubblicana – che al riformismo corrispondevano misure tese ad allargare e non a restringere gli spazi di libertà nei luoghi di lavoro e, più in generale, a estendere nella società e non a limitare i diritti civili, politici e sociali. Gino Giugni è ricordato innanzitutto come il “padre dello Statuto dei Lavoratori”, definizione che non amava molto. E’ vero però che egli, lavorando al fianco di Brodolini e di altri Compagni, fu colui che da giuslavorista esperto e innovativo – si potrebbe dire, in quella fase, quasi da tecnico prestato alla politica – strutturò la legge definitivamente approvata nel maggio 1970 (dal 1962 lo Statuto era una priorità assoluta per il PSI e un punto qualificante del programma del primo centro-sinistra) e, come anche Giuseppe Di Vittorio aveva sperato, fece sì che la Costituzione entrasse finalmente in fabbrica. Attento ai movimenti nella società ma inviso agli estremisti, perché alieno dall’adesione a ogni dogma ideologico, nel 1983 venne gravemente ferito dalle BR che, pur avendo programmato di ucciderlo, non riuscirono nell’intento nonostante i sette colpi di pistola sparatigli davanti al suo studio. Senatore e deputato al Parlamento, nel 1993 Giugni fu Ministro del Lavoro del Governo Ciampi e, in un’altra stagione molto delicata per la Repubblica, raggiunse il difficile obiettivo di mettere d’accordo Confindustria, CGIL, CISL e UIL, modificando le relazioni industriali. Si decise allora che gli aumenti salariali non avrebbero superato il tasso d’inflazione programmata, si consolidò così la pratica della concertazione sociale, che fece bene al paese e che negli ultimi anni, nel nome di una visione grottesca del riformismo, è stata regolarmente denigrata da governanti irresponsabili. Ma Giugni non è stato solo un grande giuslavorista noto in tutto il mondo per il suo rigore, è stato un docente universitario che ha lasciato un segno indelebile in più di un ateneo. Dirigente del PSI, fu presidente di un partito ormai travolto dagli scandali e da una gestione folle, sul piano finanziario e politico. Anche in quella situazione, tuttavia, Giugni tentò di costruire, di salvare il PSI senza immaginare mutazioni genetiche in nome di un liberismo senza regole e senza mai essere neanche sfiorato dalla tentazione di guardare a destra, come alcuni suoi ex-compagni divenuti berlusconiani di ferro. In corrispondenza di un progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute, Giugni non ha smesso di studiare, di interessarsi alla politica, alle relazioni industriali, alla cosa pubblica. Ma, soprattutto, non ha smesso di indignarsi. Era un uomo intelligente e spiritoso, vivace e col gusto della provocazione, mai rassegnato. C’è da sperare che il suo approccio alla vita, al diritto del lavoro, alla politica gli sopravviva.

1 commento:

  1. Non lo scrivo per amor di polemica, ma per onorare la memoria di Giugni che, come molti socialisti, ha vissuto il trauma di vedere alcuni compagni tentati dall'approdo a lidi destrorsi:

    Dalla sua autobiografia "La memoria di un riformista" : "Pensando al futuro, spero che il centrosinistra riesca a costruire un progetto politico riformista credibile, che possa portare davvero a una nuova stagione della politica italiana. Mi auguro, almeno, di non vedere più un partito socialista schierato con la destra".

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