sabato 21 novembre 2009

Io e Riccardo Lombardi - di Giuseppe Giudice

IO....E RICCARDO LOMBARDI

Di Giuseppe Giudice

Quando gli chiesero: “che cosa lei ha imparato dalla vita?” Riccardo Lombardi rispose: “ad essere onesto!” Ed in questa frase è racchiusa l’essenza di quest’uomo, molto lontano dai canoni tipici del politico italiano. Lombardi era veramente onesto, moralmente, intellettualmente, nel suo profondo rigore politico ed intellettuale, nel suo costante anticonformismo ed antidogmatismo. Un rigore mai ostentato ad atteggiamento di “diversità” o superiorità morale ed antropologica inteso come tratto distintivo di un partito. Egli diceva sempre che i partiti sono solo degli strumenti per realizzare degli ideali o dei progetti politici: sono importanti, ma non sono l’assoluto. Una onestà che gli ha portato sempre ad avere ragione nei momenti salienti della storia della sinistra e del PSI. Ebbe ragione nel 1948 quando si oppose, con Fernando Santi e Vittorio Foa, al Fronte Popolare voluto da Nenni e Morandi, ed alla accettazione del PSI dello stalinismo e del mito dell’URSS. Ebbe ragione, nel 1956, contro Togliatti (di cui forse è stato il critico più radicale), quando definì una Rivoluzione l’insurrezione degli operai e studenti di Budapest, in nome del socialismo e della democrazia, contro il comunismo al potere, insurrezione repressa dalle truppe sovietiche. Lo stesso Nenni potè rompere con la politica frontista (che sacrificava l’autonomia socialista) e schierarsi con gli operai ungheresi contro l’URSS (e contro Togliatti), anche per il prezioso lavoro di riflessione teorica compiuto da Lombardi che costruiva su solide fondamenta culturali il concetto di autonomia socialista nella sinistra. Autonomia che Lombardi non concepiva come contrapposizione frontale rispetto al PCI, ma come elemento di distinzione prezioso in quanto elemento dialettico imprescindibile per una evoluzione complessiva dell’intera sinistra che doveva, tutta intera, emanciparsi dalla sudditanza rispetto all’URSS. Di qui il termine a-comunista con il quale Lombardi definiva l’essenza del PSI: una dialettica dei distinti e non degli opposti nella sinistra. C’è da aggiungere che ne Nenni, né lo stesso Saragat si sono mai definiti anti-comunisti. Quest’ultimo ha sempre detto: non sarò mai anticomunista, resterò sempre socialista. Questo per far capire che cosa è stata realmente la storia socialista ai tanti post-craxiani ignorantelli. Ebbe di nuovo ragione Riccardo quando concepì la prima politica di centro-sinistra. Capì che nel mondo cattolico, dopo l’inizio della distensione EST-Ovest, stava crescendo una sinistra interna favorevole ad un ampio disegno riformatore, dopo il conservatorismo centrista. Quella intuizione di Lombardi aprì in effetti la stagione riformatrice più importante dell’Italia repubblicana. Nazionalizzazione delle fonti energetiche, statuto dei lavoratori, sistema pensionistico a ripartizione, scuola media unica, politica di programmazione. Molte di queste azioni riformatrici furono poi contraddette paradossalmente dal centro-sinistra di Prodi e D’Alema nella II Repubblica. Ebbe infine ragione quando contestò l’involuzione della politica di centro-sinistra e fondò la nuova Sinistra Socialista dopo la sciagurata scissione del PSIUP. Quando la DC si oppose alla riforma urbanistica fortemente voluta da Lombardi e dai socialisti (ma anche da Fanfani e la sinistra DC) e Fanfani fu sostituto da Moro alla guida del governo, egli comprese che si voleva iniziare a snaturare il significato originario della politica di centro-sinistra e passò all’opposizione nel partito. C’è da dire (e lo ripeto) che per quanto il primo centro-sinistra fu una politica dimezzata, essa ha realizzato riforme rimaste ineguagliate in tutta la storia repubblicana. Lombardi di iniziale matrice cattolica aveva poi militato nel Partito Socialista Unitario di Turati e Treves e quindi aderito a Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli e fu tra i fondatori del Partito D’Azione (che poi confluì in larga parte nel PSI). Qui voglio mettere una nota più personale che riguarda un po’ la storia della mia famiglia.Io ho avuto entrambi i nonni (quello paterno e quello materno) socialisti. Mio padre e mia madre provengono da due piccoli paesini (fra di essi distanti 7 Km) a poco più di trenta chilometri da Potenza, nel cuore della Lucania. Mio nonno paterno dopo aver combattuto l’ultimo anno della I guerra mondiale, restò a lavorare (era operaio muratore) nel trentino dove si iniziava la ricostruzione. Lì entrò in contatto con operai di fede socialista e partecipò ad un comizio di Matteotti a Rovereto (questo fatto me lo raccontava sempre con grande orgoglio). Tornato al paese iniziò a parlare di queste idee nuove ai compaesani che lo soprannominavano “il polentone” (perché essi ritenevano che gli ideali socialisti fossero roba da “polentoni”). Mio nonno materno aveva due fratelli, più giovani di lui, irriducibili antifascisti. Con notevoli sacrifici si erano laureati (uno in lettere e l’altro in matematica) ma non potettero lavorare perché rifiutarono sempre di prendere la tessera fascista (e nel profondo sud era molto difficile essere antifascisti) e dovettero limitarsi a fare lezioni private, il più giovane a Potenza e l’altro a Salerno dove si trasferirono dal loro paesino. In Lucania c’erano diversi confinati politici antifascisti. I più noti sono stati Carlo Levi e Manlio Rossi Doria, entrambi del Partito D’Azione. A costoro facevano capo molti antifascisti lucani. Per cui gli zii di mia madre si avvicinarono al Partito D'azione. Il più giovane degli zii (professore di lettere che stava a Potenza) andò in guerra in Montenegro e dopo l’armistizio il suo battaglione si unì ai partigiani comunisti di Tito contro i tedeschi. Mio zio fu ferito gravemente ed il governo iugoslavo successivamente gli conferì la medaglia di bronzo. Tornato in Italia trascinò mio nonno (che era sempre stato di idee antifasciste ma non poteva manifestarle perché doveva mantenere ben otto figli) nel Partito D’Azione e sia lui che mio nonno furono nominati nel CLN lucano. Mio nonno e suo fratello conobbero quindi bene Riccardo Lombardi già nel 1946 quando egli fu nominato segretario nazionale del Partito D’Azione e lo seguirono quando decise (insieme a Foa, De Martino, Brodolini, Vittorelli e tanti altri) di confluire nel PSI nel 1947. Era il periodo dell’occupazione delle terre nel sud. In Lucania la gente era affamata con una grande quantità di terra incolta ed abbandonata dai latifondisti. I paesi di origine dei miei genitori sono vicini a Tricarico, il paese dove un giovane poeta e sindaco socialista, Rocco Scotellaro guidava la lotta per la terra. Entrambi i miei nonni divennero suoi sostenitori. Finito quel periodo, mio nonno materno si trasferì con tutti i figli a Potenza, divenendo funzionario della Federazione Socialista, dove per molti anni fu segretario amministrativo. Mio nonno era seguace di Lelio Basso, altro grande straordinario intellettuale e dirigente socialista, dopo la scissione del PSIUP, egli aderì quindi alla nuova sinistra socialista promossa per l’appunto da Lombardi, Fernando Santi ed Antonio Giolitti. Per lui fu bello ritrovarsi con Riccardo, per la comune radici azionista e la lontana frequentazione. Ricordo (anche se ero molto piccolo) che quando pronunciava il nome di Lombardi lo faceva con grandissimo rispetto e deferenza, per le altissime qualità morali ed intellettuali di quel dirigente eterodosso del PSI e della sinistra. Questo rispetto per la figura di Lombardi lo imparai fin da bambino. Più tardi, nel 1972, a 16 anni mi avvicinai al gruppo del Manifesto. Ma quell’aria da sagrestia PCI molto togliattiana portata soprattutto da Magri (Pintor era più creativo) non mi piaceva a pelle (anche se allora non ne capivo un gran che) e mi iniziarono ad interessare seriamente le posizioni dell’allora nato Pdup di Vittorio Foa e Silvano Miniati. I miei zii parlavano molto bene di Vittorio Foa che è sempre stato molto legato a Riccardo Lombardi in virtù della stessa matrice di socialisti in Giustizia e Libertà. Ma quando Foa e Miniati decisero di unificarsi con il Manifesto (in realtà l’unificazione durò poco più di due anni. Foa e Magri erano all’opposto) mi iscrissi alla FGSI (con grande gioia dei miei zii) che allora era sulle posizioni di Riccardo Lombardi. Era il 1974 (poco prima del referendum sul divorzio). Poi negli anni 80 prese quella piega che sappiamo e che lo portò alla disfatta. Ma rimasi fino alla fine nel Psi, anche se alla fine degli anni 80 il partito non lo riconoscevo più. Come non lo riconoscevano molti militanti socialisti. In verità a sinistra mancò una valida alternativa alla politica craxiana. Il PCI dopo Berlinguer non fu capace di elaborare proposte convincenti. Giocò di rimessa nella speranza che si incrinasse il rapporto DC-PSI (D’Alema e Veltroni, già pensavano di dover sostituire il PSI nel rapporto con la DC). La sinistra socialista dopo la morte di Lombardi di trasformò in “sinistra ferroviaria” sotto la guida levantina di Claudio Signorile e fece l’opposizione di sua maestà a Craxi. L’unica vera opposizione nel PSI fu quella del “craxiano di sinistra” (peraltro molto lontano da Lombardi) Rino Formica. Tirando le somme, io credo che se il PSI e l’intera sinistra italiana avessero dato retta di più a Lombardi, le cose sarebbero andate diversamente. Ma Lombardi era un personaggio scomodo per il PSI e per il PCI. Perché era uno che non amava i tatticismi fini a se stessi, il politicismo becero, i conformismi e le distorsioni della propaganda, il dogmatismo ideologico. Era un eterodosso nella politica e nella ideologia. Nella sua visione confluiscono e si integrano perfettamente la concezione riformatrice e libertaria del socialismo di Rosselli, l’idea della transizione democratica al socialismo dell’Austro-Marxismo (Otto Bauer e Rudolf Hilferding), le suggestioni radicali e libertarie di Rosa Luxemburg, il pensiero economico della scuola post-keynesiana di Cambridge (Joan Robinson, Nicholas Kaldor) di cui era attento studioso, la critica socialista al comunismo realizzato del gruppo francese “Socialismo ou Barbarie” diretto da quello che è stato forse il più grande filosofo della politica della II metà del 900: Cornelius Castoriadis. La sua lettura di Marx era totalmente fuori da schemi rigidi. Egli rifiutava apertamente l’influenza hegeliana su Marx. Diceva spesso che bisognava liberare l’enorme potenziale critico del pensiero di Marx dalle maglie della dialettica e della filosofia della storia deterministica di Hegel. Non a caso gli piacevano i Grundrisse : quei frammenti da cui viene fuori un Marx inesplorato che Lombardi interpretava liberamente. In particolare gli piaceva l’intuizione lì contenuta della non-neutralità del progresso tecnologico; Riccardo diceva sempre che “non esistono catene di montaggio socialiste”. Diceva che l’anima di Marx è la critica all’economia politica e critica all’ideologia che può essere utilizzata per criticare il marxismo stesso. Ora, uno che ragiona in tal modo è mal visto da chi ha una visione clericale dell’ideologia, dai sacerdoti immutabili dell’ortodossia. Lombardi criticava apertamente il concetto di “democrazia progressiva” di Togliatti. Lo riteneva una variante occidentale del concetto di “democrazia popolare” dell’est europeo. Lo criticava perché impediva l’emergere di un pluralismo reale e libero nella società che veniva soffocata dall’azione totalizzante dei partito o del partito egemone. Ragion per cui criticò il compromesso storico. Lombardi era convinto che i partiti dovessero avere un ruolo essenziale nella democrazia ma non essere i titolari esclusivi dell’azione politica. Pensava che i movimenti fossero essenziale per una democrazia aperta in grado di esercitare un ruolo di rinnovamento della politica e dei partiti. Ma Lombardi non era sopportato da un grosso pezzo del suo stesso partito. Mio zio mi diceva che spesso lo chiamavano “l’uccello del malaugurio” per le sue analisi che mettevano in evidenza delle criticità che un certo ottimismo di maniera non era in grado di vedere. Ma soprattutto era odiato, nel PSI, da quello che Nenni chiamava “il partito degli assessori” , il ventre molle governista del PSI e la vera ragione della sua disfatta, dato che esso condizionò notevolmente lo stesso Craxi nonostante il suo bonapartismo. Non è un caso che Riccardo fosse amato più all’estero che in Italia. Soprattutto in Francia dove si formò una scuola di sua diretta derivazione. Basti pensare a grandi intellettuali della sinistra e del socialismo francese come Martinet o Gorz; o alla collaborazione di Lombardi con la stessa rivista “Socialisme ou Barbarie”. Ma era amato anche dalla sinistra laburista inglese e dagli Jusos tedeschi (i giovani socialisti della SPD). Ma Lombardi è straordinariamente attuale. Il più attuale di tutti i leader storici della sinistra, sia socialisti che comunisti. Aveva lucidamente previsto la crisi della socialdemocrazia tradizionale già negli anni 70. Aveva sempre detto che il comunismo realizzato non era affatto socialismo ma un capitalismo di stato fondato sul potere incondizionato di una borghesia burocratica. Il crollo del comunismo e il venir fuori dei limiti della socialdemocrazia, gli danno pienamente ragione. Ma c’è un altro elemento di grandissima lucidità e preveggenza nel suo pensiero. La capacità di concepire, già agli inizi degli anni 70, le ragioni della crisi ecologica, dell’impossibilità di protrarre ritmi di crescita costante come quelli degli anni 50 e 60. Per cui il socialismo non si poteva certo fondare come diceva la ingenua volgarizzazione del marxismo, sullo sviluppo illimitato delle forze produttive. Il socialismo, al contrario, esigeva un diverso modo di produrre e di consumare: “i socialisti vogliono una società più ricca, perché diversamente ricca” diceva. L’idea del socialismo del XXI secolo non può prescindere da tutte le grandi riflessioni fatte da Lombardi sulla democrazia, su socialismo e libertà, sui limiti dello sviluppo. Nencini lasciamolo al suo destino. Lui non ha interesse a ricostruire al sinistra ma solo ad avere qualche strapuntino dal PD. Ma nella ricostruzione della sinistra i socialisti devono starci e starci bene. I socialisti come li intendo io non sono un ceto politico (che Lombardi non sopportava) da riciclare, ma passione, idee e militanza che come dimostra la storia di un gigante come Riccardo, sono indispensabili alla sinistra. A meno che qualche pazzo non voglia dare la titolarità della sinistra italiana ad una mediocre clonazione politica mal riuscita, come Ferrero. Proprio questo non lo meritiamo.

PEPPE GIUDICE........SOCIALISTA !

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