sabato 13 marzo 2010

La sinistra…oltre le regionali

La sinistra…oltre le regionali

di Giuseppe Giudice

Al di là delle firme e delle irregolarità formali (che comunque testimoniano uno stato non positivo dell’armata berlusconiana) queste elezioni non sembrano promettere grandi svolte.

Uno degli errori che si fanno quando ci si accinge a portare avanti un progetto di ricostruzione della sinistra è l’impazienza: il pensare che una scadenza possa rappresentare un momento salvifico. Era l’impazienza di chi gridava “partito subito” in SEL (come se la formazione di un soggetto politico non abbia bisogno dei suoi tempi che non possono essere né istantanei né biblici); può essere la illusione eccessiva sulla portata reale di queste elezioni; un pezzo della sinistra è facile preda delle sindromi emotive (un certo inspiegato entusiasmo per l’Arcobaleno si riversò in crisi depressiva dopo le elezioni).
Il fatto è che il processo di ricostruzione della sinistra è necessariamente lungo e graduale ed ha bisogno di tappe intermedie. Il disastro è profondo e strutturale. Nessun atto di volontarismo emotivo ci può salvare.
La stessa nascita di SEL (quale partito vero e proprio, con il congresso costituente) è solo la prima tappa di un processo più vasto, più lungo e più complesso.
La leadership di Vendola è un buon punto di partenza. Anzi è una benedizione che in tempi di deriva mediatica della politica vi sia un leader carismatico in grado di comunicare pensieri forti. Ma essa va naturalmente riempita di contenuti. La sua rielezione (i sondaggi sono significativamente positivi) è certo un elemento propulsivo che va oltre le vicende pugliesi.
Ma il quadro generale in cui ci troviamo è preoccupante per la gravissima crisi che attraversa il paese. Una crisi sociale ed economica profonda, mediaticamente oscurata (ma non solo dalla destra – che del resto tutto l’interesse a farlo- ma anche da una opposizione che preferisce concentrarsi sulle “Escort” o sulle pur gravi vicende giudiziarie ma trascura colpevolmente i temi sociali) si intreccia con la sostanziale implosione del sistema politico e con una regressione culturale e morale gravissima che attraversa il paese e che la crisi della politica alimenta di fatto.
Insomma abbiamo la simmetrica crisi dei due soggetti politici su cui si doveva reggere un bipolarismo artificiale: PDL e PD. Il primo perché non riesce a dare risposte al suo tema di fondo; che fare dopo Berlusconi. Il secondo perché (come il primo ) non è un partito ma un aggregato di notabili, capobastone, in una logica di feudalizzazione radicale dell’organizzazione politica.
Volendo fare dei riferimenti alla storia passata, il PDL somiglia agli antichi imperi orientali (Persia, Egitto) dove c’ era un monarca assoluto che si identificava pienamente con lo Stato (monarca che comunque viene insidiato da pretendenti), il PD alla crisi del Sacro Romano Impero dove l’imperatore (il segretario in questo caso) non contava un ….. e tutto era devoluto agli accordi interni ai principi ed ai feudatari.
Lo stato delle cose è questo, la sfiducia verso la politica è in costante aumento (se poi la gente va a votare comunque è perché spera di ottenere un magro posticino, foss’anche precario, dal gonzo di turno). Ma ciò che è aggrava ulteriormente il quadro è la profonda crisi strutturale dell’economia internazionale che assume sempre più i contorni di una crisi di sistema irreversibile del capitalismo, almeno nelle forme in cui si è espresso negli ultimi trent’anni.
Il sommarsi e l’intrecciarsi di tali criticità precipita l’Italia in una condizione della cui drammaticità di cui pochi si rendono veramente conto.
In Europa ed in Italia c’è bisogno di una sinistra che sappia esprimere un progetto di nuovo socialismo. Di fronte alla grave crisi sistemica del capitalismo occorre una sinistra non indeterminata ma in grado di esprimere un progetto organico di società alternativo rispetto a quello che è andato in pezzi: un progetto socialista.
La rifondazione a sinistra del socialismo democratico ( derivante dalla presa di coscienza contestuale del fallimento del comunismo e della crisi di quella socialdemocrazia che si è resa subalterna al capitalismo liberista) è vitale per il contesto europeo. Lo spostamento a sinistra di grossa parte del PSE e la stessa tendenza all’avvicinamento, se non alla riunificazione, tra SPD e Linke in Germania, vanno in tale direzione.
In Europa la sinistra socialista non sta certo in salute, ma esiste ed ha buone possibilità di riprendersi modificando le proprie coordinate.
In Italia con la nascita del PD l’apparato dirigente post-comunista ha compiuto l’ultimo atto della distruzione della sinistra (che non è solo politico ma anche culturale).
Il grosso problema che abbiamo è quindi quello dei tempi. La crisi in atto richiederebbe una sinistra per il socialismo subito. Lo stato delle cose non lo permette.
Abbiamo già detto che il processo ricostruttivo ha bisogno di pazienza e determinazione.
Per chi si riconosce nella cultura più autentica del socialismo italiano non c’è altra strada che partecipare alla ricostruzione della sinistra (tramite l’unico percorso disponibile e praticabile: quello di SEL), ben oltre la parentesi delle regionali che ha determinato un quadro contraddittorio. Il PS nenciniano di fatto non esiste più. Un partito che si presenta (con il proprio simbolo) in meno della metà delle regioni, che in tre regioni importanti si presenta con SEL (Campania, Puglia e Veneto) ed in altre tre (Emilia, Toscana e Liguria) si nasconde dentro il PD, non ha alcuna ragione di esistere.
Il movimento della Lega dei Socialisti per la Sinistra, in questa fase gioca un ruolo essenziale: essere punto di riferimento per tutti quei socialisti che credono in una rifondazione a sinistra del socialismo europeo, che considerano il PD un partito estraneo ai valori del socialismo e della sinistra, che intendono dar vita ad un nuovo soggetto politico della sinistra.
Il quadro contraddittorio di queste stramaledette regionali ha portato compagni, nelle varie regioni, a candidarsi con SEL ed in altre con la lista PSI. Non è affatto indice di opportunismo perché tutti pensano che dopo le elezioni si dovrà portare a compimento il processo costituente di SEL per una nuova sinistra. In quei limitati casi di presenza nelle liste PSI si è voluto rimarcare l’impegno di portare fino in fondo la battaglia per la sconfitta del nencinismo, parallelamente alla costruzione di SEL. A mio avviso il nencinismo è già stato sconfitto: di fatto il PS non esiste più ed è un bene per il socialismo.


Peppe Giudice

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