mercoledì 31 marzo 2010

L'insostenibile leggerezza dell'esserne ancora convinti

L'insostenibile leggerezza dell'esserne ancora convinti

di Carolus Felix

Anche queste elezioni stanno per essere archiviate, riflettendo a caldo sul loro esito, possiamo rilevare alcuni dati importanti. Il primo è l’astensionismo, trasversale che ha penalizzato non soltanto uno schieramento, ma tutti i partiti, dimostrando la progressiva disaffezione degli italiani per una politica che li riguarda sempre meno e da cui traggono sempre minori vantaggi di ogni sorta, sia di carattere generale che personale. Direi che il 20, 30, talvolta persino il 40% di astenuti, dimostra ampiamente che per masse sempre più numerose di compatrioti, questo sistema ha bisogno di una vera e propria rivoluzione istituzionale, politica e sociale, per poter tornare ad essere maggiormente credibile. Il secondo dato è l’avanzamento della Lega nel centro oltre che nel nord; la Lega capitalizza un consenso basato su una politica del doppio binario che spesso coincide con il tutto e il suo contrario. Ad esempio, votare per le centrali nucleari e per l’acqua da privatizzare e poi negare l’attuazione di tali misure nelle regioni in cui essa governa. E’ in fondo una politica che ha un obiettivo preciso che è in fase di progressiva attuazione: l’erosione dei consensi al partito di Berlusconi in tutto il nord per contendergli il controllo delle regioni in cui l’assetto produttivo e anche la fonte delle sue ricchezze è maggiore, e quindi ottenere sempre maggiori vantaggi in termini di autonomia e di utilizzo delle risorse economiche nazionali a favore prevalentemente delle regioni da essa controllate. Il terzo dato è che il PD non ottiene alcun significativo risultato e anzi, perde alcune regioni proprio perché sbaglia per l’ennesima volta le candidature: la Bresso al posto di Chiamparino, il candidato “sceriffo” De Luca per niente popolare anche nel centrosinistra, figuriamoci se in grado di sottrarre consensi al centrodestra. Il PD dimostra ancora una volta, dalla sua nascita, una tendenza perdurante: non riesce a sottrarre consensi al suo principale antagonista e continua a farsi erodere i suoi da Di Pietro che consolida le sue posizioni. E’ dunque un partito che non riesce, nonostante l’elezione di Bersani, a produrre alcuna novità e quindi ad essere credibile nella costruzione di una concreta alternativa su scala nazionale. Il quarto dato, significativo, è la vittoria di Vendola, vicino al 50% dei consensi, un successo molto importante e doppio, considerando tutto ciò che lo ha preceduto. Una lunga campagna mediatica di diffamazione e denigrazione, con l’arruolamento dei più disparati pennivendoli della variegata compagine del servilismo giornalistico italiano, con le bordate e gli agguati e gli attacchi degli stessi alleati del centrosinistra, tutti sistematicamente respinti sino alle primarie, che lo stesso Nichi ha dimostrato di aver saputo superare di slancio e con pura poesia. L’insostenibile leggerezza dell’essere convinti di un progetto concretamente alternativo, fatto di vere iniziative a favore della gente e specialmente di quella più svantaggiata, gli hanno fatto vincere la guerra, nonostante ogni battaglia sembrasse potesse essere sempre sull’orlo della sconfitta, o giocata sul filo del rasoio, su di una ostinata “spes contra spem” Nichi ha aperto un “foco de guerrilla” nel meridione e lo ha consolidato, una guerrilla a suon di versi scherzosi, strette di mano, abbracci, baci, condivisione, comizi, e soprattutto cose, fatti concreti che hanno convinto, “arruolato” consensi che potranno ulteriormente crescere. E soprattutto con il suo piglio rivoluzionario e gentile ha scompaginato lo schieramento avversario, dimostrando che la pazienza e l’attesa al varco sulle decisioni cruciali risulta vincente rispetto agli accordi di vertice clientelari, predefiniti e soggetti alla logica padronale. Persino lo schieramento a lui avverso di fronte a questa apertura disarmante si è diviso ed è stato sconfitto. Nichi Vendola ora ha bisogno di un vero partito che abbia una base teorica su cui fondarsi e su cui impostare un racconto alternativo, sia per sfuggire al rischio del populismo, sia per evitare la personalizzazione di Sinistra Ecologia e Libertà: l’alleanza di forze politiche di cui, per ora, è solo il portavoce. Il suo nome ha giovato alla causa ma non ha portato un incremento significativo dei consensi, su scala nazionale a SEL che, comunque, si consolida al 3%, su posizioni analoghe a quelle delle precedenti elezioni europee, in cui erano presenti al suo interno anche il PSI e i Verdi. Questi ultimi scontano miseramente la loro defezione, non avendo ottenuto consensi degni di essere menzionati. Sono ormai vuoti, partitini “a perdere” In Italia continua a mancare un partito di solida tradizione socialista che possa aggregare i consensi e costituire da base di lancio per la costruzione di una seria alternativa politica su scala maggioritaria e nazionale, come nel resto d' Europa o in Sudamerica. Questo partito può essere però validamente SEL, se trova con Vendola, ma non solo, una solida base teorica ed un radicamento nel territorio che possa portarlo a competere su questioni cruciali come lavoro, acqua, servizi pubblici, scuola, bisogni concreti della gente, fino a contrastare altri partiti che si stanno radicando, anche se in maniera del tutto ambigua. (come la Lega appunto che su scala locale nazionale dice e fa tutto, e contemporaneamente il contrario di tutto su base locale). Vendola ha dimostrato invece che si può fare nel territorio il contrario di quello che viene imposto a suon di decreti dal governo e proseguire in piena coerenza, fino a farsi riconoscere, ad esempio, la validità della politica energetica e rinunciare a costruire centrali nucleari in Puglia. Ma estendere questo modus operandi su scala nazionale non sarà facile, per cui sarà opportuno che egli si dedichi in questi tre anni a “ramificarsi” e radicarsi bene da sud a nord, almeno se nutre ambizioni più grandi, come merita. Per quanto mi riguarda, credo che l’impegno futuro dei socialisti che desiderano far crescere una speranza concreta di “fare futuro” in Italia, senza regredire continuamente nel berlusconismo e nel municipalismo leghista, debba essere rivolto prevalentemente a sostenere SEL e l’impegno di Vendola, senza ulteriori ambiguità. Ultimo dato: la vittoria sul filo di lana della Polverini, che comunque, da quando sono emersi i primi dati che la vedevano alla pari con la sua avversaria, aveva già dimostrato di avere vinto, essendo costretta a correre zoppa, e non per colpa sua, evidentemente, ma per colpa di chi probabilmente nel PDL non aveva tanto gradito la sua candidatura “finiana”, causando, non so quanto involontariamente, quell’ “incidente di percorso” che aveva portato all’esclusione del simbolo del PDL nelle liste di Roma e provincia. Il suo miracolo, la Polverini, se saprà ben guardarsi intorno, si renderà conto di averlo compiuto più verso i suoi alleati che contro i suoi avversari. Una lode infine alla Bonino, per la sua correttezza e per la sua riservatezza, oltre che per il coraggio di essere scesa in campo, quando nessuno ha osato farlo nel centrosinistra, per il solito Horror vacui, o per meglio dire a causa dell’incapacità del PD di saper scegliere l’ennesima candidatura vincente. Ultimamente infatti in quel partito, sembra si sia più esperti nel sabotare eventuali candidati vincenti, che nel saperli scegliere. I nipotini di Berlusconi dovranno dunque rassegnarsi, non farà il nonno come ora fa, volente o nolente, Prodi. Berlusconi sarà infatti ancora onerosamente occupato a tenere sulle ginocchia milioni di italiani e a dondolarli per almeno qualche altro annetto in più. Anche se i flaconi di Viagra li terrà sotto chiave e li dispenserà cautamente soltanto il “senatur”.

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