domenica 18 dicembre 2011

Tolentino ricorda il Patriota Sandro Pertini


di Carlo Felici

Discorso del 17/12/2011 nell'aula consigliare del Comune di Tolentino, nell'anniversario del quarantennale del conferimento della cittadinanza onoraria a Sandro Pertini. La parte in corsivo non è stata letta per ragioni di spazio e di tempo. Il discorso è stato integrato con una lettura di un brano in cui Pertini ricorda Gramsci e dalla lettera che mandò alla madre con il rifiuto sdegnato della richiesta di grazia


Buongiorno,
ringrazio la cittadinanza, in particolare i ragazzi e i loro insegnanti qui convenuti,‭ ‬le autorità cittadine e comunali ed il sindaco di Tolentino: Luciano Ruffini,‭ ‬gli amici e compagni dell'ANPI,‭ ‬il suo Presidente: Lanfranco Minnozzi,‭ ‬e tutti coloro che hanno reso possibile questo incontro,‭ ‬a cui sono onorato di poter partecipare in veste di oratore. Un ringraziamento particolare anche al compagno Giuseppe Iacopini. Tengo a precisare che,‭ ‬anche se nel manifesto illustrativo dell'evento,‭ ‬c'è scritto prof.,‭ ‬io non sono qui in veste di professore,‭ ‬e nemmeno di intellettuale socialista,‭ ‬ma essenzialmente in quella di patriota,‭ ‬proprio per celebrare la memoria di un grande patriota italiano: Sandro Pertini, a quarant’anni dal conferimento della cittadinanza onoraria avvenuta con il voto unanime del Consiglio comunale su proposta dell’allora Sindaco Roberto Massi (Deliberazione n. 90 del 6 maggio 1971).

Pertini, come sapete è stato ospite della Città di Tolentino due volte, da Presidente della Camera dei Deputati il 13 aprile 1975 e da Presidente della Repubblica il 30 ottobre 1981. E nella prima occasione ebbe modo di scrivere nel Registro delle visite illustri del Comune: “Al generoso e fiero popolo marchigiano con ammirazione e con affetto”.
Sandro Pertini è rimasto sicuramente nel cuore di tutti coloro che vissero durante il suo settennato di Presidenza della Repubblica,‭ ‬come il Presidente più amato dagli italiani,‭ ‬e così è anche per me,‭ ‬che durante il suo settennato ho forse vissuto gli anni più belli della mia vita.
Le sue parole,‭ ‬la sua immagine,‭ ‬in particolare,‭ ‬restano scolpite nell'animo di tutti coloro che hanno visto una Italia sicuramente più grande e più rispettata di quella che abbiamo oggi sotto gli occhi.‭ ‬Una Italia che entrava allora nel novero delle grandi potenze economiche del mondo e che riusciva a ridurre drasticamente l'inflazione,‭ ‬con la crescita del suo PIL di ben‭ ‬20‭ ‬punti di percentuale,‭ ‬anche se pure allora il rapporto debito PIL non era certo confortante.

Una Italia mai come in altri momenti in tutto il dopoguerra, così ammirata e rispettata e con un Presidente della Repubblica ed un Presidente del Consiglio ambedue socialisti.
Per ricordare la vita di Pertini non basterebbe una settimana di incontri e commemorazioni,‭ ‬ed io cercherò,‭ ‬in questa sede,‭ ‬di focalizzare solo gli eventi più salienti della sua lunga e memorabile testimonianza politica e civile.‭ ‬Ricorderemo oggi specialmente i passaggi più significativi‬ del suo impegno sociale,‭ ‬morale,‭ ‬civile ed istituzionale e mi perdonerete se non riuscirò a menzionarli tutti anche nei minimi particolari, come meriterebbero.
Fu il prof.‭ ‬Barotono di filosofia,‭ ‬esegeta del Socialismo che‭ “‬iniziò‭” ‬il giovane Pertini a dare senso compiuto alle sue vocazioni e predilezioni,‭ ‬e questo ci fa capire quale‭ “‬miracolo‭” ‬può fare la scuola e quanto debba essere tuttora importante valorizzarla,‭ ‬fornendole mezzi adeguati per la sua‭ “‬missione‭”‬.
Pertini,‭ ‬quando scoppiò‭ ‬la‭ “‬grande guerra‭”‬,‭ ‬fu tra quelli che,‭ ‬come Matteotti,‭ ‬gridarono‭ “‬abbasso la guerra‭!”‬,‭ ‬facendosi anche molti nemici tra i suoi compagni interventisti,‭ ‬ma ci andò,‭ ‬poi,‭ ‬militando in prima linea ed insegnando persino,‭ ‬da comandante,‭ ‬ai suoi‭ “‬fratelli soldati‭”‬,‭ ‬un metodo infallibile per raffreddare le mitragliatrici,‭ ‬risparmiando acqua preziosa:‭ ‬pisciarci sopra.‭ ‬Questo però non gli impedì atti di valore,‭ ‬come la conquista del monte Jenelik,‭ ‬che gli fece meritare la medaglia d'argento al valor miliare,‭ ‬un vero scandalo per i vertici miliari costretti a riconoscerla ad un dichiarato pacifista e socialista,‭ ‬tanto che la pratica per la sua assegnazione andò misteriosamente persa.
Come si possa giustificare tutto ciò,‭ ‬ce lo spiega Pertini stesso affermando:‭ “‬l'amore per l'umanità che ogni spirito eletto e libero non può non sentire,‭ ‬non esclude ma anzi comprende l'amore per la patria‭”‬.‭ ‬Primo grande atto di un grande patriota.
La sua militanza politica inizia nel 1918 con l'iscrizione al PSI e nel primo dopoguerra,‭ ‬in particolare,‭ ‬dopo il delitto Matteotti,‭ ‬giunge a maturazione la sua storia di patriota antifascista militante e combattente. Il 22 maggio 1925 Sandro Pertini è arrestato, e il 3 giugno condannato a 8 mesi di detenzione (oltre che al pagamento di un'ammenda) per avere distribuito il libello:‭ “‬Sotto il barbaro dominio fascista‭”‬, in cui‭ ‬rivendica la paternità di alcuni scritti antifascisti ed attribuisce la responsabilità alla monarchia per il perdurare del regime fascista, in particolare esprime sfiducia nell'operato del Senato del Regno, composto in maggioranza da filofascisti, chiamato a giudicare in Alta Corte di Giustizia l’ eventuale complicità del generale Emilio De Bono nel delitto Matteotti. In tale frangente si difende con tanto ardore e fermezza che anche i suoi avversari lo ascoltano in piedi,‭ ‬ammirati,‭ ‬in silenzio. Il 9 giugno 1925, alla vigilia dell'anniversario del delitto Matteotti, aiutato da alcuni operai, Pertini riesce ad appendere, sotto la lapide che alla fortezza di Savona ricordava la prigionia di Giuseppe Mazzini, una corona con un nastro rosso e la scritta: "gloria a Giacomo Matteotti".

‬Il suo studio legale viene devastato più volte e nel 1926 viene duramente malmenato e finisce in ospedale,‭ ‬però evita di denunciare il suo aggressore:‭ ‬un giovane operaio pagato dai fascisti.‭ ‬Nel dicembre dello stesso anno, viene condannato al confino per 5 anni, in seguito alla proclamazione delle leggi speciali anti-fasciste.
Per sfuggire alla condanna ripara a Milano ed entra in contatto con i più illustri militanti dell'antifascismo come Rosselli,‭ ‬Parri e Olivetti,‭ ‬avendo l'incarico di aiutare Turati a rifugiarsi in Francia.‭ ‬Ci riesce,‭ ‬ma Parigi non è ambiente consono per un combattente dedito all'azione come lui,‭ ‬si reca quindi a Nizza,‭ ‬dove vive con i più disparati mestieri e crea,‭ ‬con i soldi ereditati,‭ ‬una stazione radio,‭ ‬che però il governo italiano riesce a far chiudere,‭ ‬Pertini viene così condannato ma ad un solo mese,‭ ‬con la condizionale.
Rientra imperterrito clandestinamente in Italia e pianifica un attentato contro il Duce,‭ ‬ma viene riconosciuto ed arrestato il 14 aprile del 1929 dopo solo 20 giorni di libertà in Patria.‭ ‬Partecipa con distacco al processo ed alla fine non manca di gridare con disprezzo:‭ “‬Abbasso il fascismo e viva il Socialismo‭!” E' condannato a 10 anni e 9 mesi di reclusione.
Si apre così la fase più dura della sua vita:‭ ‬ben‭ ‬14‭ ‬anni di privazione della libertà,‭ ‬con un carcere:‭ ‬Santo Stefano ed un numero di matricola:‭ ‬6955.‭ ‬Per il compagno Sandro è finita la giovinezza ma inizia una maturità di lotta implacabile al fascismo che lo condurrà,‭ ‬assieme a tanti altri patrioti,‭ ‬fino alla vittoria.
Studia,‭ ‬e scrive,‭ ‬rivendicando sempre energicamente i suoi diritti. ‬Si ammala nel 1930 ‬e viene trasferito a Turi dove incontra Gramsci, e due anni dopo nel sanatorio giudiziario di Pianosa.
Sono veramente toccanti i ricordi di questi momenti,‭ ‬Pertini che implora,‭ ‬di nascosto al grande leader comunista,‭ ‬il direttore del carcere affinché,‭ ‬di notte,‭ ‬lo spioncino della sua cella venga chiuso senza sbatterlo per non interrompere il fragilissimo sonno di Gramsci,‭ ‬lo stesso che invita Pertini a dividere con lui il pranzo di Pasqua ‬inviatogli dalla sua famiglia ma che,‭ ‬impossibilitato a ciò dalle autorità carcerarie,‭ ‬rifiuta poi di mangiarlo.‭ ‬Due uomini accomunati da una stessa passione politica e civile anche se ideologicamente distinti,‭ ‬ma mai opposti,‭ ‬mai conflittuali.

Rifiuta persino in modo duro e sdegnoso ma commovente,‭ ‬la domanda di grazia inoltrata dalla madre,‭ ‬dopo tre anni di condanna, arrivando quasi ad una rottura con lei.
Pertini ormai ha la coscienza,‭ ‬pienamente maturata nella lotta e nella sofferenza,‭ ‬di voler generare una‭ ‬Patria libera e democratica.‭ E' già un padre della Patria repubblicana antifascista.
Riacquista la libertà solo nell'agosto del 1943, dopo aver vissuto nei confini di Ponza (1935), delle Tremiti (1939) prima e a Ventotene poi. Finalmente entra nella Resistenza.‭ ‬E‭' ‬a Roma tra le barricate del‭ ‬10‭ ‬Settembre per organizzare, con Nenni e Saragat, la lotta armata per il Partito Socialista.‭ ‬La repressione infuria in quel periodo nella capitale,‭ ‬con tristissimi episodi ed eccidi:‭ ‬via Tasso,‭ ‬le fosse Ardeatine,‭ ‬la banda Koch,‭ ‬il rastrellamento del Quadraro.‭ ‬Pertini è ancora in prima linea e viene arrestato di nuovo ‬ed interrogato dalle autorità tedesche,‭ ‬condotto ancora in carcere,‭ ‬pende su di lui la condanna a morte.‭ ‬Ma,‭ ‬con spirito indomabile,‭ ‬fugge di nuovo aiutato dalla Resistenza romana.
Deluso dalla svolta di Salerno e dalla mancata insurrezione a Roma,‭ ‬si trasferisce al nord dove organizza l'esercito di liberazione. Tra i partigiani incontra la sua futura moglie Carla Voltolina, che allora operava come staffetta partigiana.
E‭' ‬tra i protagonisti dell'insurrezione di Firenze e in seguito ad un avventuroso viaggio tra le Alpi,‭ ‬finalmente,‭ ‬nell'aprile del‭ ‬1945,‭ ‬si trova a Milano.
E qui vorrei lasciare allo stesso Pertini,‭ ‬il ricordo e la spiegazione di tale memorabile esperienza,‭ ‬con le parole tratte da un suo celebre discorso del‭ ‬1970:
‭“‬Giustamente,‭ ‬dunque,‭ ‬quando si ricorda la Resistenza si parla di Secondo Risorgimento.‭ ‬Ma tra il Primo e il Secondo Risorgimento protagoniste sono minoranze della piccola e media borghesia,‭ ‬anche se figli del popolo partecipano alle ardite imprese di Garibaldi e di Pisacane.‭ ‬Nel Secondo Risorgimento protagonista è il popolo.‭ ‬Cioè guerra popolare fu la guerra di Liberazione.‭ ‬Vi parteciparono in massa operai e contadini,‭ ‬gli appartenenti alla classe lavoratrice che sotto il fascismo aveva visto i figli suoi migliori fieramente affrontare le condanne del tribunale speciale al grido della loro fede.‭
‬Non dimentichiamo,‭ ‬onorevoli colleghi,‭ ‬che su‭ ‬5.619‭ ‬processi svoltisi davanti al tribunale speciale‭ ‬4.644‭ ‬furono celebrati contro operai e contadini.‭
‬E la classe operaia partecipa agli scioperi sotto il fascismo e poi durante l'occupazione nazista,‭ ‬scioperi politici,‭ ‬non per rivendicazioni salariali,‭ ‬ma per combattere la dittatura e lo straniero e centinaia di questi scioperanti saranno,‭ ‬poi,‭ ‬inviati nei campi di sterminio in Germania.‭ ‬Ove molti di essi troveranno una morte atroce.‭
‬Saranno i contadini del Piemonte,‭ ‬di Romagna e dell'Emilia a battersi e ad assistere le formazioni partigiane.‭ ‬Senza questa assistenza offerta generosamente dai contadini,‭ ‬la guerra di Liberazione sarebbe stata molto più dura.‭ ‬La più nobile espressione di questa lotta e di questa generosità della classe contadina è la famiglia Cervi.‭ ‬E saranno sempre i figli del popolo a dar vita alle gloriose formazioni partigiane.‭
‬Onorevoli colleghi,‭ ‬senza questa tenace lotta della classe lavoratrice‭ ‬-‭ ‬lotta che inizia dagli anni‭ '‬20‭ ‬e termina il‭ ‬25‭ ‬aprile‭ ‬1945‭ ‬-‭ ‬non sarebbe stata possibile la Resistenza,‭ ‬senza la Resistenza la nostra patria sarebbe stata maggiormente umiliata dai vincitori e non avremmo avuto la Carta costituzionale e la Repubblica.‭
‬Protagonista è la classe lavoratrice che con la sua generosa partecipazione dà un contenuto popolare alla guerra di Liberazione.‭
‬Ed essa diviene,‭ ‬così,‭ ‬non per concessione altrui,‭ ‬ma per sua virtù soggetto della storia del nostro paese.‭ ‬Questo posto se l'è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.‭”

Queste sono parole molto chiare e significative che fanno giustizia,‭ ‬una volta per tutte,‭ ‬di ogni falso”revisionismo‭”‬,‭ ‬di ogni atteggiamento inopinatamente mistificatorio su una guerra di Liberazione che ebbe valore e spessore popolare,‭ ‬fu inesorabilmente lotta di popolo,‭ ‬per una Patria del popolo.
Pertini è in piazza il‭ ‬25‭ ‬Aprile a celebrare la vittoria di quel‭ “‬popolo‭” ‬che egli sottolinea‭ “‬capace delle più grandi cose quando lo anima il soffio della libertà e del socialismo‭”‬.
E la sua umanità e il suo senso di giustizia,‭ ‬pur avendo patito ‬il dolore di lunghi anni di privazione della libertà,‭ ‬non cedono mai al rancore,‭ ‬nemmeno a Piazzale Loreto,‭ ‬lucida è la sua testimonianza:
‭"‬...I corpi non erano appesi.‭ ‬Stavano per terra e la folla ci sputava sopra,‭ ‬urlando.‭ ‬Mi feci riconoscere e mi arrabbiai:‭ «‬Tenete indietro la folla‭!»‬.‭ ‬Poi andai al CLN e dissi che era una cosa indegna:‭ ‬giustizia era stata fatta,‭ ‬dunque non si doveva fare scempio dei cadaveri.‭ ‬Mi dettero tutti ragione:‭ ‬Salvadori,‭ ‬Marazza,‭ ‬Arpesani,‭ ‬Sereni,‭ ‬Longo,‭ ‬Valiani,‭ ‬tutti.‭ ‬E si precipitarono a piazzale Loreto,‭ ‬con me,‭ ‬per porre fine allo scempio.‭ ‬Ma i corpi,‭ ‬nel frattempo,‭ ‬erano già stati appesi al distributore della benzina.‭ ‬Così ordinai che fossero rimossi e portati alla morgue.‭ ‬Io,‭ ‬il nemico,‭ ‬lo combatto quando è vivo e non quando è morto.‭ ‬Lo combatto quando è in piedi e non quando giace per terra‭"‬.‭

Finisce quindi la fase del patriota impegnato nella lotta armata ed inizia quella del patriota dedito ad una lotta non meno dura e implacabile come giornalista,‭ ‬parlamentare,‭ ‬Presidente della Camera ed infine della Repubblica.
Dal‭ ‬1945‭ ‬al‭ ‬1947‭ ‬Pertini vive gli eventi con il suo consueto carattere passionale e anticonformista.‭

Esponente di spicco del partito socialista, ne diventa segretario nel 1945, viene eletto alla Costituente e poi, da deputato, sarà direttore dell' "Avanti!" negli anni 1945-1946.

‬Si schiera contro Saragat per evitare ogni eventuale rottura con i comunisti e lotta aspramente contro ogni forma di facile amnistia per i trascorsi crimini fascisti.
Ma evita anche di sostenere posizioni‭ “‬fusioniste‭” ‬verso il PCI,‭ ‬interrompendo per questo,‭ ‬dopo soli‭ ‬4‭ ‬mesi,‭ ‬la sua esperienza alla segreteria del partito socialista.‭ ‬A lui infatti preme l'unità del suo partito non meno della‭ “‬unità organica della classe operaia‭” ‬E non esiterà per questo,‭ ‬in una intervista rilasciata al quotidiano allora di sinistra Epoca a denunciare il fatto che nel Partito Comunista,‭ ‬a suo dire,‭ “‬permane una mentalità autoritaria‭” ‬e che piuttosto il Partito Socialista deve esercitare una missione di‭ “‬mediatore tra il mondo occidentale ed orientale‭”‬,‭ ‬senza alcuna forma di subordinazione a Mosca,‭ ‬guardando in particolare al successo degli altri partiti socialisti in Europa.
E‭' ‬l'unico socialista che va a palazzo Barberini in un disperato tentativo di scongiurare l'imminente scissione e senza accusare di tradimento gli scissionisti.‭ ‬Alla fine di aprile del‭ ‬1947‭ ‬inizia a dirigere‭ “‬il lavoro nuovo di Genova‭” ‬e continuerà a farlo per altri‭ ‬21‭ ‬anni,‭ ‬sviluppando già da allora i temi significativi dell'impegno socialista su questioni cruciali come la crisi del maggio-giugno del‭ ‬1947,‭ ‬il piano Marshall,‭ ‬il trattato di pace,‭ ‬la costituzione del Cominform e la politica della Democrazia Cristiana.

Nel‭ ‬1948‭ ‬la sua passione politica torna a galvanizzarsi.‭ ‬Al XXVI congresso prende netta posizione contro l'eventualità di presentare liste comuni con i comunisti,‭ ‬viene sconfitto e non entra nella nuova direzione del partito,‭ ‬gettandosi nell'agone elettorale,‭ ‬e nonostante come membro della Costituente e la lunga prigionia sotto il fascismo gli garantiscano un seggio parlamentare di diritto.‭ ‬E‭' ‬questo il periodo anche un po‭' ‬ingenuo dell'esaltazione di alcune conquiste della Unione Sovietica.‭ ‬Ma anche quello dei limiti della socialdemocrazia europea succube della ferrea logica della guerra fredda.
Dal‭ ‬1953‭ ‬al‭ ‬1957‭ ‬l'impegno di Pertini è caratterizzato dal duro scontro parlamentare contro la legge truffa,‭ ‬ma quelli sono anche gli anni della rivolta di Berlino e dei fatti di Ungheria che vedono,‭ ‬ad onor del vero,‭ ‬Pertini elogiare anche Stalin,‭ ‬da vivo e da morto.‭ ‬Una cosa,‭ ‬ricordando tali eventi,‭ ‬va però ricordata con onestà e fermezza,‭ ‬se egli associa il nome del dittatore sovietico alle grandi realizzazioni del socialismo e soprattutto alla vittoria nel secondo conflitto mondiale,‭ ‬mai troviamo da parte sua parole di comprensione o approvazione,‭ ‬che altri in quel periodo pronunciano esplicitamente nel PCI e che poi rinnegheranno,‭ ‬per le purghe e per i terribili processi allora in corso nell'Europa centrale ed orientale.
Sono anni in cui l'impegno del patriota Pertini viene ribadito nella necessità,‭ ‬come lui stesso afferma,‭ ‬di‭ “‬difendere la Patria contro chiunque tenti di aggredirla‭”‬.
Sui fatti di Ungheria è inizialmente cauto,‭ ‬per poi assumere nel gennaio del‭ ‬1957‭ ‬un atteggiamento decisamente critico verso le posizioni del partito comunista italiano a cui rimprovera di non avere tratto le doverose conclusioni dalle conseguenze del XX congresso del PCUS.

Dal‭ ‬1958‭ ‬al‭ ‬1963‭ ‬Pertini,‭ ‬come deputato,‭ ‬si afferma sempre di più sul piano nazionale,‭ ‬partecipa attivamente alla crisi Tambroni del‭ ‬1960,‭ ‬scende in piazza con i dimostranti a Genova,‭ ‬sostenendo in sede giudiziaria gli imputati per quei fatti,‭ ‬senza mancare un solo giorno di udienza.
Pertini lotta ancora strenuamente in quegli anni per l'unità del partito e per la sua autonomia in un periodo cruciale caratterizzato dall'opera di straordinari personaggi come Kennedy e Giovanni XXIII,‭ ‬ai quali dedicherà pagine di grande simpatia ed apertura,‭ ‬oltre che di fiducia,‭ ‬nella nuova prospettiva di una più autentica e duratura pace mondiale.
Dal‭ ‬1964‭ ‬al‭ ‬1969,‭ ‬attraverso l'esperienza del centrosinistra,‭ ‬cruciale per Pertini è il‭ ‬1968,‭ ‬che lo vede eletto per la prima volta Presidente della Camera dei Deputati.
Alla partecipazione al secondo governo Moro, nel‭ ‬1964‭, ‬però egli nega il proprio voto,‭ ‬e spesso esprime disagio ed apprensione per la partecipazione dei socialisti più al sottogoverno che al governo del Paese,‭ ‬nel suo consueto stile schietto e battagliero.
In politica estera la sua condanna dell'invasione della Cecoslovacchia è netta,‭ ‬e il‭ ‬24‭ ‬Gennaio del‭ ‬1969‭ ‬fa celebrare alla Camera il sacrificio del giovane Jan Palach immolatosi per la libertà del suo popolo.‭ ‬Non mancano,‭ ‬in quegli anni cruciali di lotte e di crisi delle due superpotenze,‭ ‬le sue battaglie libertarie anche in favore dei popoli oppressi dalle dittature e dai regimi militari in Occidente,‭ ‬contro il regime di Franco in Spagna e quello dei colonnelli in Grecia,‭ ‬e più tardi anche contro la tirannia militare cilena.
Negli anni successivi il suo impegno non si esaurisce e resta una testimonianza indelebile di difesa strenua delle istituzioni democratiche sotto l'attacco del terrorismo che culmina con l'assassinio di Aldo Moro.‭ ‬La reazione democratica dello Stato coincide proprio con la sua elezione a Presidente della Repubblica l‭'‬8‭ ‬luglio‭ ‬1978,‭ ‬con voto quasi unanime del Parlamento‭ (‬832‭ ‬voti su‭ ‬995‭ ‬votanti‭)‬.

Gli anni del Presidente della Repubblica Pertini,‭ ‬sono quanto di più bello abbia potuto produrre la storia della nostra pur fragile e giovane Repubblica Democratica.‭ ‬Una pagina indelebile di umanità,‭ ‬semplicità e fermezza e forza comunicativa,‭ ‬in un periodo terribile per gli attacchi della criminalità e del terrorismo e per i nuovi allarmanti segnali dell'acuirsi del confronto tra est e ovest,‭ ‬con nuove e micidiali armi missilistiche transcontinentali. Negli anni della sua presidenza, Pertini manifesta più volte con grande determinazione il suo impegno nella lotta per tutelare i diritti umani, si schiera contro l'apartheid in Sudafrica, contro le dittature sudamericane, così come contro l'intervento sovietico in Afghanistan.

Grande comunicatore, dimostra in tutte le occasioni ufficiali una straordinaria schiettezza e, al tempo stesso, un grande equilibrio, che conferiscono alle sue parole una dimensione universale. Nessun capo di stato o uomo politico italiano ha conosciuto all'estero una popolarità paragonabile a Sandro Pertini, ovunque, nelle sedi più disparate. Gli vengono conferite lauree honoris causa dalle più prestigiose università, diventa Accademico di Francia, e gli organi di informazione stranieri lo ricercano in continuazione. Con lui l'immagine dell'Italia nel mondo fa un tale salto di qualità che risulta tuttora irripetuto.
Sempre,‭ ‬nelle occasioni più tragiche e in quelle più festose,‭ ‬la testimonianza del Presidente più amato dagli italiani è momento di conforto,‭ ‬di speranza e di gioia,‭ ‬oltre che di fermezza inflessibile,‭ ‬nell'affrontare i nemici della democrazia,‭ ‬e di amorevole pazienza per propiziare il superamento dei passaggi più cruciali della nostra storia.‭
Costante è la sua presenza nei casi umani più tragici della nostra storia recente:‭ ‬e potremo citarne molti,‭ ‬tutti contraddistinti dallo stesso filo conduttore‭ ‬:‭ ‬severità verso i responsabili,‭ ‬umanità verso le vittime e commossa partecipazione nella tragedia.‭ ‬Ricordiamo tra i tanti:‭ ‬Vermentino,‭ ‬la tragedia dell'Irpinia,‭ ‬e ancora le innumerevoli morti di vittime innocenti ed eccellenti,‭ ‬in particolare il giorno della strage di Bologna,‭ ‬quando è l'unico ad essere applaudito dalla folla ed in lacrime dice:‭ «‬non ho parole,‭ ‬siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia‭»‬.‭

Memorabili le sue parole contro la mafia da lui definita “la nefasta attività contro l'umanità”
Ogni volta,‭ ‬in ognuna di tali occasioni,‭ ‬la sua voce tuona letteralmente di indignazione,‭ ‬di furibonda e sincera ira verso i colpevoli e scende come una tenera carezza a consolare le tante famiglie delle vittime che se lo trovano sempre accanto,‭ ‬con affetto come uno di loro,‭ ‬uno di noi,‭ ‬un fratello,‭ ‬un padre,‭ ‬un nonno.
Il suo spirito di indomito lottatore,‭ ‬spesso acre,‭ ‬mordace e ironico trova modo di stemperarsi e di manifestarsi in un linguaggio pacato e persuasivo,‭ ‬sempre proteso alla tutela dei valori della Costituzione.

Alla sua morte, il 24 febbraio del 1990 all'età di 94 anni, gli italiani hanno pianto non solo la scomparsa di un loro caro amico e compagno, ma anche quella di un'epoca di grande passione ed impegno civile.
Citiamo adesso alcuni brani tratti da alcuni suoi celebri discorsi o interviste:

“Più volte ho fatto il bilancio della mia vita e tutte le volte sono arrivato a questa conclusione: se si avverasse per me il miracolo di Faust e mi fosse dato di ricominciare da capo, prenderei la stessa strada che presi ventenne nella mia Savona, e la percorrerei con la fede, la volontà e l'animo di allora, pur sapendo di doverne pagare il prezzo, lo stesso prezzo che ho pagato, così, giunto al termine della mia giornata, mi volgo a guardare la strada che ho percorso, e mi sembra di avere speso bene la mia vita.”
‭ “‬Oggi la nuova resistenza in che cosa consiste.‭ ‬Ecco l'appello ai giovani:‭ ‬di difendere queste posizioni che noi abbiamo conquistato‭; ‬di difendere la Repubblica e la democrazia.‭ ‬E cioè,‭ ‬oggi ci vuole due qualità a mio avviso cari amici:‭ ‬l'onestà e il coraggio.‭ ‬L'onestà...‭ ‬l'onestà...‭ ‬l'onestà.‭ [‬...‭] ‬E quindi l'appello che io faccio ai giovani è questo:‭ ‬di cercare di essere onesti,‭ ‬prima di tutto:‭ ‬la politica deve essere fatta con le mani pulite.‭ ‬Se c'è qualche scandalo.‭ ‬Se c'è qualcuno che da‭' ‬scandalo‭; ‬se c'è qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i suoi sporchi interessi,‭ ‬deve essere denunciato‭!”
“Per me libertà e giustizia sociale,‭ ‬che poi sono le mete del socialismo,‭ ‬costituiscono un binomio inscindibile:‭ ‬non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale,‭ ‬come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà.‭ ‬Ecco,‭ ‬se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale,‭ ‬ma privandomi della libertà,‭ ‬io la rifiuterei,‭ ‬non la potrei accettare.‭ [‬...‭] ‬Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana.‭ ‬Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame,‭ ‬che è nella miseria,‭ ‬che non ha un lavoro,‭ ‬che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli‭? ‬Questo non è un uomo libero.‭”
“L‭'‬Italia,‭ ‬a mio avviso,‭ ‬deve essere nel mondo portatrice di pace:‭ ‬si svuotino gli arsenali di guerra,‭ ‬sorgente di morte,‭ ‬si colmino i granai di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame.‭ ‬Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra.‭ ‬Questa è la strada,‭ ‬la strada della pace che noi dobbiamo seguire.‭”

Vorrei chiudere questo mio intervento commemorativo con l'esortazione a considerare l'esempio e la testimonianza del Patriota Pertini come faro di luce nel buio di una contingenza afflitta da perduranti problemi di ingiustizia sociale e di pericoli di guerra,‭ ‬ed in particolare,‭ ‬per questi giorni della nostra Patria,‭ ‬tuttora offesa dalla criminalità e dalla corruzione.‭ ‬Oggi gli arsenali non vengono ancora svuotati,‭ ‬ma sono piuttosto riempiti con armamenti e bombardieri sempre più sofisticati e costosi.‭ ‬E i granai,‭ ‬la sussistenza e in vari casi ormai la stessa sopravvivenza per la gente più povera del nostro Paese,‭ ‬fin anche la dimora stessa in cui ciascuno non può fare a meno di abitare,‭ ‬si impone che abbiano costi sempre crescenti,‭ ‬fino a diventare insopportabili,‭ ‬e che la stessa vita dedicata al lavoro non trovi,‭ ‬nel suo inevitabile crepuscolo,‭ ‬un compimento di pace e di riposo,‭ ‬ma si debba andare incontro ad una quiescenza,‭ ‬per altro sempre dilazionata nel tempo,‭ ‬nella marginalizzazione e nella povertà.‭ ‬La giustizia sociale è, oltre tutto, in vari casi ancora oggi vilmente asservita alla libertà ed ai privilegi di pochi che non sono mai disposti a rinunciarvi.
Questo dovrebbero considerarlo in particolar modo i giovani che non hanno attualmente,‭ ‬nella classe politica dirigente al potere,‭ ‬purtroppo,‭ ‬sufficienti esempi di grande onestà,‭ ‬saggezza e trasparenza morale e civile,‭ ‬come quello che seppe darci Sandro Pertini.
Vedete,‭ ‬cari giovani,‭ ‬certe virtù non piovono dal cielo,‭ ‬né basta insegnarle se poi non si è pronti a viverle e a testimoniarle con la propria vita,‭ ‬come fecero tanti altri giovani come voi,‭ ‬sulle montagne di questi luoghi bellissimi che essi hanno irrorato con il loro purissimo sangue.
Certe virtù possono solo sgorgare da un animo libero,‭ ‬che rifiuta sdegnosamente la‭ “‬grazia accomodante‭” ‬di servire il potere in cambio di vantaggi e clientele,‭ ‬o per affermarsi o tanto meno per sopravvivere,‭ ‬così come fece Sandro Pertini,‭ ‬quando rifiutò di chiedere la grazia e si incamminò pazientemente verso altri lunghi e dolorosi anni di carcere,‭ ‬senza sapere se,‭ ‬all'uscita di quel tunnel,‭ ‬ci sarebbe stata ancora una luce.
La luce,‭ ‬anche nel cammino più buio,‭ ‬bisogna conservarla dentro di noi,‭ ‬come diceva un altro grande martire dell'antifascismo,‭ ‬compagno ed amico fraterno di Sandro Pertini:‭ ‬Carlo Rosselli‭ “‬La nostra missione è quella di tener duro quando tutti cedono‭; ‬di alzare la fiaccola dell'ideale nella notte che circonda‭; ‬di anticipare con l'intelligenza e l'azione l'immancabile futuro.‭”
Io sono venuto,‭ ‬per questo,‭ ‬qui,‭ ‬come un umile tedoforo, per consegnarvi questa sacra fiaccola affinché voi la facciate ardere e risplendere ed impediate che nel futuro si spenga.
E non si spegnerà se nelle piazze,‭ ‬nelle città,‭ ‬nei paesi,‭ ‬nelle fabbriche,‭ ‬nelle scuole,‭ ‬nei luoghi delle amministrazioni civili e politiche,‭ ‬la gente tornerà a lottare e non resterà chiusa in casa a farsi indottrinare da uno schermo televisivo,‭ ‬se anche i nuovi strumenti di comunicazione tecnologica diventeranno rete di lotta e di emancipazione civile,‭ ‬per la condivisione di un impegno comune di giustizia e di libertà.
Siamo oggi di fronte ad un momento particolarmente cruciale e difficile nella storia del nostro paese e rischiamo anche questa volta di subire un'altra dittatura non meno subdola e feroce:‭ ‬quella del mercato,‭ ‬della speculazione e del profitto.
Non dobbiamo rassegnarci a consegnare permanentemente il nostro destino nelle mani di‭ “‬tecnici esperti‭” ‬affinché lo rendano compatibile con gli obiettivi di un nuovo ed ancor più potente autoritarismo.‭ ‬Perché il destino di un Paese,‭ ‬specialmente in una democrazia che sia tale di fatto e non solo di nome,‭ ‬è del popolo.‭ ‬E‭' ‬nostro e solo nostro‭!
Dobbiamo quindi riprendere nelle nostre mani la capacità di gestirlo,‭ ‬e di orientarlo,‭ ‬con grande coraggio e senso di responsabilità,‭ ‬anche se il mondo ci appare troppo piccolo per le nostre aspirazioni o troppo grande per la nostra capacità di reagire.

Ricordo con nostalgia e tenerezza la finale dei campionati del mondo vinti dall'Italia nel 1982, quando, assistendo al terzo gol, Pertini si alzò in piedi con il dito levato verso l'alto, e, scuotendolo forte, gridò al cancelliere Schmidt che era lì vicino a lui: “No, no, non ci riacchiappate più!” Erano compagni socialisti, prima ancora che responsabili dei governi di due fondamentali Paesi europei, e la partita, da noi vinta con un secco 3-1, si concluse poi con un abbraccio tra i due.

Ebbene, lo stesso Schmidt, ormai noventaduenne e su una sedia a rotelle, pochi giorni fa, non ha voluto mancare al recente appuntamento del congresso dell'SPD, levando alta la sua voce ed ammonendo che (cito un articolo uscito di recente su L'Unità):

- «Dobbiamo avere nel cuore un sentimento di compartecipazione verso i nostri amici e i nostri vicini», non solo per ragioni morali, ma anche perché, senza integrazione, tutti gli stati d`Europa, anche quelli forti, sarebbero oggetto di una marginalizzazione in un mondo in cui si va affermando la forza degli altri continenti e in cui la loro quota percentuale di ricchezza e potenza economica sarà sempre minore.

Egli ha ribadito con molta chiarezza che per sopravvivere, «a lungo termine sarà inevitabile un indebitamento comune di tutta l`Unione». E che la strada giusta è proprio nel rispetto di quest`obbligo alla solidarietà comune che gli stati dell`eurozona dovrebbero evidenziare, accordandosi presto su «stretti criteri di regolazione dei mercati finanziari». Poche migliaia di operatori sui mercati «hanno preso in ostaggio le responsabilità politiche in Europa: ora è arrivato proprio il tempo di ribellarsi». Per farlo sarebbe necessario puntare anche sugli strumenti dell`indebitamento comune. A questi strumenti, ha aggiunto l`ex cancelliere, polemizzando contro il no del governo Merkel agli eurobond, e a un ruolo più ampio della Bce, «noi tedeschi non dovremmo opporre un rifiuto egoistico». Tanto più che, anche se i governi «non fanno alcunché per renderne consapevoli i cittadini», l`interesse comune a una maggiore integrazione è destinato a crescere per ragioni oggettive. Lo afferma uno che ha contribuito a far crescere la casa europea, che «intanto è diventato vecchissimo» con le stesse idee e la stessa fiducia e che non condivide l`europessimismo diffuso. «Tutte le chiacchiere su una presunta crisi dell`euro sono superficialità» diffuse da certi politici e dai media. L`euro è più forte del dollaro e del marco negli ultimi tempi della sua esistenza. -

L'Italia e l'Europa hanno oggi bisogno più che mai del Socialismo di Sandro Pertini e di Helmut Schmidt, fondato su una vera e propria “rivoluzione morale e civile”, ma tale nobile intento non può essere affidato ad una istituzione monetaria, ad un partito di proporzioni minimali, e tanto meno ad una corrente di partito subordinata a logiche di potere e di accomodamento politico sostanzialmente diverse o distanti dagli obiettivi del Socialismo europeo e globale. L'Italia ha bisogno di un grande partito del Socialismo Democratico Europeo, come la SPD e come altri che tuttora, pur con severe autocritiche ed emendando errori passati, riescono validamente a contribuire al progresso dei popoli europei e della grande famiglia politica del PSE. Esso può nascere solo da una valida scomposizione e da un conseguente riassemblamento, su base socialista e democratica, di tutta la sinistra italiana, mediante la progressiva esautorazione dei vertici di partito ed un autentico rinnovamento che provenga dal basso, essenzialmente con il metodo validamente sperimentato delle primarie.

Perché il‭ “‬socialismo‭” ‬non è,‭ ‬come qualcuno inavvedutamente vorrebbe farci credere,‭ “‬un errore antropologico‭”‬,‭ ‬una sorta di‭ “‬deviazione umana‭” ‬da scopi spiritualmente più nobili.‭ ‬No,‭ ‬cari,‭ ‬compagni,‭ ‬amici e compatrioti,‭ ‬il socialismo è tuttora,‭ ‬come ha testimoniato Sandro Pertini sempre,‭ ‬con inarrestabile fermezza nel corso della sua lunga vita,‭ ‬e come testimoniano ancora validamente decine di milioni di persone nel mondo,‭ ‬in particolare dal Sudamerica all'Europa,‭ ‬una delle migliori risposte alla tirannia di un mondo dominato esclusivamente dalla‭ ‬volontà di profitto,‭ ‬dall'egoismo,‭ ‬di pochi a danno della felicità,‭ ‬della vita e della sopravvivenza di molti. E‭' ‬quella dittatura che,‭ ‬prima ancora di mandarvi in una prigione,‭ ‬o in un confino,‭ ‬ne costruisce una su misura per ogni coscienza,‭ ‬confinandovi solo in voi stessi e distruggendo sistematicamente,‭ ‬privatizzando o facendo scadere ‬gli strumenti formativi di una società libera:‭ ‬le scuole,‭ ‬le università,‭ ‬la cultura e tutti i luoghi della sua creazione. Oggi,‭ ‬secondo l'implacabile totalitarismo del profitto,‭ ‬l'unica libertà che ci è concessa è quella di competere,‭ ‬come merci,‭ ‬nel mercato.‭ ‬Se, in tale orizzone liberticida, non siamo‭ “‬merce di valore‭”‬,‭ ‬siamo destinati a non contare nulla,‭ ‬o se non contiamo più,‭ ‬a svendere tutto quello che abbiamo conquistato con duri sacrifici,‭ ‬per continuare a sopravvivere.‭ ‬E la conseguenza di tutto ciò produce giovani ridotti sul lastrico di una avvilente e perdurante precarietà,‭ ‬lavoratori cinquantenni considerati‭ “‬rottamabili‭”‬,‭ ‬anziani impossibilitati a sopravvivere con pensioni non più adeguate al costo della vita,‭ ‬disabili privati dell'assegno di accompagnamento o del sostegno nelle scuole. I ragazzi della Resistenza sacrificarono la loro migliore gioventù perché si avesse uno Stato sociale migliore di quello che, nel suo aberrante razzismo e totalitarismo, il fascismo pur ebbe, non affrontarono il martirio per vederlo abrogare del tutto,‭ ‬non per stare addirittura peggio‭, per scardinare il sistema pensionistico e le tutele dei lavoratori! Se si è lottato duramente un tempo,‭ ‬a maggior ragione,‭ ‬dobbiamo lottare efficacemente e ancor di più oggi,‭ ‬con con‭ ‬tutti i mezzi che abbiamo,‭ ‬soprattutto quelli della comunicazione,‭ ‬della formazione e dell'impegno politico. Affinché la nostra libertà,‭ ‬la nostra dignità umana non venga più delegata o svenduta ai plutocrati (che per altro non esitano a dichiarare apertamente di riconoscersi nel duce del fascismo) i quali,‭ ‬nel loro monopolio,‭ ‬la crocifiggono prima sulle antenne sopra i tetti,‭ ‬e l'appiattiscono poi su quegli schermi che equivalgono alla parete di una caverna in cui si resta servi,‭ ‬destinati a confondere le ombre con la realtà, grigi ed inconsistenti, esattamente come le ombre. Ecco,‭ ‬io spero oggi di avere un poco contribuito a segnare il sentiero che porta fuori da quella caverna,‭ anima e corpo, ‬magari ancora in montagna,‭ ‬come nuovi e non meno agguerriti patrioti,‭ ‬alla luce di un sole che,‭ ‬da sempre,‭ ‬è quello del nostro migliore avvenire e..ne sono convinto, vinceremo!

‭ ‬Grazie
C.F.


Dedicato in particolare a tutti i partigiani patrioti delle Marche e dell'Italia, di un tempo, di oggi e di domani.

domenica 28 agosto 2011

"Stringiamoci a corte, siam pronti alla morte; Italia chiamò!"


di Carlo Felici

Nella storia d'Italia, dal dopoguerra in poi, non c'era mai stato un governo di destra che stesse al potere così a lungo. In pratica, quasi dieci anni senza interruzione, se non consideriamo la breve parentesi del governo Prodi bis, che sicuramente non ha saputo interrompere la continuità di una tendenza rovinosa soprattutto per l'assetto civile e culturale del nostro Paese.

Mai era capitato che un ministro dell'Economia deridesse quel mondo della cultura che dovrebbe essere uno dei settori trainanti per le nostre finanze pubbliche, dato che possediamo circa un terzo del patrimonio artistico mondiale (e che purtroppo lasciamo in gran parte abbandonato al saccheggio), al punto tale da affermare senza ritegno che «la cultura non dà da mangiare». Come se non si sapesse che in un Paese moderno ed avanzato proprio questo settore è destinato non solo a fornire una gran quantità di posti di lavoro, ma anche ad assicurare un futuro alle nuove generazioni, mediante una adeguata formazione.

I governi di destra ed il berlusconismo imperante hanno invece tagliato risorse preziose al mondo della cultura, riducendo le sovvenzioni agli enti locali che promuovono inziative culturali, colpendo inesorabilmente la scuola pubblica e privandola di preziose risorse, e, al contempo, sovvenzionando quella privata e confessionale.

L'obiettivo di rendere l'Italia simile ad una sorta di repubblica delle banane sul modello di certi stati del terzo mondo, in cui una classe dirigente corrotta obbedisce alle direttive dei grandi centri strategici sul piano militare e dominanti su quello economico è stato quasi raggiunto. La guerra in Libia ha ampiamente dimostrato che la nostra sovranità ed i nostri interessi nazionali sono stati, di fatto, annullati, come mai era successo, non dico dal dopoguerra, ma dalla stessa nascita dell'Italia come Stato unitario. Tanto è che qualcuno, come rimedio, si appresta già a configurare una secessione e, paradosso tra i paradossi, nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia, propone di dividerla di nuovo, mettendo, dagli scranni governativi, su di essa il timbro con la scritta: «fine».

Per portare a termine questa opera infame, manca solo di annullare i simboli fondanti della nostra Repubblica, le ricorrenze che, più di tutte, ci ricordano come essa è nata, e quali regole si è data per assicurare un futuro alle nuove generazioni.

Cancellare le festività del 25 Aprile e del 2 Giugno è consequenziale e direttamente collegabile alla abrogazione del 1 Maggio, proprio perché la nostra Costituzione, nata dalla lotta di Liberazione e dalla Resistenza, ci ricorda costantemente che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro e sui lavoratori che ne hanno diritto. E' questa una sorta di «trinità laica» che ha garantito per decenni la vitalità di tante lotte tra i lavoratori italiani, per la conquista di diritti essenziali e per tutelare la libertà dagli attacchi del rigurgito neo fascista e del terrorismo.

Far saltare queste fondamenta, vuol dire spargere sale sul significato stesso della democrazia italiana.

E' necessario reagire con fermezza, mobilitando tutte le forze della cultura, del lavoro, del sindacato ancora libero dai diktat padronali, tutta la società civile che ancora non si rassegna ad essere messa in ombra e ridotta a «servitù di casta», per difendere a tutti i costi questi simboli della nostra democrazia, della Repubblica Laica e del Lavoro come strumento di civiltà.

Da tempo vado sostenendo che la plutocrazia corrotta imperante è, sotto vari aspetti, anche peggio del fascismo, sebbene non si sia imposta a suon di manganellate, ma con un rigido controllo degli strumenti di comunicazione e mediatici, perché questa forma di subdolo dominio si impone in primo luogo nelle coscienze, impedendo l'uso degli strumenti essenziali per riconoscere il valore della libertà e della responsabilità, come la scuola pubblica. Essa annienta il passato e riduce tutto a «consumismo presente». Trasforma le persone in servi obbedienti ed incapaci di riconoscere un destino diverso da quello della servitù a cui si vuole vengano destinati dalla nascita, li «emancipa» soltanto per integrarli nel suo sistema imperialistico di vassallaggio, controllandoli come «vassalli», «valvassini» e «valvassori» a seconda del «beneficio» economico che riconosce loro, ed in cambio del grado di obbedienza che essi sono in grado di assicurare, annulla i simboli dello Stato e il significato stesso di Patria e della dignità e sovranità popolare e nazionale

Far parte quindi del «gruppo» dei «vassalli» di sinistra non è molto diverso dall'apprtenere a quello dei «vassalli di destra», anzi, può essere, di fatto, persino peggio.

Chiamarsi democratici senza lottare strenuamente per impedire che vengano rimosse con un colpo solo le fondamenta stesse della nostra democrazia è persino più rovinoso, anacronistico e irridente che avere palesemente una fisionomia, di nome e di fatto, neoliberista.

Se dunque il Partito Democratico, che rappresenta oggi gran parte dell'opposizione parlamentare esistente in Italia, consentisse questa sciagurata manovra e la rimozione delle festività fondanti della nostra civiltà, sovranità e democrazia, non sarebbe affatto più degno di chiamarsi democratico, il suo stesso nome non sarebbe altro che una truffa e una derisione dei suoi elettori.

Noi lanciamo quindi una grande inziativa a livello nazionale affinché ci sia presto una mobilitazione in tutte le piazze e in tutte le città italiane per tutelare la democrazia, la Costituzione ed il mondo del lavoro in Italia, preservando e valorizzando le festività che ci ricordano ogni anno questi valori: il 25 Aprile, il 1 Maggio e il 2 Giugno.

Aderiamo, sottoscrivendola, alla petizione della CGIL e facciamo anche nostre le sue osservazioni: «il ricordo della Liberazione del nostro Paese da una dittatura feroce e sanguinaria; la celebrazione del Lavoro come strumento di dignità per milioni di donne e uomini che con la loro fatica ed intelligenza consentono al Paese di progredire; la celebrazione del passaggio alla Repubblica parlamentare”, sono “tappe fondamentali che non intendiamo consentire vengano cancellate”. Per altro, sottolinea ancora la segreteria CGIL, “mentre irrisorio è il beneficio economico che ne deriverebbe, i costi civili sul versante della memoria e dell’identità sarebbero, se la norma venisse confermata, di gran lunga maggiori. Inoltre, è sufficiente un confronto con altre situazione per vedere come l’Italia è un Paese che ha un numero contenuto di festività civili e come in altri Paesi le ricorrenze civili siano celebrate e custodite con attenzione”. Esortiamo tutti a firmare: http://www.cgil.it/petizione/default.aspx

Invitiamo tutti i partiti della sinistra a "stringersi a coorte", a partire da SEL dal PSI e dalla FED, e tutte le associazioni a promuovere uno sforzo unitario per impedire la cancellazione di queste festività laiche, a cominciare dalla Lega dei Socialisti e dal Network per il Socialismo Europeo

Auspichiamo che il Partito Democratico non rinunci alla sua stessa identità democratica consentendo la rimozione dei simboli su cui esso pure si fonda, e invitiamo anche il Presidente della Repubblica, supremo difensore dei valori della Costituzione, a non firmare in alcun modo il decreto di soppressione delle festività del 25 Aprile, del 1 Maggio e del 2 Giugno.

Sono i pilastri della nostra Patria, della nostra libertà e del nostro futuro, se cadranno non avremo alcuna rinascita né resurrezione, ma solo una spietata eutanasia morale, civile e politica. Di conseguenza non c'è alcuna alternativa:

Patria o morte!

Vinceremo!


lunedì 22 agosto 2011

Perché un ecosocialismo libertario

PERCHE' UN ECOSOCIALISMO LIBERTARIO

di Carlo Felici

Nella confusione e nella diaspora che tuttora affliggono il variegato mondo del socialismo italiano ritrovare alcuni punti fermi di indirizzo che possano essere utili a rilanciare una identità ed una prassi condivisa da tutti coloro che avversano il modello del pensiero unico e della globalizzazione del totaliarismo neoliberista, che si impone a suon di bombe e speculazioni finanziarie, è quanto mai utile e necessario.
Utile come strumento di consapevolezza, soprattutto per capire che le crisi finanziare globali rappresentano la frattura profonda di un artificio tutt'altro che inossidabile, che esse piovono inesorabili su interi stati e popoli, specialmente i più poveri ed emarginati, non come una pioggia acida senza rimedio, di fronte alla quale solo i privilegiati possono credere di aprire l'ombrello che li mette al riparo. Ma che esse sono un fenomeno tra i più terribili e rovinosi, messo in atto scientificamente da essere umani il cui unico fine è l'uso delle risorse umane e naturali per fini di profitto.
Necessario perché se un tempo il motto era «socialismo o barbarie», oggi, debitamente aggiornato, con le attuali sfide che mettono a serio rischio la sopravvivenza di intere specie viventi sul pianeta, dovute ad un modello di sviluppo che ignora l'equilibrio tra le relazioni umane e quello tra noi e la natura, esso diventa necessariamente «ecosocialismo o suicidio globale».
L'Ecosocialismo accoglie pienamente questa nuova sfida del terzo millennio ed offre una via d'uscita al modello neoliberista imperante con la sua proposta di democrazia partecipativa e in equilibrio con la natura. Non è un modello utopistico
Come scrive il teologo e filosofo Leonardo Boff, infatti, «Tra molti progetti esistenti in America Latina come l’economia solidale, l’agricoltura organica familiare, le sinergie alternative pulite, la Via Campesina, il Movimento Zapatista e altri, vogliamo metterne in evidenza due per il rilievo universale che rappresentano: il primo è il «Ben Vivere», il secondo la «Democrazia Comunitaria e della Terra», come espressione di un nuovo tipo di socialismo...La democrazia sarà dunque socio-terrena-planetaria, la democrazia della Terra. C’è gente che dice: tutto questo è utopia. E di fatto lo è, ma si tratta di una utopia necessaria. Quando avremo superato la crisi della Terra (se poi la supereremo), il cammino dell’umanità potrebbe essere questo: globalmente ci organizzeremo intorno al “Ben Vivere”, a una “Democrazia della Terra”, alla biocivilizzazione (Sachs). Già esistono segnali anticipatori di questo futuro.»
La prospettiva dell'Ecosocialismo del XXI secolo è configurata anche nel manifesto di Michael Lowy e Joel Kovel, in cui viene rilevato, tra l'altro che «se affermiamo che il capitale è radicalmente insostenibile e si frammenta nelle barbarie appena descritte, allora affermiamo anche che è necessario costruire un socialismo capace di superare le crisi che il capitale ha provocato nel tempo. E anche se i socialismi del passato non sono riusciti a farlo, se scegliamo di non sottometterci ad un destino barbaro, allora abbiamo l’obbligo di lottare per un altro socialismo che sia capace di vincere. Allo stesso modo in cui la barbarie è cambiata in modo da rispecchiare il secolo trascorso dal momento che Luxemburg ha espresso la sua speranzosa alternativa, il nome e la realtà del socialismo devono essere quelli che richiede il nostro tempo.
Per questi motivi chiamiamo ecosocialismo una nostra interpretazione del socialismo e abbiamo deciso di dedicarci alla sua realizzazione. Vediamo l’ecosocialismo non come la negazione, ma come la realizzazione dei socialismi del primo periodo del XX secolo, nel contesto della crisi ecologica. Come quei socialismi, il nuovo si costruisce a partire dalla percezione del capitale come lavoro oggettivato e si fonda sul libero sviluppo di tutti i lavoratori o, per dirlo in altre parole, sulla fine della separazione dei lavoratori dai mezzi di produzione.»
Non possiamo più dunque considerare che possano esistere degli aggregati politici basati sulla separazione di concetti ormai talmente interdipendenti da non sussitere affatto nella loro singola consistenza specifica, se ancora considerati separatamente tra loro come socialismo, democrazia ed ecologia.
Non hanno più senso conseguentemente partiti che siano «democratici», «socialisti» o «ecologisti», separatemente, e non ne hanno in particolare, ancor di più, se non sono capaci di interagire per creare insieme delle valide alternative politiche ai modelli imperanti.
Non parliamo poi del fatto che alcuni sopravvivono usando tali «attributi» solo come mascheramento di interessi localisti, clientelari e mirati solo al controllo del territorio per fini personalistici o di mantenimento del potere di casta.
L'affermazione di un sostanziale dominio di modelli plutocratici e monopolisti è dovuto proprio in gran parte a tale fattore: si usa il profitto e la speculazione finanziaria per sovvenzionare modelli di governo che non trovano davanti a loro stessi valide alternative.
E queste ultime non vengono messe in atto perché in quella che dovrebbe risultare una opposizione credibile e attivamente impegnata a creare alternative popolari, regna sovrano il diktat del «divide et impera», spesso suffragato da una sorta di «prostituzione» con cui i cosiddetti oppositori si lasciano comprare, pur di restare divisi, inefficaci e collaterali ad un intero sistema di sfruttamento e di smantellamento dei diritti essenziali dei cittadini, i quali, spesso, sono indotti a svolgere solo un ruolo di sudditi impotenti e, quando votano, attribuiscono, nella maggior parte dei casi, il loro consenso ad un leader o ad un «contenitore partitico vuoto», privo cioè di progettualità ed efficacia.
l'Ecosocialismo richiede dunque, a tal fine, una coscienza avanzata, una capacità di attenzione ai fenomeni in atto, con strumenti adeguati di controinformazione ed una forza di mobilitazione che non sia condizionata e veicolata dalle forze politiche, sindacali ed economiche dominanti, in particolare da quegli strumenti mediatici che sono al servizio del sistema imperante.
La cultura libertaria è stata lungamente attiva nella prima metà del secolo scorso, come ricorda bene Robin Hahnel: "All'inizio del XX secolo, il socialismo libertario era una forza potente tanto quanto la socialdemocrazia e il comunismo". L'Internazionale libertaria - fondata con il Congresso di Saint Imier qualche giorno dopo la rottura tra marxisti e libertari al Congresso dell'Internazionale Socialista dell'Aia nel 1872 - si batté con successo per più di cinquant'anni contro social-democratici e comunisti al fine di conquistare la fedeltà degli attivisti anticapitalisti, dei rivoluzionari, dei lavoratori e dei membri di sindacati e partiti politici. I socialisti libertari ebbero un ruolo cruciale nel corso della Rivoluzione messicana del 1911. Venti anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, i socialisti libertari erano ancora sufficientemente forti da ritrovarsi alla testa di quella che sarà la rivoluzione anticapitalistica di maggior successo che le economie industriali abbiano mai conosciuto, la Rivoluzione sociale che scosse la Spagna repubblicana nel 1936-1937."
Essa purtroppo è stata in seguito fortemente messa in crisi dall'avvento dei totalitarismi, prima politici e poi economici, che, dopo averne fatto il loro bersaglio privilegiato, si sono affermati e combattuti nelle loro convulsioni distruttive, durante la seconda metà del Novecento, sia con armi potentissime sia con politiche neocoloniali e regimi imperialistici di vasta portata e che ancora sono messi in atto mediante il modello totalitario della globalizzazione a fini di profitto.
Oggi, però, tale orientamento va molto al di là di queste radici, e, grazie al particolare valore che esso attribuisce alla libertà e alla consapevolezza umana, non intesa genericamente in senso collettivo, ma a partire da ciascuna libera coscienza individuale, si rivolge validamente a tutti coloro che vogliono efficacemente lottare contro tutti i condizionamenti di carattere culturale, materiale ed economico (povertà, indigenza, emarginazione) che ostacolano sia la giustizia sociale che la libertà di ciascuno.
Un grande autore libertario come Berneri asseriva che «la libertà umana è capacità di sorpassare ostacoli, interni od esterni, e di crearsi.» Non vi è dunque un assioma ideologico alla base di un impegno ecosocialista libertario, ma semplicemente la creatività di un percorso e la capacità di scoprire in esso un'etica di condivisione non soltanto del bisogno e delle prospettive di sviluppo umano, ma anche di orizzonti e di rapporti con l'ambiente naturale, e con la biodiversità che, non l'uomo in se stesso, ma l'attuale modello di pseudo civiltà umana imperante minaccia con spietata volontà distruttiva.
Diceva un grande studioso libertario della terra come Jacques Élisée Reclus, già agli albori dello sviluppo industriale, che i fenomeni che osserviamo nella natura non vanno considerati isolatamente, ma nelle loro imprescindibili relazioni: «studiare a parte e in modo dettagliato l'azione particolare di questo o quell'elemento dell'ambiente: freddo o caldo, montagna o pianura, steppa o foresta, fiume o mare in una determinata tribù; ma è attraverso uno sforzo di pura astrazione che ci si ingegna a presentare questo particolare dell'ambiente come se esistesse in maniera distinta e che si cerca di isolarlo da tutti gli altri per studiarne l'influenza essenziale. Persino laddove quest'influenza si manifesta in modo assolutamente preponderante nei destini materiali e morali di una società umana, essa si frammischia ad una congerie di altri stimoli concomitanti o contrari nei loro effetti. L'ambiente è sempre infinitamente complesso e l'uomo è di conseguenza sollecitato da migliaia di forze diverse che si muovono in tutti i sensi, sommandosi le une alle altre, alcune direttamente, altre seguendo angoli più o meno obliqui, oppure contrastando reciprocamente la loro azione". L'uomo non è che una parte organica di un sistema complesso e variamente articolato da cui non può prescindere e in cui non può in alcun modo pretendere di imporsi.
Egli ci ricorda che stessa lotta tra le classi, che egli testimoniò partecipando alla Comune di Parigi, non è altro che «la ricerca dell'equilibrio».
Tale lotta oggi è globale per riequilibrare il mondo, e va dunque affrontata con strumenti culturali, economici e sociali globalmente avanzati.

Con questa consapevolezza ci rivolgiamo fiduciosi a tutti coloro che vorranno annaffiare questo grano di senape affinché diventi albero frondoso per restituire ossigeno alla terra, frutti e frescura all'umanità e rifugio sicuro per gli uccelli di un cielo più limpido e trasparente.


C.F.

sabato 20 agosto 2011

La prospettiva verso cui muoversi: il socialismo del XXI secolo.

La prospettiva verso cui muoversi:
il Socialismo del XXI secolo !
di Paolo Ferrero
(da Liberazione del 20 agosto 2011)

Non c’è stato nessun rimbalzo. Ieri le borse non hanno recuperato il tonfo del giorno precedente. Si può fare una lunga disamina delle cause che hanno portato a questo: gli speculatori hanno paura della tobin Tax; visto che i titoli sintetici sono dei mostri ingestibili, che possono nascondere perdite enormi, i più furbi stanno togliendo le mani dalla tagliola e mettendo al sicuro il malloppo: oro e titoli di stato americani; il fatto che le economie sono rientrate in recessione e quindi ci si aspetta un periodo di vacche magre; molti titoli sono sopravvalutati e quindi la bolla speculativa si sta sgonfiando, ecc.

Si può fare un lungo elenco dei motivi del disastro attuale - e i giornali lo fanno con dovizia di particolari - ma il risultato non cambia: dopo tre anni di crisi e 15.000 miliardi di dollari sprecati dagli stati per salvare le banche private, siamo punto e a capo in piena recessione. Non solo, gli stati si sono indebitati per salvare le banche e poi gli stessi finanzieri hanno abbondantemente speculato sui debiti sovrani, fregando altri soldi agli stati (pardon, ai cittadini) come stiamo verificato di persona. Oltre al danno la beffa.
Non solo, come medici ubriachi gli esponenti dei poteri forti che siedono a capo dei governi - in particolare quelli europei - stanno continuando a dare al malato la medicina che l’ha portato in coma: tagli delle spese sociali e pareggio di bilancio inserito in Costituzione. Così la recessione è assicurata. La Merkel è stata così solerte a chiedere ed ottenere il taglio delle spese e il conseguente massacro sociale nei vari paesi europei che è riuscita nella mirabolante impresa di mandare la Germania in recessione: dove diavolo le vende le merci l’azienda tedesca se in Europa nessuno ha più i soldi per comprare? Il mitico Marchionne, che il Ministro Sacconi vuole trasformare nel patrono d’Italia, dopo aver usato a piene mani la speculazione nel far crescere il titolo di una azienda dedita non alla produzione di automobili ma alla distruzione dei diritti dei lavoratori e dei contratti nazionali di lavoro, si ritrova adesso con un pugno di mosche.

Il fatto che nessuno dei nostri governanti vuole ammettere - e con loro nessun manager e nessun commentatore economico o politico - è uno e uno solo: si chiama fallimento del capitalismo. E’ il capitalismo neoliberista che ha fallito e il moribondo non è in grado di riprendersi. Non solo: continuando a somministrare la medicina neoliberista, il malato sta sempre peggio, mentre vengono demolite le fondamenta del vivere civile.
Se il problema fosse un fatto privato degli speculatori e dei manager potremmo far finta di nulla. Invece questi delinquenti stanno applicando le loro assurde ricette ideologiche sulla nostra pelle, sulla pelle di milioni e milioni di persone.
E così, i loro esperimenti portano le persone a non avere i servizi sociali, a doversi pagare le cure mediche, a non trovare un lavoro; la società si ripiega su se stessa, nella paura e nell’insicurezza. Per questo diciamo chiaramente che il problema si chiama capitalismo e che occorre cambiare cura: occorrono misure di tipo Socialista a partire dalla ripresa della piena sovranità degli stati sulla moneta e sulla finanza.
Il bivio è chiaro dinnanzi a noi: o gli stati sottomettono la moneta ed esercitano democraticamente la propria sovranità sul denaro demolendo i potentati finanziari costruiti in questi anni, oppure la finanza distruggerà le condizioni di vita sul pianeta producendo un pesante regresso della civiltà umana. Questo è il punto. Anche perché i poteri forti stanno portando allo sfacelo la società ma continuano ad avere il potere di farlo. Hanno i soldi per comprasi tutto: dalle università ai mezzi di comunicazione, al complesso degli operatori che concorrono a formare la pubblica opinione. Hanno i soldi per sfidare e piegare gli stati. O gli stati mettono la mordacchia al capitale finanziario o questo demolirà la società, realizzando l’utopia reazionaria della Thatcher che sosteneva per l’appunto che la società, semplicemente «non esiste».
Per questo, va bene parlare di eurobond, di Tobin tax e così via. Rischiano però, oramai, di essere misure largamente insufficienti. Per rimanere alla metafora medica, non basta un’aspirina quando il problema è il cancro. E’ necessario fare un salto di qualità, rapido e radicale. Occorre cambiare radicalmente il ruolo della Bce, sottoponendola al potere politico e obbligandola a battere moneta per finanziare la riconversione ambientale e sociale dell’economia e la piena occupazione. Occorre nazionalizzare le grandi banche e decidere democraticamente la gestione degli investimenti. Occorre rovesciare il trattamento fiscale del lavoro e della finanza: poche tasse sul lavoro e moltissime sulla finanza e sulle grandi ricchezze, a partire dalla patrimoniale.

Le nostre proposte concrete e praticabili, a partire dalla patrimoniale, che dobbiamo fare per rendere tangibile e non fumosa la nostra proposta, debbono quindi avere questo respiro e questa portata: il capitalismo neoliberista è fallito, si tratta di impedirgli di continuare a fare danni e indicare con chiarezza la prospettiva verso cui muoversi:

Il Socialismo del XXI secolo !!!


sabato 13 agosto 2011

Lega dei Socialisti: Governo di unità nazionale? Mai subalterno all’economia !

Lega dei Socialisti: Governo di unità nazionale?
Mai subalterno all’economia !



«L'economia mette "sotto tutela" gli stati nazionali. I cittadini sono costretti a colmare i vuoti di bilancio degli stati che a loro volta sono "strumenti" attraverso i quali l'economia globale cerca di limitare i danni. Gli assenti, in questo schema, sono i partiti politici della sinistra, italiana ed europea, che, incapaci di coordinarsi e di produrre un progetto comune, si illudono di poter "cavalcare la tigre" senza venire azzannati, spacciando per proposta politica una serie di placebo che danneggiano i più deboli e non incidono minimamente sui danni creati dalla finanza.

Sul tema interviene "Franco Bartolomei", Segretario Nazionale della Lega dei Socialisti e membro della direzione nazionale del PSI: "la sinistra ufficiale si illude, a questo punto non so più quanto in buona fede, di poter cavalcare questo attacco alimentando una promessa di maggiore affidabilità, sperando in tal modo di supplire alla propria incapacità di costruire un consenso maggioritario nel paese attorno ad una propria autonoma proposta alternativa di modello di sviluppo." All'interno di questo scenario, prosegue Bartolomei, "non giunge alcun significativo segnale diretto a riunificare le forze socialiste di ognuno dei singoli paesi della UE attorno ad un concreto programma di ristrutturazione democratica della costruzione europea, che porti ad invertire in modo deciso, in favore della sovranità democratica liberamente espressa dalle popolazioni d'Europa, l'attuale rapporto di assoluta subalternità esistente tra le classi politiche e le tecno strutture finanziarie che a livello mondiale e continentale orientano in modo assolutamente vincolante le scelte dei governi".

Oggi è fin troppo evidente che le scelte economiche imposte ai governi nazionali hanno una sola finalità, che è quella di far ingoiare, per amore o per forza, il prezzo del riequilibrio del sistema ai ceti medio bassi. Gli stati non correggono più i mercati, si limitano a dire "si". La sinistra non impone la difesa dei deboli nè l'intervento dello stato per far assumere a chi è responsabile di queste sciagure la propria responsabilità. Anche la sinistra si limita a dire "si". All'interno di questo sistema malato, la Lega dei Socialisti vuole agire da anticorpo, "cercando di costruire una rete di alleanze politiche con tutte le forze ed i movimenti interessati a riprendere le fila di un ragionamento critico sulle scelte di politica economica e sociale".

A chi invoca un governo di responsabilità nazionale per far fronte al momento drammatico che il paese attraversa, Bartolomei risponde "L'ipotesi di un Governo di unità nazionale può essere avanzata dalla sinistra esclusivamente allo scopo di costruire un esecutivo di largo consenso che sia in grado di resistere alle richieste di compressione dello Stato Sociale e di sterilizzazione della sovranità nazionale proveniente dalle autorità finanziarie sovranazionali. Un governo in grado di riuscire ad attivare, sulla base di una diversa progettualità, meccanismi di crescita fuori dai dettami e dalle strettoie liberiste e monetariste indicate dagli organismi finanziari internazionali".
Un esecutivo, quindi, che sia realmente in grado di operare scelte a favore del paese e dei cittadini, che non mascheri una reale subalternità al mondo economico con semplici slogan, parole d'irdine e "cerotti" vari ma che invece reclami nei fatti, con forza e determinazione, la sua indipendenza. Un governo, infine, che non sia la prosecuzione, a sinistra, del modus operandi e dell'essenza del berlusconismo.
"In nessun caso", conclude Franco Bartolomei "può essere proposta una soluzione di unità nazionale al solo scopo di costruire un quadro politico nuovo in cui viene avviata una progressiva sostituzione del centro-destra sul terreno di una maggiore affidabilità garantita al sistema finanziario mondiale da parte di una nuova classe dirigente, espressione della sinistra ufficiale."

A queste condizioni ben venga un governo di unità nazionale...

Lega Nazionale dei Socialisti

domenica 7 agosto 2011

Camila mette in crisi il governo cileno

Camila mette in crisi il governo cileno


Dicono sia molto riservata, soprattutto per quel che riguarda la vita privata. Tranquilla e riflessiva. Dicono anche che negli ultimi mesi sia diventata più audace. Coraggiosa e determinata. Sono i tratti distintivi del carattere di Camila Vallejo. Questo nome non vi dirà niente. Ma Camila, 23 anni e studentessa di Geografia, in Cile è una star. Un po’ per le sue idee politiche che stanno mettendo in crisi il governo del Paese, un po’ perché è davvero bella. Lunghi capelli scuri. Occhi verdi tendente all’azzurro. Un piercing al naso. E ogni volta che i media (nazionali e non) le fanno notare la sua bellezza, lei risponde: “Non ho scelto io il mio aspetto fisico, ho scelto però le mie battaglie”.

La prima su tutte riguarda il sistema scolastico pubblico. Camila è il presidente del Fech, Federazione degli studenti dell’università del Cile. La seconda donna in 106 anni di storia. È stata eletta nel 2010, superando anche il leader Giorgio Jackson che le riconosce “una marcia in più”. Il punto è che Camila da quattro mesi sta guidando la protesta nel Paese. Migliaia di studenti in piazza. Centinaia di istituti occupati. Poi flash mob, carri allegorici e iniziative colorate. Come una corsa a staffetta di 1800 ore intorno al Palazzo del governo. Il dissenso è stato contagioso. E alla fine Camila ha portato in piazza per ben tre volte 200mila persone. Non solo studenti (compresi quelli delle scuole private) in marcia anche famiglie, anziani e cittadini. Tutti a chiedere un’istruzione più equa. E soprattutto meno dispendiosa: basti pensare che per andare all’università pubblica servono quasi mille euro al mese. Una spesa insostenibile per molti che si indebitano per decenni.

Insomma Camila vuole riformare il sistema in vigore dalla dittatura. E i cileni, restii alle proteste di massa, questa volta sono d’accordo, o almeno l’81 per cento di loro. Il governo che spende l’0,84 per cento del Pil (ben al di sotto delle media mondiale) nell’istruzione sembra non voler ascoltare. Ha proposto una riforma che prevede un aumento dei fondi, ma loro hanno rifiutato. Vogliono cambiare. E così la popolarità del presidente Sebastián Piñera è scesa dal 70 per cento, quando salvò i minatori dal pozzo, al 35. I media cileni ne attribuiscono la causa anche alla protesta degli studenti.
E Camila viene intervistata di continuo. Spiega con freddezza le ragioni degli studenti, snocciola dati. Non perde la calma nemmeno quando in un confronto televisivo, politici navigati fanno della suo aspetto un punto debole. “Sei tanto intelligente. Ma dovresti essere un po’ meno bella perché a questo modo capita che uno si distrae e non ascolta”. Sarà. Ma intanto “Compagna Camila” (di formazione socialista, come i suoi genitori), va dritta per la sua strada. Vuole vincere la battaglia per una scuola “più equa” e regolarizzare “la giungla delle private”. Per poi “continuare nella politica, nel partito”. E dalla sua ha migliaia di persone che la seguono. Oltre 20mila fan sulla sua pagina Facebook. Centinaia di commenti sui video, decine di “innamorati”. E c’è chi le ha dedicato pure una canzone.

Una sovraesposizione mediatica che in Italia a nessun giovane è concessa. È una mancanza di idee? O un problema del sistema?


martedì 28 giugno 2011

Per una nuova sinistra

Per una nuova sinistra
di Franco Bartolomei

La Lega dei Socialisti vuole essere un soggetto strutturato a livello nazionale, organizzato sulla base di leghe regionali e cittadine, che ha il compito di sviluppare l'azione di promozione politica e culturale necessaria ad aggregare tutti i socialisti, attualmente dispersi in diverse forze della sinistra (PSI, SEL, PD, indipendenti, senza partito, associazioni sul territorio, IdV, se ci sono, nella FeD ), che condividono l'idea di superare la pretesa di autosufficienza del socialismo italiano, per rifondare la sinistra attraverso la costruzione di una nuova forza socialista e democratica che abbia come cardini di riferimento i seguenti punti:

  1. La ricostruzione nella sinistra di una prassi politica fondata sulla rappresentanza democratica degli interessi reali dei cittadini come vincolo ineludibile della propria legittimazione sostanziale, e su una interpretazione critica dei processi sociali , economici, e culturali in atto, necessaria a definire un nuovo progetto programmatico che traduca in proposta politica concreta una visione alternativa dello sviluppo economico e dei suoi nuovi modelli culturali e sociali di riferimento. Che renda concreto a partire dalla nostra realtà nazionale un processo ineludibile di rifondazione a sinistra di tutto il socialismo democratico europeo.
  2. La necessità di tradurre, quindi, in un progetto politico conseguente, la constatazione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e possa quindi rendere possibile il superamento definitivo di quella egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche, attorno a cui l'Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi, sul cui altare, nella fase storica trascorsa, la socialdemocrazia europea e l'Ulivo italiano, di cui il PDS-DS-PD rappresenta la forza chiave, ha purtroppo, per acquiescenza, sostanziale logorato la propria credibilità.
  3. La convinzione che la sinistra italiana debba quindi necessariamente ripensare la propria impostazione culturale e programmatica rispetto alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo a livello globale, recuperando appieno una concezione del riformismo socialista fondata sulla affermazione della superiorità del momento della decisione politica rispetto alla centralità degli interessi del mercato, nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, ed in grado di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
  4. L'idea che il superamento della autosufficienza del socialismo italiano passi conseguentemente attraverso una ristrutturazione di tutta la sinistra, in cui il pensiero e l'esperienza storica, culturale , e politica socialista assumano in termini unitari una nuova centralità a sinistra, essendo evidente che la straordinarietà della crisi implica il superamento della distinzione tra coloro che provengono dalle file del socialismo europeo e chi si è finora riconosciuto in esperienze politiche nominalmente più radicali, ed abbia come fine la sostituzione del PD come forza centrale di riferimento della sinistra italiana, o la sua trasformazione in un soggetto politico assolutamente nuovo che possa consentire alla sinistra di recuperare la propria piena autonomia politica, fuori dai condizionamenti e dalle necessità di legittimazione esterna da parte di forza estranee alla sua area sociale di riferimento.

Da queste premesse politiche discende logicamente che l'area di riferimento dell'azione della Lega dei Socialista è costituita dal PSI, da SEL, dalla FeD, dai movimenti spontanei sui temi dell'ambiente , della legalità ,e dei diritti civili e sociali, ed anche evidentemente da quelle aree che nel PD intendono modificare in profondità gli assetti e le impostazioni di quel soggetto politico.

Il recupero della diaspora socialista all'interno di un progetto politico di questa natura diviene evidentemente un nostro compito primario.

Franco Bartolomei

segretario nazionale Lega dei Socialisti


Comunicato della Lega dei Socialisti

L'assemblea costituente della Lega dei Socialisti nazionale, svoltasi sabato 25 giugno 2011 a Roma, in una sezione storica del PSI del quartiere San Saba, nel ribadire l'impegno per la costruzione di una nuova, grande, forza della sinistra, plurale, socialista ed ecologista, che si faccia carico di dare risposta alla pressante richiesta di unità delle classi subalterne interpretando l'esigenza di un nuovo ordinamento politico, socio-economico ed ecologico, alla luce del fallimento del neoliberismo, ha eletto i propri riferimenti nazionali che risultano così composti:

Presidente - Pier Luigi Camagni (Lega dei Socialisti Lombardia)

Segretario - Franco Bartolomei (Leghe dei Socialisti Roma)

Vice Segretario - Augusto Da Rin (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Direttivo Nazionale

Adriano Bartolucci Proietti (Leghe dei Socialisti Roma)

Michele Bertaggia (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Giorgio Brero (Lega dei Socialisti Liguria)

Adrea Buonajuto (Lega dei Socialisti Napoli)

Nadia Butini (Lega dei Socialisti Novara)

Carmen Centrone (Lega dei Socialisti Puglia)

Desiree Cocchi (Leghe dei Socialisti Roma)

Antonio Di Pasquale (Lega dei Socialisti Abruzzo)

Stefano Ferrari (SocialismoeSinistra)

Norberto Fragiacomo (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Francesco Gismondi (Lega dei Socialisti Lombardia - Movimento RadicalSocialista)

Giuseppe Iacopini (Lega dei Socialisti Marche)

Giacomo La Commare (Lega dei Socialisti Emilia Romagna)

Vito Lattarulo (Lega dei Socialisti Puglia)

Lucio Lo Faro (Leghe dei Socialisti Roma)

Franco Maltinti (Lega dei Socialisti)

Manfredi Mangano (Lega dei Socialisti Marche)

Carmelo Nucera (Lega dei Socialisti Calabria)

Anna Maria Pagano (Lega dei Socialisti Liguria)

Manuel Santoro (Libertà ed Eguaglianza)

Paolo Trovato (Lega dei Socialisti Nord-Est)

Raffaele Vilonna (Lega dei Socialisti Lombardia)

Francesco Virgilii (Lega dei Socialisti Abruzzo - A.N.CO.DA.S)

Nell’ambito del Direttivo nazionale, la compagna Desiree Cocchi è stata nominata Tesoriere, mentre al compagno Mario Michele Pascale è stato affidato il compito della creazione di un ufficio stampa e la responsabilità della WebTV.

Il compagno Michele Ferro, storico riferimento del socialismo romano, è stato acclamato Presidente onorario.

L’assemblea, dopo un ampio e costruttivo dibattito, oltre ad eleggere, su proposta della commissione politica, gli organismi così come indicato, ha approvato all’unanimità l’integrazione dello statuto, già votato nell’assemblea dello scorso ottobre, con l’art. 6 che prevede una ampia autonomia politica delle Leghe territoriali per le decisioni riguardanti gli ambiti locali.

Nel dibattito, che ha visto numerosi interventi, tra gli altri, quelli dei compagni Fragiacomo, Maltinti, Nucera, Butini, Vilonna, Ferro, Brero, ecc., quelli dei compagni Manuel Santoro, dell’associazione Libertà ed Eguaglianza, che ha aderito alla Lega dei Socialisti, il saluto del compagno Francesco Gismondi, aderente alla Lega dei Socialisti Lombardia e referente lombardo del Movimento RadicalSocialista, e quello del compagno Francesco Virgilii, presidente nazionale dell’A.N.CO.DA.S. (Associazione Nazionale Contro il Danno Sociale, associazione tra le promotrici della protesta del 16 u.s. contro Equitalia) e membro della Direzione nazionale della Federcontribuenti.

Presidente e Segretario si sono impegnati, nell’ambito del processo politico indicato, ad avviare a breve consultazioni nazionali con partiti e movimenti della sinistra, a cominciare dai rapporti mai interrotti con Sinistra Ecologia e Libertà e con i compagni della Federazione della Sinistra.

Nell’ambito del mondo socialista, l’assemblea ha dato mandato di avviare contatti con il Network per il Socialismo Europeo e con il Gruppo di Volpedo per trovare, pur nelle rispettive autonomie organizzative, momenti di incontro, elaborazione e proposta politica comuni.

Lega dei Socialisti



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