domenica 29 novembre 2009

*Resoconto della riunione dell'ATTIVO REGIONALE PSI con l'On.DI GIOIA: "Come riscaldare il freddo autunno socialista"*

"Come riscaldare il freddo autunno socialista"

di Ivo Costamagna*

Una "gelata" e' una gelata, inutile girarci intorno.

Ancona, 29/11/2009 - Ognuno puo' viverla come vuole, senso di liberazione oppure amarezza, ma l'abbandono repentino di una linea politica, con modalita' del tipo... "contrordine compagni, dimenticate Togliatti", e', comunque, una sconfitta.

Mi riferisco a Sinistra e Liberta' di cui si e' parlato ieri, Sabato 28/11, a Loreto, nella riunione dell'Attivo Regionale del PSI delle Marche che ha registrato un numero di presenze maggiori rispetto alle ultime riunioni ma, a mio avviso, ancora insufficenti per avere la massa critica necessaria per un appuntamento elettorale "solitario/identitario". Figuratevi poi se quel che ancora c'è si divide pure.

In compenso fa ben sperare un buon dibattito, appassionato e partecipato, concluso, poi, da par suo, dall'On. Di Gioia.

Occorre, innanzitutto, chiamare le cose con il loro nome: impegnare, nel Giugno scorso, sotto un simbolo, quello di Sinistra e Liberta', e su di una linea politica democraticamente decisa, tutto il corpo del Partito (meno alcuni perchè per affermare quel progetto abbiamo pure scontato la micro scissione di Bobo Craxi), militanti, candidati ed eletti (negli Enti Locali) e, dopo appena 5 mesi, "registrarne il naufragio" e' una sconfitta. Una sconfitta per tutti, favorevoli e contrari, perche' crea sbandamento, disillusione e ci priva di credibilità con interlocutori ed elettori.

Il progetto era difficile, perchè... uomini ed idee erano "difficili"? VERO ma lo sapevamo, Macerata (elezioni provinciali) docet!

La sconfitta piu' grande è quella che subisce Vendola perchè così rinuncia a diventare un leader riformista e socialista di livello nazionale e, per calcoli di potere pugliesi, come nel gioco dell'oca, torna, incredibilmente, alla "casella di partenza", giustizialista e rifondarolo? VERO ma dovevamo, in ogni modo, impedirlo.

SIC STANTIBUS REBUS... alle regionali... "si salvi chi puo'", poi... chi vivra' vedra'.

Prospettiva non esaltante ma ci si spiega che occorre "CORAGGIO E FANTASIA". Sono doti che al tormentato "popolo della diaspora socialista", in questi 15 anni, non sono mai mancate, altrimenti non sarebbe arrivato, sfinito, fin qui.

Oggi, però, è, appunto, "sfinito".

Il coraggio starebbe nel rialzare, per le regionali, la nostra bandiera più gloriosa, quella rossa del PSI. Per farlo occorre, però, mi permetto di aggiungere intervendo nel dibattito, RESPONSABILITA' ED UN PERCORSO CONDIVISO, TRASPARENTE E LEALE, PRIMA E DOPO LE ELEZIONI REGIONALI, CHE RIMOBILITI TUTTI COLORO CHE SI SENTONO SOCIALISTI NELLE MARCHE.

Questo per evitare, dividendoci, che la bandiera più gloriosa, il PSI, faccia la fine più... ingloriosa!

Ho proposto un "percorso" cercando di tener conto di... "tutto". Nell'autonomia concessa alle Regioni, nella politica delle alleanze, la stessa Segreteria Nazionale del Partito non esclude "Sinistra Ecologia Libertà".

Nelle Marche, allora, pur consci di tutte le difficoltà, spesso strumentali, frapposte da alcuni nostri "interlocutori" di SEL, OCCORRE RIPARTIRE DA LI.

Dobbiamo organizzare noi un incontro, presenti i compagni che in qualche modo in SEL ci hanno messo la faccia e, giustamente, non vogliono perderla, per fare un tentativo serio, BASATO SU DI UNA REALE PARI DIGNITA' POLITICA E PROGRAMMATICA TRA LE FORZE CHE L'HANNO PROMOSSA, per presentare una lista di SEL nella nostra regione, SUPERANDO OGNI PREGIUDIZIALE.

Verificato l'esito di questo incontro decideremo democraticamente, MA CON L'IMPEGNO MORALE DI RIMANERE TUTTI INSIEME, i passaggi successivi.

Un compagno, evidentemente non d'accordo, chiede, legittimamente di votare questa mia proposta. Il Segretario Regionale la fa, seppur tacitamente, propria impegnandosi in tale direzione.

L'Attivo si chiude cosi, sulla "parola". Non dobbiamo avere riserve mentali specie verso il compagno Seri e, soprattutto, non abbiamo margini per consentirci errori.

PROVIAMOCI, COMPAGNI, E PROVIAMOCI CON GENEROSITA' E SINCERA VOLONTA' UNITARIA. Avremo, comunque ci presenteremo, bisogno di compiere un piccolo... MIRACOLO LAICO!

Forse non a caso "ripartiamo" da LORETO......!

*Segretario Provinciale PSI Macerata - Esponente di Sinistra e Liberta'


Intervista a Nichi Vendola

“La gente è con me. Emiliano accetti le primarie”.

http://www.sinistraeliberta.eu/wp-content/themes/sel2010/images/nichi.jpg

Vendola : la gente è con me. D’Alema, anche 5 anni fa disse che non potevo vincere…


INTERVISTA di Riccardo Barenghi Roma – La Stampa pag 19 del 27/11/2009

Il Governatore della Puglia

“Vogliono candidare qualcuno contro di me? Prego si accomodino. A patto però che l’eventuale mio concorrente accetti le primarie. E vedremo chi ha più consenso”.

Nichi Vendola, Governatore della Puglia, non appare preoccupato di quel che sta accadendo nel Partito Democratico, con D’Alema che sta cercando di cambiare cavallo e mettere al suo posto l’attuale Sindaco di Bari Michele Emiliano. Per la semplice ragione che l’UDC, partito col quale il PD vuole allearsi, non accetta Vendola come candidato.

Il PD pugliese si riunirà domani per decidere chi candidare e pare che sceglieranno Emiliano e non lei. D’Alema in persona si sta spendendo molto per questa scelta e non a caso scenderà apposta in Puglia per partecipare alla riunione.

“ Ma qui siamo alla voci di corridoio, ai boatos di Transatlantico. Non c’è niente di pubblico, è tutto un si dice. A me nessuno ha ancora detto niente”.

Però ieri su La Stampa e sul Corriere è uscita la notizia che lo stesso D’Alema, proprio in Transatlantico, ha detto a Franco Giordano che il loro candidato sarà Emiliano e non lei. Anzi, più che detto, gliel’ha urlato in faccia…

“Me lo urlassero anche a me in faccia, allora. A D’Alema voglio solo ricordare che anche cinque anni fa lui diceva che io non avrei potuto vincere perché ci voleva un candidato più moderato, pure nel look : uno come me, comunista e con l’orecchino, come poteva pensare di sconfiggere la destra in una regione di destra. E invece l’ho sconfitta”.

Ora però c’è il problema di casini che non la vuole appoggiare. Lei ha capito perché?

“Veramente no, e devo dire che neanche lui è riuscito a spiegarmelo. E questo malgrado io abbia fatto di tutto per cercare un compromesso con l’UDC, anche scontando parecchi dissensi tra la mia gente. In ogni caso non posso che prenderne atto”.

Ne prende atto e che fa un passo indietro per aiutare il centro-sinistra a rivincere?

“Ma neanche per sogno, il popolo di centro sinistra in Puglia mi appoggia in modo direi tumultuoso. E mi appoggia perché abbiamo fatto scelte politiche giuste, basta farsi un giro nelle città o nel mondo del web per rendersene conto. E quel popolo, lo dico ai dirigenti del PD, è composto in gran parte di loro elettori”.

E dunque, Vendola, come se ne esce?

“Per me la strada è molto semplice, si fanno le primarie e chi vince si presenta agli elettori contro la destra”.

Primarie comunque, anche se il suo concorrente fosse Emiliano?

In tanto io non ci credo che lui voglia candidarsi contro di me mentre fino a ieri mi dimostrava entusiasmo per la mia candidatura, tanto da voler fare il coordinatore della mia futura campagna elettorale. Si trasformerebbe improvvisamente in un Giano bifronte: mi lascerebbe basito. In ogni caso, se poi decidesse di candidarsi, benissimo. Ma insisto: si presenti alle primarie. E anzi dico di più: se vincesse lui, per me sarebbe comunque una vittoria perché avrebbe vinto il popolo. Certo se invece vincessi io, la vittoria sarebbe doppia”

Non pensa che abbia pesato molto anche la vicenda giudiziaria che ha coinvolto esponenti della sua giunta?

Certo che ha pesato, ma qui voglio dire una cosa molto chiara. Da tempo, qualcuno sia a destra che a sinistra ha cercato di utilizzare la questione giudiziaria per farmi fuori. Non faccio nomi ma li definisco cecchini della politica. Purtroppo per loro non ci sono riusciti, hanno sparato a salve. Adesso poi siamo passati ad una sorta di accanimento terapeutico per convincermi a mollare, messaggi trasversali, interviste sui giornali, retroscena di ogni ordine e grado. La mia impressione è che il problema sia la politica che abbiamo messo in campo e che forse vogliono cambiare. Ma anche questo sta ottenendo l’effetto opposto: la gente ormai mi vede come una sorta di Davide contro Golia”.


venerdì 27 novembre 2009

Appello di Daniela Brancati, Gim Cassano e Gianni Mattioli.

A tutti i membri del Coordinamento Nazionale
di "Sinistra Ecologia Libertà"


Vogliamo sperare che sussistano la volontà, il senso della realtà, e le condizioni minime perché il progetto di Sinistra e Libertà non affondi, disperdendone il significato e le potenzialità.

Allo scopo, è necessario fare uno sforzo diretto a valutare realisticamente punti di convergenza e di disaccordo, ed a aver rispetto gli uni delle ragioni degli altri. Siamo convinti che l'interesse della democrazia italiana, prima che quello dei soggetti che a suo tempo hanno dato vita a SeL, poi SEL, richieda che questo progetto possa proseguire. E siamo quindi convinti che le ragioni per sviluppare questo percorso prevalgano su quelle dirette ad abbandonarlo.

Una sinistra “nuova” e capace di produrre buona politica e capacità di crescita richiede necessariamente la presenza delle diverse esperienze e tradizioni del riformismo progressista italiano, delle quali nessuna può esser considerata irrilevante. Non si tratta di porre in atto la semplice giustapposizione di percorsi sinora separati, a volte anche in modo conflittuale, ma di rispondere alle trasformazioni ed alle emergenze del Paese, che non sono solo dell'oggi, con nuovi approcci e sintesi che, non appartenendo in via esclusiva ad alcuno, richiedono un grande sforzo di confronto ed elaborazione.

Non ci deve affatto stupire che in questo tentativo si siano incontrate difficoltà, punti di vista, ed interessi divergenti. Ma queste non sono ragione sufficiente per rinchiudersi nel proprio guscio ed arrendervisi; e, semmai, confermano le ragioni per le quali la sinistra italiana è uscita sconfitta dai processi politici degli ultimi anni, ed indicano, per converso, una strada possibile per riprendere l'iniziativa

Rivolgiamo pertanto a tutti coloro che considerano SEL come un progetto utile al Paese e capace di grandi potenzialità un appello a non far fallire questo tentativo, cercando una possibile intesa fondata su un ragionamento che muova da premesse tendenti a considerare in termini realistici le attuali difficoltà.


1- Si ribadisca il significato riformista ed innovatore dell'idea di SEL come quello di una nuova sinistra, larga, aperta, plurale.

Che, se ha il fine di aggregare le forze della sinistra sinora disperse in tante e fallimentari esperienze, e di ritrovare consenso e radicamento, deve utilizzare metodi empirici ed induttivi, e deve partire dalla consapevolezza di molti errori commessi.

Che si colloca su posizioni più chiare e compiute rispetto al PD sul piano della difesa dei diritti individuali e collettivi, sul piano della difesa della democrazia e delle sue regole, sul piano delle politiche ambientali, sul piano dell'individuazione di un possibile criterio di sviluppo per la società postindustriale, e su quello degli interventi atti a promuovere merito, mobilità sociale ed equità.

Che vede la necessità di un rapporto non conflittuale e non subordinato nei confronti del PD, con il comune obbiettivo strategico di riprendere l'iniziativa politica nei confronti di una destra che ha vinto la battaglia politica e culturale nel Paese più per demeriti ed incapacità altrui che per meriti propri.

2- SEL sta in un progetto di questo genere, e nel percorso culturale, strategico e politico che tende a realizzarlo. In questo senso, il progetto mantiene la sua importanza, ed è necessario al Paese, prima ancora che alle sue componenti. Ciò richiede l'apporto di tutti coloro che vi hanno dato vita, nessuno escluso. Questo progetto mantiene, nonostante difficoltà e battute d'arresto, intatte le sue potenzialità, ed il dichiararlo esaurito, o volerlo bruciare nella camicia di forza della costruzione del n-simo partito della sinistra sarebbe venir meno ad una grande occasione.

Ci vorrà il tempo necessario alla costruzione di una cultura politica comune e di un organo che si doti di democrazia interna e ne rispetti le regole, e si dovranno affrontare infinite contraddizioni, ma la sua importanza è tale che esso non possa esser messo da parte sulla scorta di incomprensioni, mancanze di chiarezza e di lealtà. Tutti, nessuno escluso, ne usciremmo perdenti.

3- Nel frattempo, la politica incombe, con i suoi tempi, le sue scadenze, e con un'agenda dettata dalle emergenze del Paese. A questo occorre dare risposte. Occorre quindi che SEL possa dare il massimo grado possibile di risposte comuni, ad iniziare dalle liste per le Regionali nella misura più larga possibile e dall'assunzione comune di tutte le iniziative sulle quali sarà possibile convergere, che dovranno essere “targate” SEL, oltre che dai singoli soggetti politici. Ove non si verifichi tale convergenza, uno o più dei soggetti costituenti SEL potranno assumere le loro iniziative, ma senza la copertura di SEL.

4- Si stabilisca che di ogni contatto con altre forze politiche, a livello nazionale ed ai livelli regionali, si dia informazione preventiva tra i corrispondenti Segretari o Responsabili.

5- La funzione del Coordinamento, unico organo proclamato a rappresentare SEL, resta quella di svilupparne l'idea, i contenuti, la possibile forma, e di realizzare ed estendere il massimo grado di politiche ed iniziative comuni che sarà possibile mettere in atto; e, attraverso le Commissioni “dei 60”, concretare in termini di cultura politica e di capacità di proposta il progetto di SEL (per la prima), e (per la seconda) fornire le basi per l'idea di una forma politica innovativa, che consenta le partecipazioni individuali e quelle di soggetti politici e culturali collettivi, aventi rilevanza nazionale, locale, ed anche settoriale, senza richiedere alcun scioglimento preventivo. Cioè federale a partire dalla periferia, e però tale da consentire a chi ritenga di farlo come indviduo, di aderire, partecipare, generare e trovare rappresentanza.

6- Il fatto che alcuni dei soggetti fondatori di SEL, oltre a singoli aderenti, ritengano necessario costituirsi in un nuovo partito, è una legittima aspirazione, e può anche esser visto come un elemento di chiarezza. A condizione di concordare sul fatto che SEL si riferisce al tutto e non alla parte. E, di questo tutto, i socialisti sono parte integrante e necessaria.

In questo senso, l'Assemblea del 19-20 dovrebbe mantenere il carattere di Assemblea programmatica stabilito a Bagnoli, portandovi l'elaborazione sviluppata dalle Commissioni, e potrebbe essere il luogo nel quale chi lo ritenga annunci di costituirsi in partito, entro il percorso di SEL, ma senza poter essere, da solo, SEL.

Si chiarisca che, alla fine, SEL potrà farsi come soggetto politico comune a tutte le forze che vi hanno dato vita e che continuano a condividerne il progetto ed, auspicabilmente, altre, alle quali dovranno aggiungersi le adesioni di individui, associazioni, circoli; ciò non potrà avvenire in tempi brevi, e non potrà attuarsi che in una forma federativa innovativa, in linea con quanto detto sopra, senza la pretesa che alcuno debba sciogliersi preventivamente.

7- Occorre, con spirito di correttezza e lealtà, dirimere le questioni dei simboli e della ripresa e della gestione del sito, che dovrà rispondere ad una gestione collegiale ed alla logica federativa ispiratrice di SEL.

8- I Comitati Regionali e Provinciali già costituiti vanno integrati per assicurare, ove vi sia, la presenza di tutte le componenti di SEL. Essi avranno, nei rispettivi ambiti, funzione analoga a quella del Coordinamento Nazionale. Ovviamente, vi saranno aree nelle quali il livello e l'estensione della collaborazione potrà risultare più sviluppato di altre.

9- Non sarebbe cosa sbagliata l'individuare un Comitato di Garanti per SL: 4-5 persone di assoluto prestigio, non legate da dipendenza politica nei confronti di questo o di quello, e tali da poter svolgere forme di autorevole persuasione e giudizio all'insorgere di difficoltà.

Daniela Brancati, Gim Cassano, Gianni Mattioli. (25-11-2009)


martedì 24 novembre 2009

GIULIANO VASSALLI. SOCIALISTA AL DI FUORI DI OGNI RETORICA

GIULIANO VASSALLI.
SOCIALISTA
AL DI FUORI DI OGNI RETORICA


24/11/2009 - Ad un mese dalla scomparsa, Giuliano Vassalli è stato commemorato alla Camera nella sala del mappamondo,con gli interventi dei presidenti emeriti della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick e Mauro Ferri, del presidente dell’ANPI Raimondo Ricci e di Ugo Intini.Riportiamo il discorso di Intini.

Mario Angeloni, eroe della prima guerra mondiale,leader del partito repubblicano,volontario antifascista nella guerra di Spagna,fu ucciso in combattimento dai franchisti. La polizia fascista,in una nota riservata,ordinò di controllare da quel momento i suoi parenti,perché avrebbero potuto diventare antifascisti militanti. Indovinò perfettamente. Angeloni era lo zio del giovane Vassalli(il fratello della madre). Da quel momento abbracciò la causa antifascista,maturò negli ideali risorgimentali dello zio,si unì infine alla Resistenza. Nel novembre 2007,con il suo bastone, per sostenere i passi ormai malfermi,volle essere presente alla inaugurazione della mostra per il settantesimo anniversario della guerra di Spagna,organizzata a Roma dalla Fondazione Nenni. Lo vidi fermarsi a lungo,commosso,davanti a una piccola vecchia foto,riprodotta in migliaia di copie come un santino laico:l’eroe della guerra di Spagna Mario Angeloni. “Era mio zio-disse-la sua morte è stata la svolta della mia vita”. Fu in effetti la svolta. Raccolse il testimone dallo zio,ma,come tanti giovani del tempo, accompagnando l’amore per la libertà a quello per la giustizia sociale. Fu partigiano:partigiano socialista. Nella Roma occupata dai nazisti,giovanissimo,compì azioni di guerriglia temerarie,sino a prendere il posto di Pertini,che era in carcere,come membro dell’esecutivo clandestino del partito e come rappresentante socialista nella Giunta militare del comitato di liberazione nazionale,con personalità come Amendola,Bauer e Brosio. Sino alla impresa storica che tutti ricordano:la liberazione da Regina Coeli di Pertini e Saragat.
Vassalli è diventato così un simbolo della Resistenza. “Con pudore,al di fuori di ogni retorica”,come ha scritto recentemente il presidente Napolitano. Lo è stato per oltre mezzo secolo,con la curiosa sorte di festeggiare la vittoria della Resistenza e il suo compleanno lo stesso giorno:perché era nato il 25 aprile. “Con pudore e al di fuori di ogni retorica”,con la sua proverbiale mitezza e moderazione,non accettò tuttavia mai il revisionismo storico che da qualche anno si è diffuso(guarda caso, si è diffuso contestualmente al successo della destra). Questo revisionismo è stato ed è uno dei tanti paradossi italiani. Spesso gli stessi che hanno demonizzato per decenni i fascisti,anche i fascisti in buona fede,gli stessi che hanno negato l’esistenza di errori e atrocità commesse purtroppo anche da frange di partigiani(prima e soprattutto dopo la Liberazione)sono passati all’estremo opposto, a cancellare il valore della Resistenza. Un valore scolpito nella storia e indelebile per almeno due ragioni,che Vassalli ebbe sempre chiarissime. La prima. La Resistenza è stata un fenomeno non solo italiano ma europeo e mondiale. I nostri partigiani hanno collocato l’Italia nel grande fiume internazionale della libertà. Quando De Gasperi, all’indomani della guerra, si presentò alla conferenza di pace a Parigi,esordì con la famosa frase “in questo consesso mondiale,sento che tutto,tranne la vostra personale cortesia,è contro di me”. Ma non era completamente esatto. No. Il sacrificio dei partigiani era la carta che ci poneva non soltanto sul banco degli accusati e degli sconfitti,che ci restituiva l’onore. La seconda ragione è che,come il Risorgimento fu considerato la base dello Stato unitario,così la Resistenza fu posta come pietra fondante dello Stato democratico,in continuazione ideale con il Risorgimento stesso,persino nei simboli(si pensi alla icona di Garibaldi).Anche nei momenti di maggiore tensione,il richiamo alla Resistenza ha introdotto per mezzo secolo un elemento di pacificazione tra le forze del cosiddetto “arco costituzionale” .
Il disconoscimento della Resistenza(e a tratti ormai anche del Risorgimento)rischia oggi di sciogliere il cemento che tiene insieme la Nazione,con conseguenze sulle quali gli apprendisti stregoni del revisionismo dovrebbero riflettere.
Oggi sembra a tratti che la “lotta di classe” di un tempo sia stata sostituita dalla “lotta di classi”:di classi di età,tra giovani e vecchi. L’Italia delle sue stagioni migliori vedeva invece,persino in gesti fortemente simbolici,la continuità dei valori trasmessi di generazione in generazione. Turati consegnò al giovane Pertini i valori del socialismo. E Pertini rischiò la vita per portare il suo maestro Turati al sicuro dal fascismo in Corsica,con un motoscafo partito da Savona. Pertini fu maestro di socialismo per il giovane Vassalli. Che ripetè il gesto generoso e eroico del discepolo verso il maestro. Portando a sua volta,a rischio della vita, in salvo dal nazifascismo Pertini( e Saragat)per ordine di Nenni. Nella descrizione che lui stesso ha fatto di questi tre uomini sta la sintesi dei sentimenti dei giovani socialisti nella Roma occupata del 1943. “In Nenni –scrisse Vassalli- sentivamo il fascino del grande dirigente politico di livello mondiale,del reduce di mille battaglie difficili,capace di riprenderne altre non meno complesse,adattando alle nuove situazioni canoni derivanti dall’ideologia e dall’esperienza. In Saragat vedevamo lo studioso dei problemi della libertà e del socialismo,pronto a pagare di persona ogni giorno per questi ideali. In Pertini sentivamo invece,in modo naturale e immediato,il fratello maggiore,l’uomo d’azione,il trascinatore eloquente e appassionato,il capo.”
Vassalli lavorò con modestia nei Partiti di Nenni,Saragat,Pertini e infine Craxi,che considerò un continuatore dell’autonomismo di Nenni. Condivise le sue politiche sul terreno istituzionale,economico e internazionale. “In lui- scrisse-ho conosciuto soltanto un vero compagno,nel senso fraterno ed autentico del termine, e un vero amico. Ecco perché la sua personale sventura,il suo doloroso esilio,la sua grave malattia,i ricoveri e le operazioni subite negli ospedali tunisini,infine l’improvvisa morte mi hanno tanto addolorato e il pensiero di quanto è accaduto continua a ferirmi nei miei sentimenti più profondi. Se si fa astrazione dalla tragica fine di Aldo Moro,occorre riconoscere che nella storia dell’Italia prefascista e in quella dell’Italia democratica nessuno che fosse stato presidente del Consiglio aveva subito una sorte tanto amara”.
Vassalli lavorò con Nenni,Saragat,Pertini e Craxi come i militanti di un tempo,che non salgono e scendono dai partiti come si fa oggi,quasi fossero dei taxi per raggiungere i luoghi del potere. Erano militanti che preferivano “avere torto con il partito piuttosto che ragione fuori del partito”,come spesso diceva Pertini.Che quando non erano d’accordo non polemizzavano clamorosamente all’esterno,ma lottavano con tenacia e umiltà all’interno del partito. Che non si tiravano indietro di fronte a chi chiedeva loro tempo e impegno. Veniva a sostenermi per la campagna elettorale a Genova,dove ero candidato, e dove lui era ricordato come un mitico professore di diritto penale alla locale università. Quando gli chiedevo un articolo per l’Avanti! lo faceva subito,nei tempi e della lunghezza richiesta. I militanti come Vassalli seguivano il partito nella buona e nella cattiva sorte,considerandolo molto più che una organizzazione. Nella buona e nella cattiva sorte. Tanto che continuò a manifestare il suo appoggio al piccolo,ma orgoglioso partito socialista nel quale ho militato(e milito)negli anni 2000. Sino a mandarmi nel 2006 una lettera per contestare in pubblico,da giurista,la mancata attribuzione dei seggi al Senato per la Rosa nel Pugno,avvenuta sulla base di una discutibile interpretazione della legge. Sino ad appoggiare i nostri candidati ancora alle ultime elezioni europee.
Oggi si arruolano i belli e i televisivamente famosi per sostenere che i Partiti sono aperti alla società civile. Ma Vassalli,forse il più grande giurista italiano,fu consigliere comunale socialista a Roma. Semplice consigliere comunale. Fu poi deputato nel 1968. Fu candidato in un collegio sicuro ed eletto a Senato nel 1983. Non rieletto nel 1987,il presidente Cossiga lo voleva nominare subito giudice costituzionale,ma Craxi gli chiese di fare il ministro tecnico della Giustizia. Gli altri ministri tecnici indicati con Vassalli da quel PSI che è stato spesso individuato come l’espressione peggiore della cosiddetta “partitocrazia”,furono quell’anno,come lui stesso ha ricordato con orgoglio,La Pergola,Ruberti,Renato Ruggero e Carraro. “Ricordo- scrisse Vassalli- che nel 1989 Craxi mi invitò a riflettere sulla inopportunità di fare entrare in vigore il codice di procedura penale e a tenere così conto dell’opinione di molti magistrati che si erano rivolti anche a lui esprimendo le proprie preoccupazioni. Non mi sembrò possibile. Bettino rispettò questa mia posizione. Non ricordo,in tre anni e mezzo al ministero della Giustizia,alcun altro suggerimento o invito di Bettino,che pure era il segretario del mio partito”. Anche questi erano,nella prima Repubblica,i rapporti tra la politica e il ministero della Giustizia.
Vassalli passò attraverso le più alte cariche pubbliche sempre disinteressato,sereno e a tratti ironico. Avrebbe forse potuto,come Saragat e Pertini,ai quali lui salvò la vita,diventare presidente della Repubblica. Nel 1978,quando il Quirinale sembrava aperto a un socialista,Craxi aveva nel cuore anche la sua candidatura. Fu eletto Pertini. Ero direttore dell’Avanti! e chiesi quel giorno a Vassalli il commento. Era non deluso per sé,ma felice per l’amico e di getto telefonò agli stenografi. “Per noi giovani socialisti di un tempo l’elezione del nostro Sandro a presidente della Repubblica italiana è come coronamento di un sogno. Caro e buon Sandro,fermo e forte,ma suasivo e comprensivo al massimo grado:gli occhi si riempiono di lacrime al pensiero del bene che ci hai fatto”.
Ero nella stanza di Craxi durante le drammatiche votazioni per il presidente della Repubblica nel 1992. Quando ci si accorse che Forlani non sarebbe passato,chiamò Vassalli e gli propose la candidatura. Lo ascoltò a lungo. Poi abbassò la cornetta profondamente turbato.”Insiste che è troppo anziano e che non sta bene di salute”.
Vassalli era per un socialismo libertario e ,secondo lo slogan di Nenni,”dal volto umano”. Nel 1947 scelse perciò,a Palazzo Barberini,pur tra grandi angosce,il partito di Saragat. Tornò alla casa socialista soltanto dopo il 1956 e la rottura con Mosca. Libertario,non condivise gli eccessi di Mani Pulite,le manette facili per fare confessare con il tormento del carcere gli inquisiti, la violazione costante del segreto istruttorio,gli strappi allo Stato di diritto. L’idea di un socialismo e quindi di un diritto dal volto umano lo portò a porre sempre la vita delle persone in primo piano,come un valore assoluto,superiore a qualunque altro. Per questo,durante il caso Moro, si oppose a quello che veniva definito il fronte della fermezza e collaborò con la segreteria del partito socialista nel tentativo di trovare una via di salvezza per il leader democristiano. Non mi permetterei ancor oggi di dare giudizi su quella pagina tragica della nostra storia. Non ho certezze e capisco le opposte ragioni di tutti. Vassalli sottolineò che lo Stato tedesco aveva liberato terroristi per salvare la vita del leader democristiano bavarese Lorenz. Che lo stesso Stato italiano liberò dei terroristi palestinesi per evitare attentati. E che la Corte d’Assise di Genova scarcerò arbitrariamente dei criminali in cambio del giudice Sossi sequestrato come Moro. D’altronde,due anni dopo,il giudice D’Urso fu liberato dopo alcune forzature della legge e dopo una campagna dell’Avanti! nella quale Vassalli mi incoraggiò con una lettera indimenticabile. Vassalli individuò il brigatista Buonoconto,che non aveva sparso sangue, e che poteva essere liberato per le sue gravi condizioni di salute. Scarcerato tempo dopo,il povero Buonoconto in effetti morì. Secondo il giudice Imposimato(che raccolse una testimonianza del brigatista Gallinari)la sua scarcerazione avrebbe davvero portato alla salvezza di Moro. E’ doloroso e ormai inutile insistere su questi temi. Ma certo è giusto dare a tutte le posizioni che allora si scontrarono il riconoscimento della loro buona fede e della loro dignità. La convinzione di Vassalli fu che Moro avesse sviluppato,nella sua prestigiosa carriera di giurista,tesi non diverse da quelle contenute nei suoi tragici appelli lanciati dalla prigionia. “Essi- scrisse Vassalli anni dopo-non erano solo gli appelli di chi non voleva morire,ma gli appelli del filosofo,del giurista,dell’uomo di Stato a considerare gerarchie di valori e a collocare in una giusta prospettiva i molteplici e difficili doveri dello Stato. Moro scriveva dal carcere quegli argomenti che,se libero,avrebbe cercato di far valere a favore di altri. In tutto il suo pensiero domina infatti l’idea del carattere subordinato dello Stato alla realtà dell’uomo. La persona nella sua singolarità rappresenta il principio e il fine dell’esperienza giuridica”.
Sono stato a trovarlo l’ultima volta nella sua villetta sul Lungotevere il 25 aprile 2007,con l’amico Matteo Lo Presti,per fargli gli auguri di compleanno. Proposi di preparare un libro di sue interviste e testimonianze. Ma era troppo stanco per farle. Lo Presti realizzò allora insieme a lui un libro ugualmente importante,con i suoi scritti e discorsi più significativi. Purtroppo Vassalli non ha fatto in tempo a vederlo. Uscirà in questi giorni. Con il titolo “Frammenti di storia”. Il presidente Napolitano ne conclude così la prefazione.”Sono onorato e lieto di poter dare,con la presentazione di questo libro,un piccolo segno della riconoscenza che la Repubblica fondata sulla Costituzione deve a Giuliano Vassalli come rigoroso “giudice delle leggi”,come strenuo combattente per la libertà e la dignità della patria e come sapiente servitore dello Stato democratico”. In poche parole,c’è tutto.
Vassalli mancherà ai suoi amici e ai suoi compagni. Ma gli uomini come lui mancheranno all’Italia. Concludo su questo. Perché –ci si può domandare-la credibilità della politica e dei partiti un tempo era molto maggiore? Per tante ragioni,certo,ma anche per la credibilità personale dei leader di allora(tutti,di sinistra,di centro e di destra). La credibilità conquistata con il sacrificio, o con il rischio, della propria libertà e della propria vita. Si poteva concordare o dissentire con uomini come Vassalli,ma nessuno poteva metterne in dubbio il disinteresse e la statura morale. “Beato il popolo-scriveva Bertold Brecht- che non ha bisogno di eroi”. La nostra Italia,dal dopoguerra in poi,ne ha avuto bisogno,per la sua ricostruzione morale e materiale. Purtroppo,ne avrebbe ancora bisogno. E molto. Anche per questo,è chiamata a ricordare e onorare gli eroi scomparsi. Come Giuliano Vassalli.


sabato 21 novembre 2009

Io e Riccardo Lombardi - di Giuseppe Giudice

IO....E RICCARDO LOMBARDI

Di Giuseppe Giudice

Quando gli chiesero: “che cosa lei ha imparato dalla vita?” Riccardo Lombardi rispose: “ad essere onesto!” Ed in questa frase è racchiusa l’essenza di quest’uomo, molto lontano dai canoni tipici del politico italiano. Lombardi era veramente onesto, moralmente, intellettualmente, nel suo profondo rigore politico ed intellettuale, nel suo costante anticonformismo ed antidogmatismo. Un rigore mai ostentato ad atteggiamento di “diversità” o superiorità morale ed antropologica inteso come tratto distintivo di un partito. Egli diceva sempre che i partiti sono solo degli strumenti per realizzare degli ideali o dei progetti politici: sono importanti, ma non sono l’assoluto. Una onestà che gli ha portato sempre ad avere ragione nei momenti salienti della storia della sinistra e del PSI. Ebbe ragione nel 1948 quando si oppose, con Fernando Santi e Vittorio Foa, al Fronte Popolare voluto da Nenni e Morandi, ed alla accettazione del PSI dello stalinismo e del mito dell’URSS. Ebbe ragione, nel 1956, contro Togliatti (di cui forse è stato il critico più radicale), quando definì una Rivoluzione l’insurrezione degli operai e studenti di Budapest, in nome del socialismo e della democrazia, contro il comunismo al potere, insurrezione repressa dalle truppe sovietiche. Lo stesso Nenni potè rompere con la politica frontista (che sacrificava l’autonomia socialista) e schierarsi con gli operai ungheresi contro l’URSS (e contro Togliatti), anche per il prezioso lavoro di riflessione teorica compiuto da Lombardi che costruiva su solide fondamenta culturali il concetto di autonomia socialista nella sinistra. Autonomia che Lombardi non concepiva come contrapposizione frontale rispetto al PCI, ma come elemento di distinzione prezioso in quanto elemento dialettico imprescindibile per una evoluzione complessiva dell’intera sinistra che doveva, tutta intera, emanciparsi dalla sudditanza rispetto all’URSS. Di qui il termine a-comunista con il quale Lombardi definiva l’essenza del PSI: una dialettica dei distinti e non degli opposti nella sinistra. C’è da aggiungere che ne Nenni, né lo stesso Saragat si sono mai definiti anti-comunisti. Quest’ultimo ha sempre detto: non sarò mai anticomunista, resterò sempre socialista. Questo per far capire che cosa è stata realmente la storia socialista ai tanti post-craxiani ignorantelli. Ebbe di nuovo ragione Riccardo quando concepì la prima politica di centro-sinistra. Capì che nel mondo cattolico, dopo l’inizio della distensione EST-Ovest, stava crescendo una sinistra interna favorevole ad un ampio disegno riformatore, dopo il conservatorismo centrista. Quella intuizione di Lombardi aprì in effetti la stagione riformatrice più importante dell’Italia repubblicana. Nazionalizzazione delle fonti energetiche, statuto dei lavoratori, sistema pensionistico a ripartizione, scuola media unica, politica di programmazione. Molte di queste azioni riformatrici furono poi contraddette paradossalmente dal centro-sinistra di Prodi e D’Alema nella II Repubblica. Ebbe infine ragione quando contestò l’involuzione della politica di centro-sinistra e fondò la nuova Sinistra Socialista dopo la sciagurata scissione del PSIUP. Quando la DC si oppose alla riforma urbanistica fortemente voluta da Lombardi e dai socialisti (ma anche da Fanfani e la sinistra DC) e Fanfani fu sostituto da Moro alla guida del governo, egli comprese che si voleva iniziare a snaturare il significato originario della politica di centro-sinistra e passò all’opposizione nel partito. C’è da dire (e lo ripeto) che per quanto il primo centro-sinistra fu una politica dimezzata, essa ha realizzato riforme rimaste ineguagliate in tutta la storia repubblicana. Lombardi di iniziale matrice cattolica aveva poi militato nel Partito Socialista Unitario di Turati e Treves e quindi aderito a Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli e fu tra i fondatori del Partito D’Azione (che poi confluì in larga parte nel PSI). Qui voglio mettere una nota più personale che riguarda un po’ la storia della mia famiglia.Io ho avuto entrambi i nonni (quello paterno e quello materno) socialisti. Mio padre e mia madre provengono da due piccoli paesini (fra di essi distanti 7 Km) a poco più di trenta chilometri da Potenza, nel cuore della Lucania. Mio nonno paterno dopo aver combattuto l’ultimo anno della I guerra mondiale, restò a lavorare (era operaio muratore) nel trentino dove si iniziava la ricostruzione. Lì entrò in contatto con operai di fede socialista e partecipò ad un comizio di Matteotti a Rovereto (questo fatto me lo raccontava sempre con grande orgoglio). Tornato al paese iniziò a parlare di queste idee nuove ai compaesani che lo soprannominavano “il polentone” (perché essi ritenevano che gli ideali socialisti fossero roba da “polentoni”). Mio nonno materno aveva due fratelli, più giovani di lui, irriducibili antifascisti. Con notevoli sacrifici si erano laureati (uno in lettere e l’altro in matematica) ma non potettero lavorare perché rifiutarono sempre di prendere la tessera fascista (e nel profondo sud era molto difficile essere antifascisti) e dovettero limitarsi a fare lezioni private, il più giovane a Potenza e l’altro a Salerno dove si trasferirono dal loro paesino. In Lucania c’erano diversi confinati politici antifascisti. I più noti sono stati Carlo Levi e Manlio Rossi Doria, entrambi del Partito D’Azione. A costoro facevano capo molti antifascisti lucani. Per cui gli zii di mia madre si avvicinarono al Partito D'azione. Il più giovane degli zii (professore di lettere che stava a Potenza) andò in guerra in Montenegro e dopo l’armistizio il suo battaglione si unì ai partigiani comunisti di Tito contro i tedeschi. Mio zio fu ferito gravemente ed il governo iugoslavo successivamente gli conferì la medaglia di bronzo. Tornato in Italia trascinò mio nonno (che era sempre stato di idee antifasciste ma non poteva manifestarle perché doveva mantenere ben otto figli) nel Partito D’Azione e sia lui che mio nonno furono nominati nel CLN lucano. Mio nonno e suo fratello conobbero quindi bene Riccardo Lombardi già nel 1946 quando egli fu nominato segretario nazionale del Partito D’Azione e lo seguirono quando decise (insieme a Foa, De Martino, Brodolini, Vittorelli e tanti altri) di confluire nel PSI nel 1947. Era il periodo dell’occupazione delle terre nel sud. In Lucania la gente era affamata con una grande quantità di terra incolta ed abbandonata dai latifondisti. I paesi di origine dei miei genitori sono vicini a Tricarico, il paese dove un giovane poeta e sindaco socialista, Rocco Scotellaro guidava la lotta per la terra. Entrambi i miei nonni divennero suoi sostenitori. Finito quel periodo, mio nonno materno si trasferì con tutti i figli a Potenza, divenendo funzionario della Federazione Socialista, dove per molti anni fu segretario amministrativo. Mio nonno era seguace di Lelio Basso, altro grande straordinario intellettuale e dirigente socialista, dopo la scissione del PSIUP, egli aderì quindi alla nuova sinistra socialista promossa per l’appunto da Lombardi, Fernando Santi ed Antonio Giolitti. Per lui fu bello ritrovarsi con Riccardo, per la comune radici azionista e la lontana frequentazione. Ricordo (anche se ero molto piccolo) che quando pronunciava il nome di Lombardi lo faceva con grandissimo rispetto e deferenza, per le altissime qualità morali ed intellettuali di quel dirigente eterodosso del PSI e della sinistra. Questo rispetto per la figura di Lombardi lo imparai fin da bambino. Più tardi, nel 1972, a 16 anni mi avvicinai al gruppo del Manifesto. Ma quell’aria da sagrestia PCI molto togliattiana portata soprattutto da Magri (Pintor era più creativo) non mi piaceva a pelle (anche se allora non ne capivo un gran che) e mi iniziarono ad interessare seriamente le posizioni dell’allora nato Pdup di Vittorio Foa e Silvano Miniati. I miei zii parlavano molto bene di Vittorio Foa che è sempre stato molto legato a Riccardo Lombardi in virtù della stessa matrice di socialisti in Giustizia e Libertà. Ma quando Foa e Miniati decisero di unificarsi con il Manifesto (in realtà l’unificazione durò poco più di due anni. Foa e Magri erano all’opposto) mi iscrissi alla FGSI (con grande gioia dei miei zii) che allora era sulle posizioni di Riccardo Lombardi. Era il 1974 (poco prima del referendum sul divorzio). Poi negli anni 80 prese quella piega che sappiamo e che lo portò alla disfatta. Ma rimasi fino alla fine nel Psi, anche se alla fine degli anni 80 il partito non lo riconoscevo più. Come non lo riconoscevano molti militanti socialisti. In verità a sinistra mancò una valida alternativa alla politica craxiana. Il PCI dopo Berlinguer non fu capace di elaborare proposte convincenti. Giocò di rimessa nella speranza che si incrinasse il rapporto DC-PSI (D’Alema e Veltroni, già pensavano di dover sostituire il PSI nel rapporto con la DC). La sinistra socialista dopo la morte di Lombardi di trasformò in “sinistra ferroviaria” sotto la guida levantina di Claudio Signorile e fece l’opposizione di sua maestà a Craxi. L’unica vera opposizione nel PSI fu quella del “craxiano di sinistra” (peraltro molto lontano da Lombardi) Rino Formica. Tirando le somme, io credo che se il PSI e l’intera sinistra italiana avessero dato retta di più a Lombardi, le cose sarebbero andate diversamente. Ma Lombardi era un personaggio scomodo per il PSI e per il PCI. Perché era uno che non amava i tatticismi fini a se stessi, il politicismo becero, i conformismi e le distorsioni della propaganda, il dogmatismo ideologico. Era un eterodosso nella politica e nella ideologia. Nella sua visione confluiscono e si integrano perfettamente la concezione riformatrice e libertaria del socialismo di Rosselli, l’idea della transizione democratica al socialismo dell’Austro-Marxismo (Otto Bauer e Rudolf Hilferding), le suggestioni radicali e libertarie di Rosa Luxemburg, il pensiero economico della scuola post-keynesiana di Cambridge (Joan Robinson, Nicholas Kaldor) di cui era attento studioso, la critica socialista al comunismo realizzato del gruppo francese “Socialismo ou Barbarie” diretto da quello che è stato forse il più grande filosofo della politica della II metà del 900: Cornelius Castoriadis. La sua lettura di Marx era totalmente fuori da schemi rigidi. Egli rifiutava apertamente l’influenza hegeliana su Marx. Diceva spesso che bisognava liberare l’enorme potenziale critico del pensiero di Marx dalle maglie della dialettica e della filosofia della storia deterministica di Hegel. Non a caso gli piacevano i Grundrisse : quei frammenti da cui viene fuori un Marx inesplorato che Lombardi interpretava liberamente. In particolare gli piaceva l’intuizione lì contenuta della non-neutralità del progresso tecnologico; Riccardo diceva sempre che “non esistono catene di montaggio socialiste”. Diceva che l’anima di Marx è la critica all’economia politica e critica all’ideologia che può essere utilizzata per criticare il marxismo stesso. Ora, uno che ragiona in tal modo è mal visto da chi ha una visione clericale dell’ideologia, dai sacerdoti immutabili dell’ortodossia. Lombardi criticava apertamente il concetto di “democrazia progressiva” di Togliatti. Lo riteneva una variante occidentale del concetto di “democrazia popolare” dell’est europeo. Lo criticava perché impediva l’emergere di un pluralismo reale e libero nella società che veniva soffocata dall’azione totalizzante dei partito o del partito egemone. Ragion per cui criticò il compromesso storico. Lombardi era convinto che i partiti dovessero avere un ruolo essenziale nella democrazia ma non essere i titolari esclusivi dell’azione politica. Pensava che i movimenti fossero essenziale per una democrazia aperta in grado di esercitare un ruolo di rinnovamento della politica e dei partiti. Ma Lombardi non era sopportato da un grosso pezzo del suo stesso partito. Mio zio mi diceva che spesso lo chiamavano “l’uccello del malaugurio” per le sue analisi che mettevano in evidenza delle criticità che un certo ottimismo di maniera non era in grado di vedere. Ma soprattutto era odiato, nel PSI, da quello che Nenni chiamava “il partito degli assessori” , il ventre molle governista del PSI e la vera ragione della sua disfatta, dato che esso condizionò notevolmente lo stesso Craxi nonostante il suo bonapartismo. Non è un caso che Riccardo fosse amato più all’estero che in Italia. Soprattutto in Francia dove si formò una scuola di sua diretta derivazione. Basti pensare a grandi intellettuali della sinistra e del socialismo francese come Martinet o Gorz; o alla collaborazione di Lombardi con la stessa rivista “Socialisme ou Barbarie”. Ma era amato anche dalla sinistra laburista inglese e dagli Jusos tedeschi (i giovani socialisti della SPD). Ma Lombardi è straordinariamente attuale. Il più attuale di tutti i leader storici della sinistra, sia socialisti che comunisti. Aveva lucidamente previsto la crisi della socialdemocrazia tradizionale già negli anni 70. Aveva sempre detto che il comunismo realizzato non era affatto socialismo ma un capitalismo di stato fondato sul potere incondizionato di una borghesia burocratica. Il crollo del comunismo e il venir fuori dei limiti della socialdemocrazia, gli danno pienamente ragione. Ma c’è un altro elemento di grandissima lucidità e preveggenza nel suo pensiero. La capacità di concepire, già agli inizi degli anni 70, le ragioni della crisi ecologica, dell’impossibilità di protrarre ritmi di crescita costante come quelli degli anni 50 e 60. Per cui il socialismo non si poteva certo fondare come diceva la ingenua volgarizzazione del marxismo, sullo sviluppo illimitato delle forze produttive. Il socialismo, al contrario, esigeva un diverso modo di produrre e di consumare: “i socialisti vogliono una società più ricca, perché diversamente ricca” diceva. L’idea del socialismo del XXI secolo non può prescindere da tutte le grandi riflessioni fatte da Lombardi sulla democrazia, su socialismo e libertà, sui limiti dello sviluppo. Nencini lasciamolo al suo destino. Lui non ha interesse a ricostruire al sinistra ma solo ad avere qualche strapuntino dal PD. Ma nella ricostruzione della sinistra i socialisti devono starci e starci bene. I socialisti come li intendo io non sono un ceto politico (che Lombardi non sopportava) da riciclare, ma passione, idee e militanza che come dimostra la storia di un gigante come Riccardo, sono indispensabili alla sinistra. A meno che qualche pazzo non voglia dare la titolarità della sinistra italiana ad una mediocre clonazione politica mal riuscita, come Ferrero. Proprio questo non lo meritiamo.

PEPPE GIUDICE........SOCIALISTA !

Sinistra e Libertà sull'orlo del baratro....

Sinistra e Libertà sull'orlo del baratro....


di Andrea Carugati http://www.unita.it

21/11/2009 - «È più facile dividere l’Australia che riunificare la Polinesia», sintetizza uno sconsolato Fabio Mussi. Lui è forse quello che ci aveva creduto di più, al tramonto dei Ds, nella possibilità di costruire una «Linke» all’italiana a sinistra del Pd. E ora, dopo aver «sbattuto più volte la testa contro il muro», anche «l’impaziente» Mussi ha optato per «i piedi di piombo». Prima i Verdi con il loro congresso vinto da Bonelli sulla linea indipendentista, ora lo strappo dei socialisti di Nencini, pronti alle carte bollate per impedire a Vendola e compagni rimasti di usare il simbolo «Sinistra e libertà» che tutti insieme avevano sottoscritto dal notaio. «La squadra delle europee non c’è più», constata Mussi. Sono passati solo due mesi dalla festa di Sl a Napoli, che pur tra mille resistenze aveva dato “dal basso” il via alla costruzione del nuovo soggetto politico. E ora la gelata. «Spero che da qualche parte arriveremo, ma bisogna capire bene che progetto può uscirne...», avverte Mussi. Non tutti la pensano come lui tra i sopravvissuti di Sinistra e libertà, che sono i vendoliani ex Prc, la Sinistra democratica ora guidata da Claudio Fava, gli esuli del Pdci di Umberto Guidoni e i verdi dissidenti di Cento e Francescato. I toni di Fava, ad esempio, sono assai diversi. «Sinistra e libertà è un processo che non appartiene a qualche segretario, ma al Paese. C’è un’attesa, un’urgenza, già 40mila persone hanno aderito». Insomma, si va avanti, verso l’appuntamento decisivo, l’assemblea del 19 e 20 dicembre. «Volevamo fare un nuovo soggetto politico e quello faremo», rincuora i militanti Vendola, che proprio ieri ha sfidato i partiti annunciando la sua ricandidatura a presidente della Puglia. «Mi candido nel nome del popolo della legalità, della precarietà e dei bambini, ho interrotto il giro di valzer con i partiti, ora tutti devono giocare a carte scoperte». Vendola ha chiesto a Michele Emiliano di coordinare la sua campagna, si è detto pronto alle primarie e ha lanciato una sfida all’Udc: «Mi spieghino perché io sono un problema». L’ennesima «sfida impossibile» per lui, che si intreccia con le difficoltà del suo partito che ancora non c’è. E proprio tra i suoi fedelissimi non manca chi gli rimprovera qualcosa sul doppio-lavoro. «In questi mesi ha pensato solo alla Puglia», sussurrano. Nencini, intanto, annuncia battaglie legali anche sul simbolo modificato, quello varato a Napoli, «Sinistra, ecologia e libertà». «Non credo che potranno usarlo», avverte, accusando gli ex compagni, a partire da Vendola e Fava, di aver «tradito» i patti e arrivando persino a mettere in discussione l’appoggio a «Nichi» in Puglia. «Hanno forzato sul nuovo partito, gli accordi erano che noi non ci saremmo sciolti». Su Nencini, del resto, piovono accuse: per aver stretto un accordo per una lista comune col Pd nella sua Toscana, già dal luglio scorso. Per aver fatto oscurare il sito di Sl (ne è nato un’altro provvisorio). Lui nega: «Sul sito abbiamo deciso insieme a Verdi e Sd». «Ha una visione antica e egoista della politica, ma tra i suoi militanti c’è già chi ha scelto noi», attacca Fava. «Fa politica solo con le carte bollate», incalza Gennaro Migliore. «Si svegli dal sonno della burocrazia..». Continua Migliore: «Chissà, forse senza di loro andrà meglio:tanto peggio di così...». Si litiga anche sulla piazza del 5 dicembre: Sl ha aderito, Nencini no: «Sl non esiste più». Intanto nei Verdi si parla di espulsione per Cento, Francescato e gli altri dissidenti. «Non si può fare i dirigenti di due partiti diversi, sembra un film di Buñuel», li strapazza Bonelli. E ora che succede? I «reduci» proveranno ad andare alle regionali col nuovo simbolo. Dopo il voto il congresso fondativo, sempre che non prevalga la diaspora, chi verso Ferrero, chi verso Bersani e chi con Di Pietro. «Noi col Pd? Una stupidaggine», dice Fava. Ma Mussi è più cauto: «Se Berlusconi ci precipita al voto anticipato, bisogna ripensare tutto, neanche un voto può essere buttato...».


Auguri Ivo !

Auguri Ivo !
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Oggi e' il 49esimo Compleanno dell'Amico e Compagno Ivo Costamagna...

Che dire Ivo...Fatti coraggio, il prossimo anno sarà peggio!!! Scherzi a parte, Tantissimi Auguri!

I tuoi Amici e Compagni che si occupano dello spazio Web Socialista.

Macerata - 21/11/2009
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venerdì 20 novembre 2009

SINISTRA E LIBERTA’: PREVALGA IL BUON SENSO - APPELLO DA VOLPEDO

Giuseppe Pellizza da Volpedo

La Fiumana – 1895

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Gruppo di Volpedo

COORDINAMENTO DEI CIRCOLI SOCIALISTI E LIBERTARI DEL NORD-OVEST D’ITALIA


Circolo Carlo Rosselli, Milano ***** Labouratorio Torino, Torino ***** Circolo Calogero-Capitini, Genova ***** Club Porto Franco, Milano ***** Associazione Frida Malan, Torino ***** Circolo La Riforma, Milano ***** Associazione Sandro Pertini, Torino ***** Area Progressista, Torino ***** Idea Socialista, Verbania ***** Unione Civica Riformatori, Vercelli-Biella ***** Associazione Labour Riccardo Lombardi, Alessandria ***** Nuova Società, Milano ***** Associazione Politica, Torino ***** Associazione Aldo Olivieri, Torino ***** Circolo Il Socialista, Milano

SINISTRA E LIBERTA’:
PREVALGA IL BUON SENSO - APPELLO DA VOLPEDO


Il Gruppo di Volpedo esprime preoccupazione per i recenti sviluppi della situazione politica nazionale, in relazione in particolare al rischio concreto – che sembra essersi delineato in questi ultimi giorni - di un possibile fallimento del progetto politico di Sinistra e Libertà. I Circoli e le Associazioni del Gruppo – è bene su questo essere chiari - non appartengono in quanto tali a questa formazione, anche se molti di noi ne hanno comunque ampiamente condiviso le ragioni di fondo, e tutti ne abbiamo in ogni caso seguito con attenzione il percorso costitutivo, riconoscendo e apprezzando l’importanza della presenza, alla Sinistra del Partito Democratico, di un soggetto politico serio, credibile, aperto e plurale.

Oggi questa prospettiva sembra però in serio pericolo, e corre oggettivamente il rischio di essere rimessa completamente in discussione.

Questa ci pare però, sotto tutti i punti di vista, un’eventualità da scongiurare: non solo, ovviamente, per il futuro delle stessa Sinistra e Libertà, ma anche, più in generale, per il destino di tutte le forze progressiste del Paese (compreso, in fondo, lo stesso Partito Democratico), e dunque, in definitiva, anche per la stessa possibilità di costruire fattivamente un’alternativa efficace all’attuale e disastrosa egemonia delle Destre.

Pensiamo, insomma, che l’esperienza di Sinistra e Libertà – nonostante i contraccolpi subiti per effetto della decisione dei Verdi di prendere un’altra strada – debba comunque continuare e anzi riprendere slancio. Per questo ci sembra che da tutti i protagonisti delle tensioni di questi giorni (cioè da parte delle componenti di Sinistra e Libertà che giovedì scorso hanno votato unilateralmente un documento che rimetteva in discussione decisioni già prese collegialmente il 29 ottobre, così come da parte della dirigenza socialista, che ha disposto di sospendere ogni propria attività connessa e Sinistra e Libertà) sia necessario compiere un passo indietro ed agire con maggiore ragionevolezza.

I toni ultimativi, gli atteggiamenti prevaricatori e l’assenza di collegialità non possono francamente essere considerati dei segnali apprezzabili. Così come peraltro non lo sono,

evidentemente, nemmeno le ambiguità, le reticenze, i comportamenti non lineari o le politiche dei due forni. Da questo punto di vista occorre aprirsi maggiormente alla partecipazione delle strutture del territorio, ai Circoli e alle Associazioni. E’ opportuno, insomma, che da parte di tutti emerga la volontà di essere costruttivi.

E se è certamente comprensibile, ed anche apprezzabile, l’esigenza di chi vorrebbe accelerare il processo della costituzione di un vero soggetto politico (sia per dare spessore e consistenza al progetto, sia per consentire ai cittadini che si stanno avvicinando a Sinistra e Libertà di avere realmente voce in capitolo, evitando forme di disaffezione e di disimpegno), è anche assolutamente necessario - soprattutto in un processo di tipo costituente - tenere conto delle istanze e delle storie di tutti, e fare lo sforzo di rimanere comunque un soggetto plurale e rispettoso della peculiarità di ciascuno. La costituzione di un partito di iscritti, in cui i singoli aderenti possano contribuire a tutti livelli alla definizione della linea politica, non è incompatibile con il mantenimento di alcuni elementi di tipo federativo, che preservino, tutelino e riconoscano l’identità dei soggetti fondatori. E tanto meno è incompatibile con la necessità di sviluppare un processo unitario iniziando dalle indicazioni delle scelte politiche e degli ideali di fondo.

Proprio per questo di fronte al rischio di comportamenti autoreferenziali, essenzialmente verticistici, nei quali risulta difficile capire ragioni e torti e la linearità delle scelte, occorre rilanciare modalità di discussione più trasparenti e partecipate per evitare che le complesse vicende che caratterizzano tutte le fasi dei processi di unificazione siano gestite con finalità di parte e, per altro verso, lascino il campo alle sole iniziative demagogiche e rancorose.

In questo momento, in cui ci si avvia verso delle elezioni regionali molto difficili per la Sinistra nel suo complesso, ci pare più interessante ed utile ripartire dai territori con l'organizzazione di Conferenze Programmatiche Aperte ad inizio 2010. Come Gruppo di Volpedo, facciamo dunque appello al senso di responsabilità, alla generosità ed alla razionalità del gruppo dirigente di Sinistra e Libertà, in tutte quante le sue componenti. E invitiamo tutti a far prevalere il buon senso, senza sterili irrigidimenti così come senza iniziative strumentali o calcoli opportunistici.

Dietro l’ipotesi di Sinistra e Libertà ci sono – a nostro parere – delle intuizioni e delle opzioni di principio che ci paiono valide ed interessanti, e c’è soprattutto l’idea di poter dare voce a quella parte rilevante (e crescente) di società che non sembra persuasa dalle altre proposte politiche in campo, e che è stata segnalata dal ritrarsi dal voto da parte di 4 milioni di cittadini durante le ultime elezioni europee.

Lasciare cadere tale ipotesi e far declinare questa prospettiva sarebbe dunque una dimostrazione di miopia ed un grave errore politico, dal quale nessuno, in realtà, dovrebbe illudersi di poter trarre vantaggio.

Volpedo,17 novembre 2009

Giancarlo Caldone – sindaco di Volpedo e assessore provinciale SeL Alessandria

Francesco Somaini – CIRCOLO CARLO ROSSELLI, Milano

Pierpaolo Pecchiari – CIRCOLO CARLO ROSSELLI, Milano

Felice Besostri – CIRCOLO LA RIFORMA, Milano

Luigi Fasce – CIRCOLO CALOGERO-CAPITINI,Genova

Roberto Vucas – CIRCOLO CALOGERO-CAPITINI, Genova

Dario Allamano – LABOURATORIO PIEMONTE, Torino

Marco Brunazzi – LABOURATORIO PIEMONTE, Torino

Franco D'Alfonso – CLUB PORTO FRANCO, Milano

Mimmo Merlo – CLUB PORTO FRANCO, Milano

Claudio Bellavita – ASSOCIAZIONE SANDRO PERTINI, Torino

Roberto Nebiolo – ASSOCIAZIONE SANDRO PERTINI, Torino

Paola Bodojra – ASSOCIAZIONE FRIDA MALAN, Torino

Domenico Ferraro - UNIONE CIVICA RIFORMATORI, Vercelli-Biella

Luisa Rondolino – UNIONE CIVICA RIFORMATORI, Vercelli-Biella

Bruno LoDuca – IDEA SOCIALISTA, Verbania

Renzo Penna – ASSOCIAZIONE LABOUR RICCARDO LOMBARDI, Alessandria

Sergio Negri – ASSOCIAZIONE LABOUR RICCARDO LOMBARDI, Alessandria

Sergio Tremolada – NUOVA SOCIETA’, Milano


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