martedì 24 novembre 2009

GIULIANO VASSALLI. SOCIALISTA AL DI FUORI DI OGNI RETORICA

GIULIANO VASSALLI.
SOCIALISTA
AL DI FUORI DI OGNI RETORICA


24/11/2009 - Ad un mese dalla scomparsa, Giuliano Vassalli è stato commemorato alla Camera nella sala del mappamondo,con gli interventi dei presidenti emeriti della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick e Mauro Ferri, del presidente dell’ANPI Raimondo Ricci e di Ugo Intini.Riportiamo il discorso di Intini.

Mario Angeloni, eroe della prima guerra mondiale,leader del partito repubblicano,volontario antifascista nella guerra di Spagna,fu ucciso in combattimento dai franchisti. La polizia fascista,in una nota riservata,ordinò di controllare da quel momento i suoi parenti,perché avrebbero potuto diventare antifascisti militanti. Indovinò perfettamente. Angeloni era lo zio del giovane Vassalli(il fratello della madre). Da quel momento abbracciò la causa antifascista,maturò negli ideali risorgimentali dello zio,si unì infine alla Resistenza. Nel novembre 2007,con il suo bastone, per sostenere i passi ormai malfermi,volle essere presente alla inaugurazione della mostra per il settantesimo anniversario della guerra di Spagna,organizzata a Roma dalla Fondazione Nenni. Lo vidi fermarsi a lungo,commosso,davanti a una piccola vecchia foto,riprodotta in migliaia di copie come un santino laico:l’eroe della guerra di Spagna Mario Angeloni. “Era mio zio-disse-la sua morte è stata la svolta della mia vita”. Fu in effetti la svolta. Raccolse il testimone dallo zio,ma,come tanti giovani del tempo, accompagnando l’amore per la libertà a quello per la giustizia sociale. Fu partigiano:partigiano socialista. Nella Roma occupata dai nazisti,giovanissimo,compì azioni di guerriglia temerarie,sino a prendere il posto di Pertini,che era in carcere,come membro dell’esecutivo clandestino del partito e come rappresentante socialista nella Giunta militare del comitato di liberazione nazionale,con personalità come Amendola,Bauer e Brosio. Sino alla impresa storica che tutti ricordano:la liberazione da Regina Coeli di Pertini e Saragat.
Vassalli è diventato così un simbolo della Resistenza. “Con pudore,al di fuori di ogni retorica”,come ha scritto recentemente il presidente Napolitano. Lo è stato per oltre mezzo secolo,con la curiosa sorte di festeggiare la vittoria della Resistenza e il suo compleanno lo stesso giorno:perché era nato il 25 aprile. “Con pudore e al di fuori di ogni retorica”,con la sua proverbiale mitezza e moderazione,non accettò tuttavia mai il revisionismo storico che da qualche anno si è diffuso(guarda caso, si è diffuso contestualmente al successo della destra). Questo revisionismo è stato ed è uno dei tanti paradossi italiani. Spesso gli stessi che hanno demonizzato per decenni i fascisti,anche i fascisti in buona fede,gli stessi che hanno negato l’esistenza di errori e atrocità commesse purtroppo anche da frange di partigiani(prima e soprattutto dopo la Liberazione)sono passati all’estremo opposto, a cancellare il valore della Resistenza. Un valore scolpito nella storia e indelebile per almeno due ragioni,che Vassalli ebbe sempre chiarissime. La prima. La Resistenza è stata un fenomeno non solo italiano ma europeo e mondiale. I nostri partigiani hanno collocato l’Italia nel grande fiume internazionale della libertà. Quando De Gasperi, all’indomani della guerra, si presentò alla conferenza di pace a Parigi,esordì con la famosa frase “in questo consesso mondiale,sento che tutto,tranne la vostra personale cortesia,è contro di me”. Ma non era completamente esatto. No. Il sacrificio dei partigiani era la carta che ci poneva non soltanto sul banco degli accusati e degli sconfitti,che ci restituiva l’onore. La seconda ragione è che,come il Risorgimento fu considerato la base dello Stato unitario,così la Resistenza fu posta come pietra fondante dello Stato democratico,in continuazione ideale con il Risorgimento stesso,persino nei simboli(si pensi alla icona di Garibaldi).Anche nei momenti di maggiore tensione,il richiamo alla Resistenza ha introdotto per mezzo secolo un elemento di pacificazione tra le forze del cosiddetto “arco costituzionale” .
Il disconoscimento della Resistenza(e a tratti ormai anche del Risorgimento)rischia oggi di sciogliere il cemento che tiene insieme la Nazione,con conseguenze sulle quali gli apprendisti stregoni del revisionismo dovrebbero riflettere.
Oggi sembra a tratti che la “lotta di classe” di un tempo sia stata sostituita dalla “lotta di classi”:di classi di età,tra giovani e vecchi. L’Italia delle sue stagioni migliori vedeva invece,persino in gesti fortemente simbolici,la continuità dei valori trasmessi di generazione in generazione. Turati consegnò al giovane Pertini i valori del socialismo. E Pertini rischiò la vita per portare il suo maestro Turati al sicuro dal fascismo in Corsica,con un motoscafo partito da Savona. Pertini fu maestro di socialismo per il giovane Vassalli. Che ripetè il gesto generoso e eroico del discepolo verso il maestro. Portando a sua volta,a rischio della vita, in salvo dal nazifascismo Pertini( e Saragat)per ordine di Nenni. Nella descrizione che lui stesso ha fatto di questi tre uomini sta la sintesi dei sentimenti dei giovani socialisti nella Roma occupata del 1943. “In Nenni –scrisse Vassalli- sentivamo il fascino del grande dirigente politico di livello mondiale,del reduce di mille battaglie difficili,capace di riprenderne altre non meno complesse,adattando alle nuove situazioni canoni derivanti dall’ideologia e dall’esperienza. In Saragat vedevamo lo studioso dei problemi della libertà e del socialismo,pronto a pagare di persona ogni giorno per questi ideali. In Pertini sentivamo invece,in modo naturale e immediato,il fratello maggiore,l’uomo d’azione,il trascinatore eloquente e appassionato,il capo.”
Vassalli lavorò con modestia nei Partiti di Nenni,Saragat,Pertini e infine Craxi,che considerò un continuatore dell’autonomismo di Nenni. Condivise le sue politiche sul terreno istituzionale,economico e internazionale. “In lui- scrisse-ho conosciuto soltanto un vero compagno,nel senso fraterno ed autentico del termine, e un vero amico. Ecco perché la sua personale sventura,il suo doloroso esilio,la sua grave malattia,i ricoveri e le operazioni subite negli ospedali tunisini,infine l’improvvisa morte mi hanno tanto addolorato e il pensiero di quanto è accaduto continua a ferirmi nei miei sentimenti più profondi. Se si fa astrazione dalla tragica fine di Aldo Moro,occorre riconoscere che nella storia dell’Italia prefascista e in quella dell’Italia democratica nessuno che fosse stato presidente del Consiglio aveva subito una sorte tanto amara”.
Vassalli lavorò con Nenni,Saragat,Pertini e Craxi come i militanti di un tempo,che non salgono e scendono dai partiti come si fa oggi,quasi fossero dei taxi per raggiungere i luoghi del potere. Erano militanti che preferivano “avere torto con il partito piuttosto che ragione fuori del partito”,come spesso diceva Pertini.Che quando non erano d’accordo non polemizzavano clamorosamente all’esterno,ma lottavano con tenacia e umiltà all’interno del partito. Che non si tiravano indietro di fronte a chi chiedeva loro tempo e impegno. Veniva a sostenermi per la campagna elettorale a Genova,dove ero candidato, e dove lui era ricordato come un mitico professore di diritto penale alla locale università. Quando gli chiedevo un articolo per l’Avanti! lo faceva subito,nei tempi e della lunghezza richiesta. I militanti come Vassalli seguivano il partito nella buona e nella cattiva sorte,considerandolo molto più che una organizzazione. Nella buona e nella cattiva sorte. Tanto che continuò a manifestare il suo appoggio al piccolo,ma orgoglioso partito socialista nel quale ho militato(e milito)negli anni 2000. Sino a mandarmi nel 2006 una lettera per contestare in pubblico,da giurista,la mancata attribuzione dei seggi al Senato per la Rosa nel Pugno,avvenuta sulla base di una discutibile interpretazione della legge. Sino ad appoggiare i nostri candidati ancora alle ultime elezioni europee.
Oggi si arruolano i belli e i televisivamente famosi per sostenere che i Partiti sono aperti alla società civile. Ma Vassalli,forse il più grande giurista italiano,fu consigliere comunale socialista a Roma. Semplice consigliere comunale. Fu poi deputato nel 1968. Fu candidato in un collegio sicuro ed eletto a Senato nel 1983. Non rieletto nel 1987,il presidente Cossiga lo voleva nominare subito giudice costituzionale,ma Craxi gli chiese di fare il ministro tecnico della Giustizia. Gli altri ministri tecnici indicati con Vassalli da quel PSI che è stato spesso individuato come l’espressione peggiore della cosiddetta “partitocrazia”,furono quell’anno,come lui stesso ha ricordato con orgoglio,La Pergola,Ruberti,Renato Ruggero e Carraro. “Ricordo- scrisse Vassalli- che nel 1989 Craxi mi invitò a riflettere sulla inopportunità di fare entrare in vigore il codice di procedura penale e a tenere così conto dell’opinione di molti magistrati che si erano rivolti anche a lui esprimendo le proprie preoccupazioni. Non mi sembrò possibile. Bettino rispettò questa mia posizione. Non ricordo,in tre anni e mezzo al ministero della Giustizia,alcun altro suggerimento o invito di Bettino,che pure era il segretario del mio partito”. Anche questi erano,nella prima Repubblica,i rapporti tra la politica e il ministero della Giustizia.
Vassalli passò attraverso le più alte cariche pubbliche sempre disinteressato,sereno e a tratti ironico. Avrebbe forse potuto,come Saragat e Pertini,ai quali lui salvò la vita,diventare presidente della Repubblica. Nel 1978,quando il Quirinale sembrava aperto a un socialista,Craxi aveva nel cuore anche la sua candidatura. Fu eletto Pertini. Ero direttore dell’Avanti! e chiesi quel giorno a Vassalli il commento. Era non deluso per sé,ma felice per l’amico e di getto telefonò agli stenografi. “Per noi giovani socialisti di un tempo l’elezione del nostro Sandro a presidente della Repubblica italiana è come coronamento di un sogno. Caro e buon Sandro,fermo e forte,ma suasivo e comprensivo al massimo grado:gli occhi si riempiono di lacrime al pensiero del bene che ci hai fatto”.
Ero nella stanza di Craxi durante le drammatiche votazioni per il presidente della Repubblica nel 1992. Quando ci si accorse che Forlani non sarebbe passato,chiamò Vassalli e gli propose la candidatura. Lo ascoltò a lungo. Poi abbassò la cornetta profondamente turbato.”Insiste che è troppo anziano e che non sta bene di salute”.
Vassalli era per un socialismo libertario e ,secondo lo slogan di Nenni,”dal volto umano”. Nel 1947 scelse perciò,a Palazzo Barberini,pur tra grandi angosce,il partito di Saragat. Tornò alla casa socialista soltanto dopo il 1956 e la rottura con Mosca. Libertario,non condivise gli eccessi di Mani Pulite,le manette facili per fare confessare con il tormento del carcere gli inquisiti, la violazione costante del segreto istruttorio,gli strappi allo Stato di diritto. L’idea di un socialismo e quindi di un diritto dal volto umano lo portò a porre sempre la vita delle persone in primo piano,come un valore assoluto,superiore a qualunque altro. Per questo,durante il caso Moro, si oppose a quello che veniva definito il fronte della fermezza e collaborò con la segreteria del partito socialista nel tentativo di trovare una via di salvezza per il leader democristiano. Non mi permetterei ancor oggi di dare giudizi su quella pagina tragica della nostra storia. Non ho certezze e capisco le opposte ragioni di tutti. Vassalli sottolineò che lo Stato tedesco aveva liberato terroristi per salvare la vita del leader democristiano bavarese Lorenz. Che lo stesso Stato italiano liberò dei terroristi palestinesi per evitare attentati. E che la Corte d’Assise di Genova scarcerò arbitrariamente dei criminali in cambio del giudice Sossi sequestrato come Moro. D’altronde,due anni dopo,il giudice D’Urso fu liberato dopo alcune forzature della legge e dopo una campagna dell’Avanti! nella quale Vassalli mi incoraggiò con una lettera indimenticabile. Vassalli individuò il brigatista Buonoconto,che non aveva sparso sangue, e che poteva essere liberato per le sue gravi condizioni di salute. Scarcerato tempo dopo,il povero Buonoconto in effetti morì. Secondo il giudice Imposimato(che raccolse una testimonianza del brigatista Gallinari)la sua scarcerazione avrebbe davvero portato alla salvezza di Moro. E’ doloroso e ormai inutile insistere su questi temi. Ma certo è giusto dare a tutte le posizioni che allora si scontrarono il riconoscimento della loro buona fede e della loro dignità. La convinzione di Vassalli fu che Moro avesse sviluppato,nella sua prestigiosa carriera di giurista,tesi non diverse da quelle contenute nei suoi tragici appelli lanciati dalla prigionia. “Essi- scrisse Vassalli anni dopo-non erano solo gli appelli di chi non voleva morire,ma gli appelli del filosofo,del giurista,dell’uomo di Stato a considerare gerarchie di valori e a collocare in una giusta prospettiva i molteplici e difficili doveri dello Stato. Moro scriveva dal carcere quegli argomenti che,se libero,avrebbe cercato di far valere a favore di altri. In tutto il suo pensiero domina infatti l’idea del carattere subordinato dello Stato alla realtà dell’uomo. La persona nella sua singolarità rappresenta il principio e il fine dell’esperienza giuridica”.
Sono stato a trovarlo l’ultima volta nella sua villetta sul Lungotevere il 25 aprile 2007,con l’amico Matteo Lo Presti,per fargli gli auguri di compleanno. Proposi di preparare un libro di sue interviste e testimonianze. Ma era troppo stanco per farle. Lo Presti realizzò allora insieme a lui un libro ugualmente importante,con i suoi scritti e discorsi più significativi. Purtroppo Vassalli non ha fatto in tempo a vederlo. Uscirà in questi giorni. Con il titolo “Frammenti di storia”. Il presidente Napolitano ne conclude così la prefazione.”Sono onorato e lieto di poter dare,con la presentazione di questo libro,un piccolo segno della riconoscenza che la Repubblica fondata sulla Costituzione deve a Giuliano Vassalli come rigoroso “giudice delle leggi”,come strenuo combattente per la libertà e la dignità della patria e come sapiente servitore dello Stato democratico”. In poche parole,c’è tutto.
Vassalli mancherà ai suoi amici e ai suoi compagni. Ma gli uomini come lui mancheranno all’Italia. Concludo su questo. Perché –ci si può domandare-la credibilità della politica e dei partiti un tempo era molto maggiore? Per tante ragioni,certo,ma anche per la credibilità personale dei leader di allora(tutti,di sinistra,di centro e di destra). La credibilità conquistata con il sacrificio, o con il rischio, della propria libertà e della propria vita. Si poteva concordare o dissentire con uomini come Vassalli,ma nessuno poteva metterne in dubbio il disinteresse e la statura morale. “Beato il popolo-scriveva Bertold Brecht- che non ha bisogno di eroi”. La nostra Italia,dal dopoguerra in poi,ne ha avuto bisogno,per la sua ricostruzione morale e materiale. Purtroppo,ne avrebbe ancora bisogno. E molto. Anche per questo,è chiamata a ricordare e onorare gli eroi scomparsi. Come Giuliano Vassalli.


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