mercoledì 30 aprile 2014

Ancona 1914: sconfitto il riformismo italiano

di Alfonso Maria Capriolo  

Il 26, 27 e 28 aprile 1914, giusto cento anni fa, si svolse ad Ancona il XIV Congresso nazionale del Partito Socialista Italiano. E’ un Congresso a cui non viene dato grande rilievo dagli storici, essendo avvenuto a ridosso di eventi ben più importanti, come l’attentato mortale all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria a Sarajevo il 28 giugno 1914, che costituì il pretesto per scatenare la 1° Guerra Mondiale.
Il Congresso di Ancona sancì, all’interno del PSI, l’incontestabile vittoria dell’ala massimalista e la definitiva sconfitta dei riformisti, presenti soprattutto nel Gruppo parlamentare e nella C.G.L., già messi in minoranza nel precedente Congresso di Reggio Emilia del 1912. Già la scelta della sede del Congresso era stata fatta per mettere i massimalisti in posizione di vantaggio: Ancona era considerata all’epoca la città più “rivoluzionaria” d’Italia, tant’è che il Sindacato dei Ferrovieri d’ispirazione massimalista (contrapposto a quello aderente alla Confederazione Generale del Lavoro, considerato troppo riformista e “contaminato” dalla presenza di lavoratori non socialisti) vi aveva trasferito la propria sede nazionale.
La presenza in città di figure importanti, come Errico Malatesta fra gli anarchici e Pietro Nenni, allora direttore del periodico repubblicano di Ancona, il “Lucifero”, dava vita ad un dibattito politico molto duro e infuocato, con forti tensioni sociali. Il Congresso socialista fu improntato all’esaltazione dell’intransigenza rivoluzionaria ed al dileggio dei riformisti, considerati quasi dei traditori della classe operaia.
Infatti, si consideravano ormai maturi i tempi per l’abbattimento del potere borghese, per cui ci si richiamava continuamente alla “purezza” ideologica, rifiutando ogni compromesso ed ogni gradualismo. Eppure, negli anni precedenti, erano stati conseguiti importanti miglioramenti della condizione di vita e di lavoro del popolo, grazie all’azione riformista di Filippo Turati e degli altri parlamentari socialisti (tra cui l’anconetano Alessandro Bocconi) ed alle aperture alle forze popolari del Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti. La diffusione delle Leghe bracciantili, delle Società di Mutuo Soccorso e la nascita del sindacato avevano consentito ai lavoratori di avere una rappresentanza capace di contrattare con il padronato e di spuntare condizioni di orario e di salario migliori.
Invece di proseguire queste positive esperienze riformiste, il Congresso di Ancona del 1914, in nome dell’intransigenza, bocciò l’ipotesi di alleanze con le altre forze popolari, come i repubblicani ed i popolari, per le elezioni amministrative del giugno 1914, e sancì l’incompatibilità tra l’iscrizione al Partito e l’appartenenza alla massoneria, il che porterà ad un grave indebolimento del PSI, con l’espulsione di molti quadri e dirigenti storici del Partito, appartenenti per lo più all’ala riformista. Nella polemica per l’intransigenza ideologica e contro la massoneria si distinse il battagliero direttore dell’Avanti!, Benito Mussolini, insediato l’anno prima alla direzione del quotidiano socialista, dopo l’estromissione del riformista Claudio Treves.
Gli tenne testa un giovane delegato del Polesine, Giacomo Matteotti, quasi anticipando quella contrapposizione che, dieci anni dopo, avrebbe condotto all’assassinio del leader dei socialisti riformisti, con l’avallo del capo del fascismo. Il Congresso avallò, a grande maggioranza, le scelte massimaliste, riconfermando Segretario Costantino Lazzari e tributando una mozione di plauso a Mussolini, per i successi di diffusione e di vendite del giornale del Partito.
Fu probabilmente in quest’occasione che il futuro duce cominciò a rendersi conto che la sua oratoria roboante, le sue uscite iperboliche, le sue argomentazioni populistiche potevano portarlo lontano, alla guida di masse che lo applaudivano freneticamente, ma che egli in realtà disprezzava. La sconfitta dei riformisti nel Congresso di Ancona determinerà sempre più l’affermarsi di una concezione ideologica e velleitaria dell’azione socialista, che, dopo la Grande Guerra e la Rivoluzione d’Ottobre in Russia, porterà poi nel 1921 alla scissione comunista, e contribuirà all’affermazione del fascismo, presentatosi anch’esso inizialmente come movimento rivoluzionario ed antiborghese.

Alfonso Maria Capriolo
Direzione Regionale PSI Marche

lunedì 7 aprile 2014

CONTRASTARE IL RENZISMO CON UN PROGETTO ORGANICO E RAZIONALE E NON CON LE GRIDA

di Giuseppe Giudice

Mi è capitato spesso di incontrare gente che ha votato Grillo ed oggi ha simpatia per Renzi. "questo è uno che non fa chiacchiere inutili" è il commento più comune. Non ho la pretesa di fare un sondaggio, per carità, e sottolineo che costoro sono persone che non hanno un elevato livello culturale. Come purtroppo del ...resto il grosso del corpo elettorale. Claudio Signorile diceva che il più grande merito di Pietro Nenni era il suo profondo "senso del popolo" ( termine che preferisco all'intellettualistico "connessione sentimentale"). UN leader cioè che aveva la capacità di comprendere gli umori più profondi che agitano la società, e la povera gente in particolare. Nella politica occorre saper combinare insieme un Nenni ed un Lombardi: senso del popolo e capacità di leggere i mutamenti della società e dell'economia. Cose che mancano entrambe oggi. Nenni con il suo senso del popolo aveva sviluppato un grande carisma che andava ben oltre i confini de PSI. Sapeva esprimere concetti profondi con parole semplici e comprensibili da tutti. Famosi i suoi slogan: "un governo debole con i forti e forte con i deboli; "o la REpubblca o il caos": "a sinistra c'è sempre uno più puro che ti epura"; ecc. Naturalmente avere senso del popolo non significa inseguire gli umori effimeri ma saper dare risposte forti alle esigenze ed i bisogni. IL relativo successo di un saltimbanco come REnzi (che come sottolineava Barca manca completamente di una base culturale seria) è il frutto di una assenza di una sinistra in grado di avere idee e di saperle mettere in sintonia con le domande sociali. E questo perchè la sinistra "per caso" della II Repubblica è fatta in larga misura di apparati autoreferenziali (frutto della putrefazione di un postcomunismo senza idee) , di una tendenza alla burocratizzazione del sindacato che poi impedisce allo stesso di sviluppare coerentemente anche giuste intuizioni (basta vedere il Piano del Lavoro della CGIL rimasto sulla carta) e non fatto comprendere nelle sue linee essenziali per non disturbare il manovratore (cioè Letta). In una Italia che è stata una delle nazioni più colpite dalla grave crisi economica e sociale si sono persi due anni a discutere delle perversioni sessuali di Belusconi (quante trasmissioni ha fatto SAntoro nel merito?) che non rivestono alcun interesse per chi ha perso il lavoro, per chi vive il dramma della precarietà e della povertà. Come non interessano i noiosissimi appelli di uno jettatore come Rodotà. La costituzione la sta difendendo il compagno FElice Besostri che ventre a terra va nei circoli ARCI e nelle Camere del Lavoro a spegare come il maggioritario (quando mai un Rodotà ha contestato il Mattarellum) poi alla fine produce un sistema che rafforza i poteri non democratici a tutto scapito degli stessi diritti dei lavoratori. Insomma c'è stata una interminabile produzione di chiacchiere per mezzo di chiacchiere. Ed alla fine la gente si rompe i coglioni perchè poi si rende conto della inutilità della politica e si rivolge o a Grillo o ad una sua variante come Renzi. Fra l'altro la debolezza della politica permette lo scatenarsi di una battaglia ipocrita contro la "Casta" ipocrita perchè fatta da una altra casta fatta da gente di merda come i iornalisti che guadagnano più dei politici. Inoltre sulla crisi della politica a sinistra pesa la putrefazione dell'apparato postcomunista che ha avuto in D'Alema e nel dalemismo (con la nota fabbrica di polli di batteria chiamata "Fondazione Italiani-Europei") la sua punta di diamante. Ecco perchè poi Renzi diventa inarrestabile. Purtroppo. E c'è da dire che a sinistra de PD c'è il vuoto, dato che si dà spazio ad uno come Fratoianni che porta quel poco che c'è nella braccia di intellettualucoli che hanno promosso una Lista costruita dagli "scalfariani di sinistra". Noi possiamo criticare (e giustamente) Hollande, soprattutto per la sua debolezza verso la Merkel. E possiamo criticare la nomina di Valls. Ma il PS è ben altra cosa rspetto al disastro della sinistra italiana. Nel nuovo governo francese c'è comunque un equilibrio politico. MInistro della economia c'è un certo Montembourg (altro che Fassina!) che non solo è esponente della sinistra del partito ma è uno che non ha avuto paura di scontrarsi duramente con la commissione europea sul caso Peugeot, è accusato dai liberisti di essere un protezionista (una accusa che quelli della Bocconi-senza coglioni - rivolgono a ch difende gli interessi de lavoratori e dell'economia nazionale). E' un convinto nemico dell'austerità E sostitusce un personaggio incolore (benchè ex trotzkista) come Moscovici che è stato subalterno alla Germania ed alla Trojka. Insomma per superare in positivo Renzi occorre costruire un nuovo paradigma che ci tolga dai coglioni D'Alema, Santoro e Rodotà, che per quanto diversi sono tutti emblemi del disfacimento della II Repubblica.

Giuseppe Giudice

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