venerdì 13 ottobre 2017

FALCONE E MONTANARI PRESENTANO QUARTO POLO CIVICO PER UNA LISTA NAZIONALE UNICA

"Non sarà un percorso breve, non sarà una strada facile, ci saranno momenti duri, battute d'arresto, ostacoli e impedimenti di ogni genere.
Ma nei prossimi anni in Italia può tornare a esistere un grande partito di sinistra, deciso a proporre una rivoluzione socialista all'altezza del nostro tempo. Che questo faccia paura a chi ha molto da perdere se le cose dovessero cambiare, è naturale.
Chi, invece, le cose vuole cambiarle, ora deve guardare alla situazione concreta con tranquilla lucidità, e mettersi al lavoro con determinazione. E anche con passione."
Roma. “ll momento è ora. Crediamo non si possa più aspettare, perché manca nell’offerta politica un progetto innovativo “. Lo sostengono Anna Falcone, avvocata, già vicepresidente del Comitato per il No alla Riforma Costituzionale, e Tomaso Montanari, storico dell’arte all’Università Federico II di Napoli, presidente di Libertà e Giustizia. Entrambi sottolineano -in un’affollata conferenza stampa, tenuta alla Stampa Romana- che l’approdo è quello naturale e coerente, cominciato col percorso del 18 giugno al Teatro Brancaccio di Roma e, prima ancora, con il Comitato referendario del No.
“Di fronte all’ennesima legge elettorale-truffa, a un dibattito mediatico-politico concentrato su leadership e personalismi -affermano- invece che sulle soluzioni ai problemi e la costruzione di una nuova visione di società e di Paese, una parte importante di cittadini elettori si sta chiedendo se andare o no a votare alle politiche”, col rischio di trovarsi davanti “all’ennesimo Parlamento di nominati e all’incapacità di rappresentare chi non ha voce, di contrastare la precarietà dei più e la quasi totalità dei giovani, di proporre un modello sociale più giusto, inclusivo, solidale”. Capace di rovesciare “la scandalosa realtà di questo mondo”, come dice papa Francesco.
 Per questo “non basta il professionismo politico, ma occorre un progetto unitario più grande e ambizioso dei singoli pezzi, che vada oltre le elezioni e abbia come denominatore comune il contrasto alle politiche neoliberiste che in questi anni hanno decapitato diritti, futuro e ruolo della sovranità popolare e delle istituzioni”. E’ tempo “di immaginare una politica e un governo nell’interesse della maggioranza delle persone, un mezzo non un fine. Perciò consideriamo chiusa la stagione del centro-sinistra: serve costruire una Sinistra che ancora non c’è”.
Si parte dal ‘mito fondativo’ di una vittoria, quella del 4 dicembre, con una fortissima richiesta di partecipazione. “Non ci basta più difendere Costituzione e Stato democratico di diritto, vogliamo costruire un fronte alternativo al pensiero unico neoliberista” per costruire un quarto Polo civico e di Sinistra che confluisca in una lista nazionale e poi in un soggetto politico. “Un progetto stabile e credibile, più grande e ambizioso dei singoli partiti e movimenti”, che permetta la liberazione in Italia di energie che altrove hanno dato vita a Podemos (Spagna) e al nuovo Partito laburista di Corbyn (Gran Bretagna).
Quanto accade in Europa insegna che “la Sinistra vince solo se è unita su programmi radicali e innovativi, senza appoggio a forze conservatrici. Dobbiamo mettere insieme i presupposti per un umanesimo globale, con vecchi e nuovi diritti, come quelli a una partecipazione democratica reale, al tempo, alla felicità. La dimensione nazionale non è sufficiente e rafforzeremo perciò i rapporti con altri movimenti europei”.
“Nonostante il dibattito politico sia concentrato sui cambi d’umore di un ‘leader’ autodesignato e divisivo, nei nostri incontri in Italia (Cento piazze per il programma) si è ritrovato un solo popolo formato da studenti, cittadini senza tessera, militanti in partiti e movimenti di sinistra, delusi da Pd e politica, chi non vota più o esprime voto di protesta. Chiedono una forza unitaria e popolare che si occupi di lavoro, redistribuzione della ricchezza, tutela di ambiente e clima, diritto a salute e istruzione, pace e accoglienza dei migranti”.
Le assemblee culmineranno in un incontro nazionale, a novembre. Intanto Falcone e Montanari verificheranno, coi responsabili delle forze politiche alternative alle destre e al Pd, la possibilità di costruire un calendario e un metodo condivisi dalle forze civiche e politiche, in modo che -prima della fine d’anno- si arrivi a una lista unica per le prossime elezioni.
Il metodo si fonda sulla partecipazione dal basso “per eleggere col metodo una testa un voto un’assemblea in vista del programma finale, che candidi persone che siano espressione dei cittadini, con ampio spazio a donne e giovani”. E’ definito “inaccettabile” il modello mediatico e ambiguo delle primarie: va valorizzato piuttosto l’impegno di chi si spende in attività politiche, sociali, di volontariato. “Noi crediamo che un comitato di facilitatori non candidati debba assumere un ruolo di garanzia in questo processo”.
Falcone e Montanari ribadiscono, infine, che non si candideranno, che sono aperti a Sinistra Italiana, Possibile, Mdp, Rifondazione Comunista, l’Altra Europa e a diverse altre sigle, le quali però rappresentano “solo una piccola parte della sinistra civica, larga, democratica e inclusiva che va costruita”. Necessario a tal fine un radicale rinnovamento “di linguaggio e leadership, anche generazionale, che rappresenti nei volti e nelle storie l’espressione dei cittadini e dei territori per una sinistra diversa da esperienze passate, con lo sguardo rivolto al futuro, finalmente credibile”.

giovedì 12 ottobre 2017

DIECI MODESTI CONSIGLI - di Alberto Benzoni

"Dieci modesti consigli a coloro che - chiusa, almeno si spera, la noiosissima telenovela Pisapia - si apprestano a formare la lista dell’opposizione di sinistra alle prossime elezioni politiche.

#Primo: il nome.
ALBERTO  BENZONI
La scelta è tra un nome che rassicuri i vostri iscritti in merito alla vostra natura e un nome che coinvolga i vostri potenziali elettori in merito ai vostri propositi. Personalmente suggerirei la seconda che ho scritto. Perchè le “parole della sinistra” sono, diciamo così abbastanza logorate, dall’uso puramente retorico di cui sono state oggetto e, insieme, dal dominio che la destra, i suoi valori e le sue ricette, stanno esercitando sul nostro “senso comune”. E perché il nome ha a che fare con il vostro atto di nascita.

#Secondo: l'atto di nascita.
Qui i casi sono due. Potreste confermare, con il vostro silenzio, il fatto che la lista nasce come il riflesso della scissione di Art.1; insomma come il riflesso di una bega interna al PD di Renzi, con l’aggiunta di forti connotati personalistici. Questo dicono e diranno, del resto, quelli del PD, Pisapia e la grande stampa di regime (pardon, di opinione). Un’ottima ragione perché non diate alcuno spazio a questa tesi; e perché affermiate quello che avrebbe dovuto essere chiaro sin dal principio: e cioè che vostro punto di riferimento non è la scissione e/o il futuro atteggiamento da tenere nei confronti del PD ma il referendum del 4 dicembre e la necessità di rispondere alle attese di gran parte del popolo del No.

#Terzo: gli obbiettivi.
Capisco che il tema del PD appassioni: sicuramente è così per Art.1; probabilmente lo è anche per altri, magari per ragioni poco nobili ma sicuramente comprensibili. E però è un tema divisivo per gli addetti ai lavori; né tale per portarvi i consensi di quelli che non sono interessati alla faccenda. Parlatene allora, tra di voi e, soprattutto, agli elettori il meno possibile: vi basterà dire, a quelli che vi attaccheranno in nome del “voto utile”, che il vostro obbiettivo è quello di richiamare a voi un elettorato di Sinistra, rifugiato nell’astensione o disperso in altre direzioni; e che il vostro voto servirà non solo a creare in Parlamento una forte componente di Sinistra ma anche a favorire coloro che all’interno dello stesso PD contestano la deriva verso destra. A coloro che, poi, vi accuseranno di rifugiarvi in un ruolo di pura testimonianza, potrete tranquillamente rispondere che intendete operare come Sinistra di governo; il che è esattamente il ruolo che pretendono da voi, almeno potenzialmente, quelli che hanno votato No il 4 dicembre.

#Quarto: la carta d’identità dello schieramento che si va formando.
A partire dal significato della parola “Sinistra di governo” nel solito “senso comune” costruito nel corso di questi anni, si è "di governo" solo se ci si propone di andarvi, magari accroccandosi con il possibile/probabile vincente della contesa. Mentre se si sta fuori, magari per scelta, o si è estremisti o si è irrilevanti.
Ma in realtà non è così. In realtà si può benissimo influenzare il corso delle cose, dico influenzarlo concretamente, anche stando all’opposizione: come dimostra ampiamente, in termini di conquiste del mondo del lavoro, l’esperienza delle socialdemocrazie nel secolo scorso e quella della sinistra italiana nel corso di tutta la Prima Repubblica. Così, se si può essere “di governo” rinunciando ad essere di Sinistra, si può benissimo governare, e cioè cercare di influire concretamente sul corso delle cose, stando alla opposizione. Da più di vent’anni agli sconfitti della globalizzazione, dell’ordoliberismo e dell’austerità a senso unico è stato spiegato che si trattava di processi obbligati e senza alternative; una visione delle cose cui hanno indubbiamente contribuito quanti, dall’opposizione hanno sostenuto che nell’attuale assetto nazionale ed europeo non c’era alcuna possibilità di cambiare le cose. L’impegno della nuova sinistra radicale (ma, proprio per questo, non estremista) sarà di dimostrare che questo non è vero dando battaglia con proposte alternative insieme razionali e ragionevoli, a livello interno e internazionale.

#Quinto: il programma.
Nell’interpretazione consolidata si tratterebbe di ascoltare le persone, di prendere atto delle loro varie richieste e/o aspettative, così da tradurle in un insieme di impegni. E’ il procedimento illustrato, nel suo peggio, dal programma messo insieme da Prodi nel 2006: duecento e più pagine che comprendevano, tra l’altro, una serie di provvedimenti a sostegno degli artisti di strada. Una mistura oggi improponibile. E’ allora il caso di procedere in senso inverso. Prima l’enunciazione chiara delle “idee forza” alla base della formazione di una lista unica: pace, recupero del ruolo dello Stato e del pubblico a difesa della comunità nazionale, controllo dei flussi accompagnato da un forte impegno per l’integrazione, rivalutazione concreta del ruolo della politica contro un giustizialismo cialtrone, lotta alle disuguaglianze sociali e territoriali, recupero dei valori e dei contenuti della democrazia, a livello centrale e locale. Poi (o più esattamente insieme) il coinvolgimento dei cittadini nel compito di dare a queste enunciazioni carne e sangue.

#Sesto: le modalità di formazione della lista
Qui si contrappongono, per lo più disastrosamente, la cucina politico-partitica e il mito della “nascita dal basso”. Possibile una mediazione ? Probabilmente sì. Necessario, allora, prendere atto che, nella attuale situazione, dove non esiste, tra l’altro, nessuno autorizzato ad alzare la bandiera e a dire “seguitemi”, per partire insieme occorrerà un accordo tra partiti e movimenti intorno ad un documento comune. Ma per non dover rimanere in questa cucina, sarebbe il caso che i contraenti, agendo di concerto, promuovessero le più ampie aggregazioni a livello territoriale, aprendo agli apolidi e a gruppi e/o personalità di ogni ordine e grado. Aggiungendo, già che ci siamo, che alle realtà locali va dato ampio spazio non solo nella conduzione della campagna elettorale ma anche nella formazione delle liste. Magari utilizzando, a questo livello, lo strumento delle primarie.

#Settimo: il rifiuto di ogni discriminazione, specie se basata sugli atteggiamenti tenuti da singoli e/o gruppi nel passato.
Un meccanismo, per inciso, che, se applicato rigorosamente, non salverebbe praticamente nessuno. Necessario, comunque, il pentimento: e, per valutarne la natura, le considerazioni dei casuisti gesuiti del Seicento: questi distinguevano, nel caso specifico, l’ ”attritio cordis” (leggi la rinuncia, magari anche sincera, a proseguire lungo le vie del passato dettata però dal timore di pagarne le conseguenze) dalla vera “contritio” ovvero l’orrore per le azioni compiute unito alla volontà di non ripeterle mai più. Personalmente sarei di manica larga, prendendo per buone le dichiarazioni non solo di D’Alema e di altri esponenti MDP ma anche di Di Pietro. Non foss’altro perché essere rigorosi metterebbe a rischio tutta l’operazione. Salvo a verificarne l’autenticità in corso d’opera.

#Ottavo: la ricerca del leader.
Anche perché la tragicomica vicenda Pisapia dimostra l’inanità di qualsiasi operazione di questo tipo. Dopo tutto, non si tratta di scegliere il futuro presidente del consiglio, né un leader da seguire perché ci garantisce le migliori fortune. Mentre non vedo in giro leader carismatici tali da bucare lo schermo o da trascinare le folle. Forse ne troveremo diversi lungo il corso dei prossimi mesi anche se in proporzioni limitate; l’essenziale, qui e oggi è di costruire un gruppo dirigente interessato al successo del nostro progetto più che a quello del suo gruppo di appartenenza.

#Nono, l’idea di lista unica, anche, se non soprattutto, per ragioni di pura sopravvivenza. Ma ciò non rende affatto la nostra situazione analoga a quella dell’Arcobaleno del 2008. Allora i partiti contraenti impostarono la partita in termini di convenienza elettorale, ma in una situazione in cui la frattura con il PD era lungi dall’essersi consumata e in cui non era in gioco l’esistenza stessa di una Sinistra di opposizione. Oggi, ed è inutile spiegare perchè, la "Sinistra di governo", a rottura consumata, ha l’assoluta necessità di distruggerci.
#Decimo. Un’analisi sommaria di quello che sta succedendo in quasi tutta l’Europa occidentale.
Dove alla crisi, politica ed elettorale della SInistra di governo, corrisponde la nascita di una nuova Sinistra di opposizione: spesso più forte delle tradizionali formazioni socialdemocratiche; sempre intorno a percentuali a due cifre. Da noi, pur in presenza di un PD sicuramente caratterizzato, esso sì, da una mutazione genetica siamo stati, sino ad oggi, deboli e divisi. Oggi, si vuole la nostra sparizione o comunque la condanna ad una sostanziale irrilevanza. Difendere, allora, la nostra esistenza, ad ogni costo e contro tutto e tutti, diventa allora, un’esigenza politica che fa premio su ogni altra considerazione. Non siamo, né saremo nell’immediato futuro, alla vigilia di Vittorio Veneto; ma senza difendere, oggi, la linea del Piave non ci potrà essere in futuro, nessuna Vittorio Veneto".


Alberto Benzoni 

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