domenica 18 aprile 2010

Emergency, liberati a Kabul i tre operatori

Emergency, liberati a Kabul i tre operatori
Hanno trascorso le ultime 48 ore non in prigione.
"In Italia nelle prossime ore"

ANSA, ROMA - I tre operatori italiani di Emergency arrestati a Kabul sono stati rilasciati. Secondo quanto rende noto la stessa organizzazione, si stanno dirigendo verso l'ambasciata italiana a Kabul.

Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha espresso il suo "vivo compiacimento per la positiva conclusione" della vicenda che aveva condotto sabato scorso al fermo dei tre medici italiani a Lashkar-gah, nella provincia di Helmand. Lo si apprende alla Farnesina.

"Abbiamo ottenuto quello che era il nostro obiettivo prioritario, e cioé la libertà per i nostri connazionali senza mettere in discussione la nostra posizione di ferma solidarietà con le istituzioni afghane e la coalizione internazionale".

Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, commentando la liberazione dei tre operatori di Emergency. Il rilascio dei tre cooperanti di Emergency a Kabul "é il risultato dell'intensa azione condotta dalla diplomazia italiana che ha agito con straordinaria professionalità e discrezione, nel rispetto delle istituzioni afghane che l'Italia e la comunità internazionale stanno aiutando a crescere".

"Vorrei condividere le nostre felicitazioni, in particolare con i familiari dei tre italiani con cui mi sono anche personalmente tenuto in contatto in questi giorni, che ho tenuto subito ad informare degli sviluppi positivi odierni e di cui ho sinceramente apprezzato il comportamento responsabile tenuto in questi giorni difficili per tutti". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, commentando il rilascio dei tre cooperanti di Emergency che erano stati arrestati sabato scorso in Afghanistan. "Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla soluzione positiva del caso", ha aggiunto il titolare della Farnesina.

LE ULTIME 48 ORE NON IN PRIGIONE - I tre operatori di Emergency, secondo quanto si è appreso, hanno trascorso le ultime 48 ore non in prigione, ma in una guest house, dove hanno potuto cambiarsi e muoversi con una certa libertà. Le autorità giudiziarie afgane hanno ritenuto che le prove a carico dei tre italiani non sono sufficienti a giustificarne la detenzione, anche se l'inchiesta sull'episodio continua per fare luce sulla presenza delle armi e delle munizioni nell'ospedale di Laskhar Gah. La vicenda dei tre italiani, viene sottolineato dalle fonti, é stata affrontata dalle autorità locali con una attenzione e una rapidità inedite per gli standard afgani, per un fatto del genere. Dunque, una soluzione positiva cui si è potuti giungere - viene ancora rilevato -, grazie all'importante lavoro della Diplomazia italiana e del'Aise in Afghanistan e grazie a quello che viene definito il"ruolo determinante" svolto da Saleh, il capo della Nds, i servizi segreti afgani.

CECILIA STRADA, LIBERI GRAZIE A IMPEGNO DI TUTTI - "Siamo molto, molto felici che i nostri tre operatori siano stati finalmente liberati e che abbiano potuto contattare le loro famiglie dopo otto giorni di angoscia": è il commento 'a caldo' di Cecilia Strada, presidente di Emergency e figlia di Gino Strada, pochi minuti dopo l'annuncio della liberazione a Kabul di Marco Garatti, Matteo Pagani e Matteo Dell'Aira. "Non avevamo dubbi sul fatto che tutto si sarebbe risolto bene - ha detto Cecilia Strada - perché abbiamo sempre saputo che sono innocenti, così come lo sapevano le centinaia di migliaia di cittadini italiani che ci hanno sostenuto in questi giorni". I tre operatori, ha detto, stanno bene e sono felici di essere liberi. In questo momento si trovano nell'Ambasciata italiana a Kabul. Una liberazione, quella dei tre operatori arrestati nove giorni fa, che secondo Emergency è stata possibile "grazie al lavoro di tutti coloro che si sono adoperati in questi giorni". Non sa ancora, Cecilia Strada, se e quando i tre operatori potranno tornare in Italia: "Ora è il momento della gioia, poi si ragionerà su cosa fare".

venerdì 16 aprile 2010

La sfida della Lega Socialista Federalista al congresso del PSI

La sfida della Lega Socialista
Federalista al congresso del PSI

di Carolus Felix

Ho letto l’ultimo articolo di Biscardini su “L’Avanti” in merito al prossimo appuntamento congressuale e devo dire sinceramente che mi sono commosso: tanto fervore, tanto attaccamento, tanta voglia di restare orgogliosamente socialisti, pur dentro un partito che è ridotto al lumicino, con una sola linea, un direttivo, e magari pure sempre con lo stesso capo, è davvero straordinaria. Peccato che manchi a tutto ciò anche un.. “popolo”
Il popolo socialista infatti non c’è più intorno a questo partito, e le ultime percentuali elettorali lo dimostrano ampiamente. La “notte” dunque è ancora molto lunga ed oscura e quella disegnata da Biscardini non pare proprio una stella cometa. Si dice inoltre che “il congresso non può avere per tema neppure la creazione di ipotetiche federazioni, quella con i piccoli partiti, quella con SEL o quella con il PD.” E viene però da chiedersi conseguentemente: “Chi deciderà poi le doverose alleanze che, in ogni appuntamento elettorale, si rendono necessarie per eleggere i candidati socialisti?” Abbiamo visto chiaramente che nelle elezioni regionali ben 7 candidati sono stati eletti con SEL, e in Toscana invece lo stesso è accaduto, anche se in numero nettamente inferiore, con il PD. Ma la risposta è sottintesa e arriva puntuale con le conclusioni dell’articolo. Non saranno gli iscritti, i componenti già piuttosto scarsini in tutta Italia del partito a decidere la sua linea politica, magari proprio approfittando di questa occasione congressuale, bensì la sua struttura centrale, i suoi organi direttivi, i dirigenti..insomma i capi, fidatevi! E basta.. Infatti pare che il tutto sia stato già deciso e si basi su un atto di fede, si badi però, più che su un’idea, sui suoi inossidabili depositari. Così infatti conclude Biscardini: “Perfezionare un diverso modo di essere partito. Un partito che sa riorganizzare e consolidare al centro un gruppo dirigente nazionale. Solidale e unito. Che si giochi la faccia e la “vita” da qui al 2013 per l’affermazione del partito. Che non anteponga interessi o aspettative locali, pur legittime, agli interessi dell’unità organica del partito nazionale. Un gruppo dirigente nazionale, non in quanto sommatoria di rappresentanze locali, come è stato sostanzialmente finora, ma proprio perché nazionale, capace di promuovere nuovi gruppi dirigenti locali e nuove energie.” Così, mentre altrove nascono e crescono nuove forme di democrazia partecipativa “fabbricate” letteralmente dal basso, in mezzo alla società civile, mentre la questione federalista e il decentramento come riscoperta di nuove forme di aggregazione e di soddisfacimento di bisogni popolari, emerge con prepotenza, portando avanti la Lega Nord e i grillini, i socialisti devono ribadire la loro fedeltà “al centro”, al “gruppo dirigente nazionale”, che però non si rinnova al suo interno ma, al contrario, rinnova lui stesso e promuove i nuovi gruppi dirigenti locali. Una strategia del tutto centralista direi, degna di un partito del “socialismo reale” e che, affermata da una piccola componente politica in via di estinzione, fa in modo che la commovente pietà lasci il posto all’irrefrenabile riso. Chi non ha perduto la memoria dei padri del Socialismo a questo punto, non può che ricordare Salvemini, quando criticava il centralismo sia dei riformisti, sia dei massimalisti: “L’onorevole Turati –scrisse –fabbricherebbe il nuovo mondo con decreti reali; l’onorevole Bombacci con decreti della direzione del partito” Il problema è infatti che proprio la centralizzazione delle attività e delle scelte di questo partito lo ha portato nella condizione in cui si trova ora, ed è necessario, per questo motivo, rifondarlo. Si deve dunque, per rimuovere quella sorta di “damnatio memoriae” che incombe sul nome stesso del socialismo italiano, mettere una pesantissima pietra tombale su ogni forma di conduzione centralistica e autocratica che, sappiamo bene, soprattutto dai tempi di Bettino Craxi, ha prodotto, nell’immaginario collettivo degli italiani, la desertificazione del senso stesso dell’essere socialisti in Italia. Noi dunque che ci riconosciamo nella storia e nei valori del Socialismo italiano, che abbiamo cercato di non chiuderci in un ristretto ovile, per poi cercare solo furtive sortite per ingannare il lupo, ma che abbiamo cercato francescanamente di dialogare pure con lui e senza per altro uscirne sbranati ma, anzi, pure con qualche sporadica leccatina, noi che siamo ancorati alla sinistra italiana, perché pienamente convinti che socialismo non possa che essere, da sempre e per sempre, sinonimo di sinistra, tanto da rendere la parola sinistra, come accade nella stragrande maggioranza dei paesi più progrediti del mondo, persino superflua, ebbene, noi ribadiamo la necessità ineludibile di un confronto democratico congressuale. Per rinnovare profondamente la struttura dirigente del partito, per cambiare il senso stesso della parola “dirigente”, in modo che essa voglia dire indirizzare una linea politica ove essa è maggiormente condivisa e rappresenta bisogni reali e concreti di un popolo, piuttosto che strategie di apparentamento contingenti e strumentali alla gestione del territorio. Noi non vogliamo sciogliere il Partito Socialista, ma lottiamo affinché sia profondamente diverso, abbia nel suo interno una struttura non centralista ma federalista e, conseguentemente, lotti per un paese che abbia anche prospettive seriamente federaliste, nel senso più nobile del termine. Quelle già scritte ad esempio, nell’opera “Del principio federativo” di Poudhon, un autore spesso misconosciuto e avversato sia dai liberali che dai marxisti ortodossi, ma anche “usato”, come Rosselli, in senso meramente riformista, pur essendo insieme ad esso, a tutti gli effetti, un rivoluzionario. Così scriveva Rosselli nel 1935: “Riforma federalista – Autonomia – In luogo di uno stato centralizzato e di rapporti di soggezione, una società, federazione di gruppi, quanto più spontanei, liberi e ricchi di contenuto. Ogni uomo al centro di un sistema di rapporti. Ogni uomo incitato dalla organizzazione sociale, ad estrinsecare il massimo delle sue facoltà, le sue libertà, perché è un valore positivo, significa vita attiva della personalità” Per affermare ed attuale tutto ciò, molti di noi compagni socialisti stanno costituendo la Lega Socialista Federalista, una componente non scissionista se il Partito Socialista saprà accogliere le istanze del confronto delle mozioni nella democrazia e per il suo profondo rinnovamento interno, a partire dai suoi vertici. Una componente che, comunque vadano le cose, sta crescendo, si sta rapidamente consolidando in tutta Italia e che, per i nostri autentici valori, per la nostra identità e per la sua condivisione fraterna, andrà..Avanti!

giovedì 15 aprile 2010

Il PSI non esiste più !

Il PSI non esiste più !

di Daniele Del Bene

Ho preferito il silenzio in un momento in cui le parole potevano diventare l’ennesimo colpo di grazia a quelle che oramai erano e sono e rovine del Partito Socialista.

Le elezioni sono passate e non si poteva continuare a trattenere il respiro di fronte agli ultimi assalti ad una diligenza continuamente depredata.

Il tentativo di segnare un nuovo corso per i socialisti italiani, attraverso la Costituente Socialista, è fallito non per il venir meno delle sue potenzialità e tanto meno per l’esaurirsi della necessità del socialismo Democratico, oggi più che mai attuale e indispensabile. Le responsabilità sono da ricercare negli egoismi di una classe dirigente in parte motivata da soli interessi personali e in parte logorata dalle continue disgrazie di cui si è resa spesso protagonista. La Costituente non ha avuto il risultato sperato perchè è stata vista con paura da chi deteneva piccole posizioni di privilegio. Per queste ragioni ha subito grandi ritardi nel suo percorso, sempre per gli stessi motivi non la si è supportata e pubblicizzata come avrebbe meritato un evento di quella portata.
Ne è seguita , per quel che rimaneva, una linea politica quasi assente con la ricerca di una collocazione personale in vista delle imminenti elezioni politiche. Quanto prima cercando garanzie individuali dal Pd fino all’ultimo giorno utile. Preso atto delle pretese negate il gruppo dirigente ha fatto quello che oramai era troppo tardi fare: una battaglia a “spada tratta” contro il Pd e contro tutti, cercando di esaltare l’autonoma socialista. Ma le battaglie e quello che si è lo si dimostra giorno dopo giorno con tenacia e non solamente quando “ ai bambini viziati vengono tolte le caramelle”. In questi casi non si è più credibili e francamente si è poco utili dal punto di vista politico.
Non ancora contenti si sono affrontate le elezioni Europee con una lista, che pur avendo trovato terreno fecondo, ha visto venir meno il ruolo dei socialisti che avevano il dovere di caratterizzarla con un chiaro e visibile richiamo al socialismo europeo quale vincolo essenziale alla sua costituzione. Anche in questo caso ” il profumo” di possibili collocazioni ha fatto perdere di vista il proprio ruolo politico al gruppo dirigente socialista. Anche quella è storia irrimediabilmente passata… Le altre elezioni che sono seguite, senza un chiaro progetto politico, hanno ridotto allo stremo un Partito che già era entrato in un coma sempre più profondo.

L’ultimo e definitivo colpo di grazia è arrivato con le ultime elezioni regionali.
Venute meno le tavolate anche in banchetti divengono stimolanti..

Un gruppo dirigente in un momento di così grande difficoltà aveva il dovere di tenere con forza e senza tentennamenti le briglia del Partito indicando la strada da seguire. Questo non è avvenuto , le mani hanno mollato le briglie lasciando i cavalli liberi per meglio giustificare e consolidare piccole e misere collocazioni. I cavalli lasciati allo stato brado hanno cercato di sopravvivere come gli fosse più conveniente o al meglio di come potevano fare ormai stremati e abbandonati….


Viene tristezza a leggere la prima pagina dell’Avanti
dove un imponente titolo riporta : “Il Partito Socialista terza forza del centro sinistra “.
Non è necessario e comunque sarebbe umiliante per i socialisti commentare i risultati di un “Partito nazionale” che non era presente perchè privo di una linea e di un gruppo dirigente che fosse realmente presente a livello nazionale.

Parte di quelli che si considerano risultati sono invece le inutili misere mance per la ulteriore liquidazione di una grande storia politica…

Non serve commentare oltre, non serve saccheggiare ulteriormente una significativa storia strumentalizzando il nome di un grande Partito per aggiungere a quello attuale l’aggettivo “ltaliano” , non serve rispolverare la versione cartacea di una gloriosa testata come l’Avanti per dimostrare che un Partito esiste. Sono i socialisti dapprima e gli Italiani a seguire che hanno capito che il Partito Socialista a livello nazionale non esiste più.

Ciò che rimane è purtroppo legato a qualche piccolo interesse che va a fare leva in maniera ingiusta e insensibile sulla buona fede di migliaia di uomini e donne che non rinunciano per affetto, e perchè convinti della necessità una grande cultura politica, a mantenere una tessera socialista in tasca.

Contrariamente a quanto si possa pensare è grande necessità di una forte presenza socialista nel nostro paese e nella nostra epoca. Ve ne è esigenza per sopperire alle grandi ingiustizie che stanno soffocando i più deboli sempre più numerosi a vantaggio di un numero sempre più ristretto di uomini. Di questo nessuno si preoccupa più. Per questo nessuno ha più il coraggio di mettersi in discussione e di mettere in discussione piccole rendite. Si preferisce quando si può adeguarsi al sistema, prestando servizio in maniera riverente al più forte che consente di partecipare alla sua corte.

Una forte e significativa presenza socialista può rinascere solo da una nuova classe dirigente che abbia il coraggio di mettere in discussione l’attuale sistema politico, che sia capace di rinunciare a facili logiche di potere personale e che sappia scontrarsi con chi oggi, appropriandosi indebitamente della rappresentanza della sinistra nel nostro paese impedisce a questa di rinnovarsi e di ritrovare i propri fondamentali politici.

L’augurio è che i responsabili dell’ennesime disgrazie socialiste abbiano il senso del dovere nel mettersi a disposizione per sostenere una nuova e fresca classe dirigente o il buon gusto di mettersi da parte.

Su queste premesse i socialisti che non hanno mai perso la fede diano il loro contributo. Sostengano una nuova generazione che abbia coraggio e rinuncino a partecipare a qualsiasi nuova proposta in cui intravedano vecchie logiche.

lunedì 12 aprile 2010

AFGHANISTAN. CEFISI: INQUIETANTE L'ATTEGGIAMENTO DI FRATTINI

AFGHANISTAN. CEFISI:
INQUIETANTE L'ATTEGGIAMENTO DI FRATTINI

12/04/2010 - "L'accusa rivolta da alcune autorità afgane a tre operatori umanitari italiani di preparare un attentato dietro pagamento da parte dei talibani appare a prima vista fantasiosa e romanzesca”. Così Luca Cefisi, della segreteria nazionale del PSI. “E' ben più probabile che si tratti di un equivoco, di una vendetta o di un ricatto. Appare infatti davvero improbabile che tre professionisti di una seria e rispettata organizzazione umanitaria si dedichino a preparare cinture esplosive, sia pure dietro compensi mirabolanti”. Cefisi, che oltre che responsabile socialista per le questioni internazionali e componente dell'ufficio di presidenza del PSE è un esperto professionale di progetti umanitari, critica "l'atteggiamento davvero inquietante del governo, in particolare del ministro Frattini, che è sembrato in queste ore ‘scaricare’ i nostri concittadini, manifestando addirittura una teatrale preoccupazione per delle accuse poco verosimili. Un atteggiamento inaudito, che sembra venir meno al dovere istituzionale di tutelare dei lavoratori italiani all'estero e il buon esito dei loro progetti.

mercoledì 7 aprile 2010

Una nuova cultura per la Sinistra ? Dobbiamo costruirla insieme !

Una nuova cultura per la Sinistra ?
Dobbiamo costruirla insieme !

di Manfredi Mangano

Salve a tutti ! Sono tornato, dopo la pausa pasquale e post-elettorale, e come promesso non ho intenzione di lasciar morire questo blog, tutt'altro.
Proprio pochi giorni fa, Elisabetta (la mia ragazza N.d.A) ha comprato un libro sulla storia del Partito Socialista Italiano, e iniziata la lettura si è trovata a leggere di come siamo nati, nella Sala Sivori a Genova 118 anni fa, dando inizio a quella che fu una vera e propria storia di "apostolato laico".

La domanda sorge spontanea, e infatti la mia dolce metà me l'ha fatta quasi istantaneamente: ma che è rimasto oggi, di quello spirito, non solo nel Partito in cui militi, ma in tutta la Sinistra italiana ? Una provocazione, forse, ma tremendamente attuale, perchè effettivamente il primo problema di cui si è discusso, dopo queste elezioni regionali andate di certo bene nelle nostre Marche, ma non così tanto altrove, è stato quello di un possibile "volto nuovo" per il centrosinistra (il terzo in tre anni ? Abbiate pietà!), unito all'ampiezza della coalizione (Comunisti sì o comunisti no ? UDC sì o UDC no ? e così via).


Discorsi meramente politicisti, con il loro indubbio fondamento per carità, ma che non rispondono alla prima esigenza della nostra Sinistra: falliti i partiti di massa novecenteschi, dal PCI al PSI alla DC, fallito il modello veltroniano del partito liquido, cambiato drasticamente il mondo ... ch'addafà la Sinistra per tornare al governare ?


La prima risposta che penso dovremo porci è : CHI VOGLIAMO RAPPRESENTARE ?


Di per me, io continuo a considerare valida la distinzione di Bobbio Norberto, una delle autorità italiane della scienza politica, su cosa sia la destra e cosa la sinistra. La Sinistra dovrebbe essere la forza che più tende a difendere l'eguagilanza, sociale, economica e culturale. La destra quella che invece propone soluzioni più verticali, che siano messe in termini di "darwinismo sociale" liberista (solo i più forti sopravvivono) o in senso gerarchico, tradizionalista / religioso, o addirittura autoritario.


Di conseguenza, non credo che debba mutare il bacino di persone che vogliamo rappresentare: si tratta di tutti i ceti svantaggiati dall'attuale società, che dobbiamo almeno provare a promuovere in un'ottica di maggiore equità.


Ma quali sono oggi i ceti svantaggiati, e come è possibile coinvolgerli, dopo che il trionfo dell'individuo-consumatore
ha sgretolato le vecchie appartenenze di classe, e dopo che la globalizzazione dell'economia ha permesso al "Capitale"; alle risorse economiche, di muoversi dove vogliono, senza troppo preoccuparsi dell'opinione di chi lavora ? Personalmente, credo che il nostro sistema politico si sia andato strutturando, con l'ascesa di Berlusconi, su due opposte visioni del Paese: -I ceti imprenditoriali, nel 1994, venivano da un lungo periodo di sottomissione a partiti politici di centro, o addirittura di centrosinistra, come lo stesso PSI, che li imbrigliavano in un sistema protetto grazie alla spesa pubblica che sosteneva consumi e produzione, chiedendo in cambio regalie e aiuto clientelare. Il crollo di tutta la baracca fece emergere prepotente la voglia di "fare da sè" e di scrollarsi di dosso queste incrostazioni: la prima manifestazione di questo processo è stato ovviamente il secessionismo leghista, seguito dal "Nuovo Miracolo Italiano" di Berlusconi. - Una parte dei ceti popolari, quelli che venivano dal PCI e che poi si incontrarono con un pezzo della DC, veniva invece da una lunghissima storia di esclusione dal potere nazionale (ma non da quello locale), vissuta con una vera e propria mitologia dell'essere "diversi" dal resto dal Paese, visto come arretrato se non medievale. Tuttavia, arrivato al potere, il blocco sociale che sosteneva Berlusconi come "Thatcher all'amatriciana", uomo delle tasse basse, del libero licenziamento, della concorrenza e così via, si è reso conto che ... non gli conveniva una politica così ! Abituati da anni a vivere di incentivi, rottamazioni auto, cassa integrazioni e aiuti vari, doversi confrontare con economie come quella tedesca sul grande mercato mondiale senza l'aiuto offerto da strumenti come una moneta facilmente "sputtanabile" onde rendere più economiche le nostre merci, non era certo la prospettiva più rosea per molti imprenditori: non è un caso che le nostre imprese abbiano il tasso di ricerca e innovazione più basso del mondo occidentale, non sviluppino sinergie con le università, e come strategie di concorrenza puntino sui salari più bassi possibili, anzichè sulla qualità ! Da qui inizia la lunga marcia della destra italiana, dal liberismo a una concezione conservatrice, protezionista, anche un pò xenofoba, che le ha permesso negli anni di ottenere il consenso maggioritario anche di un mondo del lavoro sempre più spaesato. E perchè si è arrivati a questo ? Perchè arrivata al potere la sinistra, è successo il contrario: di fronte agli immensi problemi del Paese, forse prigionieri della vecchia idea di Marx che solo i paesi avanzati possono fare le rivoluzioni, i dirigenti della nostra sinistra hanno deciso che prima di "fare come la Svezia", bisognava diventare un pò più moderni. E per farlo, semplificando molto, hanno puntato tutto su tre cose: l'Europa come orizzonte salvifico, la rispettabilità presso gli imprenditori e le banche come strategia, i "diritti civili" come sostituto del vecchio programma rivoluzionario. Pensare all'Europa come all'unica nostra chance di salvezza è stato all'inizio un processo positivo, ci ha dato l'Euro, conti almeno un pò in ordine e il primo sforzo nazionale condiviso da lungo tempo. Ma oramai, dire che l'Europa è avanti e noi indietro non solo è una comoda via di fuga per spiegare le nostre sconfitte, ma è pure sbagliato: l'Europa, e Sarkono-Sarkozy lo dimostra, ci assomiglia sempre di più, in peggio ! La rispettabilità presso banche e imprenditori, anche incoraggiata dalla mentalità degli anni '90, l'Ulivo Mondiale, Clinton e compagnia bella, ha portato il centrosinistra a privatizzare tutto il privatizzabile, nel tentativo parossistico di far dimenticare al paese e al mondo la provenienza dal PCI di molti suoi uomini per essere più credibili e spendibili sui mass media. Il risultato, combinato con la metamorfosi della destra di cui sopra, si è svelato in tutta la sua devastante pesantezza in combinazione coll'ultimo fattore. Venute meno le speranze di rinnovare radicalmente la distribuzione della ricchezza, sopratutto da parte dell'estrema sinistra si è sostituito il vecchio vangelo rivoluzionario con una enfasi ossessiva sulla polemica con la Chiesa e sui diritti civili, dai glbt ai migranti, sacrosanta e necessaria per una civiltà avanzata, ma che è diventata l'unico discrimine della politica. Il disastro è stato, però, che la necessità di contrastare il berlusconismo e l'alleanza coi poteri forti avevano intanto costretto la sinistra a venire a patti con esponenti politici conservatori, fino a farci un nuovo partito, il Partito Democratico: e chiaramente, quando l'unica cosa di cui riesci a parlare, per poterti distinguere, sono i matrimoni omosessuali, è chiaro che se ti tieni dei democristiani dentro casa finirai per litigarci. Detto fatto, da due anni la sinistra del PD e la sua "destra" continuano a litigare sui diritti civili, al punto da non riuscire a definire cosa sia, quale cultura politica esprima, il Partito Democratico, in un dibattito che non appassiona nessuno, e che giocoforza ha portato i ceti popolari a guardare verso destra: una destra che, in un momento di crisi, ha fatto un'offerta molto semplice. "Tu hai poco, l'immigrato potrebbe farti concorrenza, se ci aiuti a cacciarlo via noi quel poco che hai te lo garantiamo". Una logica falsa, pericolosa e che nasconde ai lavoratori i veri protagonisti dello sfruttamento: ma che funzionato. Oggi, abbiamo un grande problema, ma anche una opportunità storica. Il grande problema è che il centrosinistra è a pezzi, non sa che pesci pigliare e nel suo frenetico tentativo di tenere assieme pulsioni radical-chic e rispettabilità "col centro", è una specie di schizoide senza psicofarmaci. L'opportunità storica è riassunta dalla vittoria del compagno Vendola in Puglia: in una regione agricola, del profondo Sud, con forti interessi economici locali e una altrettanto forte religiosità popolare, a pochi chilometri dalla costa albanese, ha vinto le elezioni un omosessuale dichiarato, cattolico praticante ma favorevole a ogni estensione immaginabile dei diritti civili. E perchè ce l'ha fatta ? Io un'idea ce l'ho, ha vinto grazie al modo e alle persone con cui ha parlato. Vendola in televisione fa pena. E' troppo "meridionale" per arrivare al punto e bucare il video, gesticola, poeteggia e così via. Ma sul territorio batte ogni villaggio sperduto, fa comizi fantastici, fa sognare la gente, e sopratutto la organizza. La organizza sui problemi quotidiani, con le sue Fabbriche, facendola partecipare direttamente: riesce a inserirla in una Storia che parte dai nostri casini di tutti i giorni, e da lì può tranquillamente arrivare a parlare di coppie di fatto o diritti degli immigrati. Perchè è costruita in un modo tale da non escludere una tematica a favore di altre, ma anzi di farci capire che il Lavoro è il Primo dei Diritti Civili, e che regolare le Coppie di Fatto non è una fissa da radical-chic, ma un fatto di basilare giustizia sociale che permette di ricostruire dei legami familiari, sociali, di amicizia, di collaborazione e solidarietà, che vengono quotidianamente distrutti dalla precarietà. Anche Vendola ha un problema, però: ad oggi, è a capo di un piccolo partito, somma di reduci di quattro scissioni da altri piccoli partiti. Il suo carisma non basta a cambiare la sinistra italiana, e di certo il suo apparato di sostegno non lo può aiutare più di tanto. C'è bisogno di costruire un progetto, di cosa la sinistra sia, di cosa voglia essere, e di cosa voglia fare in questo Paese, a partire dai suoi bisogni. E' quello che, in piccolo e col Vostro aiuto, vorrei provare a realizzare qui a Fabriano. Partiamo da questo blog, incontriamoci in piazza, potremmo anche creare una Associazione: ma la cosa fondamentale è chiederci "Chi siamo, Dove Vogliamo Andare, Cosa Vogliamo, Per Chi lo Vogliamo". Non sono domande facili, ma sono sicuro che potremo rispondervi assieme ! Ovviamente, iniziamo a discuterne qui e su:
manfredimangano.splinder.com

Casini: «Noi mai nella giunta Vendola»

Casini: «Noi mai nella giunta Vendola»
«Ma l’alleanza andava concordata prima del voto»

ROMA — L’Udc in giunta con Vendola? «Non se ne parla proprio. Se avessero voluto allearsi con noi avrebbero dovuto farlo prima del voto, non dopo». Il leader è chiaro, ma prima di aggiungere altro vuol vederci chiaro nelle dichiarazioni rilasciate da Sergio Blasi. Certo non per sfiducia - si sa, del resto, che il segretario regionale del Pd è, come dire, vicinissimo al suo amico Massimo D’Alema - ma Pierferdinando Casini è un politico di lungo corso che sa fiutare una trappola, anche se ben nascosta, così come gli appare al momento la dichiarazione di Blasi, cioè strumentale. Ai suoi il presidente del partito ha insistito sul concetto che se il Pd e il centrosinistra pugliese avessero voluto fare un accordo, avrebbero dovuto pensarci prima del voto, non dopo.

E, dunque, perché quest’uscita estemporanea di Blasi, all’indomani di Pasqua, mentre Nichi Vendola è lontano? «Calma», si è raccomandato Casini, che con Lorenzo Cesa e Angelo Sanza, lo scorso mercoledì ha riunito parlamentari e consiglieri regionali pugliesi. Calma, perché nei prossimi giorni si saprà se l’assemblea regionale sarà composta da 70 o 78 consiglieri e nel primo caso i 4 dell’Udc potrebbero essere determinanti per l’andamento della legislatura. Dunque, prima di «andare a vedere bisogna capire cosa ci si chiede». Nel frattempo una nota della segreteria nazionale è stata diramata per ribadire che «l’ipotesi di un ingresso dell’Udc nella giunta Vendola semplicemente non esiste. Ci siamo candidati in alternativa a Vendola e Palese e resteremo lì dove ci hanno scelto tanti elettori che ci hanno dato fiducia: al centro, alternativi ai due schieramenti». Presa di posizione Pierferdinando Casini, leader dell’Udc Ma nei mesi scorsi, in via Due Macelli, si era ragionato sull’ipotesi di un sostegno al governo di Vendola. «L’uscita» intempestiva di Blasi, quasi a forzare la mano, tira il freno al dialogo e il coordinatore regionale Sanza precisa: «Non c’è nessuna disponibilità ad entrare in giunta. Attendiamo il discorso programmatico del presidente Vendola, la sua dichiarazione d’indirizzo. Se saranno recepiti alcuni punti qualificanti della nostra linea, alcuni elementi del nostro Dna come la difesa dei valori della persona, della famiglia, allora potremmo valutare quale tipo di opposizione fare».

Insomma, l’Udc si mette alla finestra, anche perché con le dichiarazioni di Blasi e sulla base dei numeri che hanno portato Vendola alla vittoria, bisognerà vedere come si articolerà la relazione tra il partito di maggioranza e il presidente della Regione. «Si apre una stagione nuova», come dire che il peso in giunta espresso dal Pd nel primo quinquennio è oggettivamente ridimensionato: dal pasticcio delle candidature, dalle primarie vincenti di Vendola su Francesco Boccia, dal risultato della lista del presidente, dal ruolo politico nuovo che questi potrà esprimere a livello nazionale. Un insieme di fattori, quindi, che influirà sulla composizione della giunta, sulle scelte programmatiche e sulle politiche delle alleanze. L’Udc - insiste Sanza - vuol capire come si supererà il dibattito tra la politica della sinistra riformista e quella della sinistra di alternativa. Ma se oggi la porta dell’Udc è sbarrata di fronte alle avances del segretario democratico, domani potrebbe schiudersi un pertugio: di lì potrebbe passare un atteggiamento non ostile verso il governo pugliese. Intanto dall’Idv arriva una prima presa di posizione. «Il suggerimento di Blasi - dichiara il coordinatore regionale Pierfelice Zazzera - appare quanto mai inopportuno soprattutto all’indomani di un mandato elettorale che i pugliesi hanno rinnovato al presidente Vendola, sostenuto da una coalizione che va dall’Italia dei Valori a Sinistra Ecologia e Libertà».

Rosanna Lampugnani
07 aprile 2010

martedì 6 aprile 2010

Dibattito sul futuro del PSI

Dibattito sul futuro del PSI

di Felice Besostri

I dibattiti si fanno quando ci sono delle opinioni diverse, altrimenti ci sono le risoluzioni del politburo o altro organo equivalente, che dettano la linea. Non comprendo, quindi, quei compagni e compagne, che, quando non condividono le opinioni altrui, invitano i partecipanti al dibattito ad andarsene e di iscriversi al PD o SEL. Non appartiene alla tradizione socialista il monolitismo ideologico, caratteristica piuttosto del comunismo bolscevico. Le opinioni valgono per quel che argomentano e non c'è bisogno che abbiano alle spalle una segreteria nazionale di qualsivoglia partito.

Tutti abbiamo lavorato, lavoriamo e lavoreremo per il socialismo dentro o fuori una determinata organizzazione, però sapere in che direzione si sta lavorando è una questione di estremo interesse.

Sono contrario a rinchiudere il PSI in un recinto con UDC e PD, in un tale recinto non ci sarebbe spazio, non dico per il socialismo, che sarebbe troppo, ma neppure per la laicità. Il progetto di riforma della giustizia della maggioranza non mi convince come avvocato e il discorso sulle riforme istituzionali è contrassegnato da ambiguità e confusione. Se i miei studenti di Diritto Pubblico Comparato si presentassero agli esami e alla domanda sulla forma di governo presidenziale rispondessero parlando indifferentemente di presidenzialismo americano, semi-presidenzialismo francese e d elezione diretta del Premier, sarebbero invitati a studiare di più e meglio e, quindi, di fare il favore di ripresentarsi. Dovremmo avere maggiore fiducia nelle nostre idee e nei nostri valori, in fin dei conti, per quanto piccoli siamo l'unico partito della sinistra italiana con riferimenti internazionali ed europei nell'Internazionale Socialista e nel PSE. Lo scontro tra socialisti e comunisti, esploso nel XX° secolo è stato vinto ideologicamente e nei fatti dal socialismo democratico. Nei nostri paesi ogni critica alla società esistente non può che avere come riferimento il riformismo socialista. Dobbiamo confrontarci con gli ambientalisti, i comunisti, i radicali e i democratici liberali ( nel significato americano di “radical” e “liberal”) senza preclusioni aprioristiche ed anche, spero di non essere crocifisso o vituperato, con gli elettori dell'IdV e del Movimento 5 Stelle, per spigare a tutti che non c'è una risposta nazionale e tampoco locale ai problemi italiani. Per quanto mi riguarda non ho mai pensato di andare nel PD: sono uscito dai DS perché contrario e sono ancora convinto del progetto originario di SeL e per questo, benché delegato all'assemblea di fondazione a Roma non mi sono iscritto a SEL. Sono contrario a mettere nomi di leader nei simbolo di partito: il culto della personalità ha provocato abbastanza danni a sinistra. In questo non c'è un giudizio negativo su Vendola, ma una posizione di principio: avrei avuto problemi ad iscrivermi ad un PSI, che avesse il nome di NENNI nel logo. Parlo del leader socialista che ho più amato, tanto da perdonargli i numerosi errori e che rispetto nella memoria insieme a Lombardi, De Martino, Giolitti, Basso e Arfè. Per collocarsi a sinistra del PD non dobbiamo diventare degli assatanati estremisti iconoclasti, basta, come ho già scritto di recente, essere dei normali e onesti socialdemocratici europei. Continui quindi il dibattito tra chi ne ha voglia senza temere scomuniche.

E' tempo di una nuova Sinistra !

Donne Partito Socialista
E' tempo di una nuova Sinistra !

di Anna Falcone*


Dopo la sconfitta elettorale si apre finalmente una seria discussione a sinistra per innovare la sua "mission" politica e superare frammentazioni e limiti che le hanno impedito in questi ultimi anni di essere soggetto politico credibile, autorevole e realmente alternativo al centrodestra.
Iniziamo a dircelo chiaramente: il momento è talmente grave che chiunque a Sinistra si ostini a perseguire una politica di bottega e autoconservazione, è semplicemente un irresponsabile e, soprattutto, non è di sinistra. Occorre rinnovare una classe dirigente che ha fallito nella cedibilità personale e nella proposta politica, e lavorare a un percorso federativo che miri alla nascita di un nuovo soggetto della sinistra italiana, unito e plurale con un forte radicamento nel Socialismo Europeo, nella cultura ecologista, liberale e riformista. Chiunque ancora oggi di permetta di escludere chiunque dei soggetti del centro-sinistra da un tavolo di incontro e confronto, semplicemente, è fuori dalla Storia. Ognuno dei partiti del centro sinistra e tanti dei movimenti della società civile, in cui si identifica una base che oggi non vota più a sinistra, sono portatori di istanze sociali e valori che devono trovare una giusta sintesi nel dibattito che dobbiamo aprire a partire da subito. Sia chiaro a tutti. Solo uniti e forti di una nuovo proposta politica potremo essere credibili agli occhi degli italiani. Solo uniti potremo sperare di rilanciare il ruolo storico e sociale della Sinistra. Solo uniti si vince. Fondamentale, in tal senso, è la necessità di una sintesi, che la Storia ci chiede di fare, fra le migliori esperienze e risultati della sinistra e del riformismo italiano: sono più di 15 anni che ci sottraiamo a questo doveroso passaggio. La crisi democratica in atto e l'esclusione di fatto della Sinistra dalla scena politica italiana richiedono scelte coraggiose e adeguate alla gravità del momento. E' il tempo di lavorare tutti a una nuova Sinistra. Chi ci sta ci sta, chi vuole giocare ancora alle alchimie e alle strategie delle alleanze senza prospettiva e destinate a sopravvivere il tempo di una campagna elettorale è fuori.

E' un lavoro estremamente difficile, lo sappiamo, ma non per questo possiamo sottrarci. E’ una sfida a cui devono lavorare tutti, le parti sane e responsabili dei partiti, ma anche e imprescindibilmente i movimenti della società civile che si riconoscono nell'area di sinistra. Sarà rinascita se ci sarà la base, se finalmente partiti si riapriranno ai cittadini, alla democrazia e partecipazione interna. Queste elezioni devono decretare, con l’inizio di una nuova stagione politica, la fine dei “sultanati” e della gestione personale dei partiti. E’ lì che nasce la degenerazione della Sinistra, la sua incoerenza fra una “mission” politica di “liberazione del bisogno” e “valorizzazione dei meriti” e una pratica inquinata da troppi “dirigenti” che sull’uso clientelare del bisogno e la mortificazione dei talenti hanno costruito, invece, le loro carriere. I proclami di vittoria e le ipocrite soddisfazioni sono funzionali al tentativo di legittimare queste classi dirigenti che hanno tradito gli ideali della Sinistra e fallito nei fatti, ma non si rassegnano a cedere il passo al nuovo, a guardarsi allo specchio e vedere che, senza possibilità di errore, “il re è nudo” e non c’è chi possa rivestirlo a parole continuando a ingannare i cittadini e l’elettorato orfano della Sinistra.
Che sia chiaro a tutti: siamo spariti e numericamente irrisori. Ciò non significa che sia sparita o finita la Sinistra. La gente, però, non voterà più a Sinistra se la Sinistra non ritroverà:

1) una sua unità interna basata su una visione nuova di società più lungimirante, appetibile e moderna di quella proposta dalla destra (penso al modello spagnolo e alla convention dei migliori cervelli mondiali che Zapatero ha convocato per riscrivere il futuro del Socialismo spagnolo e il suo programma per le politiche. Sarebbe impossibile una operazione analoga per noi soli socialisti, ma insieme a tutti i compagni della Sinistra si potrebbe fare);

2) rappresentanti di riconosciute capacità, che mettano la riuscita di questo progetto di "rifondazione" e "rinnovamento" prima delle proprie "carriere politiche", persone in cui gli elettori si possano riconoscere e di cui si possano fidare, anche a prescindere dal partito. Facciamocene una ragione: quasi nessuno crede più alla sola ideologia, viviamo una fase post-ideologica e di gravissima crisi, per cui i cittadini votano chi ritengono capace di risolvere i problemi.

Le alleanze e le strategie verranno poi e saranno determinate dalla nostra forza di soggetto compiuto e credibile della Sinistra, dagli obiettivi e caratterizzazione che ci saremo dati e, quindi, dal successo di questa prima fase. Ogni alleanza deve essere sostenuto da una valutazione politica della sua opportunità, non dagli interessi elettoralistici locali e/o personali. Se non saremo uniti e forti subiremo di destino di essere fagocitati senza accorgercene da altre forze e poteri. Anche per questo è necessario ripartire dalla base e da un dibattito sui temi che costituisca l'amalgama di valori condivisi e comuni, il nuovo D.N.A. della Sinistra. L'Unità di deve costruire questa volta su obiettivi comuni, non su mera opportunità di sopravvivenza. Vogliamo vivere e operare, non sopravvivere come inutili atomi di un sistema che non determiniamo.

Chi è Socialista deve dare al Socialismo una chance di rinascita, anche in un partito che abbia un nome nuovo, ma che possa inglobare e rilanciare in un nuovo progetto politico i valori del Socialismo. Chi è di sinistra, in ogni sua articolazione, deve avere il coraggio di fare un passo indietro rispetto alla sua asfittica autonomia e passata identità, per farne tanti in avanti. Realisticamente non abbiamo altra speranza di futuro.

Donne - Partito Socialista Italiano*

Regione Puglia, i socialisti hanno fatto bingo (di Franco Antonacci)

Regione Puglia, I Socialisti hanno fatto bingo !

di Franco Antonacci

06/04/2010 - Intervista all’assessore all’Ecologia uscente, Onofrio Introna, nonché segretario del Psi in Puglia, alleatosi con Sinistra, Ecologia e Libertà. Rieletti i 3 consiglieri uscenti più un quarto. In ballo Calò nel Salento.

onofriointrona Assessore Onofrio Introna, il centrosinistra resta alla guida della Regione Puglia sino al 2015. Ma quando cominceranno le trattative per la formazione della nuova giunta?

“Perché si possa avviare questo iter non si può prescindere dal presidente. Nichi Vendola, come noto, rientrerà dopo il 15 aprile. Prima di allora tutto sarà puro chiacchiericcio”.

Oltre a ciò ci sarà bisogno anche della conferma degli eletti.

“Certo, anche senza questo passaggio poco o nulla si potrà fare. E’ un compito che spetta alla Corte di Appello. Dopo la verifica dei verbali e delle procedure previste per legge farà la proclamazione degli eletti. Prima il presidente, poi i consiglieri a quoziente pieno, poi degli eletti con i maggiori resti e del premio di maggioranza. Successivamente, interpretando le disposizioni di legge e dello Statuto ci si regolerà, sulla base del combinato disposto delle due indicazioni, si comporterà di conseguenza per quanto riguarda se allargare o meno a 78 il numero dei componenti del Consiglio. Un esercizio che è bene lasciare fare in serenità e calma alla corte di Appello che sono tecnici e magistrati. D’Altro canto tutti gli aventi dirito nell’uno e nell’altro senso mi risulta stanno facendo pervenire memorie circostanziate per cui ci sarà qualche giorno di ritardo nella proclamazione ma che sicuramente avverrà sulla base di dati di fatto inappellabili. E’ evidente che c’è qualche complicazione e bisogna dare ai magistrati il tempo di analizzare ed esprimersi nel rispetto delle due leggi che disciplinano l’assemblea”.

Dopodiché si potrà parlare di nuova giunta?

“Il presidente Vendola mi ha lasciato la delega di facente funzioni sino al 15 aprile. Immagino che dal 16 in poi tornerà con un’idea di governo e di composizione complessivo e penso ne voglia parlare con i partiti e i consiglieri della maggioranza”.

I socialisti sono andati bene in questa tornata elettorale delle regionali in Puglia. I tre uscenti sono stati rieletti anche se con Sinistra, Ecologia e Libertà.

“Sicuramente sì. Non solo sono stati riconfermati i tre uscenti ma ne abbiamo acquisito un quarto, Franco Pastore, circoscrizione Bat, assessore comunale di Barletta. Eppoi sulla base delle interpretazioni dei magistrati si potrà aggiungere anche Calò, secondo degli eletti di Sel nel Salento”.

De Caro non lo considera socialista?

“E’ un socialista ma eletto come altri socialisti in un’altra lista. Sto infatti parlando dell’alleanza del Psi con Sel. Perché i socialisti sparsi in altre liste, sia di destra che di sinistra, apre un’altra questione. Non vorrei rischiare di fare un elenco che ci porterebbe a essere partito di maggioranza relativa”.

Patto di stabilità, federalismo: all’orizzonte del nuovo governo ci sono impegni da far tremare le vene dei polsi.

“Béh, questo governo ha avuto la conferma del mandato, ciò vuol dire che i pugliesi si fidano. E si fidano quando ci sono cose semplici da affrontare, siano quando ci sono questioni che possano richiedere sacrifici. E non c’è dubbio che a Vendola è stato dato mandato pieno. E Vendola ha dalla sua anche l’esperienza maturata nei primi cinque anni per affrontare le questioni delle Regioni, del territorio e dell’economia regionale sicuramente più affidabile”.

Vendola leader nazionale del centrosinistra: è una boutade o una cosa seria?

“Oramai è un leader che non può più essere circoscritto ai confini regionali. Può tornare utile a uno schieramento che ha bisogno di creare un’alternativa seria al berlusconismo già dal 2013. E’ un’energia fresca, nuova, credibile e affidabile alla quale si può guardare”.

Ma dovrebbe lasciare la guida della Regione, o no?

“Sinora ha fatto bene preoccupandosi anche di politica nazionale. Non vedo diktat o aut-aut. Sinora ha sempre avuto la forza per andare avanti e indietro potendo contare in Puglia su una squadra che lo ha aiutato a essere leader nazionale”.

Onofrio Introna è stato primo degli eletti in provincia di Bari con Sel. Che futuro?

“E’ un riconoscimento all’impegno e alla coerenza”.

Si parla di un futuro da presidente del Consiglio regionale.

“Sono una personalità molto versatile avendo passione per la politica a molta esperienza. Pertanto mi metterò a disposizione ma non vedo incarichi o vestiti su misura. Posso fare l’assessore, il capogruppo, l’uomo di squadra e non sono innamorato dei ruoli. Sono stato eletto per fare il consigliere regionale. Se poi mi si dice di fare una cosa io la faccio. Non ho velleità o richieste da soddisfare”.

Se lei fosse il presidente Vendola chi metterebbe alla sanità dopo quanto accaduto con Tedesco nei primi cinque anni?

“Non sono Vendola ma penso che il gioco della torre in politica non aiuta ma complica le idee e chiedo ai colleghi di resistere alle tentazioni della stampa nel difficile compito di Vendola di cucire una squadra all’altezza del mandato avuto dai pugliesi”.

domenica 4 aprile 2010

Verso il Congresso PSI. Intervista di Riccardo Nencini al Velino

Verso il Congresso PSI.
Intervista di Riccardo Nencini al Velino

Ok Bersani, “ma l’alleanza Pd-Idv non è vincente”. Vendola ha successo, “però la Puglia non è l’Italia”. Apprezzamento per Casini e bocciatura per “gli antagonismi alla Beppe Grillo”. Nessuna “vergogna” di trovarsi d’accordo con la maggioranza sulla riforma della giustizia. Così Riccardo Nencini, segretario del Partito socialista italiano che alle Regionali ha vinto la battaglia tutta interna ai “piccoli partiti” del centrosinistra facendo eleggere 14 consiglieri contro i 13 di Sel, gli 8 della Federazione della sinistra, i 4 dei Verdi e i 3 ciascuno di Api e Radicali. “Abbiamo vinto grazie a una campagna elettorale tradizionale, da fine Ottocento, con molti porta a porta, comizi e gazebo, resi necessari dall’oscuramento che abbiamo subito sulle reti televisive”, spiega al VELINO Nencini che aggiunge: “Nella confusione della sinistra hanno pagato due nostri cavalli di battaglia: la difesa di Napolitano, dei primi articoli della Costituzione e della centralità del Parlamento e tutta una serie di iniziative mirate per dare tutela e ammortizzatori sociali ai lavoratori atipici”. Cosa farà di questo successo il Psi? “Lo mettiamo a disposizione di un centrosinistra profondamente rivoluzionato, perché così come è oggi non può vincere – risponde Nencini -. Va aperto un cantiere nuovo che tenga fuori tutti gli antagonismi e populismi vari, a cominciare da chi si ritrova nelle posizioni di Beppe Grillo, e finisca per abbracciare il mondo cattolico”. Proprio in merito all’area cattolica Nencini fa notare come “la polemica sulla pillola abortiva è stata sposata dai nuovi governatori leghisti, mentre l’Udc ha preferito la via dell’equilibrio e della moderazione”. Questo significa che i socialisti sono pronti per un dialogo a Casini? “Assolutamente sì”, taglia corto Nencini che poi si sofferma sui rapporti con il Pd. “Due anni fa dicemmo che i democratici dovevano uscire dall’isolamento a cui li aveva spinti Veltroni.
La ricetta socialista per rilanciare il centrosinistra si basa su tre ingredienti. “Un leader da candidare a Palazzo Chigi da individuare nei prossimi mesi – spiega Nencini -; un’alleanza creata non per vincere ma per governare; una serie di contenuti”. Come leader Bersani può andare bene? “È una persona seria e autorevole. Che sono due qualità, almeno come base di partenza, fondamentali”, dichiara il segretario del Psi. Via libera dei socialisti, quindi, a Bersani e Casini. E Di Pietro? “Il leader dell’Idv si troverà ora davanti a un problema – osserva Nencini -: passare dall’etica della protesta a quella della responsabilità. Un passaggio necessario per chi vuole governare e che la Lega ha già compiuto, visto che è si è profondamente trasformata rispetto a come era nel 1992. La stessa operazione dovrebbe farla Di Pietro”. Se Bersani non dovesse rompere con Di Pietro, quale atteggiamento assumerebbe il Psi? “Ho sempre pensato che quest’alleanza fosse resa necessaria dalla scadenza elettorale delle Regionali – dichiara Nencini -. Altra cosa è farne un portolano per il futuro. Lo troverei un errore. Ma Bersani lo sa benissimo che l’asse Pd-Idv non può essere un binomio vincente per le elezioni del 2013”.
Nel centrosinistra crescono le quotazioni di Nichi Vendola. “Ha fatto un miracolo in Puglia aiutato dalla presenza in mezzo dell’Udc – commenta Nencini -. Ma la Puglia non è l’Italia e il suo nome è in voga in una certa sinistra, non a sinistra. La sinistra che tifa per Vendola è composta da pezzi dell’Idv, da Grillo e da Ferrero e compagni. Onestamente non mi sembra una rappresentazione credibile dell’Italia del 2010”. Nencini guarda ad alcuni esempi europei. “In Francia – evidenzia il leader socialista - il grande partito riformista della Aubry è così forte da garantire alleanze con partiti meno riformisti di quello socialista. Blair vinse le elezioni isolando la sinistra interna. Questo per dire che a me non preoccupano schieramenti come Sel o Idv. L’importante è innanzitutto costruire un asse innovatore, credibile e affidabile per gli elettori, nel quale potrebbero trovarsi Udc, Pd e Psi, cioè coloro che in questi ultimi anni hanno sposato la dinamica riformista. Una volta creatosi quest’asse centrale si possono poi costruire alleanze compatibili con il programma che questi partiti si daranno”. Per questa ragione, aggiunge Nencini, “portare i socialisti in un blocco formato da Grillo, Idv, Sel, significherebbe mettere il Psi in uno schieramento assolutamente minoritario e protestatario che non avrebbe spazio né in Italia né in Europa”.
Adesso arriva il nodo delle grandi riforme. “La prossima settimana faremo un seminario interno dal quale usciranno dieci punti che riguarderanno le riforme necessarie, istituzionali e non solo – anticipa Nencini -. Al centrosinistra serve un testo condiviso da sottoporre al governo. Per il momento le uniche due riforme sul tavolo sono più che altro delle controriforme: la prima riguarda l’art.18 bloccata dal capo dello Stato e l’altra è quella sulla pillola Ru486”. In materia di riforma della giustizia, il segretario socialista abbraccia la posizione della maggioranza. “Non mi vergogno di affermare che in quest’ambito siamo vicini alle posizioni del governo – dichiara Nencini -. Siamo per la separazione delle carriere e non abbiamo mai cambiato idea su questa posizione che fu di Giovanni Falcone. E siamo per l’accelerazione dei processi civili, più che di quelli penali, dal momento che coinvolgono centinaia di migliaia di famiglie”. Per quel che concerne le riforme istituzionali, Nencini si dice contrario al premierato “perché con la riforma elettorale già abbiamo impresso il nome del presidente del Consiglio sulla scheda elettorale infliggendo così alla Costituzione una ferita profonda. L’unica cosa da fare è restituire al popolo la sua sovranità. Decidano gli italiani se preferiscono una Repubblica presidenziale o a centralità parlamentare”. La strada maestra indicata da Nencini è quindi quella “di un’Assemblea Costituente eletta con sistema proporzionale, dove tutte le posizioni degli italiani possano essere rappresentate. E lì si decidano le regole della Terza Repubblica”.

venerdì 2 aprile 2010

Bobo Craxi (Psi): “Mio padre utilizzato come strumento di polemica politica”

Bobo Craxi (Psi): “Mio padre utilizzato come strumento di polemica politica”

“Indubbiamente, nel Paese ci sono altre priorità ed emergenze. Tuttavia, avendo aperto una discussione pubblica e assunto degli impegni sull’obiettivo, trovo abbastanza imbarazzante quel che è avvenuto in merito all’intestazione di una via Craxi a Milano”.
E’ quanto afferma in una nota Bobo Craxi, del Partito socialista italiano. “Nessuno di rilevante”, spiega Craxi, “ne aveva fatto richiesta, né fu sbandierata alcuna imminenza, ma ora la questione appare ormai superata dai fatti, cancellata dagli eventi e dalle viltà”. “Chi sostiene”, prosegue il leader socialista, “in Consiglio e in Giunta il sindaco e insiste nel definirsi socialista abbia almeno un sussulto di dignità e combatta una battaglia politica. Diversamente”, conclude Craxi, “sarebbe come aver cancellato e calpestato un’altra volta la memoria di mio padre Bettino, utilizzandolo come strumento di polemica politica dall’una e dall’altra parte”.

Roma, 2 aprile 2010


giovedì 1 aprile 2010

Bobo Craxi (Psi): “L’unica vera vittoria della sinistra è stata quella di Vendola”

Bobo Craxi (Psi) :
“L’unica vera vittoria della sinistra è stata quella di Vendola”

“L’unica vera vittoria della sinistra alle recenti elezioni regionali è stata quella di Vendola”. E’ quanto afferma in una nota Bobo Craxi, del Partito socialista italiano. “Egli si presenta”, spiega Craxi, “come un modello post ideologico di una sinistra che non si pone il problema della grammatica neo-conservatrice e giustizialista della sinistra, ma ricerca una nuova sintesi popolare”. “I socialisti”, prosegue il leader socialista, “nella confusione generale rischiavano di scomparire, ma non sono affatto scomparsi: è un risultato al quale hanno concorso in tanti, nella convinzione che sia possibile riaffermare la presenza politica di una forza d’identità e di cultura socialista e riformista. E’ un obiettivo che andrà continuativamente perseguito, negli anni a venire”. “Nel Lazio”, aggiunge, “dove ci siamo battuti, abbiamo raggiunto il risultato che ci eravamo prefissi, nonostante la sconfitta della coalizione e nell’assordante silenzio dei media sui di noi: di più”, conclude Craxi, “era impossibile fare”.

Roma, 1 aprile 2010

Claudio Martelli a tutto campo sui risultati elettorali

Claudio Martelli a tutto campo sui risultati elettorali

- Caro Martelli, se lo aspettava un risultato del genere?

Mi aspettavo come tutti l’aumento degli astenuti, la crescita della Lega, la vittoria di Vendola. Grillo no, non l’avevo previsto ma in fondo è una costola del giustizialismo (giustizialismo=movimento populista che esaspera contenuti e rivendicazioni in nome di una giustizia immediata, spiccia, spesso confusa e rancorosa) che è cresciuto anche se non molto. l’Italia dei valori, nonostante Grillo, il “ritorno” dei comunisti e l’assaggio di “vendolismo”, non è andata male. Poi ero sicuro che Berlusconi non avrebbe perso, nel senso che le sue perdite, che ci sono state - e consistenti – pensavo, in questo d’accordo con Berlusconi, sarebbero andate tutte a vantaggio della Lega. Che si è allargata anche sul terreno elettorale della sinistra storica. Sì, la Lega è il vero vincitore delle elezioni e lo è perchè detta l’agenda politica nazionale con il federalismo e una politica di sicurezza declamata soprattutto nel contrasto all’immigrazione clandestina e non solo.

- Cosa cambia per l’esecutivo?

L’ esecutivo non cambierà rotta salvo un accentuarsi della presa, dell’egemonia della Lega sui due temi cruciali e, forse, il tentativo di Berlusconi di riformare davvero la giustizia e la Costituzione. Se non intralcerà il progetto della Lega. L’economia, con Tremonti è già un sodalizio comune.

- Per la sinistra è il massimo risultato a cui si poteva puntare?

Credevo che il PD andasse non tanto ma un pò meglio di come è andato. Cioè malino. La verità è che su questo punto aveva ed ha ragione Veltroni: il PD o ha vocazione maggioritaria oppure è destinato a restare maggioranza relativa di una minoranza assoluta. Riproporre l’Ulivo ad appena due anni dalla sua dèbacle sarebbe esiziale. Le regionali consegnano a Bersani un PD indebolito elettoralmente al nord e al sud dove era già minoritario e che ha subito una rasoiata anche nelle regioni rosse. Se insegue gli alleati e i compagnons de route come faceva il vecchio PCI resterà sempre opposizione. Ci vuole un’idea forza, una nuova apertura e gente nuova, un’identità manifesta in una missione propria, chiara risoluta popolare.

- Le due partite nel Pdl: al nord il duello ormai in campo aperto con la Lega, al centro e al sud il braccio di ferro con i gruppi di potere locali, gli equilibri attuali reggeranno nel lungo periodo senza consultazioni?

Il PDL ha vinto nel centro sud – salvo la follia pugliese -, ma si è indebolito nel nord a vantaggio della Lega. Come si è visto il partito ancora non c’è. Molti dirigenti sono cresciuti ma non pochi non sono all’altezza nè di guidare il paese nè di guidare il primo partito italiano. Invece alcuni capaci – caso Galan – sono stati sacrificati sull’altare di Bossi. Non credo che ci saranno divisioni drammatiche nel PDL. La vittoria nel Lazio per le condizioni in cui è avvenuta segnala un credito del “suo” popolo a Berlusconi che trascende persino la presenza della lista di partito. Tuttavia si è creata una situazione oggettiva nel Lazio, in Campania e in Calabria che riequilibra le defaillances del PDL nel nord. Qui si gioca una scommessa importante se quelli che si intestano la vittoria sapranno governare meglio dei loro predecessori e se riusciranno ad avere un peso nazionale innovativo e non retrivo. E’ interesse di Berlusconi che ciò accada, per svolgere la sua funzione unitaria e contenere la Lega entro un disegno nazionale. Senza di che crescerà il rischio di un contagio di divisioni a tutti i livelli, insomma di un’epidemia di “mal siciliano”.

- E sullo sfondo c’è sempre la questione Fini…

Apprezzo Fini per la strada risoluta che ha percorso da Fiuggi a Gerusalemme fino alla recenti posizioni sui diritti civili, su immigrazione e cittadinanza. Non è in una posizione facile, al di là delle apparenze e forse delle tentazioni di piacere a tutti come Presidente della Camera e come “Présidenziabile”. Se si acqueta svanisce, se contesta l’egemonia della Lega rischia di entrare in urto con Berlusconi. Fini sa che fuori dal PDL c’è solo lo stagno centrista povero d’acqua e pieno di lucci, reali e immaginari. E poi il PDL l’ha co-fondato anche lui sebbene dopo più che un dubbio, una crisi. Dovrebbe rafforzarsi dentro il partito, ma il partito è una figura estemporanea, un plebiscito berlusconiano permanente. Dovrebbe, come ha provato, allargarne i confini mentre si dota almeno di uno statuto rispettato, ma rischia di urticarne lo spirito riconoscente e gregario verso il creatore e il benefattore di tante carriere. A meno di imprevisti e in vista di una bonaccia di tre anni senza elezioni quella di Fini davvero non è in una posizione facile.

- Su leragioni.it abbiamo scritto in diverse occasioni che al Paese manca molto la politica…e a Martelli quanto manca la politica?

Una politica c’è e non mi manca, quella che mi manca non c’è.

ART.18, Napolitano non firma. Nichi: difesi i diritti dei lavoratori.

ART.18, Napolitano non firma.
Nichi: difesi i diritti dei lavoratori.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, spiega una nota del Quirinale, non ha firmato a causa della «estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale». «Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge nella nota del Quirinale – ha chiesto alle Camere, a norma dell’art. 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge: »Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonchè misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro ».

Il Capo dello Stato – prosegue la nota – è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinchè gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale.

«Dobbiamo essere grati al Presidente della Repubblica, che con la decisione di oggi difende la Carta costituzionale, e con essa i diritti dei lavoratori». Lo afferma Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’. Dal Quirinale - prosegue il leader di Sel – sono giunte parole pacate ma ferme che non potranno non essere considerate in Parlamento sia da parte della maggioranza che dall’attuale opposizione. Il centrodestra berlusconiano in questi anni ha separato le due questioni centrali della nostra societa’: liberta’ e lavoro . Per questo hanno attaccato tutte le garanzie dei contratti di lavoro ed esposto il “manifesto delle diseguaglianze” con l’attacco all’articolo 18. Per questo - conclude Vendola – il centrosinistra, la sinistra devono riprendere nella societa’ una battaglia politica e sociale per i diritti dei lavoratori e per l’uguaglianza.

mercoledì 31 marzo 2010

L’insostenibile leggerezza del centrosinistra

L’insostenibile leggerezza del centrosinistra

di Giuseppe Giudice

Prendo a prestito dalla bella nota di Carolus Felix il titolo della mia breve riflessione.
Il risultato è nudo e crudo e credo non si presti ad interpretazioni di comodo.
Il centrosinistra esce duramente sconfitto tranne che in Puglia dove esso è egemonizzato da una cultura e da una prassi di sinistra non minoritaria.
Ho più volte messo in evidenza nei miei scritti come la crisi del centrosinistra venga da lontano e sta essenzialmente nel paradigma che era alla base dello stesso Ulivo e rappresenta la putrefazione del togliattismo; il pensare che la sinistra possa farcela se essa è subalterna al centro. Nichi Vendola è l’unico che con chiarezza e determinazione è stato in grado di ribaltare questo paradigma: una sinistra radicale nei valori e nei fini ma a vocazione maggioritaria ed innovatrice riesce a vincere e convincere in una regione tradizionalmente moderata e di destra. Quello di Nichi è il modello francese (adattato) che è l’opposto dell’Ulivo.
Il PD è in crisi grave ed irreversibile: è la deriva finale dell’ideologia ulivista. Un partito non-partito con una forte connotazione feudale incapace di delineare una identità ed un progetto.
L’ulivismo sposò il social-liberismo di Blair e di questa fuoriuscita dal socialismo ha fatto la sua ragion d’essere. Il gruppo dirigente post-comunista ha creduto di fondare sul puro antiberlusconismo il collante della coalizione senza esprimere nessun progetto di società alternativo ad esso. La sciagurata teoria delle “due sinistre” : quella che fa il “lavoro sporco” al governo e quella che fa casino nelle piazze, avallata sciaguratamente da Bertinotti (anche se quest’ultimo ha fatto autocritica seria su questo punto) ha fatto il resto e ha portato alla profonda crisi di Rifondazione. Fallita questa il PD ha puntato a coprirsi sul versante di una presunta radicalità con Di Pietro e Santoro. Ma questo è un radicalismo qualunquista (e con venature autoritarie), non esprime assolutamente una alternativa alla destra (i fa appello alla “destra per bene” ) speculare al berlusconismo (anzi lo rafforza).
La verità è che con il crollo dei due partiti storici della sinistra (PSI e PCI) il consenso operaio e popolare si è spostato verso una destra populista (sia nella variante berlusconiana che in quella leghista) andando a formare un pezzo consistente del blocco sociale che sostiene questa destra e che il centrosinistra non è assolutamene in grado di scalfire. Nel 1996 l’Ulivo vinse perché la Lega andò per suo conto.
Il social-liberismo dei DS prima e del PD poi (fuori moda nella misura in cui i partiti socialdemocratici europei lo stanno tutti rifiutando e stanno virando a sinistra) non era assolutamente di far scoppiare le contraddizione nel blocco sociale della destra. Anzi l’alleanza del PD con un parte dei poteri forti ha ancora più spinto a ricompattarlo. In più la presenza di Di Pietro ha allontanato dalla sinistra componenti libertarie ed antiautoritarie. Quindi l’Ulivismo ed i suoi derivati si sono caratterizzati per una subalternità al liberismo in economia e per una tendenza ad assecondare pulsioni autoritarie e poliziesche (alla Travaglio) nell’ambito di un modo totalmente sbagliato di combattere Berlusconi.
La Francia ci insegna (ed in futuro anche la Germania) che per battere la destra e costruire una organica alternativa ad essa occorre una sinistra forte ed unita ma guidata da una consistente forza socialista. Un socialismo autentico (alla francese ed alla Lafontaine) che rompe nettamente con il social-liberismo e rifiuta derive minoritarie ed archeologie ideologiche.
Come dicevo prima è quello che Vendola nel piccolo dell’esperienza pugliese ha tentato ed è riuscito a fare. Ma una rondine non fa primavera.
Vendola è un leader prezioso ma intorno a lui dobbiamo costruire un soggetto, un progetto ed una cultura politica forte e radicata. Dal PD non potrà venire nulla di buono. Esso è in forte crisi e si limiterà a giocare di rimessa sulla possibile crisi che potrebbe aprirsi nel PDL dopo il successo della Lega. E quindi dare la sua disponibilità ad un asse con Fini e Casini che a noi non interessa affatto ovviamente.
Se purtroppo in Italia il socialismo non riveste quel ruolo centrale non è solo colpa del PD(che è un partito che ha fondato in negativo-sul rifiuto del socialismo, la sua identità). C’è una responsabilità degli accattoni come Nencini che lo hanno sputtanato.
Oggi è ancora più importante ed indispensabile avviare la costituzione della Lega dei Socialisti per la Sinistra, al fine di partecipare al processo costitutivo di SEL , aggregare tutti i socialisti che credo si siano accorti di come il nencinismo abbia fatto sparire il PSI dalla geografia politica. Ma fornire anche a tutta la sinistra un contributo di pensiero, idee e lavoro politico.

PEPPE GIUDICE

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