domenica 27 febbraio 2011

Se Bertinotti e Vendola diventassero socialisti europei

Se Bertinotti e Vendola diventassero Socialisti Europei
di Mauro Del Bue

Non è senza soddisfazione che si deve commentare, da parte di un socialista italiano ed europeo, l’affermazione di Bertinotti a Livorno.
Secondo l’ex presidente della Camera sono fallite sia l’alternativa di sinistra stile 2008, sia il progetto del Partito democratico. E dunque non resterebbe che accostarsi al socialismo europeo. Noi siamo sempre stati parte della famiglia socialista europoa ma, è inutile negarlo, siamo anche stati da sempre socialisti italiani, cioè quella specie particolare di socialisti europei che ha saputo coniugare, con Craxi e poi, su scala europea, con Blair, il riformismo con il liberalismo. Dunque ancora piuttosto lontani da quell’idea di socialismo di Bertinotti, che dal Psi non a caso proviene, ma che poi lo lasciò in nome di un massimalismo sconfitto dalla storia.
Conosco personalmente Bertinotti ed ho anche collaborato per due anni con lui nell’ufficio di presidenza della Camera e conosco anche la propensione dell’ ex presidente al dialogo, la sua forte curiosità intellettuale, il suo atteggiamento sempre disponibile e mai settario. Scherzando gli dissi una volta “Ma tu in realtà sei un liberale di sinistra”. Il che contrastava certo con la sua identità politica. Un comportamento e un’identità che mi apparivano inconciliabili. Non mi stupirei dunque che Bertinotti arrivasse anche a sposare il socialismo liberale, dopo aver sposato prima il socialismo massimalista, poi il comunismo più o meno libertario, l’Unione de la gauche e adesso il socialismo europeo. E lo dico senza dietrologie. E non mi stupirei neppure che questa ammissione di Bertinotti, come è stato già scritto, preludesse ad analoga e anche più diretta e significativa adesione al socialismo europeo da parte di Vendola e del suo partito. Non so cosa farebbero a quel punto coloro che finora l’hanno osteggiata, nonostante noi del Psi avessimo sempre condizionato, ma invano, quella scelta alla nostra adesione al progetto politico di Sel. Certo rimarrebbero profonde divisioni in politica interna. Penso alla politica economica e industriale, al tema di Mirafiori. Penso a molti giudizi sulla magistratura italiana, penso ad alcuni affondi in tema di politica estera (ad esempio l’Afghanistan). Non si cancellerebbero le diverse impostazioni semplicemente con l’adesione a una cornice europea. Ma sarebbe anche assurdo considerare queste adesioni ininfluenti sulle nostre scelte. In fondo la nostra pervicace resistenza, la nostra insistenza, nonostante le condizioni così sfavorevoli, sul panorama politico italiano, dipendono soprattutto dall’adesione a una identità che nessuno in Italia finora rappresenta. Se anche altri la vogliono sposare non possiamo certo continuare a fare la vita da singoli, come se nulla fosse.....

mercoledì 23 febbraio 2011

Le amnesie di Bertinotti ed i limiti della politica Socialista

Le amnesie di Bertinotti ed i limiti della politica Socialista

di Franco Bartolomei

E' inutile lamentarsi che Bertinotti abbia potuto affermare il proprio approdo al Socialismo Europeo eludendo il dovuto riconoscimento delle ragioni storiche e politiche dei Socialisti Italiani.

Se il PSI, invece di gloriarsi in una sciocca valorizzazione della propria autosufficenza, fosse divenuto parte attiva di un processo costituente per una nuova forza unitaria della sinistra italiana, Socialista e Democratica, in grado di dare soluzione politica alla fine dell'esperienza politica del comunismo italiano, il compagno Bertinotti non avrebbe sicuramente potuto permettersi certe amnesie.

Purtroppo il PSI continua a concepire se' stesso fuori dal proprio naturale compito storico e politico di protagonista necessario della ristrutturazione dell'intera Sinistra italiana all'interno del processo in atto di rifondazione a sinistra del Socialismo Europeo, come risposta politica inevitabile alla crisi strutturale che attraversano i i modelli sociali , economici, e finanziari, imposti dal sistema neo-liberista, da cui dipende il futuro democratico del paese e la qualita' della societa' italiana del futuro

In questa partita, tutta a sinistra, il ruolo dei socialisti ,per quanto ridotti a piccole percentuali di consenso elettorale, potrebbe essere determinante per portare a maturazione processi poltici unitari ancora troppo in ritardo rispetto alle necessita' imposte dal precipitare della crisi, e per rendere concreta una proposta di governo alternativa.

Purtroppo il PSI non riesce ancora ad elaborare una proposta di ricostruzione unitaria della sinistra italiana attorno ad un progetto di governo che di fronte alla profondita' della crisi economica ,alle responsabilita' delle classi dirigenti finanziarie, ed al disastro sociale che abbiamo di fronte , sappia dare concretezza ad un nuovo modello di sviluppo della societa'.

Esistono purtroppo un insieme di ragioni politiche che stanno alla base di queste carenze della iniziativa politica del Partito Socialista che di fatto consentono a Bertinotti di portare a compimento un percorso autocritco di riavvicinamento alla Socialdemocrazia senza alcuna considerazione delle ragioni del Socialismo italiano, nonstante il suo riconoscimento della fine dell'esperienza storica e politica del Comunismo venga a maturazione proprio nel momento in cui la crisi del capitalismo nel mondo sviluppato avrebbe potuto, al contrario, far immaginare una rivalutazione delle sue ragioni sociali .

La mancata elaborazione dei motivi sostanziali della sconfitta del Craxismo, e la incomprensione delle ragioni strutturali di crisi del modello Neo-liberista che nel nostro paese era stato introdotto utilizzando l'involucro istituzionale della seconda repubblica, hanno infatti costituito le vere ragioni di una debolezza politica e culturale che ha afflitto i gruppi dirigenti Socialisti che si sono succeduti nello SDI e nell'attuale PSI in questo quindicennio, e che rischiano di marginalizzare definitivamente il ruolo del PSI proprio nel momento in cui il Socialismo Democratico diviene l'unico pssibile approdo di tutta la sinistra.

La stessa dispersione della grande occasione costituita dall'originario progetto di Sinistra e Liberta' altro non è che la ulteriore dimostrazione di fragilita' di un gruppo dirigente che si ostina purtroppo a proseguire la propria azione attraverso lo stesso schema interpretativo dei rapporti a sinistra usato negli anni '80, ormai assolutamente superato dalla crisi di quel modello sociale e di rapporti economici la cui affermazione nella societa' costitui la vera ragione strutturale dei successi dell'impostazione politica Craxiana, oggi assolutamente non piu' riproducibili.

Il crollo del modello sociale neoliberista, dopo un trentennio di egemonia sociale, politica e culturale, ha segnato di fatto la sconfitta storica di tutte quelle esperienze del Socialismo Democratico che avevano erroneamente ritenuto che la Questione Sociale nell'occidente sviluppato fosse stata ormai risolta da uno sviluppo repentino, ineluttabilmente destinato a superare definitivamente le antiche contraddizioni del sistema capitalista, per cui il compito dei socialisti dovesse essere ridotto ad assecondare al meglio le capacita' espansive insite nel mercato , nella logica d'impresa, e da ultimo nella stessa finanziarizzazione dell'economia.

Questa considerazione portava con se' l'idea forza che il Socialismo democratico dovesse ineluttabilmente tornare ad interpretare politicamente una visione strutturale della critica sociale e della sua azione riformatrice.

Sulla base di questa riflessione di partenza sarebbe stato necessario aprire all'interno dell'universo politico Socialista un processo critico di revisione dell'esperienza Craxiana, rileggendo la crisi di sistema che stiamo attraversando alla luce delle idee , delle analisi ,e della elaborazione culturale dell'altro grande filone di pensiero ed azione politica del Socialismo Italiano moderno , quello Lombardiano, storicamente concentrato sulla nescessita' delle trasformazioni strutturasli dei rapporti sociali come elemento chiave della politica riformatrice dei Socialisti, spazzato via dalla memoria ufficiale del PSI dopo l'82-84, e mai seriamente recuperato dai nuovi giovani gruppi dirigenti ( Boselli e Nencini) che lo hanno diretto nella esperienza politica della II Repubblica.

Questa debolezza culturale di un gruppo dirigente perennemente orfano di una precedente fase storica, definitivamente tramontata, costituisce la vera ragione di una incapacita' sostanziale di concepire il Partito socialista come forza trainante di un grande processo unitario di ricostruzione della sinistra, sulla base del superamento delle vecchie divisioni, del recupero di una forte capacita' critica dell'esistente , e sulla riappropriazione di una concezione strutturale della azione riformatrice del Socialismo.

Purtroppo questi nostri limiti indeboliscono la stessa rilevanza della novita' della scelta compiuta da Bertinotti ,suscettibile di aprire prospettive unitarie nuove a tutta la sinistra aiutando innanzitutto Vendola a collocarsi su un terreno di riferimenti poltici certi a livello europeo.

L'immobilita' del PSI rischia seriamente, in particolare, di favorire in SeL una sorta di complesso di Atlante, instillando la tentazioni di supplire , un po' goffamente, ad un ruolo non suo, attraverso l'occupazione di uno spazio che il PSI si ostina a non voler ricoprire con determinazione e coerenza.

Questa riflessione sui limiti della azione del PSI non deve tuttavia tralasciare la considerazione, tutta politica, che la scelta di Bertinotti deve trovare le sue radici, ben oltre la generica crisi finale delle ragioni di un processo di rifondazione del comunismo , in una valutazione delle vere ragioni della crisi di identita, di credibilita', e di rappresentativita' del Centro-sinistra, che conduce direttamente ad una rivalutazione del grande compromesso democratico e sociale realizzato nella I repubblica dalle grandi forze popolari costituzionali, direttamente sintetizzato nella azione di garanzia e di governo svolta per circa un trent'ennio dal PSI.

Bertinotti, infatti, non sempre ha sufficentemente collegato la sua critica da sinistra al PDS-DS-PD, alla individuazione dei legami tra i poteri forti internazionali economici - finanziari e monetari ed alla distruzione della I repubblica, ai comportamenti politici ed alle scelte di alleanza compiute dal gruppo dirigente del PDS e da Prodi.

In tal senso, pur non avendo correttamente mai sostenuto posizioni giustizialiste di esaltazione del nuovo assetto istituzionale costituito nel 92'-94' , avrebbe sicuramente dovuto marcare con piu' nitidezza la critica alla II repubblica, individuandola esplicitamente come l'involucro istituzionale all'interno del quale è avvenuta la trasformazione della costituzione materiale del paese, caratterizzata dalla introduzione di quel modello di rapporti sociali , culturali, ed economici , neo-liberista, che lo stesso Craxi, pur con tutti i suoi limiti, ha sempre rifiutato di importare , e che al contrario la classe dirigente ulivista ha integralmente fatto proprio, in adesione ai parametri di omologazione alle nuove regole economiche e finanziarie internazionali su cui ha sempre inteso misurare la propria affidabilita'.

Su questo terreno avrebbe potuto, senza particolari abiure, realizzare gia' da tempo una maggiore comprensione politica della sostanza sociale della politica Craxiana che avrebbe potuto allargare il suo stesso spazio di riferimento politico, e contemporaneamente avrebbe potuto consentire al PS-SI-SDI-PSI di aprire gia' da prima un dialogo politico con lui in funzione anti PD, cosa avvenuta successivamente troppo tardi, solo a ridosso del massacro Veltroniano della sinistra italiana realizzato nel 2008.

Qesta convergenza appare invece oggi assolutamente possibile, ed auspicabile , nell'interesse della rinascita della sinistra italiana.

Potra' avvenire se i Socialisti avranno il coraggio di investire totalmente il loro futuro politico nell'opera della ricostruzione di una nuova grande forza Socialista, in cui vadano a riconfluire tutti i grandi filoni delle culture della sinistra italiana, la cui divisione non ha ormai ragion d'essere, e se tutti coploro che approdano al Socialismo, come l'unica grande trincea della Sinistra nel mondo, considerino con onesta intellettuale l'azione di coloro che nel nostro paese hanno sempre finora rappresentato questo riferimento ideale e politico.

FRANCO BARTOLOMEI

Segreteria Nazionale del Partito Socialista Italiano


domenica 20 febbraio 2011

Lettera di Nichi Vendola al Convegno di Livorno - 19/02/2011



Care compagne e cari compagni,

Vi ringrazio per l'invito alla vostra manifestazione, che ho molto gradito. L'occasione di una manifestazione della sinistra, promossa dalla rete dei socialisti, in una città tanto importante per la nostra storia come Livorno, è davvero una occasione preziosa che avrei voluto cogliere, ma impegni improrogabili me lo hanno impedito.
Pur non potendo partecipare, vi invio un caloroso incoraggiamento a proseguire nella attività di ricerca e di azione politica che avete intrapreso nel corso di questi mesi. Il vostro contributo, insieme a quello delle tante forze vive e sane che si muovono nella società italiana, è utilissimo per ricomporre, non certo nella nostalgia del passato, ma nella ricerca presente di una nuova cultura e pratica politica di progresso e di libertà, le ragioni fondanti dell'agire politico per l'uguaglianza e la libertà. La cultura politica dei socialisti è patrimonio indispensabile di questo nuovo inizio, di questa nuova fecondazione di una terra tanto inaridita qual è quella della sinistra. Il nostro cimento è e resta quello di interpretare l'ansia di cambiamento del paese, la voglia di riscatto e di giustizia dei tanti soggetti penalizzati dalle politiche dell'attuale governo di destra, ma anche da questo trentennio liberista e illiberale. Vogliamo provare ad uscire "da sinistra" dalla crisi odierna. Oggi è possibile, ma non scontato. Le spinte ad un superamento del berlusconismo per via emergenzialista, affidandosi ad una direzione moderata e conservatrice, sono presenti e minacciose. Eppure, dagli scioperi indetti dalla FIOM alle mobilitazioni studentesche, fino a giungere alla straordinaria mobilitazione delle donne domenica scorsa, c'è quell'Italia migliore che reclama spazio e futuro. Domenica prossima abbiamo indetto una manifestazione nazionale a Roma che abbiamo intitolato "Cambia l'Italia", dove saremmo lieti di invitarvi, perché pensiamo che cambiare l'Italia sia giusto, possibile e necessario. Cambiare l'italia per ritornare al centro del mediterraneo, oggi attraversato dai venti di rivolta e dalle aspirazioni alla libertà. Cambiare l'Italia per affrontare e sconfiggere la crisi, che è globale ma che in Europa è più sorda ed inquietante. Cambiare l'Italia a cominciare dalla sinistra, che dovrà legarsi sempre di più alle famiglie europee del progresso, a partire da quella socialista. Cambiare l'Italia per poter essere fedeli alla nostra costituzione, ancora oggi attualissima e largamente inapplicata nelle sue parti più lungimiranti ed innovative. Con sinistra ecologia libertà abbiamo avviato un cammino che ha l'ambizione di rispondere a queste domande di cambiamento, ma sappiamo che da soli non potremmo farlo. Cambiamo insieme, compagne e compagni! Cambiamo la sinistra e cambiamo l'Italia!

Fraternamente,

Nichi Vendola

sabato 19 febbraio 2011

Livorno 2011 (discorso del comandante Carolus)

Livorno 2011 - Discorso del Comandante Carolus

Care compagne e cari compagni,

avrei voluto essere a Livorno circa un mese fa, a “disturbare” coloro che celebravano la loro nascita 90 anni or sono, aprendo all’Italia uno di periodi più bui della sua storia, ma non ci sono stato e nessun socialista c’è stato con me; ce ne sono invece vari, ora, che discuteranno di tale periodo, delle sue implicazioni e delle prospettive future, a “debita distanza”.

Scusate, ma sono un tipo che sa “tenere le distanze”, per cui mando oggi solo questo mio messaggio che chi vorrà, saprà intendere, avendo orecchie per farlo, e chi non vorrà, potrà tranquillamente proseguire come ha sempre fatto.

Per ricordare quel che accadde allora non ci sono parole migliori del grande Nenni che scrisse il suo libro “6 anni di guerra civile”, e lo pubblicò per la prima volta in francese in esilio in Francia. Fu stampato e tradotto una sola volta in Italia, nel 1945, poi è sparito dalla circolazione, certe verità infatti scottano e hanno continuato a scottare per decenni, vi porgo le sue parole come un sacro monito del passato verso il nostro presente e il nostro futuro:

“Livorno fu la culla della scissione

Il Partito Socialista si divideva proprio nel momento in cui aveva più bisogno della sua unità. Mosca esigeva che si accettassero senza riserva i famosi “ventun punti” che in quell’epoca fecero tanto parlare di loro. Chiedeva e soprattutto l’espulsione del partito di tutta l’ala riformista. Le sedute furono appassionate e tumultuose. Sinistra, centro e destra si accusavano reciprocamente delle difficoltà della situazione. Il congresso avendo rifiutato di espellere Turati e i riformisti, fu l’ala sinistra che si ritirò per fondare il partito comunista.

Fu un disastro. Da quel momento ogni azione nell’insieme divenne impossibile per il proletariato. Centomila compagni scoraggiati non rinnovarono la tessera, rifiutandosi di scegliere fra socialisti e comunisti,. La lotta tra i due partiti operai prese un carattere di violenza inaudita, e si vide lo spettacolo, forse unico, di una classe che si dilacera proprio nel momento in cui è attaccata da un nemico spietato e implacabile”

Ebbene, quel nemico è sempre stato l’artefice delle dittature più feroci nel mondo, con la sua potenza economica e con la spregiudicatezza della sua capacità di manovrarla per i suoi fini di profitto.

Ben prima che Hitler e Stalin si accordassero, consentendo così l’inizio della seconda guerra mondiale, quel nemico di tutti i popoli del mondo aveva già finanziato l’ascesa di entrambi i regimi.

Purtroppo la storia viene scritta sempre dai vincitori, ma ormai, per chi sa indagare, la storia non riesce più a mascherarsi come un tempo.

I bolscevichi infatti furono sostenuti dagli stessi personaggi e dalle stesse strutture finanziarie che poi, avrebbero sostenuto l’ascesa del nazismo in Germania, rendendo possibile il “miracolo” della sua rinascita economia con Hitler e soprattutto il suo prodigioso riarmo, in barba a tutte le clausole che avrebbero dovuto vietarlo.

Per la grande finanza internazionale ha sempre avuto più importanza il profitto di qualunque scelta ideologica, ed ogni ideologia è sempre stata piegata agli interessi economici.

Lo stesso Trotsky, nella sua biografia, riconosce i prestiti ricevuti da finanzieri come Alfred Milner della Chase National Bank di New York.

Nel 1915 l’American International Corporation già si predisponeva a finanziare la rivoluzione russa e i Roschild furono coinvolti direttamente in tale intento mediante Jacob Schift della Khun Leb di New York che nel 1917 depositò 50 milioni di dollari sul conto di Lenin e Trozsky presso una banca svedese. Suo nipote dichiarò al New York American Juornal il 3 febbraio del 1949 che suo nonno aveva poi versato tramite la stessa struttura finanziaria altri 20 milioni di dollari ai bolscevichi.

Senza la crisi del 1929 Hitler non sarebbe mai riuscito a conquistare il potere e non lo avrebbe nemmeno consolidato senza gli investimenti di grandi Corporation made in USA. La Ford anche dopo l’entrata in guerra degli USA, continuò a produrre materiali bellici che sarebbero stati utilizzati contro gli stessi americani, tali fabbriche americane in Germania non furono mai bombardate ed utilizzarono manodopera proveniente dai lager. La IBM fornì tramite la sua filiale tedesca chiamata Dehomag, la tecnologia necessaria per la catalogazione e l’internamento di milioni di ebrei nei lager.

Prescott Bush, nonno di George W., installò una fabbrica vicino ai campi di Auschwitz dove lavoravano prigionieri internati e fece grandi affari col regime nazista.

Matteotti quando pronunciò il suo coraggioso discorso, fu praticamente ignorato dalla stampa internazionale che liquidò poi il suo assassinio come una “questione interna” Le autorità americane e inglesi e lo stesso Churchill, che con Mussolini ebbe un imponente carteggio, allora consideravano il dittatore italiano come un “grande statista” Il Times allora addirittura acclamava il potere di Mussolini.

Tutto questo evidentemente ci fa capire che il Socialismo del XXI secolo esige un notevole salto di qualità, sia sul piano della “visione storica” sia su quello della capacità di contrasto globale di tale èlite finanziaria che opera tuttora per costruire una scala gerarchica rigidissima, in cui è previsto un gotha ristretto di ricchissimi padroni degli strumenti finanziari di produzione globale e di contrasto ad ogni tendenza “eversiva”, una serie abbastanza numerosa di “vassalli” che, in campo politico, ne mettono fedelmente in pratica le direttive, adattandole ad ogni singolo Stato, e infine una massa destinata alla “pollificazione” e cioè al consumo in batteria, più o meno dotata di becchime a seconda della sua posizione geostrategica; pronta a riconoscere sempre l’ “allevatore” pavlovianamente come un benefattore, anche quando entra nel pollaio per tirar loro il collo, o tagliando servizi, imponendo tasse o privatizzando beni essenziali come l’acqua, oppure spedendo i “polli” direttamente in guerra. Al disotto di tutti naturalmente c’è la massa da macello destinata ai bombardamenti e alle scorie radioattive, alla cosiddetta “selezione naturale”

Sappiamo molto bene che i crimini nel mondo non si sono esauriti con il tramonto dei grandi totalitarismi e che il totalitarismo tuttora in atto, e che si sta diffondendo e consolidando su scala globale, è quello economico del neoliberismo basato esclusivamente sull’accumulazione di profitto

Allais Maurice ne “La crise mondiale aujourd’hui” Paris 1991 scrive: “La banca crea ex nihilo..Essenzialmente, l’attuale creazione di denaro operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte dei falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”

Gli unici presidenti americani che provarono a cambiare le cose furono assassinati. Lincoln che aveva creato le green backs e cioè le banconote prive di interessi bancari e Kennedy che approvò nel 1963 un ordine esecutivo che consentiva al Paese di stampare banconote, sottraendo potere alla FED...solo 5 mesi prima di morire.

Oggi le guerre, dopo quella del Vietnam, in cui la presenza dei media fece la differenza e costrinse l’establishment a fare marcia indietro su pressione dell’opinione pubblica, vengono condotte, recingendo prima le aree destinate al conflitto con un cordone impenetrabile ai media, e quando qualche giornalista coraggioso e quasi sempre free lance riesce a penetrare, egli viene spietatamente ucciso, persino le organizzazioni umanitarie sono nel mirino. Lo abbiamo visto con estrema evidenza nei conflitti dal Kosovo all’Irak all’Afghanistan.

Il totalitarismo dell’attuale blocco economico-finanziario si attua mediante la proprietà delle banche e degli istituti finanziari, delle Corporation e dei media e mediante essi, dei politici. Essi, sempre più spesso, sono o grandi managers oppure ex dirigenti di importanti banche o multinazionali che passano spregiudicatamente alla politica essendo ritenuti gli unici garanti della tenuta del sistema. E cioè del “pollaio”. Sono gli stessi loro “datori di lavoro”, a livello globale, a spostarli da un incarico all’altro e questo naturalmente rende i governi organi a diretto servizio del capitale, di quel gruppo ristretto che cioè possiede la maggior parte della ricchezza del mondo.

Di fronte a tutto ciò, parlare di leghe, di network, di PSI, di SEL, di PD, di “socialisti di destra” rischia davvero di apparire alquanto ridicolo, più o meno come lo starnazzare delle oche oppure come l’azzuffarsi di polli in batteria, o come l’agitarsi del cappone prima di essere destinato allo spiedo.

Noi dobbiamo capire che oggi tale configurazione globale si combatte solamente inserendosi validamente in un quadro globale di iniziative politiche e di lotte che tenda a concertare, coordinare e rafforzare gli sforzi in tutti i continenti.

Dal Sudamerica all’Europa questo sforzo che anima i popoli verso la loro liberazione si chiama Socialismo e in particolare Internazionale Socialista. Non si può minimamente pensare oggi, per qualsiasi forza politica che voglia agire validamente contro tale politica totalitaria, di estraniarsi da tale contesto. Quegli pseudo partiti o quei leader demagogici che vorrebbero piuttosto che il contesto internazionale prendesse direzioni diverse e magari atto di situazioni diverse nel nostro Paese, che esitano ad aderire a tale lotta internazionalista e socialista, sono piuttosto mascheratamente al servizio del capitale internazionale. Sono i “vassalli” obbedienti che progettano l’opera dei pollificatori.

Noi dobbiamo invece, 90 anni dopo quella rovinosa spaccatura che aprì alle forze della reazione e del capitale manganellatore le porte dell’Italia, essere consapevoli di dover costruire una grande forza politica inserita pienamente nell’Internazionale Socialista e che lotta concertando le proprie iniziative, progettandole e mettendole in atto, contemporaneamente ad altri popoli del mondo. Insieme a quei sindacati che non fanno collateralismo, che non hanno il colore giallo della acquiescente e servile sudditanza alla politica padronale, che non cercano di “pollificare” i lavoratori ricattandoli a suon di delocalizzazioni, configurando la crisi internazionale come ineluttabile fenomeno atmosferico, contro il quale nulla è possibile se non l’attesa che passi, magari prendendosi nel frattempo una bella polmonite, o ritrovandosi senza più scuole, ospedali e lavoro.

Turati in quella occasione disse queste meravigliose parole: “Il nucleo solito quindi che rimane di tutte queste lotte, che sono sempre le stesse nelle diverse forme transitorie e caduche, il nucleo solido è nell’azione. Nell’azione che non è l’illusione, che non è il miracolo, la rivoluzione in un giorno o in un anno, ma è la abilitazione progressiva, faticosa, misera, per successive graduali conquiste, obiettive e soggettive, nelle cose e nelle teste, della maturità proletaria a subentrare nella gestione sociale: sindacati, cooperative, potere comunale, parlamentare, cultura, tutta la gamma, questo è il socialismo che diviene! E non diviene per altre vie: ogni scorciatoia non fa che allungare la strada; la via lunga è la sola breve.

E l’azione è la grande pacificatrice, è la grande unificatrice; essa creerà l’unità di fatto, che noi non troviamo nelle formule, che non troveremo mai nelle parole né negli ordini del giorno, per quanto abilmente ponzati con dosature farmaceutiche di fraterno opportunismo. Azione perenne, azione fatale, prima e dopo quella tale rivoluzione che si avvera sempre, nella quale siamo dentro, perché essa stessa, questa azione è la rivoluzione.”

Oggi dunque, cari compagni, non possono esistere socialisti che non siano consacrati dall’azione rivoluzionaria, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi ove maggiormente la sofferenza e l’emarginazione lasciano profonde piaghe nel tessuto sociale odierno, dove le guerre fanno ancora stragi di vite civili innocenti, dove la speculazione finanziaria produce ancora schiavitù, costringe i popoli a restare senza medicine a buttare nelle discariche i prodotti agricoli che non reggono la concorrenza.

Ed è azione unitaria, graduale, decisa, implacabile, costante, coraggiosa, coerente!

Non saranno dunque le conferenze stampa che ci restituiranno quella dignità e quel valore che ci compete, ma solo la nostra azione, solo il valore di agire con le masse di lavoratori, e degli emarginati e disoccupati di tutto il mondo, in nome del Socialismo, qui e ovunque esso sia sinonimo di integrità umana, morale, politica e civile.

Hasta la victoria, siempre!

Venceremos!

Comandante Carolus


domenica 13 febbraio 2011

LIVORNO 2011 - di Cesare Serrini

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Il rilancio della idea di un grande partito popolare, di sinistra, collegato ai valori del socialismo europeo.

Questo in sintesi è lo scopo dell’appuntamento di Livorno del prossimo 19 febbraio.

Si tratta del primo convegno del Network per il Socialismo Europeo – a cui molte associazioni di area laica e socialista italiane hanno aderito, tra queste il “Pertini” del quale mi preme evidenziare dunque la importanza.

L’evento, come mi ha confermato Lanfranco Turci, è volto a coinvolgere quanti, a sinistra, pur impegnati in formazioni diverse, o anche in nessuna, sono tuttavia insoddisfatti dell’attuale assetto della sinistra e interessati perciò ad una sua riorganizzazione sul modello europeo.

La riflessione dalla quale l’iniziativa muove interpreta a mio avviso in modo efficace le aspettative diffuse sopratutto ma non solo in quella parte della società italiana che – sintetizzo – non si rassegna alla pochezza dei due poli dominanti,che non è disponibile a delegare il futuro del Paese a movimenti neo centristi dominati da obsolete nostalgie democristiane e da ex frequentatori non occasionali di pellegrinaggi lungo le colline di Predappio ( sia chiaro Predappio (Forlì-Cesena) non Predazzo), tanto meno a (dis)valori dipietreschi.

Se fossi Nencini recepirei allora gli obiettivi del convegno, li renderei parte integrante della linea politica del Psi e mi spenderei con passione ed impegno per contribuire a dare, come si dice, corpo e gambe alla prospettiva che nasce.

La stessa cosa farei se fossi Luciano Vita.

Per ora, tornato nei miei panni, mi limito ad allegare il programma di Livorno.

Cesare Serrini


sabato 5 febbraio 2011

Ribadire l'impegno per una nuova forza della sinistra - Documento della Sinistra Socialista approvato nell'incontro a Sassuolo.

Ribadire l'impegno per una nuova forza della Sinistra !

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Documento della "Sinistra Socialista"

(approvato nell'incontro a Sassuolo)


di Pierluigi Camagni

Le Compagne e i Compagni della "Sinistra Socialista" che si sono ritrovati oggi a Sassuolo, in rappresentanza delle realtà territoriali di Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche, oltre al Compagno "Franco Bartolomei" e ad altri Compagni del Lazio, dopo un ampio dibattito a cui ha partecipato anche il Compagno "Lanfranco Turci" e portato il proprio saluto il segretario della Federazione PSI di Modena, hanno approvato il seguente documento:

Gli accadimenti di questi ultimi mesi, se non degli ultimi giorni, portano la sinistra a porsi con urgenza alcune questioni su come affrontare l’opportunità offerta per il futuro dal risultato di Mirafiori prima, e dalla crisi, personale e politica, poi, che stringe il premier e il governo di centro-desta.

Come socialisti innanzitutto, ma poi come rappresentanti della sinistra del PSI e attivisti delle Leghe socialiste che stanno sorgendo in tutta Italia, sentiamo come ineludibili alcuni punti, per altro già ribaditi nella mozione che avevamo presentato al congresso di Perugia.

  • I Socialisti si devono impegnare nel cantiere della nuova sinistra italiana con DETERMINAZIONE, non può esservi spazio per alcuna idea di autosufficienza suicida. I risultati elettorali del Partito Socialista degli ultimi due anni, chiaramente negativi, rappresentano il fallimento di una presunzione di autosufficienza che conduce a perseguire , a dispetto di vuote proclamazioni identitarie, solo tattiche di sopravvivenza prive di qualsiasi valenza strategica per il socialismo Italiano, destinate inevitabilmente a concludere irreversibilmente la loro parabola nelle liste del PD. Il ricorso al tatticismo rischia di azzerare le nostre residue potenzialità politiche, allontanando il Partito dal perseguire con determinazione qualsiasi progetto finalizzato alla costruzione di una nuova forza in grado di riproporre con ben maggiore consistenza politica le ragioni del socialismo italiano ed europeo, a cui affidare la continuità del nostro patrimonio culturale e politico e su cui costruire la nostra rinascita. Il PD, in particolare, ha ribadito l’incapacità di offrire una credibile proposta politica su cui misurare le difficoltà del governo e l’incapacità di tornare a parlare al proprio blocco sociale di riferimento rappresentato dal mondo del lavoro, fino ad accettare dinamiche socio-economiche le cui conseguenze dirette sono state la flessibilizzazione e la precarizzazione dei rapporti di lavoro. Il logoramento del tentativo del PD di concepire il nuovo ulivo essenzialmente come una preliminare riaggregazione attorno a se del centro sinistra, finalizzata ad un successivo rapporto politico di stretta alleanza con il nuovo centro nascente, sta progressivamente mostrando come la propria debolezza politica non può essere risolta eludendo il nodo centrale della necessità di un recupero complessivo della autonoma identità riformista del centro sinistra, come premessa principale della sua capacità di aggregazione, prima nell’elettorato e, successivamente, nel sistema politico.
  • Occorre riportare al centro della proposta politica socialista lavoro e libertà, perché il voto di Mirafiori ha rappresentato un risultato importante per la sinistra, e su quello si giocherà la possibilità, e le scelte fatte ne saranno discrimine, per costruire la sinistra del futuro. Rappresenta un NO chiaro al tentativo di governare le conseguenze sociali della crisi, e organizzare una possibile riattivazione dei processi di crescita, riducendo le rappresentanze sociali ad esclusivo momento interno ad una gestione meramente attuativa degli equilibri esistenti, economici , finanziari, e sociali, predeterminati da processi decisionali riservati in gran parte a tecnostrutture esterne alle sedi istituzionali deputate alla espressione della sovranità popolare. Sotto questo profilo l'esito del voto rappresenta per la sinistra italiana una occasione eccezionale per avviare finalmente una riflessione critica sulla propria incapacità di proposta e sulla bassissima qualità dei propri livelli di rappresentatività sociale, premessa inevitabile per una sua necessaria rifondazione attraverso la individuazione di un progetto di governo, autenticamente alternativo alle ragioni sociali responsabili della crisi verticale di un sistema di rapporti economici e finanziari che minaccia seriamente lo sviluppo futuro della nostra società, e la tenuta sostanziale della nostra democrazia. Questo nell’interesse dei lavoratori che hanno votato sì, sotto ricatto, pur di difendere il proprio lavoro, così come di coloro che hanno votato no, mettendolo anche a rischio, pur di difendere i propri diritti e un’idea di modello di sviluppo e di relazioni industriali che non si può basare su atti d’imperio, ma deve vedere la compartecipazione e cogestione di capitale e lavoro.
  • Il quadro politico pone con sempre maggiore urgenza la necessità del superamento dell’attuale schieramento di centro-sinistra, guidato da una forza politica in piena crisi di rappresentanza, come il PD, priva di una definita identità riformatrice, incapace a dispetto delle sue affermazioni di svolgere una autentica funzione nazionale, e soprattutto incapace, per i suoi limiti strutturali e culturali, di progettare un sistema di alleanze politiche e sociali potenzialmente maggioritario in grado di riattivare una autentica democrazia dell’alternanza all’interno della quale misurare democraticamente la volontà di cambiamento e di riforma di tutto lo schieramento progressista. La situazione di crisi politica, istituzionale, economica e sociale che attraversa il paese chiama i socialisti alla assunzione di grandi responsabilità politiche nell’interesse della democrazia italiana, per la tutela del mondo del lavoro e delle classi più deboli della società e per la difesa dei valori costituzionali di libertà e giustizia sociale. Occorre una rinnovata capacità di analisi ed interpretazione della realtà, necessaria ad impostare , fuori da ogni illusione di autosufficienza, una azione politica diretta a collocare i socialisti alla guida di un processo di ricostruzione della sinistra, che porti l’insieme delle forze di progresso a recuperare una visione strutturale dei processi di riforma sociale ed economica necessari a risollevare il paese dal disastro in cui la crisi del modello neo-liberista ha gettato l’intero occidente sviluppato. In tal senso occorre un deciso impegno al sostegno, nelle prossime elezioni amministrative, di quelle coalizioni, quelle liste, quei candidati che, come Pisapia a Milano, meglio rappresentano l’indicazione di un percorso verso una nuova prospettiva per la sinistra.

Il compito dei socialisti diviene quindi la costruzione di una nuova sinistra impegnata a lavorare ad un nuovo modello di sviluppo fondato sulla riappropriazione sociale del giudizio di valore sulla qualità dei processi di crescita economica, attraverso la realizzazione di nuovi strumenti istituzionali di programmazione e di controllo delle variabili economiche orientate a garantire gli interessi generali della comunità civile dei produttori e dei consumatori, in grado di svincolare la vita delle società dal totale assorbimento nelle logiche di mercato raggiunto nell’attuale fase di finanziarizazzione integrale della economia, ed in grado di rappresentare un potenziale alternativo sistema di riferimento per gli stessi paesi emergenti e per il resto del mondo in via di sviluppo.

Diviene quindi ineludibile la costruzione di un rapporto unitario con tutte le forze politiche che si rendessero disponibili a lavorare a questo progetto di rinascita socialista della sinistra italiana.

In questo quadro di prospettiva appare quindi evidente che i socialisti debbano giocare tutte le proprie carte politiche all’interno del nuovo rapporto politico nascente a sinistra, scatenato dalle contraddizioni aperte all’interno del PD dalla capacità di impatto della candidatura di Vendola a candidato premier del centro-sinistra, assumendo il ruolo di garanti della evoluzione di questo processo verso la realizzazione del nostro obiettivo di fondo della costruzione di una grande forza politica inclusa nello schieramento del socialismo europeo.

Per questi motivi riteniamo necessario che i socialisti lavorino per trasformare il rapporto tra il PSI, SEL ed il PD, innanzitutto, oggi limitato alla sola comune partecipazione all’alleanza del nuovo ulivo, in una nuova grande forza politica unitaria, Socialista e democratica, in grado di ricostruire l'identità riformista della sinistra italiana, e di guidare politicamente l’alleanza di centro-sinistra.

www.socialismoesinistra.it


Il PSI non può, limitarsi ad essere un apostrofo rosa tra PD'e UDC. - di Felice Besostri

Conferenza dei socialisti del Nord, Teatro PierLombardo
Milano - 29 Gennaio 2011

INTERVENTO del compagno Felice Besostri, della direzione nazionale PSI, portavoce del gruppo di Volpedo.


Compagne e Compagni,

Una volta il settentrione era politicamente associato all'espressione “Vento del Nord”, con un preciso significato di rinnovamento per tutto il Paese.

Ora è ben altra l'aria che spira, non più dalle Alpi, ma dalla villa di Arcore: fetida e ammorbante per l'intera nostra nazione.

C'è un rapporto preciso tra il regime dei venti e la debolezza della sinistra in queste plaghe nordiche, una sinistra drammaticamente segnata dalla perdita di consensi popolari e tra i lavoratori: la caduta di tradizionali bastioni municipali nelle ultime tornate elettorali ne è il segno più evidente.

Se la sinistra italiana è la più debole d'Europa, quella del Nord ne è il ventre molle.

I destini dei socialisti, che lo vogliamo o no, sono strettamente legati a quelli della sinistra nel suo complesso e reciprocamente: anche se si tende a dimenticarlo da troppe parti

La questione socialista non è la questione dei socialisti, ma il problema finora non risolto della sinistra italiana. Il problema, lasciatemelo dire, che ha tenuto separata la sinistra italiana dalla corrente maggioritaria ed egemone nel resto d'Europa, quella di ispirazione socialista, socialdemocratica e laburista, ora raccolta nel PSE e nell'Internazionale Socialista.

Se il PSI e i socialisti variamente organizzati, come il Gruppo di Volpedo hanno una missione è quel la di convertire la sinistra italiana e non è solo un contributo di idee, che è richiesto, spesso ridotte a parole e niente più, ma un'identificazione in un'area politica, abbandonando ipotesi e tentazioni terzaforziste . Nella lacerazione drammatica tra classi sociali, con insopportabili divari nelle distribuzioni8 della ricchezza ( il 50% concentrata nelle mani del 10% della popolazione) i socialisti potrebbero essere il fattore di ricomposizione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi o apparentemente tali come il famoso popolo delle partite IVA.

Dopo il referendum alla FIAT Mirafiori si tratta anche di ricomporre lacerazioni tra i lavoratori. Il primo compito è quello, in quel caso specifico, ma è un insegnamento di carattere generale, di evitare che la divisione tra SI' e NO, diventi ancor più che politica o sindacale , morale.

Come accennato, se c'è una priorità è quella di aprire il confronto, anzi un dialogo, con chi,. Convinto o costretto, ha votato SI'.

L'indicazione socialista è chiara e semplice: ritrovare le strade dell'unità sindacale, che tutela al meglio i lavoratori.- Così è negli altri paesi europei, dove, pur nella reciproca autonomia, vi è una relazione costante e diretta tra il partito socialista democratico, dominante a sinistra e la centrale sindacale unitaria.

L'assenza di una sinistra europea, democratica e riformatrice si avverte anche in questa situazione, quando l'iniziativa a sinistra pare essere stata, impropriamente assunta da una federazione sindacale di categoria, come la FIOM, in una crescente esasperazione dei toni.- Chi non si allinea al 100% con la sua linea e parole d'ordine è messo sul banco degli accusati. E' successo persino con la segretaria generale della CGIL, la compagna Susanna Camusso, cui va tutta la nostra solidarietà personale e politica, perché giustamente e responsabilmente non lancia la paro0la d'ordine dello sciopero generale durante un comizio.

Psicologicamente si può capire una sinistra sconfitta pesantemente nelle urne, che cerchi di uscire dalle proprie frustrazioni a qualsiasi costo. In settori della sinistra, per fortuna ancora minoritari, si pensa di trarre spunto o ispirazione dai fatti tunisini o, ancor più egiziani ( gli albanesi son a guida socialista). Nel disegnare alternative politiche si deve scegliere se l'Italia è un paese vincolato all'Europa o sprofondato nel mediterraneo più arretrato. In Europa i cambiamenti politici si perseguono nelle urne e con la mobilitazione politica pacifica dell'opinione pubblica e non con la violenza in piazza. Senza negare la nostra solidarietà ai popoli tunisino ed egiziano, come socialisti non possiamo aderire e nemmeno giustificare una deriva terzomondista in Italia, ma con uno stato d'animo pieno di amarezza dobbiamo dire, che il miglior antidoto all'estremismo sterile sarebbe stato l'esistenza di una sinistra rinnovata e ristrutturata: la sinistra che non c'è e che dovrebbe esserci. Una sinistra di respiro nazionale ed europeo, che fosse in grado di rappresentare una credibile alternativa al regime berlusconiano, capace di incanalare e dare uno sbocco all'indignazione e al senso di giustizia, libertà e maggior eguaglianza della popolazione italiana, in particolare della generazione senza futuro dei giovani, studenti, precari o disoccupati.

Il PSI ha un ruolo essenziale da giocare, come unico membro italiano del PSE e dell'Internazionale Socialista, nella cui costellazione ricopre un ruolo di prestigio la compagna Pia Locatelli, Presidente dell'Internazionale delle Donne Socialiste e, come tale, Vice-presidente dell'IS.

Se non collochiamo nettamente a sinistra il PSI con i suoi valori, che lo distinguono dalle altre sinistre, rinunciamo al nostro unico ruolo significativo.

In altre parole il PSI non può, parafrasando Cyrano de Bergerac, limitarsi ad essere un apostrofo rosa tra PD'e UDC.

Le prossime elezioni municipali in grandi città come Milano, Torino e Bologna saranno il banco di prova della capacità di allargare un'area socialista forte e plurale e del ruolo di rinnovamento della Sinistra dei socialisti italiani.


Ma cosa è questa "Sinistra Socialista"?

«L'incipit di questo mio scritto odierno forse non piacerà ad alcuni e lascerà altri perplessi ma, nonostante ciò, esso per me è frutto di una radicata e profonda convinzione che, negli ultimi tempi, si sta persino rafforzando. Ebbene, essa è la seguente: La sinistra socialista non esiste. Cosa vuol dire infatti “sinistra socialista”? Vuol dire una “corrente” di partito che si esprime nell’ambito di un contesto in cui vi sono altre “correnti” di matrice diversa, se non opposta, e nel quadro di un soggetto politico che unitario è solo di nome e non di fatto. E ciò non tanto per mancanza di dialettica democratica, che è il sale di ogni democrazia e di qualsiasi forma di sana espressione politica, ma piuttosto perché le “correnti” di partito giungono ad una loro “composizione” solo per la stipula di “equilibri strategici”, che, tradotto in linguaggio militare, suona come “una pace armata”.

Mi pare che sia dunque questa la attuale condizione del PSI, stretto tra una cosiddetta “sinistra” su posizioni prudentemente “vendoliane”, e cioè pragmaticamente ma non fideisticamente disposta a sostenere la candidatura di Vendola alla guida della sinistra italiana, un “centro” che più centro non si può, nemmeno col “candeggio”, dato che la sua mira specifica è proprio quella di far parte di un’aggregazione “puramente” centrista con PD ed UDC, e infine una “destra” che ammicca, da non poco tempo, ai cosiddetti “fratelli in camicia azzurra”, a coloro che più che “socialisti” sono rimasti postcraxiani e che, usando e abusando ancora alquanto di tale “attributo”, continuano a militare nelle file del centrodestra e del partito padronale berlusconiano.

Allora, tornando alla mia affermazione iniziale, credo che questa convivenza alquanto “spuria” tra socialisti di tutte le “salse” e di tutti i colori, non sia né auspicabile e nemmeno fruttuosa, per la cultura, per i valori e per le prospettive del socialismo italiano. Anzi, credo che proprio questa “impossibile convivenza” abbia ridotto il Partito Socialista ad una sorta di “fantasma di se stesso”

Se infatti ripercorriamo, come abbiamo fatto numerose volte anche qui, la storia di questo partito anche con Craxi, e non lo farò di nuovo perché c’è già chi lo ha fatto meglio di me, ci accorgiamo che il Socialismo Italiano, fino all’avvento del berlusconismo e della metamorfosi centrista del postcomunismo italiano, in vena di compromesso storicamente eterno e permanente, è stato sempre indissolubilmente legato alla sinistra, è stato da sempre LA SINISTRA.

Ecco perché dico che per me l’espressione “sinistra socialista” non ha senso, non naturalmente perché ritengo che i compagni che ne fanno parte, non esprimano il meglio dei valori della cultura e della specificità del socialismo italiano, ma, anzi, per il motivo diametralmente opposto. Proprio perché considero che far parte di questa “minoranza illuminata”, anche al di là dei confini ristretti di un ristrettissimo partito, sia oggi la migliore espressione dell’appartenenza ad una tradizione e ad una storia che è “lumicino” solo in Italia, mentre nel resto del mondo continua a rischiarare validamente i foschi orizzonti del neoliberismo globalizzato a suon di totalitarismo economico a senso unico corporativo e guerrafondaio.

E’ per questo motivo che auspico in tempi rapidi, che spero non vengano penalizzati ulteriormente dall’incombenza elettorale, la ricostruzione di un soggetto politico che non abbia al suo interno più tali componenti così eterogeneamente autodistruttive, così compulsivamente protese all’autoannientamento solo per lasciare il “postarello” a qualche residuale e spasmodica “ambizione” clientelare.Quello che auspico è che non vi sia più una “sinistra socialista”, ma che i socialisti tornino ad essere indissolubilmente ed immancabilmente “la sinistra italiana”.

Io rispondo con un appello, da nord a sud, a tutte le nostre rosse bandiere e a tutte le nostre leghe, i network, i socialisti incazzati, autonomi, dispersi e quant’altro, che abbiano conservato un minimo di dignità e di spina dorsale, A FARE QUALCOSA CHE SIA SOCIALISTA E CHE SIA IMMANCABILMENTE LA SINISTRA.

Non voglio proporre l’ennesima creatura, la versione di una “cosa fenice”, che ci sia ciascun lo sa e dove sia nessun lo dice, e non voglio nemmeno scivolare permanentemente in una superficie liquida, in cui mi si dica che tale obiettivo è in “progress”, che verrà, magari con la luminosa speranza di un futuro messianico o escatologico, dalla benevolenza e lungimiranza di qualche leader, che magari nel passato non è stato nemmeno socialista e che oggi si appella al socialismo ma senza voler “disturbare” i suoi vecchi compagni comunisti.

No, compagni, voglio qualcosa di solido e non lo voglio per gentile concessione, ma me lo voglio costruire insieme a tutti coloro che lo sanno costruire e che ci credono fermamente. Per avere come risultato non il retino con cui acchiappare le farfalle del voto in fuga astensionista (e in permanente equilibrio precario) ma per conquistare quei consensi che derivano dall’adesione ad un progetto condiviso da decine di milioni di persone nel mondo. E su precisi valori che sono quelli per la difesa di beni pubblici essenziali come la scuola e l'acqua, la tutela della salute, una libera contrattazione e non sotto la spada di Damocle del ricatto della delocalizzazione aziendale, una giustizia uguale per tutti, una informazione senza bavagli, la stabilizzazione del lavoro precario, la pace come valore supremo..

Per questo desidero condividere la prospettiva socialista rivoluzionaria dell’oggi, che fu già di Rosselli e Lombardi

E cosa diceva Rosselli?

“Vaneggiamo? No. Le utopie dell’oggi possono essere le realtà del domani. I movimenti rivoluzionari, che ancora si attardano alla politica dell’ieri, debbono osare una politica anticipatrice, la politica del domani”

E Lombardi: “Bisogna persuadersi che l’Europa si può fare soltanto se è socialista, o almeno tendenzialmente socialista. Lasciare che le cose si svolgano senza un intervento costante dei socialisti per ciò che riguarda l’Europa, significa dire che l’Europa tra dieci anni finirà più capitalista, più atlantica e meno autonoma rispetto agli USA di quanto non sia oggi”

Di anni ne sono passati 30 e abbiamo visto come è andata e sta andando, con l’ “armiamoci e partite” e tutti i morti che ne son seguiti e ne seguono ancora..

E allora “osiamo”, cari compagni, non restiamo ostaggio di vecchie logiche del passato, della politica di ieri, non attardiamoci in diatribe sulla legittimità dello “stare” in questo o in quel partito, e tanto meno sulla “primazia” di questo o quel partito, questo o quel movimento.

NOI DOBBIAMO SOLO OSARE ESSERE NOI STESSI:

SOCIALISTI, ORA E SEMPRE !

Carlo Felici


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