lunedì 2 novembre 2009

Amici e Compagni - di Luigi Tomassucci

di Luigi Tomassucci

02/11/2009 - Alcuni Amici e Compagni, che mi hanno sostenuto in questi anni d’impegno politico e che visitano il Sito/blog hanno notato (bontà loro) la mia assenza nel dibattito in corso, nonostante che io, in passato, mi sia limitato a pochissimi interventi.


A chi personalmente mi ha chiesto ragione della mia assenza ho dato spiegazioni. Forse è corretto, però, che le dia anche pubblicamente.

Io, comè noto, in occasione delle ultime elezioni provinciali ho aderito all’associazione “Sinistra per la tua Provincia” nell’ottica di favorire il consolidarsi del progetto di Sinistra e Libertà, progetto nel quale intravedevo la possibilità di far nascere un soggetto politico capace di riempire un ampio vuoto di rappresentanza tra un PD dalla fisionomia indefinita e una sinistra antagonista nella quale non mi riconoscevo né mi riconosco.

Quando ho cominciato a percepire (quasi subito) che molti tra i maggiori (si fa per dire!) azionisti della nascente ditta continuavano a tenere i piedi su almeno due staffe (i loro partiti d’origine, anche quando risultavano pressoché cancellati dagli elettori, e il partito in fase di costruzione), non trovandomi nella condizione di poter realmente incidere nei processi decisionali in atto e non avendo in programma alcun impegno personale in politica, ho preferito limitarmi ad osservare ciò che accadeva nello scenario politico nazionale e, particolarmente in SeL, Partito Socialista e PD.

Nel PS (ma no solo) ho notato che sta riemergendo la tentazione identitaria: ognuno è convinto d’essere (ed essere stato) il migliore e pretende le scuse dagli altri per i (presunti) torti subiti: così non si va da nessuna parte e, soprattutto, questo è un dibattito che interessa solo qualche “combattente e reduce” ma che annoia terribilmente (quando non li irrita proprio) tutti gli altri.

Ho apprezzato il recente intervento di Caolux Felix che commenta l’intervista di Nencini sottolieandone alcune incongruenze e contraddizioni. Per l’esperienza che ho maturato e cercando di leggere tra le righe di quello che molti dicono, temo, però, che SeL sia già politicamente morta e siccome sono contro ogni forma di accanimento terapeutico non mi sento di fare nulla per tentare di rianimarla. Se dovessi sbagliarmi, sarò io il primo a rallegrarmene.

Resta il problema di riempire quel vuoto di rappresentanza a sinistra del PD, ma forse a quello ci sta pensando Bersani.

Dal neoeletto segretario dei democratici ho ascoltato con grande piacere due affermazioni che possono apparire ovvie e banali, ma che invece ritengo siano assai importanti per provare a rimettere il Paese su un percorso virtuoso: la prima è che il migliore antiberlusconismo è quello di chi sa preparare un’alternativa ad esso e non di chi strilla (anche a ragione) ogni minuto contro Silvio e i suoi; la seconda è che il tema dei temi da porre al centro di ogni elaborazione politica e programmatica é, oggi, il lavoro.

Mi aspetto, anche, che ricordi a tutti che democrazia, libertà, eguaglianza e solidarietà non sono diritti naturali che ci sono assicurati da qualche entità soprannaturale, ma conquiste nemmeno tanto lontane nel tempo e che - come la storia ci dovrebbe insegnare (se non ne dimenticassimo tanto facilmente le lezioni) - è necessario difendere quotidianamente per non correre il rischio di svegliarsi, una mattina, e scoprire che qualcuno ce li ha scippati non con un improvviso colpo di mano, ma con un lavoro lento e progressivo portato avanti per anni mentre i più si tappavamo occhi, orecchi e bocca.


1 commento:

  1. Confesso che l'intervento del compagno Tomassucci, acuto e pertinente come è normale aspettarsi da un attento osservatore della politica quale egli è, mi coglie di sorpresa. Una sorpresa amara almeno quanto quella inflittami dalla lettura delle osservazioni offerte dal compagno Sollazzo qualche giorno fa, forse aggravata dalla profonda stima personale che nutro per entrambi. La critica muove da fronti opposti, ma arriva ad identica conclusione: il disegno politico sotteso a SeL è già finito, perduto nei rivoli delle polemiche d'antan sulle origini e non più capace di esprimere una parola sui fini.
    Se da un lato posso capire la delusione nei confronti di una classe dirigente che fa le glosse a Marx piuttosto che risolvere il dramma di un salario inadeguato, mi dispiaccio che, ora che è venuto il momento di dare una mano alla costruzione di una casa comune, coloro che potrebbero dare un contributo oggettivamente importante siano tentati - per stanchezza? eccesso di realismo? - di chiamarsene fuori.
    Anche io osservo con molta inquietudine le tensioni che scuotono i partiti di SeL in questi momenti e certamente non mi compiaccio degli eccessi, ma le considero frizioni inevitabili quando si ha l'ambizione di andare oltre la propria storia, abbandonando le confortevoli mura dell'identità per cercare un confronto sincero. Ora che la segreteria di Bersani sembra segnare la fine della logica dell'autosufficienza del PD per riaprire la partita del centrosinistra, ora che le condizioni politiche contingenti sembrano favorevoli, è nostro compito presentarci con un progetto di sinistra riformista e di governo che - al di là delle questioni nominalistiche che appassionano solo gli sfaccendati - metta "al centro di ogni elaborazione politica e programmatica...il lavoro". E' questo il dovere a cui siamo chiamati e a cui non possiamo sottrarci, se non al prezzo di fare i conti con la negazione dei nostri valori più profondi.
    Con immutata stima.

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