venerdì 19 luglio 2013

SHALABAYEVA. NENCINI: L'AMBASCIATORE KAZHAKO IN ITALIA SIA DICHIARATO PERSONA NON GRADITA

Venerdì 19 luglio 2013 - Il segretario nazionale del Psi Riccardo Nencini è intervenuto questa mattina nell'aula di Palazzo Madama nel corso della discussione generale sul caso dell'espulsione dall'Italia di Alma Shalabayeva e della figlia.
 
Ecco il testo integrale del suo intervento:

NENCINI (Aut-PSI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, Ministri, ascolto sempre con attenzione la passione del senatore Compagna e condivido il suo giudizio sull'Italia giolittiana. Il senatore Compagna però ha dimenticato di ricordare all'Aula che i corpi dello Stato hanno segnalato per lo meno quattro problemi - io ne segnalerò cinque, signor Presidente - ed un effetto contingente, legato al fatto di cui il Senato oggi discute.
C'è stata una palese violazione dei diritti umani, già ricordata.
Il capo della Polizia Pansa - ed è il secondo punto - segnala errori del Dipartimento di pubblica sicurezza, fra le altre cose eccessivamente prono alle pressioni dell'ambasciata kazhaka.
Terzo: un'attività dei nostri Servizi che possiamo definire sorprendente (l'interpretazione del termine sorprendente la affido alla sensibilità di ciascuno di noi). Io vi aggiungo due fattori, che non sono collaterali. Anomalie nella ricostruzione dei fatti accaduti, poi tacitate dal prefetto Procaccini con una laconica dichiarazione nel pomeriggio del 17 luglio, successiva alle interviste che i quotidiani pubblicavano quella mattina.
Il prefetto Procaccini dichiarava che non c'è alcuna differenza di visione con il ministro Alfano; e questo ci basta.
Quinta ed ultima questione, cosa citatissima in quest'Aula, ma che riveste una valenza esclusivamente e decisamente politica: il ruolo politico del Ministro dell'interno, di qualsiasi Ministro dell'interno, che non è, alla maniera di Fouché, soltanto un ministro di Polizia.
L'effetto evidente e contingente è il groviglio della matassa di questioni e di errori che sono stati compiuti quando si scontra con la legge Bossi-Fini, che non è ultima nella ricostruzione delle vicende accadute.
Errori, manifesta debolezza di una norma dello Stato, soggezione diplomatica, violazione di un diritto, funzioni politiche del Ministro dell'interno, compromesse in giorni caldi - non questi, signor Ministro, ma quei giorni - per lui e per il partito al quale appartiene.
Della legge Bossi-Fini e degli inammissibili automatismi con cui la applica l'autorità giudiziaria da ultimo rimangono vittime una madre e una figlia.
Lo sta documentando in maniera perfetta il difensore della signora Shalabayeva, il professor Vincenzo Cerulli Irelli, e lo farà a giorni.
C'è da chiedersi, signor Presidente, dove sarebbe finito l'ambasciatore americano, se nel 1985 si fosse rivolto al Capo di Stato Maggiore o al comandante dei Carabinieri per ottenere la consegna di Abu Abbas.
Quello che converrebbe fare e che converrebbe chiedere, ora, subito, da parte del nostro Ministro degli affari esteri è che dichiarasse intanto persona non gradita l'ambasciatore kazhako in Italia. (Applausi dai Gruppi Aut-PSI, Misto-SEL e M5S). È cosa che possiamo fare rapidamente e sarebbe cosa buona e giusta, come è già stato chiesto, peraltro, da autorevoli rappresentanti del Senato della Repubblica italiana.
Ma c'è da chiedersi soprattutto cosa giustifichi la disinvoltura con la quale l'alta burocrazia ritiene di poter ignorare l'autorità politica o addirittura disattenderne gli indirizzi, se la ricostruzione dell'accaduto è la verità di ciò che è accaduto. La risposta è apparentemente semplice ed ha a che fare con la precarietà del quadro politico, oltre che con la retorica con cui, nel corso del ventennio, si è enfatizzata l'autonomia dell'amministrazione rispetto a un potere politico sempre sospettato di essere parziale.
Signor Presidente, non partecipiamo al gioco al massacro verso il suo Governo, ma vogliamo chiarezza e siamo felici che lei sia qui a portarla; pretendiamo verità per quello che è accaduto e possiamo anche esigere un «colpo di reni» da parte del suo Governo e forse anche una rilettura della maggioranza che la sostiene, se chi la sostiene talvolta lo fa con sospetto e invece chi non ha deleghe, nei momenti cruciali, le vota la fiducia.
Perché questo stiamo oggi facendo, qui ed ora: rinnoviamo a lei la nostra fiducia, per l'impegno che lei assume e per allontanare l'Italia dal precipizio sul quale si affaccia.
Non ho dubbi, signor Ministro, che un atto di responsabilità individuale conferirebbe al Governo maggiore forza e autorevolezza. Non parlo di una crisi di Governo, perché questa sarebbe irresponsabile. Solo degli ingenui possono continuare ad agitare le insegne della campagna elettorale permanente, come se fossero destinate prima o poi a diventare programma di Governo. Solo degli ingenui, insomma, potrebbero immolare un Governo che c'è, sull'altare di un Governo che non c'è, immaginando che la frattura attorno a cui rigenerare il sistema politico ed economico sia quella che passa da diverticoli di campagna e non quella che divide l'Italia dall'Europa, lo sviluppo dalla stagnazione, la cittadinanza dalle corporazioni.
Gli atti di responsabilità verso lo Stato che si serve vengono prima dell'appartenenza ad un partito. Si giura sulla Costituzione, signor Ministro, e si serve non un partito, né un leader, ma un popolo.
La ragion di Stato richiede decisioni nette e tutte le decisioni che vengono richieste in questo caso sono orientate nella medesima direzione.
La ragion politica soccombe di fronte alla ragion di Stato, quando con questa si mostra incompatibile.
La nostra responsabilità, signor Ministro, è qui, in bella vista, e consiste nel rifiutare ogni posizione demagogica, che ci onorerebbe di una moltiplicazione di «mi piace» sulla rete, ma che ci riporterebbe, terribilmente, alla scorsa primavera. La responsabilità è un valore condiviso nel Governo della cosa pubblica.
Nel mese di luglio l'Esecutivo ha dedicato molto del suo tempo a sciogliere due nodi in nulla programmatici e in nulla afferenti al miglioramento dello stato di salute delle famiglie italiane.
La sua responsabilità, signor Ministro, vorrei sapere quand'è e dov'è.

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