PIA LOCATELLI - PSI
3 dicembre 2013 - Sono vittime del lavoro, vittime cinesi del lavoro in Italia, i nuovi proletari, che ricordano, per condizioni di lavoro, i migranti in Svizzera ma forse anche i primissimi meridionali che andavano al nord, torniamo agli anni cinquanta, forse addirittura a fine ottocento, i tempi dei padroni con le brache bianche, ed invece siamo nel 2013.
3 dicembre 2013 - Sono vittime del lavoro, vittime cinesi del lavoro in Italia, i nuovi proletari, che ricordano, per condizioni di lavoro, i migranti in Svizzera ma forse anche i primissimi meridionali che andavano al nord, torniamo agli anni cinquanta, forse addirittura a fine ottocento, i tempi dei padroni con le brache bianche, ed invece siamo nel 2013.
Ci
occupiamo dei cinesi in Italia per dire che occupano le nostre strade
con i loro negozi, che fanno concorrenza sleale, che comprano tutto, che
pare non muoiano mai- quante volte ci siamo sentiti dire “mai visto un funerale cinese”, per dire che si passano i documenti l’un con l’atro, tanto si somigliano tutti.
E
solo di fronte ad una tragedia come quella di Prato, ci rendiamo conto
che tanti di loro, la maggior parte di loro vivono in condizioni di
sfruttamento, addirittura in condizioni di vita subumane. Ma non è
difficile capire la dimensione del lavoro nero di questa realtà e dello
sfruttamento.
Diceva ieri la vicepresidente del Senato
Valeria Fedeli: basterebbe guardare i consumi elettrici per rendersi
conto di cosa succede in quei capannoni, luoghi di lavoro, cucine,
dormitori e ora anche tombe. Il tema è che in aggiunta alle difficoltà
oggettive, a partire dalla impermeabilità della comunità cinese, abbiamo
abbassato la guardia quanto a monitoraggi e controlli: la crisi e la
disoccupazione fa digerire tante cose per i lavoratori italiani,
figuriamoci quelli cinesi.
Ma siamo nel 2013, a quasi
cinquant’anni dallo statuto dei lavoratori, che noi socialisti abbiamo
fortemente voluto, che è frutto del nostro lavoro perché Brodolini era
uno di noi socialisti.
A qualche cosa saranno servite le lotte sindacali di tanti anni.
In questo caso però il sindacato non basta, stretto tra lavoro italiano
e lavoro cinese; serve la collaborazione tra sindacato, enti locali,
forze dell’ordine ma anche associazioni imprenditoriali e imprese
italiane, che devono essere indisponibili a comprare il frutto del
lavoro sottocosto, e imprenditori cinesi e comunità cinesi stesse. Forse
lavorando insieme si può instaurare un livello di dignità per tutti.
L’ILO
parla da anni di decent work, lavoro degno: vale per tutti, cinesi
compresi. Proviamo a tentare di far valere questo diritto fondamentale
per tutti, cinesi compresi.
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