giovedì 6 agosto 2009

HUMANITAS: LA RADICE DEL SOCIALISMO


di Carolus Felix

06/08/2009 - Due righe per riflettere sul concetto di humanitas, che non è solo traducibile con la parola umanità, ma, più ampiamente, con la capacità di relazionarsi ed essere consapevoli. Con il rispetto della propria e dell’altrui natura. Tre concetti erano associabili per i latini a tale parola: il considerarsi tutti egualmente parte della medesima natura e per questo destinati a sviluppare una sorta di amicizia universale rivolta agli esseri umani, a prescindere dalla loro condizione e dalla loro provenienza. Il principio per cui ogni essere umano è tale perché riconosce nell’altro la stessa insopprimibile dignità e specificità, che va oltre l’appartenenza ad una qualsiasi nazione, religione o cultura. E’ infine l’attitudine a coltivare, mediante l’otium (lo studio) e il negotium (l’attività politica e civile), una crescita personale e collettiva con la stessa dedizione e lo stesso impegno. Possiamo purtoppo riconoscere che questi tempi sono alquanto avari di humanitas, perché è fin troppo facile incappare nel mancato riconoscimento delle ragioni degli altri, un po’ ovunque, e spesso accompagnato da volgarità, insulti, tentativi di delegittimazione e inevitabilmente menzogne. Così come è altrettanto facile osservare come si cerchi di costruire la credibilità di uno schieramento politico, non creando una seria alternativa, ma solo rincorrendo la delegittimazione e la demonizzazione dell’altro schieramento, ritenuto per questo nemico più che avversario. Coltivare l’odio per il “nemico” è proprio ciò che impedisce all’humanitas di crescere, svilupparsi e farsi riconoscere. A tutti i livelli: da quello famigliare, a quello scolastico, lavorativo, per finire con quello politico. L’inconsapevolezza, l’indifferenza, l’avversione e l’attaccamento solo a se stessi, sono quel veleno con cui l’humanitas può essere abortita prima ancora di nascere. La competitività esasperata e la ricerca di un merito che sia solo individuale, sono la risultanza di questa disumanizazione che è quasi sempre collegata ad un modello di capitalismo disumano e senza regole, in cui a vincere non è chi può far crescere la propria humanitas con quella di tutti, con un livello superiore di consapevolezza condivisa, ma si impone piuttosto chi sfrutta a suo esclusivo vantaggio materiale i conflitti che si generano tra gli esseri umani, da quelli interpersonali a quelli sociali o nazionali, costruendo appositamente monopoli oppure oligopoli, nei quali il mancato riconoscimento della dignità e libertà dell'altro é funzionale al suo sfruttamento e alla sua reificazione. Eppure per superare le attuali sfide generate da una globalizzazione serva spesso di una disumanizzazione progressiva, derivante dall’annientamento di ogni singola specifica cultura e attitudine umana, il bisogno di humanitas non può che farsi sempre più urgente. Sarebbe interessante capire come in ciascun ambito: famigliare, politico e scolastico essa potrebbe essere coltivata, magari lo farò in seguito, con altre note. Per ora sarà bene constatare che essa implica a tutti i livelli il “rispetto”, il quale non vuol dire, come comunemente potrebbe intendersi, un “tenere le distanze”, il conservare uno spazio idoneo di privacy per sé e per l’altro, ma piuttosto, dal verbo latino respicio, il conoscersi, il superare progressivamente i limiti della diffidenza, del pregiudizio e della paura. E per fare questo, mettersi in ascolto, aprirsi alla imprevedibilità dell’altro, senza paure o senza quei sarcasmi spesso reiterati, che ne sono sovente solo lo specchio deforme. Rispettarsi vuol dire dunque conoscersi, scoprirsi, stupirsi vicendevolmente, ma non rinunciare mai a credere nell’altro, oltre che alla propria dignità personale, consapevoli che, nella relazione tra noi e l’altro, c’è sempre molto di più di ciò che possiamo o vogliamo immaginare. Che c’è innanzitutto la sua libertà, la quale non finisce dove inizia la nostra, ma piuttosto si amplia tanto più progressivamente e maggiormente, quanto più il suo orizzonte coincide e viene condiviso con il nostro. “Homo sum, humani nihil a me alienum puto” Sono un essere umano, non c’è nulla di umano che mi sia estraneo, nulla che debba fare per doverlo dimostrare, perché si tratta solo di riconoscere, di scoprire che nella mia umanità e libertà è sempre inclusa e condivisa necessariamente anche quella di tutti coloro che si affacciano nel mio infinito orizzonte. E’ quella libertà necessariamente relazionata e solidale che è l’essenza stessa di ogni autentico Socialismo.


5 commenti:

  1. Il nostro, quello condiviso, per cui mi batto talvolta anche purtroppo con "i socialisti" affinché sia l'anima di Sinistra e Libertà, affinché, di fatto, ci sia Socialismo e Libertà, quello che mi ha portato umanisticamente a volermi chiamare qui Carolus Felix, accanto a Carlo Felici

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  2. E' questo il significato profondo del verso del grande poeta
    JOHN DONNE : " non chiedere mai per chi suona la campana , essa suona anche per te".

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  3. Sì, Franco è vero..anche se alcuni purtroppo, di fatto, anche tra noi, mostrano di essere più stonati di una campana, e continuano a predicare bene, ma a razzolare piuttosto maluccio con le loro intolleranze ed avversioni..

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  4. Giovannibattista Ferrari6 agosto 2009 alle ore 17:05

    Bellissima ripassata di storia Socialista

    Grazie Carolus

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  5. Grazie per questa bellissima esposizione, Carlo!!

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