sabato 24 marzo 2012

Documento della SINISTRA SOCIALISTA per l'assemblea Nazionale del PSI del 1° Aprile 2012

di Franco Bartolomei

La proposta del governo Monti di riforma dell'art 18 dello Statuto dei Lavoratori stravolge il sistema delle tutele del rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato , e costituisce una palese violazione del quadro di dialogo sociale che avrebbe dovuto caratterizzare l'esperienza di un governo costituito per garantire interessi e necessita' di unita' nazionale .

Questa unilaterale conclusione delle trattative tra le parti sociali con una proposta governativa di soluzione finale gradita solamente alle associazioni imprenditoriali , al sistema bancario e finanziario, ed alle autorita' monetarie europee, rappresenta una sostanziale trasformazione della natura politica del governo,che va purtroppo a confermare i motivi di opposizione al suo operato che i nuovi provvedimenti emanati sulle privatizzazioni dei servizi pubblici e delle reti infrastrutturali strategiche ( Terna , Snam - rete gas, Ferrovie) ), la insistenza sull'inserimento in Costituzione del vincolo di pareggio di bilancio , e l'assenza di una adeguata tassazione delle rendite da capitale , avevano gia'suscitato in larga parte del paese.

Nel merito le modifiche proposte dal governo all'art 18 dello Statuto dei Lavoratori sono per noi assolutamente inaccettabili sui seguenti punti, che ne qualificano chiaramente il segno liberista ed incostituzionale:

1)Nel considerare non reintegrabile automaticamente il lavoratore licenziato per motivi disciplinari che non integrano una grave e fondata violazione degli accordi contrattuali o delle norme di ordine pubblico.

2) Nel non consentire una verfica giudiziale della fondatezza effettiva della causa economica .

3) Laddove non qualificando normativamente i limiti di questa causa si rimette di fatto il destino del lavoratore alle mere scelte della cosidetta"Liberta' d'Impresa".Gli stessi aspetti innovativi della riforma proposta in materia dimmortizzatori non vengono sostenuti da adeguati incentivi e coperture finanziarie .

Allo stesso modo riteniamo che la nuova stesura dell 'art 81 della Costituzione , comprendente un obbligo costituzionale di pareggio di Bilancio, sia una norma destinata solo a precludere ad un governo qualsiasi manovra minimamente incidente di politica sociale , economica ed industriale, che ignora volutamente altri sistemi ben piu' elastici e progressivi per controllore la spesa pubblica , molto meno penalizzanti per la realizzazione di interventi pubblici di natura anticiclica ed incentivante , indispensabili in momenti di recessione come quello che stiamo attraversando.

Non solo, con le contestuali modifiche agli articoli 97, 117 e 119 viene meno la stessa forma di Stato delle autonomie, che ci caratterizza.

Inoltre un vincolo operativo del genere,di natura assolutamente monetarista, assurto peraltro al rango di norma costituzionale ,aumenterebbe ancor di piu' la dipendenza di una possibile politica economica e/o industriale pubblica dalla strettoia del finanziamento privato,rendendola assolutamente condizionata nelle sue opzioni dai vincoli regolati a livello sovranazionale dalle autorita' di controllo monetario.

Una norma di tal fatta rappresenta nei fatti l'ultimo, e piu' pericoloso, retaggio di una subalternita' forzata alla politica comunitaria impostata dall'asse Merkel-Sarkozy, responsabile di una conduzione della politica comunitaria che ha disastosamente condotto la Unione europea sull'orlo del collasso, e contrasta in modo stridente con la recente svolta intrapresa dalla Fed e dalla BCE con i loro ripetuti Quantitave Easing, che stanno consentendo di garantire alla Grecia una uscita soft dal sistema Euro con molti meno costi sociali e senza traumi per il resto del sistema monetario comunitario.

Appare, in particolare, gravissimo che il governo, fin dalla sua iniziale conduzione delle trattative sulla riforma del mercato del lavorora, ed ora ancor piu'con la sua inaccettabile proposta finale, abbia continuamente trasmesso all'opinione pubblica il messaggio fuorviante ed interessato che i problemi della arretratezza del nostro sistema produttivo fossero generati da un eccessivo livello di tutele del lavoro, accreditando in questo la vulgata bancaria ed imprenditoriale per cui la flessibilizzazione dei rapporti d'ingresso nel mondo del lavoro sarebbero la conseguenza necessaria delle rigidita' dei sistemi di uscita , senza in alcun modo denunciare come la precarizzazione dei rapporti di lavoro , figlia della esigenza di recupero di profitti a parita' di base produttiva indispensabile a sostenere i processi di finanziarizzazione dell'economia, sia stata la prima responsabile del crollo della domanda interna non appena la rendita speculativa e l'indebitamento diffuso dei consumatori sono crollati in conseguenza del corto circuito del sistema finanziario e bancario.

Il governo con questa sua proposta sul lavoro punta ad alimentare uno scontro generazionale ,per convincere l'opinione pubblica che il lavoro a tempo indeterminato garantito dalle tutele tradizionali dell'art 18 costituisce un ostacolo all'allargamento dei livelli occupazionali alle giovani generazioni, e gioca a scaricare sul modo del lavoro dipendente il problema dei nostri limiti di crescita , facendo finta di non vedere che i bassi investimenti esteri nel nostro sistema paese sono essenzialmente il frutto di un sistema amministrativo inefficente ed inaffidabile ,che rende onerosa ed insicura la realizzazione un investimento economico di lungo periodo in tutte le aree del paese ad alto tasso demografico, basso reddito medio, e bassa concentrazione di installazioni produttive ( Italia Meridionale), naturalmente oggetto di interesse per qualsiasi nuovo investitore.

Il Governo evita quindi di concentrare le sue energie, come dovrebbe, sulla attuazione di strumenti operativi in grado invertire la pratica diffusa da almeno un ventennio di disinvestimento in innovazione tecnica e produttiva , di delocalizzazioni produttive della piccola e media impresa fondate sulla rincorsa alle flessibilita' estera del lavoro dipendente e la rinuncia a qualsiasi sfida sulla qualita' di gamma del prodotto ( vedi tutto il settore tessile e abbigliamento) , di distruzione di un sistema di grandi aziende produttive pubbliche, tutte altamente competitive e ridotte a livelli di indebitamento spaventoso, dopo frettolose privatizzazioni a buon mercato , che hanno reso impossibile vere politiche aziendali di rilancio produttivo ( vedi : Iri , Enel , Telecom , Autostrade , Acea), di distruzione finanziaria di grandi aziende private avvenuto in relazione alla estensione dei processi di finanziarizzazione speculativa dei rapporti economici caratterizati da forti reimpieghi in campo speculativo di disinvestimenti produttivi ( vedi : Parmalat , Cirio , Pirelli cavi, Monte dei Paschi, ed in parte anche la Fiat) , e di indebolimento progressivo della domanda interna in ragione di una politica aziendale di bassi salari favorita dalla contemporanea inefficenza e pesantezza del sistema fiscale.

Il Governo insiste infatti a privilegiare una politica di compressione della domanda ed, in perfetta continuita' con il passato, non imposta alcuna nuova politica industriale nazionale per governare processi di ristrutturazione e di riprogrammazione delle scelte produttive inevitabili in presenza di formidabili mutamenti delle condizioni del mercato internazionale e del sistema bancario e finanziario nazionale, perpetuando quella assenza di iniziativa che ha gia' in passato penalizzato direttamente tutti i settori di punta del nostro apparato produttivo ( vedi ad es. Cantieristica, Siderurgia, Agro- Alimentare, Meccanica, per non parlare del disastro della Chimica e della Farmaceutica).

La verita ' e' che il Governo Monti ha gettato sulla questione lavoro tutto il suo nuovo forte peso politico , utilizzando il credito ad esso derivato dal raffreddamento della pressione dei mercati finanziari sui nostri titoli pubblici e dalla nuova centralita' acquisita nei rapporti europei in conseguenza del disastro combinato in Grecia dalle banche francesi e tedesche, entrambi frutto dell'accreditamento ricevuto dalla nuova espansiva politica monetaria statunitense che ha messo da parte la centralita' decisionale dell'asse merkel-sarkozy, per portare a compimento tutti i processi di flessibilizzazione del mercato del lavoro, e di privatizzazione dei servizi pubblici , necessari ad alleggerire ulteriormente la spesa pubblica, nel tentativo di sostenere processi residuali di crescita dalle flebili prospettive, tutti rivolti , in ogni caso, in assenza di un mutamento sostanziale del modello di sviluppo , a ricercare eclusivamente un numero limitato di possibilita' imprenditoriali interne sostitutive del pubblico, o una lieve implementazione di alcune opportunita' professionali , inseguendo sulla china della massima flessibilizzazione possibile dei rapporti di lavoro un quadro di competizione internazionale difficilissimo per economie finora equilibrate attraverso l'adozione concertata di superiori parametri di garanzie sociali.

In tal senso l'azione di questo Esecutivo, nato anche in conseguenza della indecenza della nostra classe politica , non si discosta dal disegno di riattivare un modello di crescita ormai logoro ed inadeguato, proposto dalle classi dirigenti finanziarie e monetarie responsabili a diversi livelli della crisi di sistema che stiamo attraversando , dimostrando di voler accelerare , in stato di emergenza, tutti i processi, ancora mancanti, di adeguamento a questo miope disegno di stravolgimento della nostra costituzione nateriale , non ancora perfezionati del tutto finora solo per via delle paure e delle contraddizioni di un sistema politico non sufficentemente consapevole della crisi sistemica in atto.

E' evidente che questa autentica svolta politica del governo Monti ,che rovescia le premesse condivise su cui era stato costruito in seguito alla disfatta del governo di centro-destra, implica logicamente per il Partito Socialista l'assunzione di una esplicita e formale posizione di opposizione al governo , e l'abbandono di ogni tentazione verso una politica di unita' nazionale , ora e dopo le elezioni del 2013, che erediti e continui l'esperienza del Governo Monti sull'asse del rapporto tra il PD ed un Centro Moderato allargato ai reduci della disfatta berlusconiana , che non avrebbe minimamente nel suo DNA il progetto di resistere alle richieste di compressione dello Stato Sociale e di sterilizzazione della sovranità nazionale proveniente dalle autorità finanziarie sovranazionali.

Una ipotesi del genere ,che diverrebbe inevitabile per il partito qualora decidesse di continuare nel suo appoggio al governo Monti, non puo' consentire in alcun modo in di riuscire ad attivare meccanismi di crescita fuori dai dettami e dalle strettoie liberiste e monetariste sulla base di una diversa progettualita' ,partendo dalla difesa dei redditi e dalla stabilizzazionezione dei rapporti di lavoro,dalla rigorosa patrmonialita' delle imposizioni fiscali contemporanea alla detassazione dei reinvestimenti produttivi, dalla concentrazione di risorse aggiuntive recuperate dal debito su ricerca e innovazione ,e dall'avvio di una politica energetica sulle fonti rinnovabili che consolidi l'autonomia produttiva del paese e consenta l'avvio di una politica di ristrutturazione e riconversione industriale finalizzata all'aumento della base produttiva.

Non può quindi essere riproposta per il dopo voto , come purtroppo sembra avvenire, una soluzione di apparente unità nazionale, tra forze politiche che si autolegittimano " ad escludendum"attraverso una nuova favorevole legge elettorale, finalizzata al solo scopo di costruire un quadro politico nuovo in cui venga avviata per un lavoro di lungo periodo una progressiva sostituzione del centro-destra sul terreno di una maggiore affidabilità garantita al sistema finanziario mondiale da parte di una nuova classe dirigente, anche espressione della sinistra ufficiale, che, in totale assenza della autonomia culturale necessaria a progettare un diverso modello di crescita per il bene del paese, si adegui alle soluzioni indicate dagli organismi finanziari internazionali, quali strade obbligate per sottrarre il nostro sistema economico al tiro al bersaglio indiscriminato da parte delle concentrazioni finanziarie che governano con logica assoluta i mercati mondiali , e che sulla base della osservanza di questa compatibilita' di fondo regolano o " riformano" i rapporti sociali .

La pressione continua dei mercati finanziari sulle nostre aziende e sui nostri Bond rappresenta tuttora il segnale di un attacco generale di natura e portata sistemica che travalica le valutazioni sulla compatibilita' dei nostri conti pubblici , ed e' chiaramente diretto a modificare nuovamente il sistema politico del nostro paese, gia ' minato dalla crisi di credibilita' che investe le sue rappresentanze , per cui la sinistra, se vuole sopravvivere politicamente a questo disegno diretto a favorire una ulteriore involuzione dei rapporti sociali, deve puntare al ripristino della capacita'del sistema stato-ordinamento di governare e regolare i processi economici ,sociali e finanziari, reali, attraverso la ricostruzione di istituti pubblici , dotati di poteri autoritativi finalizzati a consentire la riattivazione di una politica industriale del paese, e la attuazione degli interventi di programmazione e riforma necessari a dirigere ed orientare le scelte degli operatori economici .

Una sinistra che vuole contrastare la sfiducia e l'antipolitica deve inoltre abbandonare ogni difesa delle dispendiose prerogative di un ceto politico di scarsa qualita' complessiva, che in ragione della propria autoreferenzialita' rifiuta con pervicacia qualsiasi riforma , orientata alla deprofesionalizzazione del sistema delle rappresentanze, di un sistema politico peggiorato da una legge elettorale che concentra in una ristretta oligarchia la nomina dei parlamentari con le liste bloccate , e che con un incostituzionale premio di maggioranza obbliga ad alleanze senza coesione politica ,e perciò incapaci di governare .

Per realizzare una prospettiva di questo tipo occorre un quadro politico ben diverso ed un sistema di alleanze a sinistra assolutamente diverso da quella inevitabile subordinazione al PD ,implicita nella assunzione di una interpretazione moderata del centro-sinistra, che inevitabilmente portera ' in assenza della ricerca di soluzioni alternative ad una confluenza socialista nelle sue lista alle elezioni del 2013.

Noi pensiamo al contrario che il compito dei Socialisti debba essere tutt'altro, e che il nostro ruolo debba essere svolto tutto all'interno di un grande progetto di rinascita e ristrutturazione della Sinistra italiana nel quadro piu' generale di rifondazione che sta rivitalizzando tutto il Socialismo europeo, anche attraverso la ricerca di possibili alleanze elettorali a sinistra del PD finalizzate ad allargare , ben oltre i nostri ridotti limiti elettorali, una area politica piu' vasta ad esso alternativa , che possa guardare al riferimento generale costituito dal PSE come punto di orientamento per ricostruire una nuova grande forza Socialista nella Sinistra Italiana ,attraverso un processo costituente simile a quello che il congresso di Epinay indico' a suo tempo al Socialismo Francese.

Una nuova forza Socialista in grado di superare quella ormai cronica inadeguatezza del PD a guidare un progetto di governo alternativo della sinistra , autonomo dai poteri forti nei suoi riferimenti programmatici e culturali , ed autenticamente maggioritario nella societa', che rappresenta un limite sempre piu' avvertito al suo stesso interno , tanto che suoi esponenti nel parlamento Europeo hanno aderito al MANIFESTO PER UN’ALTERNATIVA SOCIALISTA EUROPEA manifestando insofferenza per l'assenza di un chiaro profilo identitario del loro partito.

In questo qudro le scelte compiute per le amministrative di marzo da molte importanti realta' del Partito, non in condizioni di formare liste autonome, come Verona , la Spezia , Bitonto , Piacenza , Civitanova Marche, possono costituire una indicazione utilissima per le prossime elezioni politiche , ed in ogni caso fin da ora rappresentano la risposta spontanea del nostro quadro intermedio al tentativo del PD di azzerare il nostro spazio politico ,attraverso una riforma elettorale studiata per contenere il sistema politico futuro entro i limiti di compatibilita' sociale ed economica che l'operato dell' attuale governo " Tecnico " sta sistematicamente definendo.

I compagni che sottoscrivono questo documento ritengono che Il Consiglio Nazionale del 1° Aprile sara' una opportuna sede per sancire con un deliberato la contrarieta' dei SOCIALISTI a questo progetto del governo, e ritengono che il Partito ,piu' in generale, debba in questa sede decidere di assumere una posizione di opposizione al governo.

FRANCO BARTOLOMEI - SEGRETERIA NAZIONALE PSI

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