mercoledì 10 febbraio 2010

Germania - la SPD che cambia

Germania - la SPD che cambia


Intervista a Daniela Kolbe (parlamentare della SPD) di Jacopo Perazzoli leragioni.it

L’impressione che si ha della SPD è quella di un partito in piena attività, contrariamente a quanto sostenuto dal noto politologo tedesco Fritz Walter, che in un recente libro, L’autunno dei partiti popolari, ne ha teorizzato la decadenza. Infatti negli uffici di Lipsia in Rosa Luxemburg Strasse il via vai dei funzionari, così come lo squillare dei telefoni, è continuo. La padrona di casa qui è Daniela Kolbe, ovvero la più giovane parlamentare eletta al Bundestag alle recenti elezioni del 27 settembre 2009; ed è proprio da questa tornata elettorale, la peggiore per la più antica tra le socialdemocrazie europee, che inizia la nostra chiacchierata.
Innanzitutto vorrei partire da un’analisi della sconfitta elettorale del 27 settembre 2009, per scoprire le radici di questa storica débacle.
Ritengo che questo risultato abbia diverse motivazioni, ma forse possiamo circoscrivere a due le cause principali. La prima è che la SPD, nel corso della legislatura precedente, non è riuscita a sviluppare una vera politica socialdemocratica, ma si è appiattita sulle scelte della CDU, per esempio nel caso della partecipazione della Germania ai conflitti in Afganistan e in Iraq, dell’adesione acritica alla riforma del sistema sociale Agenda 2010 (un vasto pacchetto di riforme sociali e fiscali che contiene le riduzioni d’imposta anticipate, la riforma dell’Ufficio federale del lavoro, l’allineamento tra sostegno ai disoccupati e assistenza sociale, l’attenuazione della normativa in tema di licenziamenti e la riforma del codice dell’artigianato, NdR) oppure all’aumento dell’età pensionistica dai 65 ai 67 anni. Il secondo motivo penso possa essere l’incapacità, nel corso della campagna elettorale, dimostrata dalla SPD di costruirsi come alternativa reale e concreta all’esperienza di governo della Grosse Koalition.
Dopo la sconfitta di fine settembre il Congresso di Dresda del 13 novembre ci ha restituito una socialdemocrazia più orientata a sinistra. Come valuti quelle assise anche da un punto di vista programmatico – politico?
La prima cosa da dire è che quel congresso venne male organizzato dall’allora classe dirigente del partito: il troppo tempo trascorso tra un intervento e l’altro non ha fatto altro che diminuire l’interesse dei delegati nei confronti del dibattito. Tuttavia con l’elezione di Sigmar Gabriel alla Presidenza del partito la socialdemocrazia imbocca la via di un ritorno ai propri valori nell’intento di rendere centrale, all’interno della piattaforma politica, sia il problema del lavoro che quello della riduzione della povertà in Germania, dove infatti il 10% delle persone può essere considerato indigente.
Pensi che questa sia la via che dovrebbe battere anche il socialismo europeo, soprattutto dopo i risultati negativi alle elezioni continentali del giugno 2009?
Ritengo che la crisi del socialismo europeo abbia radici profonde, da ricercare tra gli anni Novanta e il primo decennio di questo secolo. Il nocciolo della sua attuale decadenza è che in tutti quei Paesi dove i partiti socialdemocratici o socialisti, e penso soprattutto ai laburisti di Blair e alla gestione Schröder dei governi “rosso verdi”, erano alla guida degli esecutivi sono state attuate delle politiche neo – liberiste. Credo che le affermazioni di Gabriel nel corso del nostro ultimo Congresso possano essere la chiave per un nuovo inizio anche in Europa: è inutile ripetere ciò che fece Schröder nel corso della sua esperienza governativa, andare alla ricerca di un nuovo centro, per poi mettere in pericolo le necessità degli strati più deboli della società. Guardiamo ad esempio la riforma del sistema sociale Agenda 2010: è vero che grazie alle misure in essa contenute si è abbassata la disoccupazione, però oggi un numero sempre minore di persone riesce a vivere del proprio lavoro. Il vero obiettivo dei partiti socialisti europei, soprattutto dopo la crisi economica che ha sconvolto il nostro continente, deve essere un rafforzamento del welfare per una politica sociale più giusta.
Come si intuisce da queste parole, le idee che stanno alla base del nuovo corso della SPD sono chiare. La speranza è che con la nuova Presidenza di Sigmar Gabriel si possa aprire per la gloriosa socialdemocrazia tedesca una stagione di rinascita che, a mio modo di vedere, condizionerà inevitabilmente anche la grande famiglia del socialismo europeo.


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