lunedì 27 luglio 2009

"I caratteri della crisi ed il compito dei Socialisti"
di Franco Bartolomei*

27/07/2009 - La crisi economica in atto non è esclusivamente finanziaria, né le sue cause sono limitate all'area statunitense da cui si è propagata.
La crisi del modello attuale dei rapporti economici e finanziari è comune a tutto il mondo globalizzato, ed in particolare colpisce le economie dei paesi dell’ occidente sviluppato. Il fenomeno statunitense, che le forze liberiste vorrebbero confinare in un accidente che non mina la validità del modello liberista, è stato solo la manifestazione, inizialmente più appariscente ,di una rottura degli equilibri causata dalla degenerazione finanziaria dei volani della crescita economica mondiale, che rappresenta la vera causa della crisi. In tal senso, il fenomeno statunitense per ragioni specifiche: avere la moneta di riferimento degli scambi mondiali, essere oggetto dei reinvestimenti finanziari dei paesi esportatori negli Usa, avere il deficit pubblico non sottoposto a nessun vincolo di natura sovranazionale, ha esasperato più di altri l'aspetto finanziario del moderno modello della crescita delle economie più sviluppate generando, anche grazie a sviluppo di modelli econometrici non sperimentati, un volume impressionante di titoli a rischio reale di insolvenza (11 volte il PIL mondiale). La necessità di evitare un default generalizzato del Sistema ha così costretto la nuova amministrazione USA ad un intervento di salvataggio, senza precedenti, del sistema bancario e finanziario, realizzato dalla Federal Riserve scaricando sul deficit pubblico tutti i rischi di insolvenza esistenti o latenti nel circuito. Ma il processo degenerativo di partenza su cui si è innestato questo bubbone è stata la contraddizione, di categoria marxiana, propria di tutte le economie più sviluppate degli ultimi 15 anni tra volume desiderato di domanda aggregata, che si vorrebbe far crescere indefinitivamente, e insufficiente massa di redditi (in particolare salariale) che concorrono a sostenere questa domanda aggregata. Contraddizione che il modello di sviluppo economico mondiale affermatosi nell'ultimo ventennio ha allargato a dismisura.attraverso un processo tendenziale di trasferimento di ricchezza verso le classi detentrici dei poteri d’impresa e/o capitale finanziario. a sua volta utilizzato per garantire la redditività dell’investimento finanziario. Questo modello di sviluppo è stato follemente alimentato illudendo le società più sviluppate che la soddisfazione dei bisogni collettivi potesse essere assorbita con la rendita finanziaria diffusa, con la facilitazione del credito al consumo e l'indebitamento di massa, e non con una adeguata e progressiva crescita dei redditi da lavoro dipendente, e una crescita del valore aggiunto generato dalla produzione reale di beni e servizi. Un corretto processo di crescita avrebbe invece dovuto essere perseguito attraverso un reimpiego dei profitti in innovazione, ricerca, investimento produttivo, e sostegno fiscale ad una spesa sociale impiegata a copertura delle necessità derivanti da ristrutturazioni del mercato del lavoro, che reclamate originariamente per esigenze di competitività e produttività si sono al contrario progressivamente ridotte a momenti, quasi esclusivi, di trasferimento di ricchezza dai salari a redditi non più reinvestiti nel tessuto produttivo. In sintesi i salari, ed anche il valore aggiunto di impresa, non sono allo stato più sufficienti complessivamente a consumare ciò che si produce, ed in tal senso la crisi in atto è una crisi di domanda a cui si dovrebbe rispondere essenzialmente incrementando i fattori costituenti la domanda aggregata: consumi, spesa sociale ed esportazioni. Pertanto se la crisi non è finanziaria, ma rappresenta la conclusione ultima di un modello di sviluppo basato sull'indebolimento dei sindacati, sull'appropriazione dei frutti della produttività da parte dei profitti e delle rendite, sullo spostamento da salari a profitti di punti di PIL, e sulla finanziarizzazione della economia come mezzo di sostegno strutturale della domanda nei paesi sviluppati minacciati dai nuovi produttori emergenti, la fine di questo tipo di modello capitalistico, e l'inizio di una nuova fase delle economie mondiali, fa risorgere la necessità di affermare le tematiche che costituiscono da sempre il cuore dell'esperienza storica e politica del socialismo europeo. Torna quindi di attualità un modello che diffidando della mano invisibile del mercato, crede nel primato della ragione (leggasi programmazione economica), della solidarietà (leggasi welfare state), e della governabilità (leggasi riformismo), e nell'equilibrio sociale come valore assoluto e costante di riferimento della azione dei governi. La sinistra socialdemocratica europea,compreso il nostro Ulivo, ha purtroppo subito passivamente, in questa fase storica, il ricatto delle classi dirigenti che hanno imputato alle tradizionali politiche socialdemocratiche (Leva fiscale, politica dei redditi, Welfare, Deficit spending, rigidità e garanzie per il mercato del lavoro) il rischio di una impossibilità del sistema produttivo europeo di reggere la continuità della crescita economica rispetto ai fattori di concorrenza provenienti dai nuovi paesi produttori mondiali. L’ incapacita’ di reagire sul terreno dei programmi a questa offensiva ha portato le forze del Socialismo Europeo a considerare ineluttabile, e priva di alternative, la svolta liberista e l'abdicazione ad ogni forma di controllo dei processi economici da parte dei governi in favore di una tecnocrazia finanziaria e bancaria, principale responsabile del disastro in atto. Tale amara considerazione non oscura in ogni caso la considerazione che il Socialismo europeo, pur con la sua difficoltà a ragionare compiutamente attorno ad un nuovo modello di sviluppo economico e sociale che giunga a ridefinire gli stessi criteri di riferimento e di qualificazione della crescita economica di una società sviluppata, rappresenta pur sempre la forza politica decisiva per la ricostruzione di un nuovo progetto di riforma economica e sociale delle società occidentali, a patto di recuperare una concezione del riformismo socialista più attenta ad intervenire sugli assetti strutturali della società, ed a non risolvere i suoi compiti e la sua funzione storica nella sola cura dei sintomi delle crisi e delle contraddizioni del sistema. Su tale riflessione di fondo si deve innestare un progetto del Partito Socialista finalizzato alla costruzione di un nuovo soggetto politico unitario tra le forze politiche (essenzialmente il Partito Socialista, Sinistra Democratica, ed i compagni usciti con Vendola e Sansonetti da Rifondazione) che hanno già realizzato con successo l’esperienza elettorale di SINISTRA E LIBERTA’. Forze politiche che pur provenendo da storie diverse si trovano oggi a convergere sulla necessità di ricostruire una nuova forza unitaria ., che ,dal riferimento ai valori fondanti di una visione Democratica del Socialismo , sappia e voglia trarre una maggiore capacità di interpretazione dei processi economici ed una nuova volontà di rappresentanza democratica della società reale, necessarie a compiere un lavoro di proposta e di programma in grado di riconnettere i fili spezzati di una iniziativa unitaria della sinistra italiana. Sarebbe quindi necessaria fin da Settembre una convocazione degli Stati Generali dei quadri di base ed intermedi di tutta le forze interessate a trasformare l’esperienza elettorale di SeL in una nuova forza politica unitaria che divenga il momento fondativo di un vero processo costituente...... In quella sede potremo delineare in modo condiviso i caratteri , i programmi, ed i valori di riferimento del nuovo soggetto, convinti come siamo che Sinistra e Liberta’ avra’ una reale ragion d’essere solo se sapra’ rappresentare, con vigoria e determinazione,le ragioni di una nuova concezione del Riformismo Socialista in grado di rappresentare i lineamenti di uno sviluppo sociale alternativo possibile, capace di risolvere a sinistra le cause strutturali che hanno determinato la crisi del modello di sviluppo neo-Liberista.

Direzione Nazionale Partito Socialista*

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