venerdì 10 luglio 2009

Minzolini, Scaccia e i “simpatici abruzzesi”


Con la direzione del TG1 di Augusto Minzolini, il nostro Paese sta pericolosamente scivolando verso un’informazione di regime, in cui le poche voci scomode vengono fatte tacere.
10/07/2009 - “Gli abruzzesi gente forte, ma anche capace di grande ironia, hanno trovato il sistema per esserci, per attirare l’attenzione dei grandi della terra: uno striscione ‘Yes we camp!’ a piazza d’Armi. Yes we camp! è uno striscione che domina anche la collina di Coppito, la sede del G8, è anche su molti muri della città. E’ ormai uno slogan che sta facendo il giro del mondo e parafrasando quello storico del presidente americano per ricordare in maniera provocatoria, ma assolutamente pacifica, che qui l’emergenza non è affatto finita”.

Con queste parole “il soldato” Pino Scaccia raccontava il gesto degli aquilani, durante l’edizione serale del TG1 di mercoledi sera. Un bel salto di qualità nel distorcere la realtà adottato dal nuovo stile del giornalismo italiano: il minzolinismo. E già. Il nuovo direttore ci tiene proprio ad essere obiettivo (alla sua maniera naturalmente) e raccontare tutto, ma proprio tutto quello che sta accadendo al “tanto atteso vertice”. Peccato che il prode manipolatore Augusto, che ci tiene tanto alla completezza dell’informazione, offra un quadro della realtà del Paese sempre più allineato a quello voluto da Re Silvio. Infatti, attraverso lo zelante Scaccia (già preso di mira da diverse testate italiane “eversive”) la protesta dei terremotati viene ridimensionata a simpatica iniziativa degli abruzzesi, per attirare l’attenzione “dei potenti”.

Ma la musica che si legge sui siti dei comitati cittadini de L’Aquila (a cui evidentemente Pino non ha dato un’occhiata) è diversa. Il blog di 3e32 spiega che il significato dello slogan “Yes we camp!” “è il “grido di denuncia della gestione scellerata dell’emergenza post-sisma”. Inoltre, leggendo il post che racconta l’azione dimostrativa, si apprende che gli attivisti avevano prima srotolato uno striscione di 15 metri con su scritto “Yes We Camp” e poco dopo un altro: “Requisire le case sfitte agibili“.

Nello stesso sito si legge anche della tensione da parte della polizia, che evidentemente non ha gradito il senso dell’umorismo degli aquilani, e che addirittura molti erano in assetto antisommossa. Anche i cori dei manifestanti non erano esattamente ironici: “Non ce ne jemo, a L’Aquila restemo“, “Senza casa, senza paura“, “L’Aquila libera“.

I manifestanti, inoltre, hanno denunciato con fermezza il deficit di democrazia e il restringimento dei diritti democratici avvenuto a L’Aquila dopo il 6 Aprile e ancor più in questi giorni.

Gli attivisti che hanno dato vita al presidio hanno ricordato al megafono di come il trasferimento a L’Aquila del G8 sia stata “una scelta cinica“: “Se il governo pensa di fare un’altra volta di questo terremoto una vetrina mediatica noi cercheremo di essere la pietra metaforica che la rompe - diceva al megafono un manifestante - Niente è stato ricostruito finora

Ad ogni modo, per aiutare il direttore del TG1 ad adempiere al suo obbligo di completezza ed obiettività riportiamo le molteplici traduzioni aquilane dello slogan “Yes we camp!, nella speranza che il prossimo servizio del telegiornale della prima rete, ne tenga conto:

Yes, We Camp! è il grido di denuncia della gestione scellerata dell’emergenza post-sisma.

Per la prima volta nella storia recente dei terremoti dopo tre mesi la popolazione è ancora sotto le tende e ci dovrà stare, secondo i piani del Governo, ancora per molto.

Yes, We Camp! per smascherare le mancate promesse del presidente del consiglio. Dopo tante parole nessun fatto. I provvedimenti sono del tutto insufficienti, i soldi stanziati troppo pochi.

Yes, We Camp! per urlare tutti fuori dalle tende, ora! Si requisiscano le case sfitte o invendute, si installino container, roulotte, casette di legno.

Yes, We Camp! per affermare che tutti gli aquilani debbono tornare all’Aquila. Non si pensi a settembre di sistemare un solo abitante fuori dal proprio comune, in alberghi della regione. Ci opporremo a questa deportazione con ogni mezzo necessario.

Yes, We Camp! per constatare che si sono persi inutilmente tre mesi: nessuna opera di ricostruzione, solo lavori per il G8.

Yes, We Camp! per denunciare il processo di devastazione ambientale e sociale del nostro territorio perpetrato mediante la localizzazione del piano C.A.S.E. Non vogliamo una grande new town diffusa!

Yes, We Camp! per informare tutto il mondo del processo di militarizzazione e confisca degli elementari diritti costituzionali nei campi: di informazione, di riunione, di espressione.

Yes, We Camp! vuol dire 100% ricostruzione, trasparenza, partecipazione. Non accettiamo decisioni prese dall’alto che non hanno a cuore al bene del territorio ma vanno a beneficio delle solite clientele e speculazioni.

Yes, We Camp! è la nostra ironia per dire a tutti che siamo vivi e determinati a difendere e far rinascere la nostra Terra.

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