20/07/2009 - Il 28 febbraio 1986 il premier Olof Palme venne ucciso a colpi di pistola nel centro di Stoccolma. La sua vita si spezzò a soli cinquantanove anni. La regia e il killer dell'omicidio sono tuttora avvolti dal mistero. Ma di Palme si continua a discutere perché le sue idee hanno segnato la storia contemporanea della sinistra europea. Sensibile alle cause del Terzo mondo, fortemente critico del comunismo di Mosca e dell'imperialismo di Washington, fautore del "neutralismo attivo" capace di farsi ascoltare a Est e a Ovest come a Nord e a Sud, in prima fila nella lotta per il disarmo, tra i primi a considerare la liberazione della donna e le compatibilità ambientali come priorità di una sinistra moderna, Olof Palme è stato tra gli innovatori della socialdemocrazia del secondo dopoguerra. Insieme al tedesco Brandt e all’austriaco Bruno Kreisky, Palme è stato uno dei rinnovatori, nel corso degli anni Settanta, della tradizione socialdemocratica europea. In estrema sintesi, la politica estera di cui si fece sostenitore e interprete fu improntata alla ricerca del dialogo con i paesi dell’Est europeo (ma sempre rifiutando in modo netto il modello di socialismo reale proposto dall’Urss), al sostegno verso i paesi del Terzo mondo impegnati nella lotta per l’emancipazione post-coloniale, al rifiuto del riarmo atomico in Europa all’inizio degli anni Ottanta. In politica interna, invece, fu coinvolto sin dagli anni Cinquanta nella costruzione di una «società forte» svedese, secondo il progetto di Erlander, di cui fu il successore, da realizzarsi attraverso la piena occupazione e l’estensione dei servizi sociali. Ciò che cercarono di realizzare i socialdemocratici in Svezia fu essenzialmente una società che desse «a ognuno l’opportunità di realizzare i propri progetti di vita». E per fare questo fu necessario promuovere la concertazione con le forze sindacali, partner indispensabili dei governi socialdemocratici nella definizione di una politica dei redditi. Dopo una breve parentesi all’opposizione, dal 1976 al 1982, Palme ritornò al governo con il coraggioso Piano Meidner: bisognava aggredire il tema della democrazia economica e dell’accumulazione capitalistica attraverso soluzioni originali. L’idea di fondo consisteva nell’ostacolare la concentrazione della ricchezza aumentando contestualmente l’influenza dei lavoratori sul sistema economico. Ma tra i successi della nuova stagione politica vanno ricordati gli interventi a favore delle donne attraverso l’elaborazione di un nuovo modello di famiglia in cui fosse definitivamente superato il rapporto diseguale tra i due sessi. Grande fu il ruolo che Palme si conquistò sulla scena politica internazionale (basti pensare che alla notizia della sua morte furono decretate giornate di lutto nazionale anche in Portogallo, a Cuba e in Argentina). La sua politica si svolse certamente nel solco del pragmatismo riformista senza mai smarrire, tuttavia, la dimensione dell’utopia. Senza una buona dose di ambizioni e di sogni, la politica sembra infatti inesorabilmente condannata ad amministrare l’esistente. Sarebbe bello che qualcuno, nel futuro Partito democratico, si ricordasse delle parole pronunciate da Olof Palme al congresso dei giovani socialdemocratici svedesi il 12 maggio 1974: «La politica è desiderare qualcosa. In particolare, la politica socialdemocratica è desiderare il cambiamento perché solo il cambiamento promette il miglioramento delle condizioni di vita, alimenta la fantasia e consegna soluzioni possibili nell’immediato e stimoli ai sogni per il futuro. [...] Noi, i socialisti, siamo sufficientemente temerari per desiderare qualcosa perché le idee sono la forza motrice della volontà ma siamo anche abbastanza audaci per desiderare il cambiamento perché proprio il cambiamento può trasformare le utopie in realtà. [...] Se si elimina la volontà con la sua base di teoria e di valori, se si elimina come fonte di energia anche il convincimento emozionale, la politica nei paesi democratici si trasformerà in qualcosa di grigio e triste.»
lunedì 20 luglio 2009
20/07/2009 - Il 28 febbraio 1986 il premier Olof Palme venne ucciso a colpi di pistola nel centro di Stoccolma. La sua vita si spezzò a soli cinquantanove anni. La regia e il killer dell'omicidio sono tuttora avvolti dal mistero. Ma di Palme si continua a discutere perché le sue idee hanno segnato la storia contemporanea della sinistra europea. Sensibile alle cause del Terzo mondo, fortemente critico del comunismo di Mosca e dell'imperialismo di Washington, fautore del "neutralismo attivo" capace di farsi ascoltare a Est e a Ovest come a Nord e a Sud, in prima fila nella lotta per il disarmo, tra i primi a considerare la liberazione della donna e le compatibilità ambientali come priorità di una sinistra moderna, Olof Palme è stato tra gli innovatori della socialdemocrazia del secondo dopoguerra. Insieme al tedesco Brandt e all’austriaco Bruno Kreisky, Palme è stato uno dei rinnovatori, nel corso degli anni Settanta, della tradizione socialdemocratica europea. In estrema sintesi, la politica estera di cui si fece sostenitore e interprete fu improntata alla ricerca del dialogo con i paesi dell’Est europeo (ma sempre rifiutando in modo netto il modello di socialismo reale proposto dall’Urss), al sostegno verso i paesi del Terzo mondo impegnati nella lotta per l’emancipazione post-coloniale, al rifiuto del riarmo atomico in Europa all’inizio degli anni Ottanta. In politica interna, invece, fu coinvolto sin dagli anni Cinquanta nella costruzione di una «società forte» svedese, secondo il progetto di Erlander, di cui fu il successore, da realizzarsi attraverso la piena occupazione e l’estensione dei servizi sociali. Ciò che cercarono di realizzare i socialdemocratici in Svezia fu essenzialmente una società che desse «a ognuno l’opportunità di realizzare i propri progetti di vita». E per fare questo fu necessario promuovere la concertazione con le forze sindacali, partner indispensabili dei governi socialdemocratici nella definizione di una politica dei redditi. Dopo una breve parentesi all’opposizione, dal 1976 al 1982, Palme ritornò al governo con il coraggioso Piano Meidner: bisognava aggredire il tema della democrazia economica e dell’accumulazione capitalistica attraverso soluzioni originali. L’idea di fondo consisteva nell’ostacolare la concentrazione della ricchezza aumentando contestualmente l’influenza dei lavoratori sul sistema economico. Ma tra i successi della nuova stagione politica vanno ricordati gli interventi a favore delle donne attraverso l’elaborazione di un nuovo modello di famiglia in cui fosse definitivamente superato il rapporto diseguale tra i due sessi. Grande fu il ruolo che Palme si conquistò sulla scena politica internazionale (basti pensare che alla notizia della sua morte furono decretate giornate di lutto nazionale anche in Portogallo, a Cuba e in Argentina). La sua politica si svolse certamente nel solco del pragmatismo riformista senza mai smarrire, tuttavia, la dimensione dell’utopia. Senza una buona dose di ambizioni e di sogni, la politica sembra infatti inesorabilmente condannata ad amministrare l’esistente. Sarebbe bello che qualcuno, nel futuro Partito democratico, si ricordasse delle parole pronunciate da Olof Palme al congresso dei giovani socialdemocratici svedesi il 12 maggio 1974: «La politica è desiderare qualcosa. In particolare, la politica socialdemocratica è desiderare il cambiamento perché solo il cambiamento promette il miglioramento delle condizioni di vita, alimenta la fantasia e consegna soluzioni possibili nell’immediato e stimoli ai sogni per il futuro. [...] Noi, i socialisti, siamo sufficientemente temerari per desiderare qualcosa perché le idee sono la forza motrice della volontà ma siamo anche abbastanza audaci per desiderare il cambiamento perché proprio il cambiamento può trasformare le utopie in realtà. [...] Se si elimina la volontà con la sua base di teoria e di valori, se si elimina come fonte di energia anche il convincimento emozionale, la politica nei paesi democratici si trasformerà in qualcosa di grigio e triste.»
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Olof Palme è stato L'unico grande leader Socialdemocratico ad ipotizzare una fuoriuscita del suo paese dal capitalismo ,attraverso il piano MEIDNER, che prevedeva piani progressivi di acquisto di quote maggioritarie delle grandi aziende svedesi da parte dei sindacati con fondi oggetto di accumulazione pubblica.
RispondiEliminaInfatti. Gli anticapitalisti del cavolo (Ferrero, Diliberto e soci) dovrebbero studiare meglio la storia del socialismo europeo. Vi troverebbero posizioni ben più avanzate del cocciuto identitarismo comunista fatto di slogan, molte chiacchiere e nessun fatto!
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