mercoledì 10 giugno 2009

ZAPATERO: LA SCONFITTA SOLO APPARENTE


Dal voto emerge una flessione in Europa della socialdemocrazia, questo è evidente ma c’è la possibilità di rimettersi in carreggiata come vuol dimostrare il governo Zapatero attraverso provvedimenti per riattivare l’intervento pubblico e un modello di economia sostenibile.

di Aldo Garzia

10/06/2009 - Nel furore di voler celebrare il funerale della socialdemocrazia europea, alcuni dirigenti del Pd – e molti giornali italiani – hanno messo nella pentola del voto europeo tutti i risultati dei partiti socialisti e socialdemocratici.

In questo modo, il crollo del New Labour di Gordon Brown è uguale a quello di Ps francese e Spd tedesca. E, come se non bastasse, si è pensato che questa fosse l’occasione buona pure per demolire l’immagine del governo socialista di Zapatero e le sue idee sul “socialismo dei cittadini” parlando di un analogo crollo di consensi in Spagna.

In Italia abbiamo perso la buona abitudine all’analisi del voto e dei suoi flussi (se avessimo analizzato al microscopio quelli politici del 2006 e del 2008, forse avremmo potuto prendere le doverose contromisure). Vale la pena riutilizzare questo metodo almeno per quanto riguarda il voto degli altri paesi.

Il Psoe di Zapatero ha ottenuto 5.336.994 voti pari al 38, 66% e ha eletto 21 deputati (4 in meno rispetto al 2004). Nonostante questa flessione, solo i socialisti di Malta hanno ottenuto una percentuale più alta tra i partiti socialisti e a Bruxelles la delegazione spagnola nel Pse sarà seconda solo a quella tedesca della Spd (23 deputati).

Il Partito popolare (Pp) di Mariano Rajoy ha ottenuto 5.802.890 voti pari al 42, 03% e ha eletto 23 deputati (1 in meno rispetto al 2004). Come si vede dai numeri assoluti, il distacco tra Pp e Psoe equivale a meno di 500 mila voti. La partita politica resta perciò apertissima e il Psoe è tutt’altro che in declino.

A una analisi ulteriore del voto, si evince che la flessione dei socialisti è localizzata in due aeree metropolitane: Madrid e Valencia. Quest’ultima è la terza città della Spagna, fortemente penalizzata insieme a Madrid dalla crisi economica che ha investito la Spagna provocando in poco più di un anno 4 milioni di disoccupati.

Gli stessi esponenti del Pp, che alla vigilia del voto europeo avevano invocato in stile italiano la fine prematura della legislatura iniziata appena un anno fa in caso di sconfitta di Zapatero, nei commenti successivi alle elezioni del 7 giugno sembrano puntare più sui tempi lunghi delle consultazioni politiche del 2012 che su improbabili elezioni anticipate.

Ciò non vuol dire che il governo Zapatero non abbia seri problemi economici da affrontare e correzioni politiche da mettere in campo. Il premier di Madrid, dopo il rimpasto di governo dello scorso aprile, ha annunciato, come ha fatto Barack Obama negli Stati Uniti, di aver scelto la green economy come volano di un modello economico socialmente ed ecologicamente sostenibile (la Spagna già primeggia a livello internazionale su eolico e solare come fonti del proprio fabbisogno energetico).

Siccome il mutamento di baricentro dell’economia ha bisogno di tempo per dare risultati, Zapatero ha dato nel frattempo via libera ad alcuni classici provvedimenti di tipo keynesiano per riattivare l’intervento pubblico in economia: 5 mila milioni di euro in investimenti per opere a livello municipale, 20 mila milioni di euro per gli investimenti finalizzati a un modello di economia ecologicamente sostenibile, acquisto di 420 mila computer da destinare agli alunni della scuola dell’obbligo.

Che la stella politica di Zapatero sia già in odore di parabola è quindi tutto da verificare e che pontifichi sulle sorti del socialismo europeo chi ha perso in un anno 4 milioni e centomila voti (il Pd) appare davvero stravagante.

Ma c’è un’altra questione di cui tenere conto. Leire Pajín, trentenne numero due del Psoe, responsabile di organizzazione del suo partito, ha fatto arrabbiare i dirigenti del Pp ricordando che nel primo semestre del 2010 la presidenza dell’Unione europea toccherà a Zapatero e che “questa sarà l’occasione per un proficuo dialogo con Barack Obama che non ha altri interlocutori sintonizzati sulla sua politca in Europa”.

Tra i dati del voto europeo, c’è pure quello ricordato dalla Pajín. L’effetto Obama, per ora, non è arrivato con una nuova ondata progressista in Europa (né tantomeno in Italia). C’è solo un obamiano di governo in Europa: è il socialista Zapatero.


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