mercoledì 13 maggio 2009

L’ITALIA RAZZISTA
CHE IL RESTO DEL MONDO CONDANNA


Il governo irride le denunce di ONU, Consiglio d’Europa, UE e vari organismi internazionali sulla piega razzista che ha assunto la legislazione italiana sull’immigrazione (vedi i rimpatri). Gravi le violazioni delle normative sui diritti umani che isolano l’Italia dal resto del mondo.

di Mauro Palma

13/05/2009 - Quando, alla fine del 2004, il Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa, oggi da me presieduto, venne in visita in Italia, pose alle autorità governative la questione dei rimpatri effettuati da Lampedusa verso la Libia nelle settimane precedenti. Il Governo, anche allora, era quello di Silvio Berlusconi. Il Comitato si raccomandò che ciascun caso venisse esaminato individualmente, al fine di non rischiare di rimpatriare persone che corressero un pericolo effettivo di venir sottoposte a tortura o a maltrattamenti in Libia o in qualsiasi altro paese verso cui la Libia avrebbe potuto a sua volta espellerle. Non è la prima volta, dunque, che Berlusconi e i suoi alleati si liberano grossolanamente con metodi irrispettosi del diritto sovranazionale di quelli che considerano degli ingombri umani.

La differenza con allora, tuttavia, c’è ed è grande, su un piano culturale capace purtroppo di influenzare fortemente gli eventi. A quel tempo le autorità italiane risposero al Comitato di Strasburgo cercando di giustificare il proprio operato. Scrissero che ciascun immigrato irregolare sbarcato a Lampedusa era stato identificato, che gli era stata data l’opportunità di richiedere asilo politico, che ogni singolo caso era stato esaminato dovutamente. Assicurarono che chiunque era stato rimpatriato in Libia o in Egitto non era stato sottoposto a maltrattamenti. Noi restammo delle nostre convinzioni, e scrivemmo nuovamente che a nostro parere alcune irregolarità nelle espulsioni verso la Libia erano state commesse. Tuttavia, loro cercarono di giustificarsi. Avere addosso il parere negativo di un organismo sovranazionale e agire contro le Convenzioni di cui l’Italia è parte erano cose che il Governo di allora riteneva di dover evitare o nascondere.

Oggi non è più così. Oggi le critiche delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, del Consiglio d’Europa – l’ultima proprio due giorni fa, per bocca del Commissario per i diritti umani Thomas Hammarberg – sono qualcosa da irridere, e trattare le persone secondo criteri razzisti è qualcosa da fare il più sfacciatamente possibile. Oggi lo stesso primo ministro di allora risponde ai giornalisti di poter ricacciare indietro chiunque, qualunque sia la sua esigenza umanitaria, basta riuscire a intercettarlo quando naviga per mare ancora lontano dalle nostre coste su cui vorrebbe approdare. Sappiamo come si vive in quella sorta di prigioni nel nord della Libia di cui l’Italia ha collaborato a finanziare la costruzione. Sappiamo di malattie, stupri, violenze della polizia, morti terribili di uomini, donne e bambini. Ma questo non aiuta a far riacquistare il buon senso. Alla follia di chi professa come un vanto la propria cattiveria verso gli stranieri irregolari, tutto ciò può solo apparire come il giusto corollario.

L’Italia sta palesemente e sfrontatamente violando la normativa sovranazionale sui diritti umani. L’articolo 3 della Convenzione Onu contro la tortura proibisce l’espulsione verso paesi dove ci sia rischio di tortura o di maltrattamenti. L’articolo 33 della Convenzione Onu di Ginevra sullo statuto dei rifugiati proibisce l’espulsione verso territori dove ci sia il rischio di perdere la vita o la libertà a motivo della propria cittadinanza. L’articolo 4 del quarto protocollo alla Convenzione dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa vieta le espulsioni collettive di stranieri. L’articolo 3 della Convenzione stessa vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. L’articolo 19 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea prevede quanto segue: “1. Le espulsioni collettive sono vietate. 2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.”

In nessun paese a democrazia avanzata la giurisdizione prodotta, le prassi politiche messe in campo e le opinioni istituzionalmente veicolate hanno mai raggiunto livelli così bassi come quelli toccati in Italia nell’ultimo anno. Nessun paese europeo è mai stato raggiunto da rimproveri internazionali tanto gravi quali quelli rivolti all’Italia in tema di immigrazione e razzismo. Stiamo andando verso l’emarginazione culturale dal resto dell’Europa. Anzi, ora che si è aperta l’era di Obama, dal resto del mondo.


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